lunedì 20 novembre 2023

MORANDI

 Un tour virtuale della mostra a Palazzo Reale



Cari lettori,

iniziamo la settimana proseguendo con i nostri “Consigli artistici”!

Non più di dieci giorni fa vi ho raccontato una delle tre grandi mostre di quest’anno a Palazzo Reale, quella di El Greco, che avevo visitato un giorno in ottobre.


Quest’anno, però, trovo che l’offerta sia particolarmente ricca, così ho approfittato del ponte di inizio novembre e sono andata a vedere le altre due mostre, sia quella di Giorgio Morandi che quella di Francisco Goya.


Della prima vi parlo oggi, della seconda tra qualche post, in modo da variare un po’ i contenuti del blog.


Tra le due, questa è la più grande, forse la più didascalica, nel senso che il percorso di Morandi viene seguito, di fatto, dall’inizio alla fine. Anche l’esposizione di Goya, però, presenta delle particolarità che sarò felicissima di raccontarvi.


Intanto perdiamoci un po’ tra le sale dedicate a Morandi!



I primi tempi


Le prime sale dell’esposizione raccontano un Morandi giovanile, un artista che si stava ancora sperimentando. Un suo periodo geometrico mi ha ricordato in qualche modo De Chirico.



L’unico dipinto figurativo della mostra assomiglia, in un certo senso, alle Demoiselles d’Avignon di Picasso.



Le prime nature morte, genere che diventerà il più importante della sua produzione artistica, sono molto realistiche.



Da notare – per me è stata una scoperta – la sua passione per i dipinti che ritraggono vasi con fiori. Erano quadri di cui era gelosissimo e che difficilmente vendeva. Forse per questo sono rimasti dei soggetti un po’ defilati nell’immaginario comune.



L’evoluzione della natura morta


Le nature morte sono state studiate con precisione da Morandi fin dagli esordi. Una saletta dell’esposizione è dedicata ai suoi studi per una litografia: da una parte c’è l’opera finita, dall’altra una lunga serie di disegni preparatori, con differenze minime tra l’uno e l’altro.



Tutta la mostra è un lungo percorso che testimonia il suo studio incessante, la sua costante ricerca di nuove forme e di una sintesi artistica che lo soddisfasse pienamente. Ci sono dipinti con vasi e bottiglie allungate ed altri in cui quegli stessi oggetti sono tondeggianti, serie di quadri in cui il protagonista è un particolare tipo di bottiglia o scatola, sperimentazioni continue con ombre e colori.



Persino i bianchi sono studiati nel minimo dettaglio, in modo che in un’intera tela dedicata a questo colore si possano distinguere con nitidezza i singoli oggetti.



Una piccola sezione è dedicata alle conchiglie, un oggetto particolarmente difficile da riprodurre.



La paesaggistica


Veniamo a quella che per me è stata la vera sorpresa di questa mostra. Penso che in tanti conosciamo il Morandi pittore di nature morte, ma non so in quanti abbiamo ben presente il Morandi paesaggista (spoiler: io no). Eppure è l’artista stesso ad aver scritto che, nonostante abbia finito per riprodurre più nature morte, sono stati i paesaggi il suo primo e grande amore.



La principale ispirazione è stata la sua casa a Grizzana, sugli Appennini, dove si rifugiava per trovare la quiete artistica in tempo di pace e per sfuggire ai bombardamenti in tempo di guerra. Forse per questo egli avrà sempre parole affettuose per quel luogo.



In generale sono le montagne ad ispirarlo, anche se non manca di ritrarre non solo la natura, ma anche e soprattutto case e strade.



L’uso dei colori è fortemente simbolico e la “strada bianca” potrebbe essere quella della pace.



Gli anni Quaranta, Cinquanta e Sessanta


La mostra segue il percorso dell’artista fin quasi alla sua morte.


Negli anni Quaranta l’attenzione per gli oggetti ritratti si fa sempre più precisa. È un periodo di forme allungate e colori più decisi.



Negli anni Cinquanta Morandi inizia a prediligere il bianco ed il blu, ma i soggetti ritratti si fanno di colpo bassi e tondeggianti.



Gli ultimi anni sono quelli della ricerca di una sintesi assoluta. Le case di Grizzana diventano cubi bianchi, le nature morte sono minuscole ed essenziali. È la fine di un lungo percorso destinato a diventare immortale.





Purtroppo dobbiamo “uscire” dall’esposizione!

Non vi nego che sono veramente contenta di essermi dedicata all’arte così tanto quest’autunno. Per una persona come me, abituata al caos di un ambiente vivace e di voci (molto) giovani, non c’è niente di più rilassante che entrare in una mostra dalle luci soffuse, ascoltare solo l’audioguida ed osservare le opere con calma. Inoltre, questa è una delle cose che troppo a lungo non abbiamo potuto fare per via del Covid, ed ora sono ben felice di recuperare.

Fatemi sapere se voi ci siete andati, se vi è piaciuta, se vi ho incuriosito!

Grazie per la lettura, al prossimo post :-)


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