giovedì 12 marzo 2020

QUANDO PAPÀ MI LASCIAVA GUIDARE

Storytelling chronicles: marzo 2020




Cari lettori,
sono contentissima di inaugurare con voi una nuova rubrica a cadenza mensile, le “Storytelling chronicles”!

Insieme ad altre colleghe blogger, guidate da Lara, autrice del blog "La nicchia letteraria", abbiamo deciso di accettare la sfida di creare un racconto ogni mese, seguendo un tema scelto di volta in volta con un sondaggio. Questa rubrica non sarà sempre lo stesso giorno del mese, ma ognuna di noi, di volta in volta, riserverà uno spazietto per la rubrica sul proprio blog, compatibilmente con gli impegni del periodo. La grafica è a cura di Tania, autrice di "My crea bookish kingdom".

Il tema di marzo è il papà, in occasione della ricorrenza del 19. Spero di cuore che il mio racconto vi piacerà!


Quando papà mi lasciava guidare



La piccola locanda era proprio nel mezzo del centro storico di Marina di Camerota. Era un febbraio che non si rassegnava a cedere il passo alla primavera: un vento gelido trasportava una pioggia sottile e trasversale. Sulle piccole finestre rotonde della trattoria si stampavano grosse gocce che correvano, una più veloce dell’altra, fino a schiantarsi sul bordo inferiore. Dal suo solito tavolo nell’angolo, incastrato tra una mensola piena di vasetti bianchi e blu ed una parete coperta da fotografie d’epoca, Rosa le osservava, più distratta che pensierosa.

Alcuni anziani del posto erano seduti con degli sgabelli al bancone vicino all’ingresso; di fronte ad ognuno di loro c’era un bicchiere di vino rosso che il proprietario della trattoria si affrettava a riempire ogni volta che la conversazione languiva. I quattro continuavano a spaziare, passando dalla politica al tempo metereologico. Era ovvio che non si sarebbero mossi di lì per buona parte del pomeriggio e che qualcuno di loro avrebbe atteso addirittura il calar della sera.

Rosa, invece, anche se erano passate da poco le due, non aveva ancora messo nulla sotto i denti. Aveva avuto una settimana stressante: a Napoli, lo studio di commercialisti dove lavorava da tre anni aveva iniziato ad accogliere le prime richieste delle famiglie che dovevano compilare la dichiarazione dei redditi. Rosa era ormai abbastanza esperta nel suo lavoro e sapeva che la primavera sarebbe stata una stagione infernale per lei ed i suoi colleghi. Già s’immaginava la fila di persone che si sarebbe presentata in studio con enormi plichi contenenti fatture dell’anno sbagliato, scontrini sbiaditi, ricevute mancanti dei dati essenziali… ed avrebbe preteso un piccolo miracolo.

Non avrebbe passato un altro weekend a leggere e fare le pulizie nel suo appartamento in città, andando sempre con il pensiero alle condizioni pietose della sua scrivania ed ai terribili lunedì che l’attendevano. Per questo motivo, la sera precedente aveva preso la sua vecchia utilitaria ed era arrivata nella casa al mare di famiglia, a Marina di Camerota. Peccato che il risveglio del sabato mattina non fosse stato quello che aveva immaginato. Avrebbe desiderato tanto venire investita dai primi soli del tardo inverno, passeggiare sul lungomare, sedersi in spiaggia e tranquillizzarsi osservando la luce che danzava sulle onde.

Invece si era ritrovata a passare da un negozietto all’altro, comprando qualche (immancabile) vecchio libro ed un po’ di bigiotteria della quale sicuramente non aveva bisogno, ed aveva fatto tardi con il pranzo. Si era fermata in una delle sue trattorie preferite, uno dei pochi luoghi in cui una ragazza sola non venisse guardata con curiosità dai vecchietti del posto. C’erano tanti tavoli per uno, ed anche nei giorni più uggiosi, l’ambiente era caldo, accogliente, familiare.

I pensieri di Rosa vennero interrotti dall’arrivo di Giusy, la moglie del proprietario, con uno dei piatti del giorno: una saporita e profumata zuppa di pesce, ideale per quelle giornate in cui l’inverno si ostinava ad infuriare. Ogni volta che gustava una delle delizie della trattoria, si sentiva più vicina che mai alla sua Campania. Nel paesaggio marino erano affondate le sue radici: era nata di fronte al mare, era cresciuta nella villetta dove ancora vivevano i suoi genitori, una bella casa dal cui balcone si potevano vedere golfo e vulcano, e proprio sul mare aveva vissuto incredibili avventure da adolescente, sulla barca di suo padre. Quest’ultimo pensiero, all’improvviso, la rese malinconica e desiderosa di qualcosa di dolce. Finita la zuppa di pesce, fece un cenno ed un sorriso a Giusy, che, conoscendo i suoi gusti, le portò subito il re dei dessert campani: la parmigiana di melanzane al cioccolato. Una coppia di turisti al suo fianco, probabilmente del Nord, storse la bocca all’arrivo della pietanza, ma cambiò idea nel vedere il sorriso della ragazza mentre la mangiava, ed ordinò lo stesso a sua volta.

Mentre gustava le ultime forchettate di quella meraviglia, Rosa sentì il telefono squillare, e si rese conto che la chiamata proveniva da suo fratello Roberto. Chiedendosi che cosa portasse il suo solitamente laconico fratellone ad una telefonata di piacere in piena ora di pranzo, rispose: “Pronto?”
Sorellina, siamo qui in ospedale. Papà si è fatto male ad una gamba”.

* * * 


Marina di Camerota aveva visto giorni ben diversi da quel tempestoso sabato di febbraio del 2005. Rosa, Roberto ed i suoi genitori avevano passato splendide estati, magnifici weekend di primavera, persino vacanze di Natale inaspettatamente miti.
Quello che la piccola Rosa considerava però il vero tesoro di famiglia era ormeggiato nel porticciolo: si trattava di una barca a vela, modesta ma, ai suoi occhi, bellissima.

Quando lei e suo fratello erano bambini, la famiglia Esposito aveva una tradizione da rispettare: l’escursione in barca per la Festa del Papà. Un venerdì sera di metà marzo, tempo permettendo, si mettevano tutti in macchina, riaprivano la casetta al mare (troppo poco frequentata durante l’inverno, ora pronta per una nuova stagione) e si facevano una bella dormita in attesa della giornata successiva (anche se Rosa spesso faticava a prendere sonno per l’eccitazione).
Il sabato era tutto per loro: dopo una bella camminata verso il porticciolo, salivano sulla barca a vela, la Stella, che papà Massimo aveva battezzato così in onore della moglie. Egli si metteva al timone, mentre la madre riponeva le provviste per il picnic in un piccolo frigorifero nella cabina interna.
Una volta partiti, a Roberto piaceva stare seduto sul lato più soleggiato della barca insieme a Stella, ad osservare il mare aperto e l’orizzonte o, al contrario, la verde costa cilentana, punteggiata dal rosso dei primissimi frutti dei fichi d’India e dal giallo e rosa delle fioriture.

Quanto a Rosa, ella non aspettava che quel momento per potersi mettere vicino al padre e, assicuratasi che né la madre né il fratello la stessero guardando, gli chiedeva: “Papà, mi fai guidare?”

Era il loro segreto. Papà Massimo si allontanava un po’ dal timone, senza abbandonarlo, e Rosa si infilava nel mezzo, appoggiando i piedini sulla pedana e mettendo le mani vicino a quelle del padre. Dopo pochi minuti erano già partiti per un mondo fantastico: insieme roteavano il timone per evitare un pericoloso cugino del mostro di Lochness che, chissà come, preferiva l’acqua salata; fuggivano da dei bizzarri pirati che volevano impossessarsi del contenuto dei loro cestini del pranzo (“Più veloce, papà, più veloce!”); veleggiavano sicuri e felici verso il mitico Regno delle Sirene, che altro non era che la spiaggia vicino a dove, ogni volta, ormeggiavano la barca.

C’era qualcosa di semplice e straordinario allo stesso tempo nello stendere la tovaglia a quadretti sul tavolo di legno dell’area picnic della spiaggia. Si respirava un profumo di libertà togliendosi le scarpe per la prima volta dopo i lunghi mesi invernali e sentendo la sabbia intiepidita dal sole primaverile. Ed il momento più bello della festa era, alla fine del pranzo, quello in cui mamma Stella tirava fuori da un sacchetto di carta le tradizionali zeppole di San Giuseppe, che in quel periodo dell’anno facevano bella mostra di sé nelle vetrine di pasticceri e panettieri. Il gusto della pasta fritta e zuccherata, della crema e della ciliegia era per lei il simbolo dell’arrivo della primavera, del ritorno del cielo terso e del mare calmo, delle innumerevoli avventure da vivere quando papà la lasciava guidare.

* * *


Il tempo che ogni anno sembrava mancare ogni giorno di più, l’adolescenza di Rosa e Roberto (che li portava sempre più spesso fuori casa con gli amici) e qualche primavera sfortunata avevano lentamente posto fine alla consuetudine della Festa del Papà. La famiglia Esposito aveva continuato ad utilizzare la Stella per avvicinarsi alle meravigliose grotte di Capo Palinuro, per fare il bagno al largo e cercare un po’ di vento e frescura nelle torride giornate estive, per godersi qualche ultima escursione quando settembre si avvicinava ed i turisti iniziavano a tornare a casa. La tradizione di accogliere insieme l’arrivo della primavera mancava un po’ a Rosa, e sarebbe tornata volentieri alla “sua” spiaggia. Non immaginava che quel posto sarebbe diventato la cornice di una serata da dimenticare.

L’estate del ‘96 era al suo culmine, e ad una giornata torrida ne seguiva un’altra. Era agosto e, come al solito, la famiglia al completo si era trasferita da Napoli a Marina di Camerota. Roberto, sportivo com’era, veniva in spiaggia solo il mattino, per una corsa e per una nuotata, e poi si chiudeva in casa fino a sera per scrivere la sua tesi di laurea in Scienze Motorie. Rosa, invece, era riuscita a dare tutti gli esami del secondo anno di Economia entro i primi di luglio ed era nella casa al mare da prima che arrivassero i suoi genitori per conseguire la patente nautica. 

All’inizio di agosto lei e Roberto avevano invitato sulla Stella alcuni amici per fare un tuffo al largo tutti insieme e papà Massimo si era offerto di accompagnarli. Si era molto divertita a mostrare agli amici le bellezze della costa ed a nuotare nel blu insieme agli altri, ma, una volta risalita a bordo, le era venuto un leggero capogiro, e si era seduta distante dal resto del gruppo, dove la vela creava una zona d’ombra, avvolta in un asciugamano, tentando di riprendersi.
Vuoi una birra?” aveva sentito mentre cercava di fare dei respiri profondi.
Non mi sembra il momento, no?” aveva risposto senza guardare il suo interlocutore. Aveva alzato lo sguardo solo sull’ultima sillaba, che le era morta tra le labbra: di fronte a lei c’era Andrea, uno dei nuovi amici di Roberto, con una borsa frigorifera piena di Corona e l’irresistibile sorriso che aveva animato i suoi sogni negli ultimi giorni.
Di fronte al suo improvviso mutismo, egli si era limitato a stringersi nelle spalle. “Ci sarai almeno all’aperitivo stasera con gli altri? Al bar in piazzetta?”

Quella sera stessa, Rosa, dopo aver preso un ricostituente ed essersi riposata, era corsa al bar con le ali ai piedi, ed aveva rivisto Andrea per quella ed altre sere. Un pomeriggio si erano persino trovati loro due da soli sulla spiaggia, avevano fatto il bagno insieme e parlato a lungo, e ad un certo punto Andrea aveva avvicinato fin troppo il viso al suo, e le loro labbra si erano quasi toccate. Poi, però, una volta tornati a riva, egli le aveva detto che non si sarebbero potuti vedere quella sera, perché aveva un impegno di famiglia. Se n’era andato in tutta fretta, affermando di doversi preparare, lasciando Rosa sulla sabbia con una serie di domande senza risposta.

Era tornata a casa con un muso che inciampava per terra, delusa dalla doccia fredda che aveva subito dopo aver quasi baciato il ragazzo che le piaceva. Una volta arrivata, si era resa conto di dover preparare la cena per lei e suo padre: sua madre stava uscendo per andare al cinema con un’amica e Roberto si era trincerato in camera sua con il computer ed un panino. Proprio mentre stava per mettere su l’acqua per la pasta, papà Massimo l’aveva sorpresa con una proposta: “Che ne dici di farmi vedere la tua abilità come velista? Anche quando cala il buio?”

Erano saliti a bordo della Stella quando l’aria frizzantina della sera aveva iniziato a farsi sentire. Rosa era in shorts ed aveva indossato un maglioncino bianco sulla maglietta per evitare di prendere freddo. Aveva acceso il motore e si era messa al timone, con papà Massimo che osservava da vicino i suoi movimenti e la aiutava, correggendo il tiro. L’uscita dal porticciolo era la parte più difficile, ma se l’era cavata piuttosto bene. “Dove andiamo?” chiese al padre.
Papà Massimo si era accigliato improvvisamente, ma solo per un attimo. Aveva distolto lo sguardo rapidamente e dato un’occhiata al mare. Poi, voltandosi di nuovo verso di lei, le aveva risposto: “Mi piacerebbe tornare nella spiaggia dove andavamo per la Festa del Papà. Te la ricordi?”

Il sole stava tramontando dietro di loro. Rosa sentiva gli ultimi caldi raggi sulle spalle e quasi sperava che non sarebbero mai finiti. Di fronte a loro il colore del cielo stava già cambiando, e il clima era sempre più serale. La navigazione proseguiva abbastanza tranquilla, anche se ogni tanto una corrente più forte del previsto richiedeva il tempestivo intervento di papà.

Erano arrivati in vista della spiaggia proprio quando una luce aranciata sembrava rendere tutto più caldo. Avevano ormeggiato la Stella di fronte alla spiaggia e si erano seduti da uno dei lati della barca, per godersi la fresca serata. Rosa aveva preso in mano il binocolo perché le era sembrato di cogliere un certo movimento sulla spiaggia.

A differenza di altre zone di Marina di Camerota, ricche di stabilimenti balneari (compreso quello dove andavano loro), quella spiaggetta era rimasta libera anche durante la stagione estiva, e, forse proprio per questo motivo, a destra della consueta area picnic a disposizione delle famiglie, sulla larga spianata di sabbia, c’era quella che sembrava una festa improvvisata.

Un gruppo di ragazzi suoi coetanei aveva radunato asciugamani, bottiglie, pizze, una radio. Qualcuno, seduto, mangiava; qualcun altro beveva e rideva; altri ancora cantavano a pieni polmoni, sovrastando la radio e stonando; una coppia in un angolo si baciava con passione, apparentemente dimentica di tutto il resto. Proprio nel momento in cui il binocolo di Rosa si posava su di loro, il ragazzo si era allontanato dalla sua fidanzata e si era voltato dall’altra parte. E lei aveva riconosciuto Andrea.

Non c’era stato bisogno di parlare. Rosa aveva poggiato il binocolo accanto a lei, voltandosi verso suo padre con sorpresa e dolore. E dalla sua espressione dispiaciuta aveva compreso che egli sapeva già tutto.
Mi dispiace… si trovano qui tutti i venerdì. Li avevo visti la scorsa settimana, mentre facevo un giro con tua madre. Scusami, ma… quel giorno che li avete invitati sulla barca vi ho visto insieme. So come ti comporti in certi casi… così ho pensato...”

Tutto il discorso era stato pronunciato in un’atmosfera di imbarazzato silenzio. Papà Massimo non era di molte parole, specie quando si trattava di argomenti simili.
Rosa, in cuor suo, capiva.
Capiva perché egli l’avesse portata lì, quanta fatica avesse fatto a tenersi dentro il segreto per una settimana, la sua indecisione tra lasciare la figlia libera di sbagliare e salvarla da un possibile errore.
Capiva tutto, ma non riusciva ad affrontare né lui né la situazione.
Era scesa in cabina senza dire una parola, e papà Massimo aveva fatto rotta verso il porticciolo da solo.

Quell’episodio era rimasto una sorta di piccolo “non-detto” tra di loro. Rosa aveva preso la patente nautica, aveva fatto altre escursioni familiari con la Stella, era scesa da sola a Marina di Camerota ed aveva portato in barca le amiche e l’ormai ex fidanzato… ma non aveva più parlato con il padre di quella sera, né era tornata su quella spiaggia.

* * *


Febbraio 2005 non fu un mese facile per la famiglia Esposito. Papà Massimo era caduto dalle scale e si era rotto la gamba.

Dopo una decina di giorni di ospedale ed un paio di settimane in cui il dolore e le medicine gli avevano causato un grande sonno, egli iniziava a sentirsi meglio. La gamba era immobilizzata e la convalescenza sarebbe stata lunga, ma i giorni peggiori, forse, erano passati. Ciò che lo stufava maggiormente era l’immobilità: pur essendo in pensione, le sue giornate erano sempre piuttosto piene, e fare fatica anche solo ad uscire di casa lo provava molto.

Febbraio aveva lasciato il posto ad un marzo piuttosto mite che lasciava finalmente immaginare l’arrivo della primavera… e tutti quanti, quel weekend, sarebbero andati a Marina di Camerota, su esplicito invito di Rosa, che aveva promesso una sorpresa.

Ci volle un po’ per sistemare tutta la famiglia sull’utilitaria della ragazza, che aveva visto giorni migliori e proprio in settimana aveva conquistato un altro graffio sul parafango, che era già piuttosto artistico.

Fu anche piuttosto difficile far salire papà a bordo della Stella, ma Roberto, portandolo in braccio con l’aiuto di un altro velista, riuscì nell’impresa.

Era la prima volta, da quando aveva preso la patente nautica, che Rosa sapeva che non avrebbe potuto usufruire dell’aiuto di papà. Anche suo fratello avrebbe potuto guidare, ma aveva preso la barca pochissime volte e non era molto pratico.
Rosa avrebbe dovuto cavarsela da sola, ma non era spaventata. Con sicurezza uscì dal porticciolo ed impostò la rotta. Il vento primaverile le fece alzare il cappuccio della giacca a vento e le pizzicò gli occhi, ma lei proseguì.

Ed eccola, la spiaggia della Festa del Papà. La mattinata era piacevole, il cielo azzurro solcato solo da qualche nuvola bianca, il mare calmo. La piccola baia si rivelava in tutto il suo splendore, tra i piccoli massi sporgenti dall’acqua sulla sinistra, la lunga e stretta striscia di sabbia, le colline coperte di sempreverdi.

Non era possibile raggiungere la spiaggia con il solito gommone, ma Rosa aveva comunque pensato ad un piccolo pensiero. Una volta ormeggiata la barca scese in cabina e, con grande sorpresa di tutti, ne risalì con un sacchetto di carta oleosa che conteneva le immancabili zeppole di San Giuseppe.

Si sedette vicino a papà Massimo, che sembrava godersi parecchio la gita ed il panorama, e gliene porse una.
...Come mai ci hai portato qui proprio oggi?” lui le chiese.
Per riprendere la nostra tradizione della Festa del Papà.” Esitò, guardandolo. “E perché mi sei stato vicino in un momento difficile. Ed io farò lo stesso con te.”
Mentre mordeva la pasta coperta di zucchero ed osservava la sua famiglia mangiare e ridere, Rosa pensò che sarebbe stata una delle migliori primavere di sempre.




FINE





Per la prima volta ho pubblicato qualcosa di creativo su questo blog… ed è per questo motivo che oggi più che mai ho bisogno del vostro parere!
Sentitevi liberi di esprimervi nei commenti, lasciando anche solo un’idea o un’impressione.
Vi invito a leggere gli altri racconti del mese di marzo delle mie colleghe blogger!
Grazie per la lettura, al prossimo post :-)

26 commenti :

  1. Cara Silvia, ora che inizi con qualcosa di nuovo, tutti abbiamo l'ansia di vedere e capire cosa ci aspetta, e leggiamo con molto interessi.
    Ciao e buona  giornata con un forte abbraccio e un sorriso:-)
    Tomaso

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    1. Ciao Tomaso! Sono contenta che questi post ti interessino :-) Per ora ho iniziato con questo racconto, poi si vedrà! Buona giornata :-)

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  2. Ciao Silvia, mi è piaciuto davvero tanto questo racconto... complimenti! :-)

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  3. E' la prima volta che ti leggo Silvia e il risvolto è più che positivo.
    Mi è piaciuto tantissimo il legame padre/figlia che dovrebbe sempre essere forte e duraturo come con Rosa e papà Massimo.
    Bella la parte descrittiva, hai reso bene l'idea di essere lì. Forse la prima parte è un po' dispersiva (mio parere) ma nel complesso mi è piaciuta perchè porta a tanti spunti di riflessione quindi brava

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    1. Ciao Susy! ...è vero, il legame con il papà è qualcosa di importante per noi figlie! In effetti mi sono resa conto che l'inizio, che voleva essere più riflessivo, può risultare un po' lento. Sono comunque molto contenta che ti sia piaciuto :-)

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  4. Ma che racconto piacevole, complimenti e bella questa nuova rubrica. Ciao Silvia, buon pomeriggio.
    sinforosa

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    1. Ciao Sinforosa, grazie mille! Sono contenta che la rubrica ti piaccia :-)

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  5. Il racconto è ben scritto, anche se forse un po' lungo per i miei standard.
    Ma l'avrei letto anche se fosse stato il triplo di questo, perché le storie che riguardano i papà mi commuovono sempre, per ovvie ragioni. ❤

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    1. Ciao Claudia! Quando non ho limiti di spazio tendo a dilungarmi, in effetti :-) Comunque sono contentissima che tu l'abbia letto e che ti sia piaciuto!

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  6. Ciao Silvia. Mi hai fatto fare un viaggio bellissimo in una terra che, ahimè, non ho mai conosciuto di persona. Hai saputo raccontare colori e profumi, il tutto con grande amore e (forse) un pizzico di nostalgia. In particolare, ho adorato la parte in cui Rosa bambina, insieme al papà, si mette al timone e fantastica di mostri e pirati. Splendido brano, molto evocativo, che tra l'altro assume un valore ancora maggiore alla luce degli avvenimenti successivi: alla fantasia dell'infanzia fa da contrappunto la delusione della ragazza che, pur navigando verso il medesimo porto, all'approdo trova qualcosa di doloroso.
    Molto bello anche il modo in cui il "cerchio si chiude": il tempo ribalta le situazioni, e se prima era papà Massimo a prendersi cura della figlia, a proteggerla, adesso tocca a lei farlo.
    Per quanto riguarda la scrittura in sé, mi è parsa ottima sotto tutti i punti di vista, dalla sintassi al registro linguistico, dalla punteggiatura alla struttura. Il ritmo è adeguato al flusso dei ricordi, che vagano liberi e si prendono il tempo necessario per emergere, talvolta con lentezza, in altre occasioni con più rapidità.
    L'unico difetto, se così vogliamo chiamarlo, è la D eufonica messa anche dove non serve, che appesantisce un po'. Poi ho trovato: "Rosa aveva pensato a un piccolo pensiero".
    Davvero un gran bel racconto. Complimenti!

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    1. Ciao Debora! Innanzitutto grazie di cuore per il tuo lungo commento, per la tua analisi precisa e per le belle parole. Sono stata in Cilento solo una volta, quando ero ragazzina, ed ho passato una delle vacanze più belle di sempre. Ammetto che un po' di nostalgia c'è… e infatti tu l'hai colta!
      Starò un po' più attenta alle "d" eufoniche: in effetti le metto quasi sempre, di default, ed invece ci dovrei pensare di più…
      Grazie ancora per essere passata ed aver letto e commentato così attentamente. Sono contenta che il racconto ti sia piaciuto.

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  7. Il tuo racconto è davvero dolcissimo e ben scritto. Mi ha fatto venire in mente un ricordo del passato che, da sempre, mi intenerisce. Il tuo stile mi piace e non vedo l'ora di leggere anche il prossimo racconto.

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    1. Ciao! Grazie mille, sono felice che il racconto ti sia piaciuto… soprattutto perché ti ha riportato alla mente dei bei ricordi. Alla prossima, allora :-)

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  8. Ciao Silvia, grazie per questo bel racconto! L'ho trovato davvero ben scritto, anche se lungo sei riuscita a districare perfettamente le varie parti e dare non pochi spunti di riflessione su momenti diversi della vita di Rosa, cosa non così scontata. Mi è piaciuto molto poter approfondire, man mano che le parole avanzavano, la conoscenza di Rosa: è stato interessante vederla bambina e adulta e adolescente, tutto nello stesso racconto. Ho apprezzato molto anche il modo con cui hai descritto i vari ambienti e le situazioni che Rosa e la sua famiglia si sono trovate a vivere, e ho provato una stretta al cuore nel leggere di questa tradizione di famiglia, mi ha fatto tornare in mente bei momenti. Ancora complimenti e alla prossima storia! Stephi

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    1. Ciao Steph, grazie di cuore per il lungo commento ed i tanti complimenti! Ho cercato di raccontare la mia protagonista attraverso varie fasi della vita, proprio come hai sottolineato tu. Anche io ho ripensato a tanti bei momenti rileggendo questa storia… principalmente alla mia vacanza a Marina di Camerota di tanto tempo fa, ma anche ad alcune tradizioni di famiglia. Sono contenta di aver risvegliato qualche ricordo anche in te. Grazie ancora per i complimenti :-)

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  9. Ciao.
    Ho letto il tuo racconto e direi che ha rispettato il tema del mese. Il tutto gira attorno a Rosa e ai ricordi che lei ha legati a suo padre, che l'ha accompagnata in diversi momenti della vita.
    Passiamo dall'infanzia spensierata, all'adolescenza e ai primi amori e prime delusioni, per arrivare poi a chiudere il cerchio ritornando su quella isola dove erano felici sempre.
    Mi è piaciuto il tutto, scritto bene, hai descritto i luoghi per facilitare il lettore che riesce così ad immaginare tutto per bene.
    Ti faccio notare le "d" eufoniche che secondo me in alcuni posti sarebbero da evitare perché diventa un po' pesante la lettura.
    Voglio farti notare una cosa, che non è legata al racconto in sé, ma alla parte "estetica" diciamo. Il colore rosso per le scritte con un font un po' piccolo secondo me diventano difficili da leggere. Io ho i miei problemi e quindi forse non faccio testo, però ho trovato difficile la lettura. Spero di non averti offesa.
    A presto :)
    Chris

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    1. Ciao Christine! Innanzitutto grazie per i complimenti, sono contenta che la storia ti sia piaciuta… e la mia idea era proprio quella di un cerchio che si chiude!

      Vedrò di stare attenta alle "d" eufoniche, visto che non sei l'unica che me l'ha fatto notare!

      Caspita, mi dispiace per il colore rosso, perché è una delle caratteristiche distintive del blog. Però posso provare un font più grande per il prossimo racconto (anche se quello di aprile è uscito proprio oggi), o magari un'interlinea più distanziata. Comunque non mi sono offesa, ci mancherebbe!

      Grazie ancora per essere passata a commentare :-)

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  10. Nel leggere la tua storia mi sembra di sentire i profumi e i sapori. Si nota che descrivi tutto con grande affetto e calore. Mi è piaciuta la delicatezza con cui racconti una grande delusione e la dolcezza con cui il gesto d'affetto viene resituito.

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    1. Ciao Simona! Per i profumi ed i sapori mi sono ispirata ai miei luoghi del cuore, compresa, per l'appunto, Marina di Camerota. Durante questa primavera di isolamento mi sono mancati più che mai! Grazie per i complimenti, sono contenta che la storia ti sia piaciuta :-)

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  11. Nonostante mi sia piaciuto questo racconto -è la prima volta che ti leggo, però ho notato fin da subito quanto tu abbia talento nel descrivere non solo le ambientazioni, ma anche le emozioni <3 Non è da tutti, quindi ti faccio i miei complimenti ;) Senza dimenticare il bellissimo "do ut des" tra padre e figlia, un ricambio di favore dovuto solo all'amore che vige in un legame del genere :3 Ottima idea, cara Silvia!-, sono rimasta un po' perplessa per la narrazione adottata. Avrei preferito una struttura più fluida, diciamo, perché, in questa maniera, mi pare quasi frammentata. Vero è che sono scene diverse quelle che descrivi, quindi un margine di "distanza" è prevedibile oltre che giustificabile, ma forse, con una tecnica diversa, limando qui e là, avresti potuto dare un carattere maggiormente unito, per esempio creando un miglior nesso fra la prima parte e il ricordo o il ricordo e la seconda parte. ^_^

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    1. Ciao Lara (sei tu giusto? So che su "La nicchia letteraria" scrivete in più persone…)! Grazie per il complimento sulla descrizione delle emozioni, ci tengo davvero!
      Quanto alla struttura, in effetti la mia idea era proprio quella di isolare dei "momenti speciali" di infanzia, adolescenza ed età adulta, però il tuo consiglio di creare dei nessi narrativi per rendere tutto più fluido è più prezioso in vista di una prossima volta, quindi grazie mille davvero! :-)

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  12. Ciao Silvia!
    Il racconto è davvero ben scritto, articolato e soprattutto racconta diverse fasi del rapporto padre-figlia che lo rendono quotidiano, vero, una storia come se ne possono vivere davvero tutti i giorni! Mi hai fatta immergere in un mondo di colori e tradizioni, e ricette, che non conoscevo. Bello, anche con il suo stile frammentato, come se stessi ricostruendo dei pezzi di memoria.
    Un unico aspetto, ma è più un gusto personale, è che forse la parte centrale, quella dell'infanzia e dell'adolescenza, è abbastanza corposa da confondere un po'. Non si perde il filo, ma rischia di portarti in quella direzione.
    Federica

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    1. Ciao Federica! Innanzitutto grazie per le belle parole, che mi riempiono sempre il cuore di gioia :-)
      Mi sono resa conto che alcune parti sono un pochino troppo corpose, ma in questo caso la lentezza è stata un po' voluta, perché tramite descrizioni dettagliate volevo omaggiare dei posti che amo. Per le prossime volte starò attenta a non eccedere ed a non "sviare" la narrazione, quindi grazie per il consiglio! :-)

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  13. Ciao Silvia. Sono Silvia di Silvia tra le righe. Un bellissimo racconto davvero. Ho percepito davvero l'amore di questo padre per la figlia. Hai descritto davvero bene ogni singolo dettaglio e mi hai fatto venire una grande voglia di fare una gita la mare. In questi giorni di quarantena mi hai permesso di viaggiare con la fantasia, leggendo il tuo racconto. Complimenti.

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    1. Ciao Silvia! Grazie mille per i complimenti. Sapessi che desiderio di evasione e di mare ho provato io scrivendo questa storia… è stato abbastanza terapeutico! :-)

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