Poesie classiche su primavera, estate ed amore
Cari lettori,
nuovo appuntamento con “L’angolo della poesia”!
Oggi torniamo a parlare di lirici greci, già protagonisti di un mio progetto letterario qualche anno fa (a questo link il post che riepiloga gli altri).
Ho pensato di raccogliere in questo post quei componimenti che, in un modo o nell’altro, ricordano la bella stagione: le fioriture della primavera, la calura dell’estate, il ritorno della vita sociale e degli amori dopo un lungo inverno chiusi nelle proprie case.
L’arrivo della primavera è quasi sempre una metafora della giovinezza, così fragile e fuggevole: la porta dell’Ade era una minaccia concreta anche in tenera età, a quei tempi di carestie, guerre e mali incurabili. I mesi più belli dell’anno nascondono un invito all’amore, alla gioia, a vivere nel presente.
Anche in questo caso si può dire che i classici siano più che mai attuali!
Mimnermo, 1
Che vita mai, che gioia senza Afrodite d’Oro?
Ch’io sia morto quando più non mi stiano a cuore
l’amore segreto, i dolci doni e il letto:
questi sono i fiori della giovinezza, desiderabili
per gli uomini e le donne. Quando poi dolorosa sopravviene
la vecchiaia, che rende l’uomo turpe e cattivo,
sempre nell’animo lo corrodono tristi pensieri;
e di vedere i raggi del sole non gioisce,
ma è odioso ai ragazzi e in dispregio alle donne:
così penosa fece il dio la vecchiaia.
Mimnermo, 2
Come le foglie che fa germogliare la stagione di primavera
ricca di fiori, appena cominciano a crescere ai raggi del sole,
noi, simili ad esse, per un tempo brevissimo godiamo
i fiori della giovinezza, né il bene né il male conoscendo
dagli dèi. Oscure sono già vicine le Kere,
l’una avendo il termine della penosa vecchiaia,
l’altra della morte. Breve vita ha il frutto
della giovinezza, come la luce del sole che si irradia sulla terra.
E quando questa stagione è trascorsa,
subito allora è meglio la morte che vivere.
Molti mali giungono nell’animo: a volte, il patrimonio
si consuma, e seguono i dolorosi effetti della povertà;
sente un altro la mancanza di figli,
e con questo rimpianto scende nell’Ade sotterra;
un altro ha una malattia che spezza l’animo. Non v’è
un uomo al quale Zeus non dia molti mali.
Mimnermo, 4
Ebbe in sorte il Sole una fatica tutti i giorni,
e non c’è mai riposo
per i cavalli e per lui, poi che l’Aurora dita di rosa
lascia l’Oceano e sale su nel cielo.
Il concavo letto, molto desiderato, opera
delle mani d’Efesto, di oro prezioso, alato,
velocemente, sfiorando le onde, trasporta sul mare
lui, che dorme, dalla regione delle Esperidi
alla terra degli Etiopi, dove il carro veloce e i cavalli
attendono, finché giunga l’Aurora mattutina.
Qui, monta sul suo carro il figlio di Iperione.
Archiloco, 6
Ella aveva un ramo di mirto, e un bel fiore
di rosa, e ne gioiva.
La chioma a lei
ombrava le spalle e la schiena.
Saffo, 4
Le stelle intorno alla luna bella
nascondono di nuovo l’aspetto luminoso,
quando essa, piena, di più risplende
sulla terra…
Saffo, 9
Esser morta vorrei veramente.
Mi lasciava piangendo,
e tra molte cose mi disse:
“Ahimé, è terribile ciò che proviamo,
o Saffo: ti lascio, non per mio volere”.
E a lei io rispondevo:
“Va’ pure contenta, e di me
serba il ricordo: tu sai quanto t’amavo.
Se non lo sai, ti voglio
ricordare…
cose belle noi godevamo.
Molte corone di viole,
di rose e di crochi insieme
cingevi al capo, accanto a me,
e intorno al collo morbido
molte collane intrecciate,
fatte di fiori.
E tutto il corpo ti ungevi
di unguento profumato…
e di quello regale.
E su soffici letti
saziavi il desiderio…
E non vi era danza
né sacra festa…
da cui noi fossimo assenti
né bosco sacro…
Saffo, 10
...da Sardi
volgendo spesso qui la mente
...simile a una dea, che ben si distingue,
ti (considerava), e godeva molto del tuo canto.
Tra le donne lidie, ora,
ella spicca, come la luna dita di rosa
quando il sole è tramontato
vince tutte le stelle. E la luce si posa
sul mare salato
e sui campi pieni di fiori;
e la rugiada bella è sparsa:
son germogliate le rose e i cerfogli
teneri e il meliloto fiorito.
Aggirandosi spesso, e ricordando
la bella Attis, ella opprime
per il desiderio l’animo sottile.
E andare lì…
Alceo, 12
Inumidisci i polmoni di vino. La Costellazione compie il suo giro.
La stagione è soffocante. Tutto ha sete per la calura.
Dai rami echeggia dolce la cicala.
Fiorisce il cardo. Ora, le donne sono più impure,
e i maschi smunti: la testa e le ginocchia
Sirio brucia…
Alceo, 13
Intorno al collo qualcuno ci ponga
corone intrecciate di aneto,
e sul petto a noi versi
dolce profumo.
Anacreonte, 2
O signore, col quale Eros giovenco
e le ninfe occhi azzurri
e Afrodite purpurea giocano, per le balze
alte dei monti ti aggiri:
vieni – ti supplico -
a noi, e gradita
ascolta la mia preghiera:
a Clobulo dà buoni
consigli; egli accetti,
o Dioniso, il mio amore.
Stesicoro, 1
Molte mele cidonie lanciavano verso il carro, al signore,
e molti ramoscelli di mirto,
e corone di rose, e morbidi serti di viole.
Ibico, 2
In primavera, i meli cidoni
irrorati dalle correnti dei fiumi,
- là dov’è il giardino incontaminato
delle Vergini – e i fiori della vite,
che crescono sotto i tralci ombrosi,
ricchi di gemme, germogliano. Per me Eros
in nessuna stagione si posa:
ma come il tracio Borea,
avvampante di folgore,
balza dal fianco di Cipride con brucianti
follie e tenebroso, intrepido,
custodisce con forza, saldamente,
il mio cuore.
Ibico, 4
Germoglio delle glauche Grazie, Eurialo, cura
amorosa delle Ore dalle chiome belle, Cipride
e Peito dalle ciglia morbide
ti allevarono tra fiori di rosa.
Eccoci giunti al termine di questo viaggio!
Spero che questo excursus poetico, unito a dipinti e sculture celebri, vi abbia aiutato ad entrare nel mood giusto… per un’estate letteraria!
Fatemi sapere quale poesia vi è piaciuta di più!
Grazie per la lettura, al prossimo post :-)
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