giovedì 8 marzo 2018

ECUBA: LA CUSTODE DELLA MEMORIA

Le donne di Euripide #2





Cari lettori,
per la nostra rubrica “Donne straordinarie”, oggi proseguiamo il nostro viaggio alla scoperta delle figure femminili cantate dal poeta e drammaturgo Euripide.
Dopo questo post dedicato interamente ad Andromaca, oggi mettiamo al centro della scena una tragedia che vede protagoniste tutte le donne di Ilio ed in particolare l’anziana Ecuba: le Troiane.


Questo è il mio post dedicato alla Festa delle Donne del 2018...tanti auguri a noi, care lettrici! 


Ho sempre pensato che questa tragedia costituisse un unicum nel suo genere per via della situazione in cui si trovano le protagoniste all’inizio del dramma.
In tutte le opere drammatiche greche, infatti, il primo atto presenta due situazioni ricorrenti:
  1. Una condizione di apparente serenità che sta per essere crudelmente rovesciata dal Fato, dalle decisioni umane, da alcune verità sconvolgenti che vengono rivelate (è il caso di Medea, di Edipo, di Ifigenia);
  2. Una minaccia che sovrasta il protagonista, il quale però ha la possibilità di vendicarsi o di scegliere il suo destino, anche se spesso drammatico (come Aiace, Antigone, Elettra).
Le Troiane sono invece un caso particolare di “tragedia dopo la tragedia”.
L’evento tragico e luttuoso, ovvero la resa di Ilio, è infatti già avvenuto, ed alle donne della città non restano che i pianti, le recriminazioni, la paura.

Ciò che ci insegna questo dramma è che una tragedia non si esaurisce con un delitto, una vendetta, una sconfitta in guerra; al contrario, essa si amplifica ogni volta che i suoi protagonisti sono costretti ad affrontarne le molteplici conseguenze.


Le quattro donne al centro della scena sono l’anziana Ecuba, regina vedova di Priamo, la già citata Andromaca, Cassandra ed Elena.
È la prima a farsi voce narrante della storia e a sentire su di sé il peso non solo della sua tragedia, ma anche di quelle che, in un certo senso, sono le sue “figlie”: l’erede legittima che in famiglia non è mai stata compresa, la nuora esemplare e sempre amata e la nuova sposa del figlio Paride, vista sempre con rancore e con diffidenza.

Così come Priamo si era assunto su di sé con saggezza la responsabilità di tutti i suoi cittadini, così Ecuba, da brava regina, diventa la confidente delle ultime donne troiane rimaste in vita, ansiose di conoscere il loro destino.
Con la sua età e la sua mai rassegnata disperazione, ella diventa la custode della memoria di una città ormai perduta. Vediamo come!



Ecuba e Cassandra



Dai poemi omerici non riusciamo a dedurre molto del rapporto che intercorre tra Cassandra ed i suoi genitori. Comprendiamo che essi sono orgogliosi della sua scelta di essere sacerdotessa e che la ritengono “debole e fragile” per via della sua capacità di fare profezie, alle quali purtroppo non viene mai dato credito.

Il legame familiare non viene mai approfondito da Omero; in questa tragedia, invece, assistiamo ad un lungo colloquio tra Cassandra ed Ecuba.
La giovane donna, già sconvolta dalle violenze che ha dovuto subire la notte della caduta di Troia, annuncia infatti alla madre di dover salpare con Agamennone, perché l’uomo la desidera con sé come sua concubina.
Cassandra prevede già quello che il mito ed altre tragedie raccontano: la vendetta di Clitennestra, l’uccisione di Agamennone in casa propria, la sua stessa morte.


Ciò che sorprende il lettore o lo spettatore, però, non è il lungo delirio della sacerdotessa, che non racconta nulla che un appassionato di classici non si aspetterebbe, bensì la reazione di Ecuba, che, per la prima volta, sembra ritenere piuttosto credibile il racconto della figlia.

Non che ella abbia iniziato all’improvviso a ritenere veritiere le profezie di Cassandra, che, purtroppo per lei, saranno messe in ridicolo fino al suo ultimo giorno.

Tuttavia, la regina comprende che il destino riservato a sua figlia è per lei peggiore della morte e, anche se le piange il cuore all’idea che Cassandra possa perdere la vita, preferisce immaginarla morta dopo aver visto il cadavere di Agamennone piuttosto che concubina di qualche greco per tutta la vita.



Ecuba ed Elena



A differenza del rapporto tra Ecuba e Cassandra, appena accennato nell’Iliade, la natura di quello tra la regina ed Elena è ben esplicitato nel poema omerico.
Nel momento in cui Ettore muore, infatti, la cognata ne parla con affetto, ricordando lui e Priamo come i suoi unici difensori, mentre gli altri figli del re, le loro mogli ed Ecuba sono spesso duri con lei.

Il rancore che la regina ha sempre provato nei confronti di Elena si è tramutato in una furia cieca ed in un desiderio di vendetta dal momento in cui Ilio è caduta.
Ecuba non nasconde di voler vedere morta la donna e, quando Menelao viene a prenderla nella tenda in cui le donne troiane si sono rifugiate, ella rivolge all’uomo un vero e proprio atto di accusa, ritenendo Elena colpevole di tutti i mali che sono capitati alla sua città.


La bella spartana, tuttavia, mostra di saper argomentare anche meglio della vecchia regina, e si difende utilizzando argomentazioni di carattere strettamente filosofico. Non è infatti possibile, secondo la donna, che lei sia davvero l’unica responsabile della caduta di Troia: la città, simbolo della ricchezza dell’Oriente, era infatti nel mirino dei Greci da anni, e, in definitiva, i Troiani, lasciando vivere Paride e non preoccupandosi della profezia che lo riguardava, sono stati essi stessi causa della loro rovina.


Nonostante le argomentazioni di Elena siano ineccepibili, nel lettore (o nello spettatore) persiste la sensazione che la donna stia cercando delle scappatoie, che si stia comunque giustificando.

Inutile dire che Menelao abbandona subito l’idea di uccidere la moglie e che Ecuba capisce di essere stata sconfitta un’altra volta.



Ecuba e Andromaca



Per Andromaca, vedova di Ettore, i dolori non sono ancora finiti: gli eroi greci, su istigazione di Ulisse, hanno deciso che non è bene crescere il figlio di un compianto eroe troiano, ed hanno condannato a morte il piccolo Astianatte, destinato a precipitare dalle mura di Troia.

La morte del piccolo e l’ultimo saluto dell’impotente Andromaca sono tra le pagine più tristi della drammaturgia greca, e fanno comprendere al lettore che la vittoria dei Greci non è stata solo ingannevole, ma anche empia. Si comprende con facilità, dunque, come gli dei vorranno punire i “vincitori”, donando loro dei ritorni in patria difficili e dolorosi.

Quando il piccolo è ormai morto, Andromaca non ha nemmeno tempo per seppellirlo, perché il suo nuovo padrone, Neottolemo, la attende sulla nave.

È allora Ecuba, con l’aiuto di un’ancella troiana appartenente al coro, a comporre il corpicino, a fasciarlo, a porlo sullo scudo di Ettore affinché il padre possa proteggere il figlioletto anche dopo la morte.


La regina pensa con angoscia a quello che sarà il suo destino. Ella, infatti, con ogni probabilità, diventerà una bambinaia per i Greci: una sorte ben amara per una donna che ha visto morire non solo i suoi figli, ma anche il nipotino che aveva avuto dal suo erede più amato.

Una volta compiuto l’atto forse più triste della sua vita, ad Ecuba non resta che guardare le rovine della città ormai in fiamme ed allontanarsi verso le navi.

Il suo destino resta ignoto: ella è, in teoria, destinata alla nave di Ulisse, ma la tradizione sostiene che sia morta in patria, probabilmente di crepacuore.



Le troiane-frammenti di tragedia”: una rivisitazione del 2014



Mi è capitato solo una volta, nell’autunno del 2014, di assistere ad una rappresentazione di questa tragedia, al Piccolo Teatro di Milano: lo spettacolo si intitolava Le troiane – frammenti di tragedia ed era una parziale rivisitazione del dramma.

Il testo, innanzitutto, era contaminato: sulla base della storia narrata da Euripide, infatti, era stato costruito un copione con frammenti di Seneca, Ovidio e Sartre.

Le uniche quattro attrici sulla scena erano le quattro protagoniste femminili: Menelao, il nunzio ed altri personaggi maschili erano stati infatti tagliati.

La tragedia si stringeva dunque intorno alle sue eroine, che si confidavano e si sfidavano tra di loro tramite dialoghi coltissimi e ben recitati.




Le troiane sono una tragedia piuttosto conosciuta…vi è capitato di assistere a qualche rappresentazione?
Avete letto il testo? Cosa ne pensate?
Vi piace questo viaggio tra la mitologia e la tragedia greca?
Fatemi sapere!
Grazie per la lettura ed al prossimo post 😊

6 commenti :

  1. Ineressantissimo post come sempre cara Silvia

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  2. Ciao Silvia, sono sempre molto interessanti e accurati questi i tuoi post! Buona festa della donna :-)

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  3. Tanti auguri in ritardo e complimenti per il post!

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