mercoledì 20 gennaio 2021

LA FELICITÀ

 Storytelling Chronicles: gennaio 2021




Cari lettori,

primo appuntamento del 2021 con la rubrica di scrittura creativa “Storytelling Chronicles”! 

La scelta di scrivere dei racconti da condividere sul blog è stata una delle più soddisfacenti dell’anno appena concluso, e spero che anche nei prossimi mesi questa rubrica possa continuare ad essere il mio angolino preferito per dare sfogo alla mia fantasia.


Il tema di gennaio è tornato nelle mani della nostra amministratrice Lara dopo un po’ di giri di giostra (a novembre lo avevo scelto io, a dicembre un’altra ragazza del gruppo, Federica). La consegna era chiara ma forse non facile per tutti: ci è stato chiesto, infatti, di scrivere una fanfiction.


Per chi non lo sapesse: la fanfiction è una sorta di “divertimento narrativo” creato da chi, per l’appunto, è fan di qualcosa, solitamente un libro, un film o una serie tv. Creando una fanfiction, si può immaginare un finale alternativo in cui il nostro personaggio preferito non muore, si può rendere giustizia ad una sotto-trama che è rimasta troppo sullo sfondo per i nostri gusti, si può dare vita a prequel o sequel di qualcosa che ci ha appassionato tanto. Ovviamente si tratta di storie scritte in piena consapevolezza di non voler fare nessun plagio, dichiaratamente ispirate ad un’opera altrui e senza nessuno scopo di lucro: sono storie a metà strada tra il divertissement e l’omaggio, senza ulteriori pretese.


Per me, tornare alla fanfiction è stato come fare un salto nel passato. Negli anni dell’Università, infatti, ne ho lette e scritte un po’ io stessa. Il mio fandom preferito era quello di Harry Potter, che, come vi ho raccontato in questo post, è una saga che ho da sempre nel cuore.


Oggi, tuttavia, ho deciso di raccontarvi qualcosa di diverso. Il mondo fantasy è stato una tappa importante per me, sia come lettrice che come scrittrice in erba, ma con il tempo è inevitabile cambiare un po’ (anche se, chi lo sa, ora che ho riaperto il vaso di Pandora delle fanfiction l’ispirazione potrebbe condurmi chissà dove…). Inoltre mi sono chiesta che cosa potesse interessare il pubblico di questo blog, che, per gusti ed interessi, è molto più vario rispetto a quello un po’ “nerd” del lettore medio di fanfiction.


Ho deciso così di ri-raccontare a modo mio una parte di un classico, e più precisamente Il barone rampante di Italo Calvino. Quella che vi narro oggi è una mia personale interpretazione di Viola, nobildonna fuori dagli schemi e unico grande amore del protagonista Cosimo Piovasco di Rondò. 

È un sottogenere della fanfiction: si tratta della cosiddetta song-fiction, ovvero una storia scritta ispirandosi ad una canzone. Il brano che ho scelto è Happiness di Taylor Swift, cantautrice protagonista di un mio progetto dei “Consigli musicali” (qui il link). Fa parte del suo ultimo album Evermore, uscito da poco più di un mese, e quando l’ho sentita mi sono subito venute in mente tante immagini relative al romanzo. 

Vi lascio al racconto, che si intitola proprio “La felicità”, e spero che vi piaccia!




LA FELICITÀ


Mio caro, quando sono sugli alberi

vedo questa storia per quello che è

ma ora sono al di sotto di essi

e tutti gli anni che ti ho dato

sono solo cose che ci dividiamo

ti ho mostrato tutti i miei punti deboli nascosti

stavo danzando quando la musica si è fermata

e nell’incredulità

non riesco ad affrontare la re-invenzione

non ho ancora conosciuto la nuova “me”


Non so da quanto tempo sto correndo su questo prato. L’erba è fresca e rigogliosa sotto i miei piedi, e il sole illumina le ultime rare gocce della rugiada mattutina. Quante volte ho attraversato questa spianata giocando con il bassotto Turcaret, o galoppando con il mio adorato cavallo! Eppure oggi non riesco nemmeno a guardarmi intorno. Voglio solo arrivare a casa mia per l’ultima volta.


Arrivo finalmente in vista della villa. I miei collaboratori, vedendomi sudata e trafelata, si guardano tra loro e scuotono leggermente la testa. Mi sembra quasi di sentire i loro pensieri: ormai sono abituati ad avere una padrona imprudente ed irascibile, che corre a piedi o a cavallo, che sparisce per notti intere, che vaga per il territorio di Ombrosa animata da intenti tutti suoi. È chiaro che alcuni di loro vorrebbero farmi qualche domanda, ma finiscono per trattenersi, anche perché io intercetto subito i loro sguardi pensosi e dico loro con voce tremante: “Devo tornare a Parigi. Domani stesso. Preparate i miei bagagli e serrate la mia ala della villa.”


Se prima i miei domestici erano preoccupati, ora sembrano quasi sollevati. Nessun imprevisto all’orizzonte, nessuna scenata di rabbia, nessun pericoloso scherzo: solo l’ennesimo viaggio a Parigi della loro imprevedibile padrona. Scommetto che alcuni di loro stanno già pregustando le settimane di pace in cui io sarò in Francia e loro potranno amministrare la tenuta come meglio credono. Chissà che faccia farebbero se scoprissero che questa volta non ho intenzione di fermarmi soltanto in Francia, e che non voglio tornare qui mai più.



Dalla finestra della mia camera da letto vedo i rami sottili dell’albero che nei mesi più caldi fa ombra a questa zona della villa, donando riparo e frescura. Per la maggior parte delle persone che conosco, gli alberi sono semplicemente un elemento naturale che serve all’uomo: ottimi per la legna, utili a nutrirci se sono da frutto, un buon riparo durante i lunghi e caldi viaggi, uno scudo per ripararci da occhi altrui e delimitare le nostre proprietà.


Per me, però, gli alberi sono sempre stati molto di più, ed il merito va a te, Cosimo. Da bambina erano le braccia curiose dalle quali tu ti dondolavi per salutarmi, per aiutarmi ad andare sull’altalena, per difendermi da quei ragazzacci ladri di frutta che mi ostinavo a definire amici. Da adolescente, in collegio, erano l’ampio tetto di una casa solo sognata, mentre mura pesanti, che detestavo con tutto il cuore, mi rinchiudevano. Da adulta sono diventati tutto il mio mondo.


Seduta sopra ai nodi che formano i rami con i loro intrecci, appesa a un tronco robusto per sbirciare il mondo sottostante, arrampicata sul legno tra le fronde per nascondermi da chi non volevo vedere, mi sembrava, dopo lunghi anni di prigionia in collegio ed un matrimonio breve ed infelice, di vedere il mondo per quello che realmente era. La prospettiva dall’alto era impagabile: i crucci quotidiani della nobiltà di Ombrosa mi parevano, d’un tratto, piccoli e bassi, proprio come le persone che ne facevano un dramma; la luce era filtrata dalle fronde, ma in alcuni punti, lasciati liberi dal fogliame, era più intensa di quanto l’avessi mai vista; ogni giorno con te riuscivo ad arrampicarmi più in alto, quasi che il nostro amore ci consentisse, ora dopo ora, di avvicinarci al cielo.


Adesso vedo con chiarezza il mio errore: ho sbagliato ogni singola volta che ho litigato con te, quando scendevo sul prato e mi allontanavo dal tuo mondo fatto di alberi. Da lassù l’erba, con le sue goccioline d’acqua trasparenti come gemme, il suo brillante verde estivo, i fiori che annunciavano il ritorno di una nuova stagione, mi appariva come un luogo allettante, da attraversare con tutti i sensi, non solo con la vista come facevi tu. Ti pregavo di scendere con me, di esplorare la pianura a cavallo, di lasciarti andare a nuove emozioni. La tua risposta, però, era sempre un no irrevocabile. E quando perdevo la pazienza, stressata dai tuoi continui rifiuti; quando, con un salto, atterravo sul prato che dall’alto mi era sembrato così invitante, e sentivo la terra fredda al di sotto delle mie scarpe ormai abituate al caldo legno; quando mi bagnavo con la rugiada o con gli ultimi residui di pioggia e sentivo perfino i vermi che tentavano di intrufolarsi nelle mie calzature… allora comprendevo il perché del tuo rifiuto ostinato. Da lassù si coglie il bello di tutto, perfino di un semplice prato di campagna; ciò che si comprende, stando sugli alberi, è un’idea di prato, un’entità astratta, alla quale possiamo attribuire le caratteristiche che vogliamo. Solo quando balziamo nella nuda terra e ci sporchiamo possiamo veramente sentire il prato per com’è, disgustosi abitanti compresi. Per non perderti, avrei dovuto restare sempre lassù con te. Imparare ad osservare tutto con la tua medesima logica astratta, e ad idealizzare ciò che circondava il nostro etereo, frondoso, verde mondo. E invece una parte di me voleva tenacemente mettere alla prova altri sensi che non fossero la vista, sperimentare emozioni al di là del puro ragionamento, lordarsi il vestito per ricordarsi di essere ancora una persona che vive ed agisce e non solo un semplice spettatore del mondo. Purtroppo è così che ti ho perso.



Continuo a guardare l’ombra dell’albero, che si fa sempre più corta. Il sole sta salendo, tra poco sarà giorno fatto. È ancora piuttosto presto e le mie giornate solitamente sono ricche di impegni e imprevisti, ma oggi non riesco a fare nulla che non sia osservare queste dannate fronde e rendermi conto che ho appena detto addio a tutto il mio mondo. Non riesco a credere che sia finita in così poco tempo, dopo tutti questi lunghi anni in cui, anche a distanza, ci siamo conosciuti, voluti, desiderati. Stamattina all’alba stavo ancora giocando con te. Forse con rabbia, con perfidia, per vendetta: ma pure era te che desideravo legare ancor di più a me. Non c’è mai stato davvero nessun altro, e pensavo che ormai lo avessi capito. Ma la nostra antica complicità è svanita lentamente, ogni giorno di più, come una musica lontana.


Non so nemmeno che cosa farò, da domani. Perfino i miei tanti viaggi a Parigi avevano come unico scopo quello di tornare da te ancora più innamorata e felice. Sono stata la bambina Sinforosa che pretendeva di comandare i giovani briganti; la ragazza ribelle chiusa a forza in un collegio; la solitaria moglie di un anziano nobile che, in un anno, mi ha parlato a stento e poi è morto; la Marchesa vedova tornata nella sua terra d'origine per reclamare i suoi possedimenti e per riprendere il controllo della villa paterna. Con te sono stata la chiacchierata amante del personaggio più insolito di Ombrosa. Chi devo diventare, ora, per poterti dimenticare?



* * *


(Illustrazione di Roger Olmos)


Al di là del sangue e dei lividi,

delle rabbie e dei pianti,

al di là del terrore al calar della notte

tu eri tormentato dallo sguardo nei miei occhi

che ti avrebbero amato per una vita intera [...]


Dimmi, quando è successo che il tuo sorriso vittorioso

ha iniziato a sembrare un ghigno?

Quando tutte le nostre lezioni hanno cominciato ad apparire

come armi puntate alla mia ferita più profonda?


Mi piaceva litigare con te. Tu non lo hai mai capito. Razionale come sei, hai sempre creduto che gli scontri fossero un’eventualità da evitare, o, nel peggiore dei casi, da appianare con il dialogo. Le mie rabbie ti turbavano, i miei pianti ti scuotevano, le mie paure ti sconvolgevano. Io, invece, sentivo tutto così profondamente quando ero in tua compagnia: i temporali che facevano stormire le fronde mi atterrivano, i versi dei rapaci al calar della sera mi gelavano il sangue, lo schioppo dei briganti che rimbombava in piena notte mi immobilizzava. Sapevo che, se avessi lasciato fluire queste emozioni negative, avrei potuto provare ancor più sollievo nel sentire il canto mattutino degli uccelli; avrei respirato a pieni polmoni l’aria del giorno che iniziava, con gli occhi ancora lucidi dopo una notte difficile; avrei gioito nel sentirmi sempre più sicura, in questo mondo ovattato, fatto di frasche e luce filtrata.


Questo stesso principio regolava la mia relazione con te: dopo ogni litigio, la gioia nel ritrovarsi era ancora maggiore; in seguito ad una delle mie fughe parigine, tornare da te sapeva ancor più di casa; i miei cosiddetti tradimenti non erano che innocenti distrazioni per suscitare la tua gelosia, che dicevo di non sopportare, ma che in fondo mi era così cara.


Tu però non sei mai riuscito a vivere nulla senza che la tua mente, tanto brillante e ottusa al tempo stesso, ponesse ogni volta un freno al tuo cuore. Vivevi di ideali; io ne avevo uno solo, quello di un amore puro ed assoluto; eppure ti leggevo negli occhi che quella era l’unica idea che ti atterriva… perché idea non è, perché l’amore non si vive certo tramite studi e ragionamenti.



Fin da quando eravamo bambini e tu ti spacciavi scioccamente per brigante, ho sempre amato la tua intelligenza fuori dal comune. La prospettiva che avevi acquisito vivendo sugli alberi fin da piccolo. Gli insegnamenti che avevi appreso nel più originale dei modi. Le lezioni che ti eri impartito da solo, spiegando il valore della cultura al più indisciplinato degli allievi.


Eppure non riesco a spiegarmi perché i motivi che mi avevano spinta a legarmi a te sono ora le cause del mio allontanamento. So solo dirti che quando ci siamo conosciuti, riconoscendoci l’uno nell’altro, io amavo la tua visione della vita così ordinata, precisa, propositiva. Le persone che vivevano a terra, convinte di trascorrere un’esistenza regolata dalle norme del vivere civile, mi sembravano trasandate e caotiche rispetto a te. Tu vivevi tra le fronde, dormivi in un tronco di noce mezzo squarciato, indossavi cappelli di pelo, ma proprio per questo eri molto più assiduo e fedele nel seguire regole di vita tutte tue.


Mi piaceva ascoltarti per ore e scoprire che il più crudele dei delinquenti poteva diventare un uomo colto, se gli venivano forniti i mezzi per farlo; che si potevano fuggire i dettami familiari appartenenti ad un mondo ormai vecchio, se si credeva saldamente nei propri principi; che anche i traditori della patria, se conosciuti sotto un’altra veste, potevano essere uomini nobili; che, addirittura, tu non eri l’unico eremita che viveva sugli alberi, ma eri l’unico ad averlo scelto, e che ben presto – ne eri certo – ce ne sarebbero stati altri come te.



Se io fossi rimasta per sempre con te nel tuo mondo di alberi e ideali, avrei anche potuto crederti. Giorno dopo giorno, avrei iniziato a vedere tutto quel che avevi intorno proprio come facevi tu: non per quel che era, ma per come avresti voluto che fosse. Avrei persino potuto imparare a governare le mie emozioni, restando sempre fedele a me stessa, proprio come tu mi esortavi a fare.


Ogni volta che non ero d’accordo con te - e non posso fare a meno di ripensarci - provavo l’irresistibile impulso di scendere. E non solo per vedere il prato. Volevo interagire con le persone come loro pari, e non da quella posizione distaccata e superiore che assumevi tu. E quando tornavo in mezzo agli altri, mi bastava pochissimo per rendermi conto che la vita, purtroppo, non è come la immagini tu, non è come la sognavamo insieme sugli alberi. Per quanto ci si sforzi di essere colti, intelligenti, razionali, controllati, c’è sempre una parte di noi che ci sfuggirà. Una volta, consultando insieme l’Enciclopedia di Diderot, abbiamo letto dei misteri dei vulcani e della sostanza al loro interno che ribolle e che talvolta esce, causando disastri e tragedie. Quell’immagine mi è rimasta impressa, e solo ora ne comprendo il perché. Le emozioni sono come quel materiale misterioso che i tuoi amici illuministi chiamano lava. Ognuno di noi deve lasciarle fluire liberamente; se le teniamo troppo a ribollire, ben presto esse esploderanno, e non potremmo più controllare né loro né le inevitabili conseguenze. E la nostra esistenza a volte ci richiede di sporcarci le mani col fango, di toccare la lava che si è seccata per poterci arrampicare, di compiere atti bassi che in qualche modo ci avvicinano alla nostra natura animale. Ogni volta che non ero d’accordo con te, tu controbattevi con un ghigno che mi pareva sempre più beffardo. E, senza che tu te ne accorgessi, sanguinavo ad ogni nostra lezione.



* * *


Non posso far andare via questa sensazione

facendoti diventare il cattivo

penso che sia il prezzo da pagare per sette anni in Paradiso

ed ho stretto il tuo corpo al mio ogni dannata notte

ed ora ho solo false gentilezze

nessuno ti insegna che cosa fare

quando un brav’uomo ti ferisce

e tu sai di averlo ferito a tua volta


Ho spinto il gioco all’estremo, ne sono consapevole. È stata una giostra folle: la nave, le feste, gli scherzi… quei due galantuomini che non hanno avuto nessuna colpa se non quella di rispondere alle mie provocazioni. O quella di cascare nelle mie trappole.


Avevo un disperato bisogno di sapere se mi avresti potuto amare completamente, fino al punto di non ritorno. Ho scelto il modo più crudele per farlo. Ho rischiato tutto, coinvolgendo innocenti per stanare te, che mi sembravi l’unico colpevole, perché stavi lasciando che si spegnesse una fiamma già morente. Ho soffiato il vento della gelosia e della rabbia sul fuoco ed ho sperato con tutta me stessa che si sarebbe ravvivato.


Finché stamattina mi sono svegliata, ho attraversato il prato che già tante volte ci aveva diviso e ho capito di essere stanca. Mi avevano stufato i miei due pretendenti, che sembravano essersi messi d’accordo per gareggiare sportivamente per il mio cuore, quasi fossi un premio da vincere: erano lì, disertori per colpa mia; avevano rinunciato ai loro ideali in favore mio e delle speranze che avevo dato loro; avevano fatto quel che desideravo da te, ma non erano te: continuavano a restare sul prato, a giocare a carte e far passare il tempo, lontani dal tuo mondo di alberi e di libri; mi amavano perché assomigliavano molto più a me che a te, e non potevo sopportarlo.



Giocando con quei due ufficiali ti avevo soltanto restituito la ferita che tu mi avevi inferto settimane prima, e che avevi aperto un po’ di più ogni giorno con le tue argute dissertazioni. Come tutte le ragazze, sono stata istruita a guardarmi dai truffatori dell’amore, dai briganti del sentimento, dai ladri di virtù. Ma nessuno si è mai preoccupato di dirmi che i lividi più dolorosi mi sarebbero stati provocati da un uomo serio e buono, proprio perché stimabile e pieno di lodevoli intenzioni, ma animato da una visione del mondo e dell’amore che è l’opposto della mia.


Ti sarebbero bastate poche parole. Sarebbe bastato il coraggio di dirmi che da oggi in avanti ti saresti dedicato sempre e solo a me. Che avresti rinunciato anche solo ad un piccolo pezzo di te, per il bene mio e del nostro amore. Che oltre a te avresti pensato anche a noi. E sarebbe stata di nuovo la felicità […], la felicità insieme senza ombre. (Cit. tratta dall'opera) Ma hai preferito ancora una volta te stesso. Ed io sono stata costretta a lasciarmi tutto indietro.



* * *


(Illustrazione di Yan Nascimbene)


Ci sarà la felicità dopo di te

ma c’era anche la felicità a causa tua

entrambe queste cose possono essere vere;

c’è la felicità nella nostra storia,

attraverso la nostra grande separazione

c’è un’alba gloriosa,

screziata dalle scintille di luce

del vestito che ho indossato a mezzanotte;

lascia tutto indietro,

oh, lasciati tutto alle spalle,

ed ecco la felicità


Solo ora che con fretta silenziosa salgo sulla carrozza che mi porta via da te; solo adesso che mi affaccio dalla finestrella, scostando la cortina; solo in questo preciso istante, mentre vedo il sole sorgere dopo una notte più quieta di quel che temevo, mi rendo conto che forse non c’è altra scelta.


Agli occhi di Ombrosa, la nostra separazione sembrerà la conclusione naturale di una relazione balzana tra due nobili desiderosi di divertirsi: il Barone che da anni è sospettato di pazzia e la giovane Marchesa, vedova e libera, alla scoperta di un nuovo mondo.


Solo io e te, Cosimo, dopo essere stati insieme sugli alberi, al di là dei pianti e delle rabbie, dei lividi e delle ferite, del terrore nel cuore della notte e dei nostri sguardi che dicevano tutto, riusciremo a considerarla com’è: un incontro, nel senso più vero e più puro del termine.


Tu hai scelto di osservare il mondo da un punto sopraelevato, dove la luce è attenuata dalle fronde e ti permette di considerare ogni aspetto della vita in modo razionale; hai scelto l’equilibrio, la meditazione, la reinvenzione di se stessi grazie alla cultura. Io ho deciso di correre sui prati a cavallo, vivendo in prima persona ogni passione; di non ripararmi dalle tempeste, ma di sentire l’acqua che mi impregna i vestiti; di scuotere le mie emozioni come lava bollente, e di fermarmi a contemplare il risultato dei miei esperimenti interiori.


Noi ci siamo divisi, ma, come in un’alba gloriosa fatta da due soli gemelli, sono nati due modi di pensare e di sentire che si sono formati l’uno sull’altro, si sono consolidati e, tramite noi, continueranno a vivere. Lasciamo alle spalle le inevitabili ferite causate dagli scontri, lo sgomento nello scoprire che a volte entrambi avevamo ragione, il dolore di quando ci siamo resi conto che vivere insieme così era di fatto impossibile. Apparteniamo a due sistemi distinti, forse per sempre.

Ma ogni volta che qualcuno che la pensa come me e te improvviserà delle lezioni dialettiche sulla vita e sull’amore, ogni volta che un tuo seguace ed una mia imitatrice si scontreranno, ogni volta che un amico degli illuministi e una aspirante romantica si innamoreranno… si sprigionerà una scintilla di felicità.



FINE




Se siete arrivati fin qui, vi ringrazio moltissimo, perché mi rendo conto di avervi proposto, stavolta, qualcosa di molto letterario e un po’ tosto.

Ho cercato di seguire il più possibile le vicende de Il barone rampante: l’amicizia tra Cosimo e Viola quando essi erano solo dei bambini, la chiusura di lei in collegio, il rapporto che Cosimo stringe con il capo dei briganti Gian dei Brughi (avvicinandolo alla lettura ed alla cultura), il ritorno di Viola da giovane vedova, la nascita del loro discusso amore, la gelosia di lui nei confronti di alcuni ufficiali, la rottura definitiva.

L’amore di Cosimo e Viola può essere considerato, fuor di metafora, un incontro tra Illuminismo e Romanticismo: l’idea che due personaggi di un classico rappresentino due movimenti letterari mi piace molto, così ho cercato di raccontarvela “a modo mio”. Spero che sia stato chiaro ed interessante per tutti, in caso contrario vi aspetto nei commenti :-)


Quanto a Happiness, a me è sembrata perfetta! Spero che l'abbiate trovata adeguata anche voi.

Vi invito a seguire tutti i post con il banner “Storytelling Chronicles” di questo mese (alcuni sono già stati pubblicati, altri sono in arrivo) per scoprire tanti mondi differenti tramite le loro fanfiction!

Grazie mille ancora per la lettura, al prossimo post :-)


17 commenti :

  1. Che bella la tua storia Silvia. Originale prima di tutto perché hai scelto un argomento per nulla facile eppure sei riuscita a descriverlo benissimo. Il tuo stile è sempre impeccabile e sei bravissima ogni volta di più, complimenti

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    1. Ciao Susy! Grazie mille per tutte le belle parole 🤗 sono contenta che il racconto ti sia piaciuto!

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  2. Non conoscevo l'esistenza della fanfiction.
    Quindi grazie per avermi insegnato qualcosa di nuovo.
    Quanto al tuo racconto, invece, ottima scelta e, come al solito, ben scritto.

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    1. Ciao Claudia! La fanfiction è un genere più che altro per appassionati di lettura (soprattutto fantasy) e serie TV... però credo che dovrebbe essere più popolare, anche perché ne ho lette di bellissime, per esempio, sulla letteratura e la mitologia... mondi che sono nettamente più conosciuti da tante persone!
      Grazie per i complimenti al racconto 🥰

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  3. Ciao. Complimenti per la tua storia, l'ho trovata bellissima e piena di sentimenti, quasi una poesia. Non ho letto il libro, ma attraverso le tue parole ho immaginato tutto: loro due da bambini, loro due adulti, la gelosia, i litigi, l'amore che indubbiamente li lega. Ogni paragrafo sembrava un nuovo verso di una poesia, un addio anche.
    Ho sentito tutti i dubbi, i rimproveri, il dolore, la gioia, li hai espressi tutti benissimo.
    Mi è piaciuto davvero molto, complimenti ancora.
    Chris

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    1. Ciao! Grazie mille per i complimenti. Sono contenta di essere riuscita a trasmetterti tutti i sentimenti della protagonista e di avere suscitato interesse in te, anche se non hai letto il romanzo. Grazie ancora!

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  4. Ciao Silvia! Con la tua ff mi hai proprio incantata, riportandomi indietro di anni e anni a quando ho letto questo romanzo in giovane età. Mi hai proprio fatto venire voglia di ricoprirlo, perché con la tua reinterpretazione sei riuscita a rapirmi, buttandomi con forza in quel mondo. Mi piace l'idea di abbinare una canzone evocativa e sì Happiness è di certo un'ottima scelta, ma è il tuo stile scorrevolissimo a farla da padrone. È un racconto complesso ma anche godibilissimo grazie a esso e alla forma per congegnata. Che dire, sei stata bravissima nell'interpretare il tema del mese e grazie per averci proposto una scelta tanto originale... Alla prossima!

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    1. Ciao Anne Rachelle! Devo dirti che ogni volta il tuo entusiasmo contagioso mi colpisce: sono contenta di aver conosciuto una persona propositiva come te. Grazie per il sostegno e le belle parole. Alla prossima 🤗

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  5. Ho letto secoli fa questo libro di Calvino, autore che peraltro amo molto. Dovrei rileggerlo, perché la tua storia mi ha davvero toccato il cuore.
    Hai compiuto una scelta coraggiosa, perché Calvino è complicato, originalissimo e imprevedibile. Eppure la tua narracione, con un punto di vista tutto femminile, è davvero riuscita. Molto bella ed emozionante.
    Sono contenta di averla letta.

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    1. Ciao Simona! Allora spero proprio che avrai tempo e modo di rileggere il romanzo. Come molti altri classici, esso "racconta" qualcosa di diverso ad ogni età... Grazie mille per tutti i complimenti! A presto!

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  6. Ciao Silvia! Che bello questo tuffo che ci hai fatto fare! Ho letto questo romanzo anni e anni fa, eppure leggendo la tua FF mi è sembrato quasi di ripercorrerlo, per certi versi, e ne sono rimasta veramente impressionata, perché non è facile prendere Calvino e riadattarlo: tu però ci sei riuscita e alla grandissima, sei stata davvero brava. Trovo che la scelta della canzone sia perfetta, tra l'altro è una delle più belle di Taylor a mio avviso, e l'hai usata in modo incantevole. Bravissima, veramente! Ogni volta è sempre di più un piacere leggerti :) A presto, Stephi

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    1. Ciao Stephi! Sono contenta che ti sia piaciuto ripercorrere questo romanzo insieme a me. Sapevo che la canzone ti sarebbe piaciuta: Taylor ha dato il meglio di sè con il doppio album Folklore/Evermore, e Happiness è un gioiellino. Grazie mille per le belle parole 🤗🤗

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  7. Ciao Silvia!
    Prima di commentare il tuo racconto, ammetto due cose: Calvino e io non abbiamo un buon rapporto; e non ho mai letto Il Barone Rampante.
    Dopo queste premesse, posso dirti però che con il tuo racconto sei riuscita a tenermi incollata alla lettura senza grandi sforzi, quindi già solo per questo per me è un super racconto 😂 Poi, anzi soprattutto, grazie al tuo stile si riesce a leggere tutto in maniera fluida e diventa anche intrigante l'adattamento che tu sei riuscita a fare.
    Bravissima, hai tutti i miei complimenti.

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    1. Ciao Federica! Visto che non sei proprio una lettrice di Calvino, sono ancora più contenta che tu abbia apprezzato la mia storia. Grazie mille per i complimenti!

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  8. Ho amato Il Barone Rampante sin da quando l'ho letto la prima volta in IV ginnasio... La mia professoressa di Latino, Greco e Italiano era pazza di Calvino e con lei abbiamo letto tutti i suo romanzi. Mi hai davvero stesa... Mi hai donato mille emozioni. Un capolavoro veramente.

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    1. Sono Silvia di Silvia tra le righe.

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    2. Ciao Silvia! Anche io avevo una professoressa appassionata di quest'opera. Sono contenta di averti fatto provare così tante emozioni!

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