lunedì 10 novembre 2025

GIALLI E THRILLER PER UNA SERATA NOVEMBRINA

 Due romanzi della Sellerio




Cari lettori,

per la nostra rubrica “Letture...a tema”, oggi vi propongo due romanzi della Sellerio che ho letto ormai qualche tempo fa. Il primo è un thriller sulla malavita organizzata e sul programma protezione testimoni nato dalla penna di Giampaolo Simi, l’altro è un giallo brillante che ha per protagonista uno stravagante “detective e ladro per caso”, creato da Martin Suter.


Ho pensato che entrambe queste letture, tascabili ma non proprio leggere (soprattutto la prima), fossero l’ideale per queste buie serate di novembre, un ponte tra l’atmosfera spooky di Halloween ed i mesi più freddi.


Vediamole meglio insieme!



Rosa elettrica, di Giampaolo Simi


Rosa è una giovane poliziotta dall’esistenza piuttosto solitaria.


Da piccola ella ha avuto un’infanzia felice insieme al fratello Diego, e ad un certo punto ha anche creduto di avere un superpotere: quello di riparare, o far ripartire da soli, gli oggetti elettrici. Quando poi una dimostrazione con i compagni di scuola è fallita, ella si è resa conto che il suo “superpotere” era soltanto un trucchetto del fratello. Da allora, però, le è rimasto il soprannome Rosa elettrica.


Oggi Rosa è una donna che vive in un minuscolo appartamento in cima ad un palazzo non proprio prestigioso, sente la sua famiglia solo una volta ogni tanto, vive di surgelati e precotti e ha avuto poche relazioni, che però non sono andate a buon fine. Al momento ha solo uno spasimante, un dj che la definisce “irraggiungibile”, perché Rosa non gli ha raccontato niente di se stessa.


L’unica vera novità della sua vita è uno scatto di carriera, che però comporta notevoli responsabilità: dopo anni da poliziotta “ordinaria”, Rosa sta per occuparsi per la prima volta del Programma Protezione Testimoni.


La storia ha inizio in un centro di recupero gestito da un ordine religioso, perché il “protetto” di cui Rosa si occuperà deve innanzitutto disintossicarsi. 

Daniele Mastronero, noto a tutti come Cocìss, è un temibile capobanda, un uomo descritto da tutti come una crudele macchina da guerra. Ma quel che vede Rosa è ben altro: un ragazzo che ha compiuto 18 anni il mese scorso, analfabeta, abbandonato da tutti (compresa la sua stessa famiglia), in piena crisi di astinenza. Un ragazzo che fin da bambino ha compreso soltanto il linguaggio della droga e della violenza.


Cocìss, fedele soldato della causa della malavita, non avrebbe mai scelto di collaborare, tantomeno di pentirsi, se non fosse avvenuta una tragedia. Un uomo della cosca avversaria alla sua è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco di fronte ad un ristorante. L’azione, però, è avvenuta in pieno giorno, così, oltre all’uomo, sono rimaste a terra anche due bambine, figlie di civili che non c’entrano niente. Tutti hanno attribuito la paternità della sparatoria a Cocìss; egli ha negato più e più volte, dicendo di non essere stato lì quel giorno, ma nessuno gli ha creduto.


A questo punto egli si ritrova sul collo sia, ovviamente, gli uomini della cosca avversaria, sia i suoi, che non gli perdonano di aver “infranto le regole” uccidendo due bambine innocenti.


Il piano prevede un soggiorno del ragazzo presso il centro di recupero per qualche giorno e poi, quando egli starà meglio, una consegna su strada agli agenti del reparto speciale che si occuperanno di nasconderlo.


Rosa passa i giorni in comunità di recupero contando le ore e sperando di tornare al più presto alle sue vecchie e noiose mansioni. 

Ma quando si mette in macchina con Cocìss, niente va come previsto. Le persone che attendono il testimone non sono quelle che Rosa si aspettava: c’è qualcosa che non va. La sensazione a pelle che ha la ragazza è che gli uomini del suo capo siano stati in qualche modo bloccati, e che al suo posto ce ne siano altri, che non vogliono certo scortare Cocìss in un luogo sicuro.


Rosa reagisce d’istinto, scappando via con la macchina e facendo perdere le proprie tracce. Per la prima notte, ella nasconde Cocìss nel suo piccolo appartamento, ma è chiaro che questa non può essere una soluzione. 

Ormai, di fatto, sono latitanti entrambi… e forse c’è qualcuno che potrebbe aiutarli a far luce sull’assassinio delle due bambine…



Rosa elettrica non è una lettura per stomaci deboli. Se preferite i gialli un pochino più leggeri, in cui si fa dell’ironia o ci sono delle parentesi rosa o di costume, vi consiglio di passare direttamente all’altro romanzo di cui vi parlo oggi.


La protagonista della storia è una giovane donna che forse non ha fatto pace del tutto con l’età adulta e si sente molto sola rispetto al passato. E forse proprio in virtù di questo sentimento di solitudine riesce a vedere non solo oltre le apparenze, ma anche oltre quel lato di Cocìss che tutti vedono.


Certo, questo romanzo è tutto tranne che sentimentale o pietistico, però l’autore è molto bravo a far capire che Cocìss è un colpevole (perché ha sbagliato, e anche tanto) ma è, in un certo senso, anche una vittima dell’ambiente che lo circonda, e, si vedrà più in là, anche delle persone che avrebbero dovuto proteggerlo fin da bambino. La prima che lo protegge per davvero, in senso umano, e non solo legale, è proprio Rosa.


Il che ci porta dritti all’altro tema importante del libro: la corruzione all’interno delle forze dell’ordine ed il fatto che, in alcuni reparti (come quello super delicato della protezione testimoni), una persona onesta e alle prime armi come Rosa non sappia davvero di chi potersi fidare.


È una lettura da pugno nello stomaco, ma se siete degli amanti di questo genere di giallo/thriller… sono sicura che non vi deluderà!



Allmen e le libellule, di Martin Suter


Nel cuore della Svizzera, tra palazzi antichi e distese di campi che d’inverno si coprono di neve, i nobili vivono proprio come ai vecchi tempi.


Johann Friedrich von Allmen, da tutti chiamato per cognome, è uno di essi, anche se ha un segreto, quello che probabilmente nascondono molti altri suoi colleghi nobili: è al verde.


Non è stato facile dilapidare l’eredità paterna, ma Allmen, prima con costosissimi studi all’estero – per il puro gusto di vivere un’esperienza altrove, visto che egli non pensava di certo al lavoro – e poi con uno stile di vita molto opulento, ci è riuscito.


Anche ora che egli ha quarant’anni ed i soldi rimasti sono pochissimi, Allmen continua a vivere al di sopra delle sue possibilità… con qualche accortezza. 

Per esempio, tutte le mattine passa delle ore al solito bar dei nobili del luogo, scroccando il giornale, e ordinando solo una tazza di caffelatte, sulla quale il barista gli fa un prezzo di favore. Oppure, per permettersi una costosa vita notturna, egli si fa mantenere da donne ricche ed annoiate. 

Persino il castello è suo solo formalmente: ormai gli è rimasta solo la dépendance, che condivide con Carlos, il suo maggiordomo e amico. Ma di lasciare la casa paterna… ovviamente non se ne parla.


Allmen, ovviamente, non vuole farsi vedere dagli altri nobili mentre lavora e si guadagna il pane. Ma da tempo ha trovato un escamotage per niente legale: furti d’arte in giro per l’Europa, con la complicità di un ricettatore/antiquario. Ne ha bisogno, perché non è soltanto al limite dell’indigenza: egli deve pure molti soldi ad un usuraio.


Una sera, Allmen incontra Joëlle, la figlia di un ricchissimo finanziere. Ella solitamente vive in America, dov’è cresciuta con la madre, ma per un periodo ha deciso di sfruttare la casa paterna e di visitare la Svizzera. 

Allmen passa la notte a casa della donna e ne approfitta per vagare indisturbato mentre lei dorme. Si imbatte subito in un’opera d’arte straordinaria: cinque coppe di vetro soffiato di Émile Gallé, impreziosite da delicate libellule.


Allmen non resiste e si impadronisce di una delle coppe, ripromettendosi di completare il furto in una notte successiva. Infatti Joëlle, piuttosto dimentica anche di se stessa, non si occupa certo di andare in quelle sale marginali del suo palazzo dove il padre custodisce le opere d’arte.


Nei giorni successivi, però, accadono due avvenimenti sconvolgenti. Il primo è che, durante la seconda notte trascorsa dalla donna, Allmen va a controllare nella sala delle coppe e… trova quella che aveva rubato perfettamente a posto. Come è possibile? Si tratta di una copia identica o l’antiquario suo complice ha restituito la coppa al padre di Joëlle?


Il secondo è un triste ritrovamento. Entrando nel negozio dell’antiquario per chiedere spiegazioni in proposito, Allmen trova il suo corpo ormai senza vita sulla poltrona. Temendo di essere incriminato non solo per i furti d’arte, ma anche per l’omicidio, Allmen fugge di nascosto, e, insieme a Carlos, che è clandestino ed ha avuto una vita difficile, elabora un piano non solo per trovare l’assassino del suo complice, ma anche per riuscire a uscirne pulito…



Come dicevo prima, se invece di un thriller senza fiato sulla malavita organizzata preferite un giallo più leggero e brillante, Allmen e le libellule è quello che fa per voi.


Questo dandy quarantenne che vive tra i castelli in Svizzera è quanto di più lontano da un commissario di polizia – e infatti commette anche dei reati , ma è comunque un personaggio molto acuto e, anche se a modo suo, sta comunque dalla parte dei buoni. È un furbo che vuole, come dice egli stesso, “marinare la vita” e guadagnarsi qualche soldo beffando chi è ancora ricco per davvero (e magari lo deride perché lui invece è ricco per finta…), ma non farebbe del male a nessuno.


Sua saggia controparte è Carlos, che ha vissuto una vita davvero amara in gioventù, sa cosa vuol dire lottare per sopravvivere, ed è un ottimo amico per il suo ex datore di lavoro, che, per quanto si creda chissà chi come tanti nobili, dentro di sé non si stima affatto, perché sa che avrebbe potuto fare una vita dorata senza esagerare e invece non è stato in grado di fermarsi.


Il giallo coglie di sorpresa il lettore, che è a già a metà libro, ma è comunque un intreccio interessante.


Ho visto che ci sono altri “casi” con Allmen protagonista (ormai questo primo volume è di circa 15 anni fa). Non escludo di leggerne qualcun altro in futuro!




Queste sono le due letture a cui ho pensato per questo periodo novembrino!

Che ne dite? Conoscete gli autori? Avete letto i romanzi?

Cosa ne pensate? Fatemi sapere!

Grazie per la lettura, al prossimo post :-)


giovedì 6 novembre 2025

LEONORA CARRINGTON

 Un tour della mostra a Palazzo Reale




Cari lettori,

il post di oggi è un ritorno autunnale ai “Consigli artistici” dopo l’estate!


Sono tornata a Palazzo Reale in un bel giorno ottobrino di sole e, anche se l’offerta era piuttosto variegata, ho scelto di vedere per prima una mostra che avevo già adocchiato durante l’estate e che mi ispirava molto: quella di Leonora Carrington, una delle più importanti artiste surrealiste del XX secolo.


Ammetto che non conoscevo Leonora Carrington: ho semplicemente visto online un’anticipazione della mostra e mi sono incuriosita. E ora che l’ho visitata, se dovessi descriverla con una sola parola, userei… illuminante. Mi si è aperto un mondo che non conoscevo ed oggi sono più che felice di parlarvene!



I primi anni dell’artista


Leonora Carrington nasce agli inizi del 1900 in Irlanda, da una famiglia dalle origini composite. Ella viene mandata a studiare in vari collegi cattolici irlandesi e riesce a farsi espellere da tutti quanti per la sua condotta e per le idee che già da ragazza porta avanti con fermezza.

Mentre le istituzioni cattoliche irlandesi cercano in ogni modo di instradarla verso ideologie il più possibile convenzionali, per non dire bigotte, la giovane Leonora vive già in un suo mondo di fantasia: un universo dove fugge tutte le volte che le è consentito.



La serie giovanile di acquerelli Sisters of the moon, che Leonora dipinge quando è ancora minorenne, ne è la prova: una serie di fate e principesse dall’abbigliamento colorato e creativo, che si accompagnano a figure di animali a metà strada tra la realtà e la fantasia, come pavoni dalla coda lunghissima, cavalli bianchi che sembrano quasi unicorni, leopardi domestici.



Leonora è ancora molto giovane quando, visitando una mostra del già noto pittore surrealista Max Ernst, lo conosce e se ne innamora. La coppia diventa una delle più conosciute del mondo dell’arte: i due entrano in un giro di amicizie che comprende tanti importanti intellettuali del tempo, e vanno a vivere in una casa con le mura decorate dalle loro sculture.



I primi anni della loro convivenza sono sereni, come può testimoniare questo dipinto, che richiama l’Oriente in modo molto evocativo…



...oppure questa porta dipinta con figure fantasiose: l’abitazione della coppia era una vera e propria opera d’arte!



Momenti difficili… e l’arte che nasce dal dolore


La felicità di Leonora Carrington e di Max Ernst non dura a lungo. La Seconda Guerra Mondiale scoppia, la Francia viene occupata dai nazisti ed il sogno della giovane coppia si trasforma in un incubo.


Lui è sulla lista dei nemici del nazismo per le sue idee in evidente contraddizione con il totalitarismo, così viene arrestato. Lei, invece, fugge e attraversa la nazione cercando di sfruttare le sue conoscenze e vivendo di espedienti.


Un dipinto dell’artista sembra anticipare la separazione della coppia. Osservando l’opera, che ritrae proprio Carrington ed Ernst, si può notare come lui sia avvolto da qualcosa – a metà strada tra fiamme ed onde – che lo avviluppa completamente, e lei sia appena abbozzata: è rimasta solo la testa, del corpo c’è solo un contorno quasi evanescente. Sullo sfondo c’è un cavallo: vedremo come questi animali, in versione imbizzarrita ed impazzita, diventeranno simboli del suo malessere.



Gli anni della guerra sconvolgono l’umanità intera, e con essa anche Leonora. L’ormai ex compagno Max Ernst riesce a salvarsi da un terribile destino di prigionia e forse di morte, ma fugge lontano, e le strade dei due si dividono per sempre (almeno da un punto di vista privato). Leonora Carrington riesce a sopravvivere alla guerra, ma a caro prezzo, subendo tante angherie, e soprattutto una violenza di gruppo.

Per questo motivo, appena si conclude la guerra, ella viene dichiarata “pazza” (come tutte le donne che a quel tempo avevano subito orrori che avrebbero piegato chiunque) e chiusa in un ospedale psichiatrico, dove le vengono sottoposte delle “cure” che, inutile dirlo, sono ulteriori torture.


Eppure è subito dopo quei terribili momenti che Leonora Carrington crea le sue prime opere memorabili, quelle che ancora oggi sono ricordate come le più importanti. Certo, confusione e dolore regnano sovrani: l’artista non dipinge più se stessa, bensì delle misteriose donne mascherate o delle figure androgine; il cavallo che prima correva libero è diventato un dondolo, forse nella speranza di recuperare l’innocenza perduta dell’infanzia; la camera da letto, un tempo luogo protetto e felice, è posta nel mezzo di una foresta che potrebbe celare dei pericoli.



Anche in questo quadro sul pattinaggio l’elemento dei cavalli imbizzarriti, che corrono in tutte le direzioni, scalciano e si aggrediscono senza una ragione, è simbolo della mente dell’artista, che corre libera e va in luoghi di cui nemmeno lei conosceva l’esistenza (uno di questi cavalli è addirittura sul tetto). 

Si potrebbe credere che questo sia il momento in cui l’artista si è arresa al dolore, ma non penso sia così. I cavalli, infatti, abitano un paesaggio invernale quasi fiabesco, che convoglia una sensazione di calma. Ed è così che, io credo, si è sentita l’artista dipingendo questo quadro: la sofferenza e la paura di impazzire ci sono ancora, eppure ella è finalmente lontana dal male, sia dalla guerra che dall’ospedale psichiatrico. 

E quindi il dolore è libero di correre… ma anche di andarsene.



Questa sezione della mostra comprende un recentissimo filmato, un’intervista a Leonora Carrington quando ella era ormai molto anziana (è morta quasi centenaria). Nonostante tutto quello che la donna ha passato, si vedono ancora grande forza e lucidità, ed il desiderio di godersi quel che di bello le ha dato la vita, come il marito, i figli, l’amore sempiterno per l’arte. Veramente un’intervista commovente.



Leonora Carrington surrealista… ma alle sue regole


La seconda parte della mostra è dedicata alle opere più note di Leonora Carrington, quelle che l’hanno inserita nel novero dei pittori surrealisti del Novecento.

Mentre ella le dipinge, molte cose cambiano nella sua vita: dopo un primo, breve matrimonio con un vecchio amico, che non dura, ella decide di trasferirsi in Messico, nazione che sarà la sua vera casa per il resto dell'esistenza. Lì conoscerà l’artista e fotografo messicano che diventerà il suo secondo marito e il compagno di una vita, avrà due figli, dipingerà le sue opere più famose.


Il suo grande trasferimento assume un significato quasi sacrale per lei. 

Questo è quello che si può dedurre osservando il suo dipinto I quattro elementi: una lunga processione – simbolo del suo incamminarsi verso un nuovo continente – attraversa una bosco animato dal fuoco, una terra rossa popolata da un branco di tori, un fiume solcato da una barca a forma di pesce ed una distesa innevata, per arrivare ad una grotta che dà un’idea rassicurante di rifugio.



Abbiamo parlato di “sacralità”, e in effetti, nonostante la lotta al bigottismo ed alle convenzioni della Chiesa portata avanti fin dalla tenera età, per Leonora Carrington la Bibbia è comunque una fonte d’ispirazione. 

In uno dei suoi quadri più celebri, Le tentazioni di Agostino sono rovesciate in positivo, come visioni che accompagnano il santo e lo aiutano nella stesura delle sue opere, invece che metterlo in difficoltà.



Anche L’Arca di Noè è un episodio biblico celebrato da una tavola lunga e stretta, dove le sfumature rosse sembrano dominare e accentuano la drammaticità del soggetto.



In questa tela, che secondo me è una delle più belle, sono presenti tante delle tematiche più care all’artista: la foresta incantata, luogo di miti e favole da sempre; la processione – anche in un luogo non tradizionalmente sacro – come momento umano di condivisione; l’elemento acquatico in tempesta, solcato da mezzi fantasiosi; il fascino che esercita l’Oriente, rappresentato da una sorta di portale magico sulla destra. 

Questo quadro, Orplied, parola inventata dall'artista, anticipa anche il tema della magia, di importanza fondamentale per la Leonora Carrington più matura.



Un altro quadro che mi ha colpito molto, perché secondo me è importante per comprendere chi fosse davvero l’artista, è questo omaggio al suo ginecologo, l’uomo che l’ha assistita nella nascita dei suoi due figli. L’uomo è messo in chiara contrapposizione con i medici dell’ospedale psichiatrico, che Leonora Carrington non ha mai dimenticato. 

È come se con questa tela affermasse l’importanza cruciale che hanno i professionisti della salute nella vita di una persona, specie in quella di una donna: se un medico (o più medici) non hanno saputo far altro che accusarla di essere pazza e farle del male, lasciandola ancora più miserabile di prima, un medico che credeva davvero nel suo lavoro l’ha aiutata a portare a termine le sue due gravidanze, che comunque ella stessa descrive come una delle esperienze più belle e importanti della sua vita. 

È un importante scardinamento femminista del concetto di “partorire con dolore”, una denuncia della violenza medica che purtroppo alcune donne subiscono ancora oggi.



Magia e misticismo


Il tema della magia è molto presente nella produzione degli ultimi decenni di Leonora Carrington, al punto che l’artista ha addirittura creato dei propri tarocchi con dipinti fatti da lei.



C’è una tela che, in qualche modo, richiama un’atmosfera da “notte di Natale”: ci sono il deserto, un riparo improvvisato, una notte piena di stelle. Eppure al posto di Giuseppe e Maria c’è un’enigmatica coppia dipinta in rosso e blu, invece dei pastori ci sono delle figure incappucciate e soprattutto non c’è nessun bambino, ma solo degli animali liberi di scorrazzare per la tenda, tra i quali spicca una sorta di lupo antropomorfo. 

Ancora una volta, la Bibbia viene reinterpretata secondo la fantasia dell’artista.



Un soggetto particolarmente caro a Leonora Carrington in questa sua fase creativa è la “cucina alchemica”: cucinare, un atto considerato comune – e quasi servile – per le donne, si trasforma in un momento creativo dalle connotazioni magiche. Anche in tarda età, l’artista non ha mai dimenticato la bellezza della cucina di sua nonna, e la omaggia in una delle sue tele più famose (quella che è stata scelta per la locandina della mostra).



Leonora Carrington si dice femminista fino ai suoi ultimi giorni, anzi, più volte afferma che la forza delle donne sarà quella che salverà il mondo degli uomini, fatto di guerra e di sopraffazione. 

La mostra è piena di sue citazioni, forti, poetiche e, in qualche modo, lungimiranti… come tutti i grandi artisti, ella aveva già compreso in che direzione stava andando il mondo. 

Forse aveva davvero qualcosa di magico…




Avete tempo fino all’11 gennaio per fare un salto a Palazzo Reale e dare un’occhiata alla mostra… e ve lo consiglio con tutto il cuore!

Per me è stata veramente una bella esperienza, emozionante oltre che istruttiva. Leonora Carrington è un’artista che vale la pena di conoscere meglio, per tanti motivi, che spero di avervi raccontato per bene.

Fatemi sapere se vi ho incuriosito o se ci siete già stati!

Grazie per la lettura, al prossimo post :-)


lunedì 3 novembre 2025

SARDEGNA NOIR

 Due romanzi di Piergiorgio Pulixi




Cari lettori,

diamo il via a novembre con le nostre “Letture… per autori”!


Settimana scorsa abbiamo archiviato Halloween con i Preferiti di ottobre e due thriller di Barbara Baraldi dalle atmosfere spooky (che trovate a questo link).


I due romanzi di cui vi parlo oggi avrebbero potuto essere a loro volta una buona scelta per i giorni più spaventosi dell’anno… ma l’autore, Piergiorgio Pulixi, è già stato più di una volta protagonista dell’ultima settimana di ottobre, così ho pensato di puntare su altro e di raccontarveli oggi.


Ormai Pulixi è stato tante volte incluso nei miei post (la scorsa primavera l’ho anche incontrato, ve lo racconto qui), e sapete che spesso i suoi romanzi sono… da brividi garantiti!


Le due storie che vi racconto oggi sono differenti – perché una di esse è una storia originale con un nuovo protagonista, un’altra invece è l’ultima indagine di due poliziotte comparse già più volte -, ma sono entrambe ambientate in Sardegna e pongono al centro della scena dei delitti davvero inquietanti.


Parliamone meglio insieme!



La donna nel pozzo


Ermes Calvino è un giovane uomo che vive nella periferia romana ed ha già visto naufragare molti dei suoi sogni. Orfano di padre, egli fa del suo meglio per mantenere la madre e la sorella, ma quest’ultima, che è una madre single, è tossicodipendente e si fa continuamente licenziare, gli dà parecchie preoccupazioni.


Inoltre l’ambiente in cui egli vorrebbe fare carriera, ovvero quello della scrittura e dell’editoria, è popolato di squali. Uno di questo è Arturo Panzirolli, editore balzato al successo direttamente dalla galera, che riconosce l’indubbia capacità di scrivere di Ermes ed elabora un piano diabolico.


Da qualche tempo, infatti, Ermes è il ghostwriter di Lorenzo Roccaforte, un vincitore di Premio Strega che da fin troppi mesi è in piena crisi creativa. Egli non solo si occupa di dare vita al suo secondo attesissimo romanzo, ma soprattutto scrive i testi del podcast true crime di cui Lorenzo è la star assoluta.


I due non si possono sopportare, ma sanno di essere indispensabili l’uno all’altro, così abbozzano.


Un giorno Panzirolli li attende con un’inaspettata proposta che potrebbe far guadagnare ulteriore popolarità al podcast… anche se ci sono di mezzo un viaggio ed una possibile indagine sul campo.


Da qualche settimana, infatti, un paesino sardo di provincia è stato sconvolto da una tragedia. Cristina Mandas, moglie, madre e maestra apprezzatissima, prima è scomparsa e poi è stata ritrovata morta sul fondo di un vecchio pozzo, in mezzo al nulla.


Ermes non si sente tranquillo a lasciare sole mamma e nipotina con la sorella, ma quando viene a sapere che quest’ultima ne ha combinata un’altra delle sue e deve dei soldi a persone molto pericolose, si convince che non può perdere un’opportunità di guadagno così ghiotta, a costo di volare fino in Sardegna e di interferire con le indagini degli inquirenti per saperne di più (e per primi, dettaglio fondamentale per questo tipo di podcast).


Egli e Lorenzo, pochi giorni dopo, atterrano in Sardegna e prendono subito contatto con i responsabili dell’indagine. Ben presto scoprono che Cristina, la vittima, negli ultimi tempi era molto diversa dal solito: da un giorno all’altro aveva iniziato ad essere svagata sul posto di lavoro, a sembrare agitata a tutti, persino a dimenticare il compleanno del marito.


Quel che è ancora più strano è che Cristina non ha trascorso tutta la vita nel luogo in cui vive e lavora, ma proviene da un altro paese. Un luogo da cui è fuggita molti anni prima quando, ancora adolescente, ha dovuto affrontare la morte violenta di una sua coetanea ed amica: un altro delitto mai risolto.


Chi era davvero “la donna nel pozzo” e che cosa nascondeva? Che collegamento potrebbe esserci con un cold case vecchio di decenni? Questi ed altri gli interrogativi a cui devono rispondere Ermes e Lorenzo per far sì che il loro podcast continui ad avere successo. Anche se le forze dell’ordine sono molto reticenti, il paesino nasconde bene i suoi segreti, ed entrambi i protagonisti sembrano avere altro per la testa…



La donna nel pozzo presenta un nuovo protagonista, Ermes Calvino (non imparentato con lo scrittore, come egli stesso ripete più volte), che credo sarà protagonista, insieme alla sua “controparte di facciata” Lorenzo, almeno per un altro romanzo. Il finale, infatti, rimane abbastanza aperto dal punto di vista delle vite dei personaggi, sulle quali forse l’autore vuole raccontarci ancora qualcosa.


Non è così, invece, per quanto riguarda l’intreccio giallo, che porta a delle rivelazioni… davvero sconvolgenti. Cristina e le sue amiche (perché sì, non ce n’è soltanto una coinvolta) sono state vittime di qualcosa di molto più grande di loro, uno spaccato abominevole di vizio dei potenti che deve venire assolutamente coperto, anche in caso di confessioni o pentimenti molto tardivi.


Come tutti i romanzi di Pulixi, le pagine volano l’una dopo l’altra, anche se lo sconcerto, in certi punti, è davvero grande. Sono sicura che resterete molto sorpresi da quello che l’autore ci vuole raccontare!



L’uomo dagli occhi tristi


Si tratta di un momento molto delicato per la squadra speciale del vicequestore Vito Strega, un talento dell’investigativa che ha riunito i migliori elementi sardi (Mara Rais), milanesi in trasferta (Eva Croce) e veneti (Bepi Pavan) creando così un pool di specialisti in serial killer e casi complessi.


L’ultimo caso, quello della morte violenta dell’adolescente Maristella Coga, ha però creato delle fratture all’interno del gruppo, soprattutto perché il comportamento non proprio ortodosso di Strega non è stato apprezzato. Bepi, che è la parte pacifica del gruppo, ha deciso di prendersi un periodo di aspettativa ed occuparsi finalmente della propria salute, visto che è a rischio obesità. Mara Rais, la più ferita perché innamorata da tempo di Strega, se n’è tornata furibonda a Cagliari, lasciando il suo ormai ex capo a Milano, e si è riportata dietro Eva, alla quale è legata da una strana amicizia: nessuna delle due si confida con l’altra, eppure entrambe stanno bene insieme e sanno di poter contare l’una sull’altra.


Non lo sanno ancora, ma stanno per avere bisogno più che mai del reciproco sostegno.


Nel Lago dell’Alta Ogliastra, un vero e proprio paradiso sardo, è accaduta una tragedia. Su una piccola barca di proprietà di Daniele Enna, ex sindaco, consigliere regionale e volto emergente della transizione ecologica, è stato ritrovato un corpo.


La vittima è un ragazzo che frequentava una scuola superiore locale. Un ragazzo noto per essere omosessuale, e forse per questo, oltre alle numerose coltellate, egli presenta una vistosa parrucca, un vestito sgargiante ed un trucco femminile.


Una morte inspiegabile, dal momento che si trattava di un ragazzo esemplare. L’unica pista dubbia potrebbero essere i precedenti penali del padre, ma è un’ipotesi molto remota: l’uomo è pulito da decenni, e comunque apparteneva ad un mondo (quello delle rapine) in cui “ci si limita” a sparare, non si mettono in piedi delitti come questo, che sembra di chiaro stampo omofobo.


La villa di Daniele Enna è vicinissima al lago, e questo fa di lui il principale sospettato. Si viene a creare così una situazione delicatissima, anche perché la PM incaricata delle indagini era già al lavoro per scoprire i legami tra i comuni dell’Alta Ogliastra e la malavita organizzata, e questa seconda indagine potrebbe far saltare la prima.


Le alte sfere, ritenendo inadeguato il rappresentante locale delle forze dell’ordine (un volonteroso ma non proprio brillante maresciallo, che ha anche un grosso problema familiare sulle spalle), decidono di convocare le ispettrici Eva Croce e Mara Rais. Le due, loro malgrado, vincono un soggiorno nel “paese dei fiori”, reso esteticamente gradevole dai tanti interventi di Daniele Enna. Un luogo bellissimo che però, giorno dopo giorno, inizia a puzzare di morte e di segreti.



Non solo l’indagine è difficile, ma in questo momento i non detti tra Eva e Mara rischiano di creare una grossa crepa. 

Eva non sa niente della battaglia che Mara sta combattendo: il suo ex marito, infatti, sta cercando di portarle via la figlia tredicenne con la scusa della pericolosità del lavoro di poliziotta. 

Mara, invece, non sa che Eva ha deciso di stabilirsi in Sardegna per dimenticare la straziante morte per malattia della figlia e la conseguente fine del suo matrimonio. Le due, come già detto, non parlano di tutto questo… ma i segreti sono nelle mani pericolose di una stalker, una ex carabiniera che nutre un’ossessione malata per Vito Strega.


Da tempo ella sta cercando di indebolire la squadra del vicequestore, ed ora ha in mano l’arma definitiva, quella che potrebbe rompere per sempre l’amicizia tra le due ispettrici: alcune foto di una sera in cui Strega, dopo uno sfogo disperato, bacia Eva…



L’uomo dagli occhi tristi fa parte, in un certo modo, della serie di Strega, ma vede il protagonista fare un temporaneo passo indietro (credo che nel prossimo romanzo la questione della sua stalker sarà centrale).


Questo libro è invece incentrato su Eva e Mara, che finalmente passano dall’essere una squadra imbattibile ad essere amiche per davvero, confronti accesi compresi. Nessuna delle due sta passando un buon periodo, ma proprio quell’incarico lavorativo che sembra essere arrivato per dar loro il colpo di grazia contribuirà invece a renderle più unite e forti.


La storia raccontata ha qualche comunanza con quella de La donna nel pozzo: ancora una volta un paesino idilliaco che nasconde segreti, ancora una volta vittime innocenti e giovanissime, ancora una volta vizi e scandali dei potenti che vengono fatti pagare a chi ha osato ribellarsi.


In questo romanzo, però, si parla anche molto di transizione ecologica, che sarebbe anche un bellissimo tema, se non ci fosse il problema che in molte parti d’Italia (e anche di altri stati, sospetto) è diventato uno specchietto per le allodole, in modo che il politico di turno possa impossessarsi di soldi pubblici e impiegarne per davvero solo una parte.


È sempre un piacere tornare da questi personaggi, anche se le loro storie sono tutt’altro che facili da digerire! Chissà come si evolveranno le loro vicende personali…





Due letture da fare tutte d’un fiato!

Che ne dite? Conoscete l’autore? Avete letto questi romanzi?

Fatemi sapere che ne pensate!

Grazie per la lettura, al prossimo post :-)