lunedì 24 maggio 2021

DUE CASI PER LA GHOSTWRITER

 Il secondo e il terzo romanzo della serie di Alice Basso




Cari lettori,

per la nostra rubrica “Letture...per autori”, torniamo a parlare di Alice Basso e della sua Silvana (Vani) Sarca, ghostwriter protagonista dei suoi romanzi.


Per il mio 31esimo compleanno (lo scorso settembre) mi era stato regalato il primo romanzo della serie, L’imprevedibile piano della scrittrice senza nome, di cui vi ho parlato qui. Non mi aspettavo che mi piacesse così tanto, eppure, ora che ho letto anche il secondo e terzo volume della serie, posso dire con cognizione di causa che, in materia di libri, Vani Sarca è una delle migliori scoperte di quest’annata 2020/2021 (ragiono per anni scolastici, portate pazienza). 

Perciò perdonate il fangirling che sicuramente esprimerò nel corso delle recensioni... vi ho detto fin da subito che questi romanzi mi sono piaciuti tanto tanto!



Scrivere è un mestiere pericoloso


Vani Sarca, ghostwriter delle Edizioni L’Erica di Torino, si è appena ripresa con classe da una brutta batosta: ha mandato al diavolo il suo ex fidanzato, lo scrittore Riccardo Randi, che l’ha – piuttosto cinicamente – ingannata, è diventata a tutti gli effetti una collaboratrice della polizia grazie al commissario Berganza che crede sempre in lei ed ha pure ottenuto un aumento.


Sfortunatamente, ella ha ancora qualche problema di gestione della rabbia (e nessun corso di arti marziali sembra placarla), soprattutto nel momento in cui le piomba addosso un nuovo incarico lavorativo che ha il sapore della vendetta. Vani, infatti, su “gentile” richiesta del suo capo Enrico, uno squalo che ci tiene a ricordarle ogni due per tre l’entità del suo recente aumento, si dovrà occupare di scrivere un libro di cucina al posto di una food blogger che è il suo opposto, tutta rosa, cuoricini e leziosità. Non solo Vani non sa cucinare nemmeno un uovo sodo, ma non si tratta di un qualunque manuale di cucina: dovrà infatti intervistare Irma, la storica e ottuagenaria cuoca di una prestigiosa famiglia milanese, i Giay Marin, proprietari di una ricchissima casa di moda. L’incarico è delicato, perché anni prima uno dei due eredi, Aldo, ha ucciso il fratello Adriano, e sta ancora scontando la pena in carcere.


Nel momento in cui Vani intervista Irma, coadiuvata da Delia, la vedova di Adriano, accade però un avvenimento scioccante: l’anziana cuoca afferma di aver avvelenato lei la cena di Adriano. Vani coinvolge immediatamente il commissario Berganza, che decide di riaprire cautamente il caso, ma la cosiddetta confessione tardiva di Irma è inspiegabile e lacunosa, e per quanto la donna sia parzialmente affetta da demenza senile, nulla potrebbe giustificare un simile exploit se non ci fosse sotto qualcosa di vero.


Vani promette a Berganza collaborazione per risolvere il mistero, ma ha bisogno al più presto di ripetizioni di cucina, e chi, se non il commissario, potrebbe essere il miglior aiutante per scoprire le meraviglie della cucina piemontese?


Ghostwriter, poliziotta, aspirante cuoca: ce ne sarebbe abbastanza per chiunque, ma Vani, nel frattempo, deve anche preoccuparsi di altre questioni: aiutare Morgana, la sua amica e vicina adolescente, una “mini-lei”, a scrivere una canzone per entrare in un gruppo musicale; cercare di conoscere meglio Irma, che, nonostante la sua imprevista dichiarazione e l’età molto lontana dalla sua, le piace davvero; evitare il più possibile Riccardo, che continua a spuntarle davanti, con tanto di nuova fidanzata.



Scrivere è un mestiere pericoloso inizia dove L’imprevedibile piano della scrittrice senza nome si era concluso. Il nuovo intreccio giallo è intrigante tanto quanto quello del primo volume, ed ancora una volta le chiavi per la risoluzione saranno le incredibili capacità di Vani di entrare nella testa degli altri, di comprenderli profondamente, di utilizzare le parole giuste al momento giusto.


Quanto alla parte più “rosa” del romanzo (anche se, parlando di Vani, i colori più adatti sarebbero il nero ed il viola), come dicevo qualche tempo fa su Instagram, i mood prevalenti sono due. Ogni volta che Vani ha a che fare con Riccardo (che, diciamocelo, è un borioso pseudo intellettuale che fa il finto buono, piange lacrime di coccodrillo, fa la parte del “ragazzo sfortunato” ma sa benissimo di essere un maledetto piacione), nella mia mente parte Fuck you di Lily Allen. Ogni volta che, invece, Vani ha a che fare con il commissario Berganza (che uomo!), mi metto invece a canticchiare L.O.V.E. nella versione di Michael Bublé. Ci sono scene davvero epiche, sia con l’uno che con l’altro, ma non anticipo niente, vi auguro solo buona lettura!



Non ditelo allo scrittore


Dopo un periodo natalizio movimentato, per Vani Sarca gennaio è stato molto tranquillo, anche troppo per i suoi recenti ritmi. Ella è tornata a vivere nel suo piccolo regno, tra libri, birra scura (alternata a whisky) e patatine al formaggio, senza particolare conforto di un altro essere umano, soprattutto non quello del commissario Berganza, che è coinvolto in una grossa inchiesta riguardante le manovre di un delinquente agli arresti domiciliari e non ha più tempo per le loro lezioni di cucina.

In compenso, Riccardo, dopo aver lasciato precipitosamente la sua fidanzata ed avere nuovamente dichiarato il suo amore a Vani, ha tentato ogni giorno un avvicinamento, con rose, abiti di lusso ed altri regali. La ragazza, anche se non lo ammetterebbe mai, è lusingata dalle attenzioni del suo ex fidanzato, ma qualcosa, in lei, non la convince a riaccettare Riccardo nella sua vita, e ha la sensazione che non si tratti solo della rabbia per il modo in cui egli l’ha ingannata tempo prima.


I primi di febbraio, però, portano con sé una novità importante: il suo capo Enrico, con l’aiuto (leggi: lo sfruttamento) della sua assistente Olga, ha un nuovo caso da sottoporle, stavolta più affine alla sua esperienza di poliziotta che a quella nel mondo dell’editoria. Per le Edizioni L’Erica ricorre il ventennale di un importante romanzo storico, un caso editoriale ambientato nel Risorgimento italiano, e l’intenzione di Enrico e soci sarebbe quella di produrre una nuova (e sicuramente costosa) edizione critica, ma, mentre la povera Olga spulciava gli archivi della Casa Editrice, ha fatto una scioccante scoperta: le bozze del manoscritto sono perfette, ma le lettere dell’autore erano infarcite di errori grammaticali. In altre parole, l’autore del romanzo non ha mai saputo scrivere e si è affidato ad un ghostwriter… che va trovato al più presto per evitare lo scandalo. Vani accetta l’incarico dicendosi contrariata, ma non può fare a meno di sentirsi già affascinata dall’esistenza di un misterioso “collega”.


Nel frattempo, il commissario Berganza si fa vivo per invitarla ad un pranzo di famiglia, in occasione del suo cinquantesimo compleanno. Vani insiste per essere coinvolta nel caso spinoso di cui si sta occupando il commissario, ma egli, che è già piuttosto protettivo con i suoi giovani sottoposti, prima si rifiuta categoricamente, poi ammette di aver bisogno di aiuto per decifrare i messaggi dello scaltro delinquente che continua a gestire i suoi traffici direttamente da casa, ma fa promettere a Vani di andarci con i piedi di piombo.



Non ditelo allo scrittore è un romanzo che, rispetto ai primi due della serie, amplia molto le pagine dedicate all’adolescenza ed alla giovinezza di Vani (narrate in terza persona invece che in prima come nel resto del romanzo). Si crea una sorta di storia parallela, legata principalmente ai ricordi che Vani ha del liceo ed al suo bel rapporto con il professor Reale, docente di letteratura inglese. Più il lettore prosegue, più ha l’impressione che l’autrice ci stia portando alla scoperta di un lato intimo ed autentico di Vani, in un periodo nel quale la sua maschera di cinismo e misantropia era ancora in costruzione ed ella, spesso, si sentiva solo una ragazza che voleva essere accettata ma si ritrovava sempre ad essere giudicata “strana” per via del carattere deciso e degli interessi intellettuali.


In questo romanzo, oltre che di editoria e di dinamiche culturali (come sempre espresse con grande lucidità ed ironia), si parla molto anche d’amore: della paura di accontentarsi di una grigia routine pur di non stare soli, dell’imparare ad abbracciare le proprie diversità senza interpretare sempre il personaggio del “provocatore” o della “stravagante”, di situazioni in cui per lavoro ci si ritrova a sapere tutto delle sensazioni e delle emozioni degli altri ma non si comprende nulla di se stessi, dei tanti tipi di relazione e delle grandi e piccole frustrazioni di ogni giorno, a cui solo la persona veramente giusta per noi può porre rimedio. Il tutto, ovviamente, lontano dai canoni del romanticismo tradizionale e in pieno “stile Vani Sarca”. A tal proposito, vi lascio una citazione che mi sembra riassuma perfettamente lo spirito rosa del romanzo:


Se stai baciando per la prima volta la donna di cui sei innamorato, puoi essere seduto sopra una pila di cadaveri putrescenti che non ci fai caso.”


Indovinate un po’ chi la dice?




Ecco le mie considerazioni a proposito di una serie che spero davvero di proseguire al più presto! Non starò a ripetervi quanto mi sta piacendo, ormai l’avrete capito!

Piuttosto, visto che ho scoperto questi romanzi con un certo ritardo, ditemi un po’…

Voi che ne pensate di Vani Sarca? Vi sono piaciuti i suoi romanzi?

Avete letto altro di Alice Basso?

Fatemi sapere le vostre impressioni (no spoiler please)!

Grazie per la lettura, al prossimo post :-)

4 commenti :

  1. Ciao Silvia, come ben sai adoro i romanzi di Alice Basso, non solo la serie di Vani ma anche quella di Anita e non vedo l'ora di leggere il suo nuovo romanzo, uscito la scorsa settimana :-)
    Oltre ai suoi personaggi e alle storie così avvincenti adoro il suo modo di scrivere, preciso e accurato ma non per questo pesante o noioso...

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    1. Ciao! Eh sì, so che ti piacciono, ne abbiamo parlato insieme :-) è vero, il modo di scrivere di Alice Basso è davvero coinvolgente! Ed è tutt'altro che noioso, i romanzi scorrono...

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  2. Non ho mai letto nulla di Alice Basso.
    Sai che proprio pochi giorni fa, sul mio blog, si è parlato di ghostwriting?
    È un tema alquanto spinoso.

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    1. Ciao Claudia! Mi sono persa il tuo post sul ghostwriting. Eh sì, è un tema parecchio spinoso e per vari motivi! Qui viene trattato con tanta competenza, ma anche ironia e leggerezza. Magari potrebbe interessarti :-)

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