lunedì 27 ottobre 2025

THRILLER PER LA SPOOKY SEASON

 Due romanzi di Barbara Baraldi




Cari lettori,

iniziamo la settimana di Halloween con le nostre “Letture… per autori” e qualche consiglio di lettura spooky!


Il post con le “letture stregate” è ormai un appuntamento sul blog da qualche anno (a questo link il post dell’anno scorso), ma voi sapete che non sono per niente una fan dell’horror, così ho quasi sempre scelto dei thriller.


Quest’anno non fa eccezione: ho pensato di proporvi un’autrice che ho conosciuto proprio negli ultimi due mesi, e che mi ha regalato un bel po’ di brividi. Barbara Baraldi non è solo scrittrice, ma anche autrice dei fumetti di Dylan Dog, quindi di misteri che fanno paura se ne intende!


I due titoli che vi propongo oggi sono il suo primo romanzo, scritto vent’anni fa e rimaneggiato per la Giunti, e uno dei volumi che hanno per protagonista l’ispettrice Aurora Scalviati, il personaggio seriale di sua creazione.


Penso di essere più che in tema con il mood della settimana… ma ditemi voi!



La bambola dagli occhi di cristallo


Siamo a Bologna, nei primi anni del nuovo secolo (e millennio), e la città sta vivendo un’insolita ondata di violenza.


I cittadini bolognesi si ritrovano ad avere, giorno dopo giorno, sempre più paura di un misterioso killer. Il timore, però, inizia a scemare quando ci si rende conto che il target dell’assassino è sempre lo stesso: uomini che erano stati, per qualche motivo, violenti con le donne. La persona che li uccide si accanisce su di loro, quasi a restituire loro almeno una parte della violenza che hanno messo in pratica in vita.


Il compito di trovare il serial killer viene affidato all’ispettore Marconi, un funzionario di talento ma piuttosto deluso dalla professione. Egli ogni volta si ripete che non sa ancora perché continui ad ostinarsi con la vita da poliziotto, eppure le indagini condotte da lui si sono sempre risolte. Per questo motivo gli è stato affidato un compito così difficile.


Insieme alla sua squadra, egli ricostruisce il probabile profilo dell’assassina: una donna giovane e molto bella, fredda e risoluta. Ma chi potrebbe essere?


La crisi professionale di Marconi, tra l’altro, non è l’unico motivo per cui egli tentenna nell’accettare il caso del serial killer: egli si sta anche occupando da tempo di un giro di spacciatori che gli sta dando moltissimo filo da torcere.


È nel corso di questa indagine che egli conosce Viola, una ragazza molto giovane e purtroppo sfortunata. Ella è arrivata dal Sud seguendo il suo ragazzo, Nunzio, unico punto di riferimento dopo aver tagliato i contatti con quel che restava della sua famiglia. 

Ben presto la vita a due che il ragazzo le aveva promesso si è trasformata in un incubo: Nunzio avrebbe dovuto lavorare nel negozio dello zio, ma ha iniziato a bighellonare anche la sera, tornando con cifre esorbitanti di denaro; a Viola è stato proibito di lavorare (e di avere una vita sua); le urla, le umiliazioni, persino le botte sono all’ordine del giorno. 

Forse per questo Viola ha iniziato a fare dei sogni strani, sogni pieni di sangue, che, pochi giorni dopo, puntualmente si rivelano corrispondenti ai delitti del serial killer. 

Com’è possibile che ella possa prevedere le mosse dell’assassina?


Dall’altra parte della città, la giovane Eva è stanca di mentire alla sua famiglia, che dalla Romagna l’ha spedita a Bologna piena di ottimismo, pensando che la sua vita post-laurea sarebbe stata un successo. La ragazza vive in un monolocale con l’unico affetto di una gattina che ha salvato, lavora in un’agenzia pubblicitaria dove fa fotocopie e viene scavalcata da tutti, e pian piano la solitudine ed il luogo di lavoro la stanno mandando in burnout. 

Un giorno, però, ella si ritrova sulla porta Giulia, l’unica collega che ogni tanto le ha dato retta. La ragazza, che è ricca di famiglia e forse un po’ annoiata, si è presa a cuore Eva ed ha deciso di aiutarla a godersi un po’ di più la vita. La ragazza è grata alla nuova amica, ma i trascorsi di lei con la sindrome bipolare ed alcuni suoi atteggiamenti la preoccupano…



Dicevamo che Barbara Baraldi non si occupa solo di romanzi, ma anche di fumetti. E La bambola dagli occhi di ghiaccio ha, in un certo senso, una scrittura fumettistica. È rapida e concisa: un vero e proprio “page turner”.


Ci sono molti personaggi femminili in questo romanzo, e tutti in qualche modo potrebbero essere l’assassina che l’ispettore Marconi sta cercando. L’aspetto più disturbante è che tutte queste donne, in effetti, potrebbero avere un buon motivo per prendersela con gli uomini, e, senza ovviamente mai giustificare la violenza, il lettore finisce quasi per comprenderle.


Anche l’ispettore Marconi, per quanto gli piaccia fare il cinico, si ritrova ad essere molto più empatico di quel che si aspettava, soprattutto quando scopre che cosa deve subire Viola ogni giorno.


È una storia inquietante anche se (anzi, forse proprio perché) non c’è niente di sovrannaturale: è tutto drammaticamente umano, e sappiamo bene che l’uomo può essere il peggior nemico di se stesso e degli altri.


Sono sicura che divorerete questo romanzo – non penso troverete la vecchia versione, ma sia in libreria che in biblioteca dovrebbe esserci la riedizione della Giunti – e che il finale vi lascerà senza parole!



Cambiare le ossa


L’ispettrice Aurora Scalviati, esperta di profiling criminale, ha avuto una bella carriera in polizia, e fino a qualche anno fa coltivava il sogno di una famiglia insieme al compagno e collega Filippo.


Almeno fino a qualche anno fa e ad una notte maledetta in un ex mattatoio. Aurora era arrivata fin lì seguendo le tracce di un branco di giovani di buona famiglia che praticava violenze sessuali di gruppo. Pur di salvare quella che sarebbe stata la prossima vittima, una ragazza di nome Valentina, ella aveva coinvolto anche Filippo.


Da quella notte tutti sono usciti sconfitti. Valentina non c’è più, così come Filippo ed il bambino che Aurora aspettava. La donna, ricevuto un colpo in testa, è stata a lungo ricoverata all’ospedale, ed è riuscita a salvarsi, ma una scheggia di proiettile le è rimasta nel cervello. Da allora Aurora ha bisogno di moltissimi psicofarmaci che stabilizzino il suo stato mentale e soffre di diversi disturbi.


Negli anni che precedono l’inizio di questo romanzo, ella ha tentato in ogni modo di ricostruirsi una vita: se n’è andata da Torino, dove aveva anche litigato con gli ex colleghi, che l’avevano accusata della morte di Filippo; ha ricominciato da capo nella provincia emiliana, non riuscendo a fare la medesima carriera che avrebbe fatto in città, ma comunque facendosi apprezzare; ha creato una confortevole quotidianità con Bruno, un collega con cui è nato un sentimento, anche se lei rifiuta di fidanzarsi ufficialmente, e la sua gattina T-Rex.


Quando Aurora sembra essersi assestata nella sua nuova quotidianità, però, il commissario Provera, suo ex superiore che è sempre stato dalla sua parte anche anni prima, la richiama. Egli, infatti, è riuscito a convincere la PM Orlandi, una donna rigida e piuttosto sospettosa nei suoi confronti, a richiamarla a Torino come consulente per un caso piuttosto spinoso.


Un pericoloso assassino ha già mietuto tre vittime. Un ricco commerciante d’arte dall’attività non proprio pulita e le abitudini lussuose. La cuoca di un ristorante vegano con l’hobby dell’equitazione. E infine Tito Ferretti, che era sopravvissuto da bambino al “mostro di Bologna”, un killer crudele che aveva ucciso sua madre e l’amante. Non si può trattare di quel criminale, perché sarebbe troppo anziano, quindi gli inquirenti suppongono di avere a che fare con una sorta di copycat che ha voluto “terminare il lavoro” trent’anni dopo.


Questa spiegazione, però, non convince del tutto Aurora: il killer non ha ucciso solo Tito, bensì persone che sembrano non avere niente in comune: un uomo ricco e poco onesto che viveva nel lusso, una borghese che si divideva tra maneggi e cucine ed un uomo traumatizzato che non era riuscito nemmeno a studiare e viveva in un appartamento spoglio, mantenendosi con lavori saltuari.


Eppure tutte e tre sono state uccise con uno Spaccaossa, una sorta di grande e grosso coltello che ha fatto a pezzi le loro membra e che è la firma dell’assassino. Almeno finché Aurora non si rende conto di un altro terribile particolare: sulle ossa delle vittime è stata incisa una corona di spine, simbolo del martirio di Cristo.



La donna è impaurita dall’assassino che sta cercando, eppure si ritrova ad andare avanti, convinta di non avere niente o quasi da perdere. Almeno finché la questura non viene nuovamente sconvolta da un’indifferibile emergenza: Giorgia, una ragazza di tredici anni, è stata rapita. Anche se questa indagine non sarebbe di sua competenza, Aurora non può fare a meno di ripensare alla povera Valentina e teme che il suo destino possa essere anche quello di Giorgia.


Così ella coinvolge Jérome Reno, un vecchio amico suo e di Filippo con cui c’erano state delle ruggini in passato, e lo convince a collaborare in nome del legame ritrovato. Aurora e Jérome, che sono convinti che la ragazza sia in un luogo diverso da quello che stanno raggiungendo le autorità, prendono un elicottero e si dirigono verso un casolare di montagna. Non sapendo a che cosa stanno per andare incontro…



Direi che di brividi ce ne sono a sufficienza, no?


La protagonista di Cambiare le ossa non è un’eroina convenzionale, né un’impeccabile funzionaria dello Stato. Al contrario è una donna ferita nel corpo e nell’anima, che non può fidarsi nemmeno più della propria mente, anzi, come dice l’autrice stessa, “ha la percezione di avere il controllo quando di controllo non ne può avere affatto”, e questa non è solo la situazione della nostra protagonista, ma la vita di tutti noi, no?


Proprio come l’altro romanzo, anche questo si divora: i colpi di scena sono moltissimi e già solo il prologo mette subito sull’attenti il lettore.


Non mancano, però, delle pagine interessanti di approfondimento a tema “Fede e Ragione”: Aurora, nel corso del romanzo, ha modo di confrontarsi con un personaggio importante, una professoressa universitaria di Teologia, che si occupa di collegamenti tra scienze religiose e fisica quantistica. Devo dirvi che nessuna delle due cose è il mio campo (soprattutto la fisica…), ma questa teoria, che a quanto pare è stata davvero formulata da dei teologi, è piuttosto interessante: se fosse vera darebbe una spiegazione scientifica a tanti avvenimenti dichiarati come “miracoli” (tutte questioni su cui, vi dico la verità, io sono molto scettica).


Aurora è un personaggio seriale, ed ho già visto, in fondo al libro, che ci sono altri romanzi che la vedono protagonista. Mi piacerebbe non solo leggere di altri suoi casi, ma sapere come si evolveranno sia il rapporto con Bruno che quello con Reno, due personaggi che, secondo me, hanno ancora parecchio da dirci.


Ora come ora ho una casa piena di libri (ma dai), però mi piacerebbe leggere qualcos’altro di questa serie!




Che ne dite dell’angolo spooky di quest’anno? Vi ho fatto abbastanza paura? Certo che se sono arrivata in fondo io, pur essendo una fifona…

Fatemi sapere se conoscete l’autrice, se avete letto qualcuno di questi libri, che ne pensate!

Grazie per la lettura, al prossimo post :-)


giovedì 23 ottobre 2025

LA FESTA DI HALLOWEEN

 Spazio Scrittura Creativa: ottobre 2025




Cari lettori,

benvenuti all’appuntamento di ottobre con lo Spazio Scrittura Creativa!


Come vi dicevo in settembre, non mi sono dimenticata della nostra mini-serie di sette fanfiction di Harry Potter dedicate ai sette peccati capitali. Semplicemente trovo che i mesi più caldi non siano molto in linea con le vibes di questa saga. Così, tornato ufficialmente l’autunno, eccoci di nuovo qui!


Visto che comunque è passato un po’ di tempo, ricapitoliamo i capitoli precedenti:


- Invidia, con la voce narrante di Ninfadora Tonks, in uno dei momenti più difficili della sua vita, quando la sua proverbiale allegria viene messa in crisi da un amore difficile (a questo link);


- Accidia, insieme al professor Lumacorno, un personaggio che ama il lusso e le comodità, ma porta con sé una decadente malinconia (a questo link);


- Gola, con il preside Silente: alcuni sapori lo riportano alla sua infanzia, prima che la sua vita venisse investita da tanti drammatici avvenimenti (a questo link).


Fin qui siamo rimasti più o meno fedeli alla saga. Oggi, invece, andiamo un po’ nel fanon, ovvero il termine tecnico che indica situazioni – e soprattutto coppie – di fantasia. Può sembrare strano per chi non conosce questo mondo, ma è accostando personaggi che la Rowling non avrebbe mai e poi mai messo insieme che sono nate le fanfiction più celebri. Alcune di esse, con opportuno cambio di ambientazione e di nomi, sono diventate dei romanzi veri e propri. Il romanticismo trionfa, si potrebbe dire!


Questa storia, più che un romance, è una riflessione su quanto un vero sentimento possa farci diventare delle persone migliori, soprattutto se dopo una delusione ci siamo chiusi nel nostro guscio. Il peccato al centro della storia è la Superbia, siamo più o meno all’inizio del quinto libro, ed i protagonisti sono una ragazza Serpeverde non molto amata dal pubblico potteriano ed un inaspettato Grifondoro che la farà sorridere.


Come sempre ribadisco che questa storia è puro divertimento, è un omaggio da fan della saga e non ha alcuno scopo di lucro.


Buona lettura!



La festa di Halloween

(Capitolo della Superbia

Voce narrante: Pansy Parkinson)


Spengo la TV

e la farfalla appesa cade giù

Ah, succede anche a me

è uno dei miei limiti.

Io per un niente vado giù

se ci penso mi dà i brividi

me lo dicevi anche tu…

Dicevi tu...


La torre di Astronomia è una delle più alte del castello. Gli altri studenti trovano la (poca) voglia ed il coraggio di fare tutti questi gradini solo quando devono andare a lezione… ma è molto poco frequentata nelle ore serali, tranne quelle volte in cui la professoressa Sinistra organizza una lezione sul campo. È un rifugio perfetto per me.


Anzi, è un luogo che, almeno in parte, rispecchia un il mio animo. Io sono come lei: fredda, solitaria, innalzata al di sopra di tutti.


Sono sempre stata così. La mia educazione è stata molto rigida e basata su un solo, fondamentale principio: quelli come me, i Purosangue, la nobiltà magica, sono superiori a tutti. Noi abbiamo soldi, ricchezza, benessere, ed a noi spetta il primato della magia. Tutto il resto è feccia, e come tale va evitata.



Sono stata definita superba e altezzosa, ma non è soltanto colpa delle idee della mia famiglia, dei miei genitori troppo severi, delle persone che mi sono sempre ritrovata a frequentare… anche il mio carattere non mi ha mai aiutato.



Fin da quando ero bambina sono stata chiusa, schiva. Una ragazza all’apparenza timida, che dentro aveva una forza e una determinazione pari alla durezza dell’acciaio. O forse era soltanto la più inflessibile guardiana di se stessa.


Persino in questi anni, che dovrebbero essere i più spensierati della mia vita – almeno, così dicono dell’adolescenza – ho trovato pochi amici di cui mi possa davvero fidare. E se qualcuno mi rifiuta o mi classifica in malo modo – come quegli spocchiosi delle altre Case - io di certo non vado a elemosinare la sua compagnia. Qualche volta ho sofferto, ma non l’ho mai dato a vedere.


E quante volte mi sono consolata, facendomi forza nell’ennesima notte insonne, pensando che chi mi aveva abbandonato non era all’altezza del mio mondo così complesso, della mia sensibilità troppo spiccata. Quante volte li ho additati come “indegni, meschini, ottusi”. Incapaci di guardare al di là del proprio naso. Senza capire che anch’io, in fondo, parlando così mi chiudevo ancora di più. Ma non ho un’altra strada, non ho una soluzione alternativa. Non mi è mai stata insegnata.


Alla fine anche con Draco, la prima relazione della mia vita, non è finita bene. 

Lui rappresentava tutto quello che la mia famiglia mi aveva sempre insegnato ad ammirare. Mi ero convinta di essere felice con lui, senza rendermi conto che lo stavo usando: cercavo l’approvazione di mio padre, che di sicuro avrei finalmente raggiunto, se mi fossi fidanzata ufficialmente con lui.


Anche lui forse voleva, come me, una relazione di facciata e di convenienza. In qualche modo si era avvicinato a me, mi aveva invitato al Ballo del Ceppo, diceva di essere attratto, ma… non posso fare a meno di pensare che poi mi abbia conosciuto davvero, abbia guardato dentro di me, e sia fuggito terrorizzato. 

A sentire lui, tutto era troppo complicato in me: non mi lasciavo andare, non gli davo le conferme che cercava… addirittura “lo spaventavo”. Da un certo punto di vista è una sorpresa, per una ragazza che è sempre stata paragonata poco simpaticamente ad un carlino, essere associata tutt’a un tratto a un drago sputafuoco. E ne rido, perché se ci ripenso finirei per piangere nuovamente, e da quando sono qui l’ho già fatto due volte. E dire che stasera non starei nemmeno pensando a lui.


È da quando sono salita su questa maledetta torre che continuo a chiedermi: è così difficile, per me e per gli altri, avere il coraggio di uscire allo scoperto? Di farsi vedere per come si è?


* * *


Ti ho mandato via

Sento l’odore della città

Non faccio niente, resto chiusa qua

Ecco un altro dei miei limiti

Io non sapevo dirti che

Solo pensarti mi dà i brividi

Anche una stronza come me

Come me


Tu ci stavi riuscendo. Tu stavi portando fuori il meglio di me.


Ricordo ancora quel grigio e freddo pomeriggio di ottobre, con la luce che già quasi ci abbandonava. La mia migliore amica Daphne è venuta in camera mia ridendo, più stupita che arrabbiata: tu eri giù nella nostra Sala Comune, con la tua cravatta rossa e oro che stonava così tanto in mezzo al nostro verde e argento. Io ho fatto tanto d’occhi.


Che significava quell’improvvisata? Per la prima volta dopo tanto tempo, mi sono ritrovata a scendere le scale del mio dormitorio con agitazione. Non avevo mai avuto il coraggio di ammettere che mi mettevi in soggezione, che segretamente ammiravo la tua allegria.


Ti ho trovato lì, con quei capelli rossi, quel maglione sformato che aveva visto giorni migliori (forse…) e quel sorriso smagliante che ti poneva così in contrasto con i miei compagni di Casa. Quel tuo inspiegabile atto di coraggio testimoniava la tua natura Grifondoro, casomai ce ne fosse stato bisogno.


Che diavolo vuoi?” ho detto, consapevole di essere osservata da tutti in Sala Comune.

Invitarti alla festa di Halloween.”


Ti ho riso in faccia. Avrei accettato subito, ma ti conoscevo e non potevo non pensare a uno scherzo. Non potevo permettermi di essere presa in giro davanti a tutti, non dopo essere stata lasciata da Draco per la sorellina della mia migliore amica. Ero già abbastanza chiacchierata.


Ma tu me lo hai chiesto ancora e ancora, passando in corridoio, lanciandomi un bigliettino volante in Sala Grande mentre facevo colazione, persino lasciandomi sotto il banco uno di quegli assurdi dolcetti che tu e tuo fratello smerciate ai primini, Così, per non rendermi ancora più ridicola, ho accettato.


Mi sono detta che ero già uscita con persone della tua Casa ed ero sicura che tu saresti stato una loro banale ripetizione: troppo concentrato su te stesso ed i tuoi eroismi per badare ad una ragazza introversa come me. E già stavo mentendo a me stessa: quel tuo aspettarmi con pazienza era già un segno. Proprio come avevo fatto io, anche tu mi avevi osservato di nascosto. E mi conoscevi bene.


Così a quella serata di Halloween ne è seguita un’altra, ed un’altra ancora.


Mi sembrava un sogno.


Al punto che, giorno dopo giorno, ero sempre più arrabbiata con me stessa.


* * *


So chi sono io

anche se non ho letto Freud

so come sono fatta io

ma non riesco a sciogliermi

ed è per questo che son qui

e tu lontano dei chilometri

che dormirai con chissà chissà chi

adesso lì...


Come poteva una come me, una principessina ricca, abituata ai lussi ed alle serate chic, studentessa impeccabile, fredda come un ghiacciolo in pubblico, innamorarsi di uno come te, uno che frequentava solo gente da evitare, senza un soldo in tasca, sempre in punizione e che su metteva in ridicolo ogni giorno con stupidi scherzi?!?


Ho cominciato a pretendere che ci vedessimo di nascosto. Ti ho trattato male, ti ho allontanato ogni giorno di più.


E non ne avevi colpa! Non sai quanto mi vergogno di essermi comportata così.


Io con te ho conosciuto la dolcezza, la sincerità, la bellezza di un vero sentimento.


Anche se ieri sera ti ho insultato nel mezzo della Sala Grande, chiamandoti pezzente e inutile perdente, e ti ho gridato “È finita”.


Invece avrei voluto dirti che ti desideravo accanto per sempre. Che niente è comparabile al calore del tuo abbraccio.


Ma non avrò mai il coraggio di farlo.




Sei qui!”. Mi volto. Non ci credo. Tu.

George?!?” Sei venuto da me. Ancora una volta, hai fatto un passo per me.


Sì…” Provo ancora a difendermi. Ho uno strano bisogno di allontanarti, di scappare.


Ma perché…”

No, per favore. Non lascerò che mi insulti ancora. Non lascerò che tu dica ancora qualcosa che non pensi.”

E allora cosa sei venuto a fare?”

Sono venuto a riprenderti.”


Un sorriso.

Mi basta. Corro fra le tue braccia, sentendo la mia superbia che cade giù dalle mie spalle come un vecchio mantello che non voglio più.


Tu non pensarci più

che cosa vuoi aspettare?


FINE





Un lieto fine ogni tanto ci vuole, no?

D’altra parte sappiamo bene che, siccome Fred Weasley NON è morto nella battaglia finale dopo aver riso per un’ultima battuta, e quindi ha finito per restare insieme ad Angelina Johnson, la simpatica (per quanto un po’ dittatoriale) campionessa di Quidditch con cui era andato al Ballo del Ceppo… è normale pensare che il suo gemello George sia stato abbastanza coraggioso da avvicinarsi a una Serpeverde, no? E chi meglio di Pansy, che fino al quarto anno era sempre appiccicata a Malfoy... ma poi non si è saputo più niente, e lui alla fine ha sposato una tizia mai vista?


E vabbè, lasciatemi sognare. È quello lo scopo del fanon, a quanto pare. Non pensare alle scelte strazianti che ha fatto ai tempi la Rowling. Nemmeno ultimamente è una campionessa di scelte sagge, mi sa.

La canzone che ci accompagna è Spaccacuore di Samuele Bersani, che trovate a questo link.


Fatemi sapere che ne pensate di questo “più o meno romance” ambientato in zona Halloween!

Grazie per la lettura, al prossimo post :-)


lunedì 20 ottobre 2025

GALA TCHAIKOVSKY

 Il mio regalo di compleanno... con il Centre Du Ballet




Cari lettori,

dopo qualche mese, ricominciamo a parlare anche di “Consigli per gli amanti della danza” con un appuntamento super speciale!


Nei miei preferiti di settembre vi avevo raccontato del mio 36esimo compleanno, che è stato domenica 28, e dello speciale regalo che avevo ricevuto: un biglietto per questa serata ballerina!


Sono al terzo spettacolo del Centre Du Ballet, la compagnia diretta dalle sorelle Valerie e Nicole Ferrazzino che ha scelto il Teatro Agorà di Cernusco sul Naviglio – il mio paese – per le sue tournée, ed ormai so di andare sul sicuro con loro.


Su Instagram qualcuno della compagnia ha scritto che il Teatro Agorà è per lui ormai un pezzo di casa, e non posso che comprenderlo, perché è lo stesso palcoscenico sul quale faccio il saggio di fine anno da più di vent’anni.


Questo Gala è un mix dei loro due balletti più recenti (Il lago dei Cigni e Lo Schiaccianoci), più un terzo grande successo di Tchaikovsky, La bella Addormentata, che finora io avevo visto solo in video su RaiPlay. Il filo conduttore è l’autore, la sua ricerca di una storia, la sua immaginazione.


Oggi ve ne parlo meglio!



Un autore dalla storia tormentata



Cornice di questo gala, che è suddiviso in tre parti più un gran finale, è lo studio di Tchaikovsky, che, tra il pianoforte ed il tavolo dove scrive, cerca l’ispirazione, la trova, la insegue.


Egli prima si ritrova solo, a suonare il suo pianoforte. Poi l’ispirazione lo fa volare fino ad un lago pieno di cigni, dove una creatura in tutto e per tutto simile alle altre, ma animata da uno spirito che sembra umano, ingaggia una lotta con un malvagio stregone. Immaginando che oltre al lago ci sia un castello dove si tiene una festa e c’è un principe che salverà la donna/cigno… egli si ritrova all’improvviso in un palazzo reale ancora più sfarzoso, nel pieno di una festa, in mezzo a tanti invitati che danzano in mezzo ai fiori perché è il sedicesimo compleanno della principessa Aurora, la Bella Addormentata.


All’inizio del secondo tempo, invece, egli si figura una bambina con il suo pupazzo – Schiaccianoci a forma di soldatino, e si ritrova a difenderla da un perfido Re dei Topi.


La conclusione del Gala è affidata ad un travolgente finale in bianco e nero – su un ritmo molto difficile da seguire, tra l’altro -, esattamente come i tasti del suo pianoforte.



Tchaikovsky è un esempio di come una vita difficile abbia trasformato, nel modo più duro, l’uomo tormentato in un artista. Dell’autore, infatti, sappiamo che è stato terzo di sette fratelli, tutti piuttosto cagionevoli di salute; che la madre è morta presto per un’epidemia di colera; che il padre non si è mai più ripreso da quel lutto improvviso e che ha avuto a sua volta molti problemi di salute; che una delle sue sorelle è morta prestissimo, ed è stata “resa immortale” dalla creazione del personaggio di Clara.


Sappiamo anche che nascondere la sua omosessualità è stato un grande problema, non solo per la società del tempo, ma anche perché aveva paura che lo scandalo compromettesse la sua carriera per sempre. Questo – ahinoi fondato – terrore di essere discriminato, unito ai tanti problemi familiari, lo ha portato sull’orlo di un collasso psicologico, ma da questa ulteriore batosta è arrivata anche una luce di speranza: egli, infatti, ha finito per contrarre un matrimonio di convenienza con la sua psichiatra, che sapeva tutto di lui. In questo modo egli ha tenuto nascosto il suo segreto per tutta la vita e la donna, che non aveva alcuna intenzione di fare la moglie e la madre, ha potuto continuare a fare il medico.


La sua immaginazione, unita all’affetto dei pochi cari superstiti, lo ha salvato. E i suoi mondi hanno regalato gioia a tanti di noi…



La suite da “Il lago dei cigni”


Ho visto per intero Il lago dei cigni nell’aprile del 2024 (trovate la recensione a questo link).


In questa riproduzione parziale non è compresa la parte ambientata nel castello, tra la festa, l’arrivo del Principe, la comparsa del Cigno Nero.


L’azione si svolge nel luogo più significativo del balletto, sul lago dei cigni, anche se, sia per questa suite che per le altre due, non è stato previsto un fondale (e non credo sarebbe stato possibile, l’azione cambia troppo rapidamente).


Ci sono i classici dell’opera, come il lungo passo a due tra Odette e il Principe, la sempre presente variazione dei quattro cignetti e quella dei tre grandi cigni.


Solo verso la fine tutti i cigni si riuniscono alla coppia protagonista per concludere insieme la suite.



Anche io, nel 2009, ho interpretato questo balletto! Pure noi avevamo selezionato l’essenziale per una suite e l’avevamo inserita all’interno del saggio, alla fine del primo tempo. Avevamo pensato, però, di mediare tra le scene sul lago e quelle nel castello, e così io ho fatto la parte del Giullare di Corte (parte da uomo e quindi senza punte… perché, anche se ormai ho interpretato un po’ tutti i generi in questi anni, parto pur sempre dal moderno). Avevo quasi vent’anni e non erano molti che ballavo, sei/sette… e nelle foto mi rivedo così “piccola”!



La suite da “La bella Addormentata”


A differenza del Lago dei Cigni e dello Schiaccianoci, non avevo mai visto La Bella Addormentata. Non dal vivo, almeno.


In pieno lockdown mi ero “consolata” vedendo su RaiPlay la versione della Scala… che comunque è bellissima. Trovate la mia recensione a questo link.


La suite ha inizio con un valzer di gruppo che è un tripudio di rosa e fiori. Vi accorgerete subito che da un pezzetto del ritornello la Disney ha preso ispirazione per la celeberrima canzone So chi sei. Lo ammetto, per me è sempre un’emozione… amo tutte le principesse Disney, ma, per vari motivi legati alla mia infanzia, credo che Aurora sarà sempre la mia preferita.


Del valzer, anche se ho visto lo spettacolo in tv ormai anni fa, ricordavo piuttosto bene l’idea. Non ricordavo invece quel che è seguito, ovvero il passo a due degli “uccellini azzurri” (molto grazioso) e il quartetto di Pietre Preziose.

Non sono sicura, ma credo che sia da questo quartetto che la Disney ha preso ispirazione per creare le tre fatine … più una quarta che fa di testa sua, ovvero Malefica. Sembrerà una contraddizione – o forse no – però anche tra i live action il mio preferito è proprio Maleficent. Una parte della musica che le accompagna è proprio utilizzata nel cartone Disney per una scena che ha per protagoniste le fatine.


La suite si conclude con il passo a due della principessa Aurora e del Principe, che qui si chiama Desiré. Credo che il nome Filippo sia stato scelto in onore del Principe Consorte, il marito della Regina Elisabetta.



Personalmente coltivo la segreta speranza che, dal momento che le altre due opere sono già state eseguite integralmente, la compagnia sia al lavoro per portare sul palcoscenico La Bella Addormentata, magari il prossimo inverno o primavera. Vi farò sapere…!



La Suite de Lo Schiaccianoci


Lo Schiaccianoci è uno dei balletti più celebri non solo tra quelli dell’autore, ma, in generale, nel mondo della danza classica.


È anche uno dei più noti spettacoli di stampo natalizio, e forse per questo motivo la suite non comprende quei pezzi dalle vibes festive ed invernali che lo hanno reso famoso in tal senso, come, per esempio, l’intramontabile Danza dei Fiocchi di Neve.


La direzione artistica ha preferito puntare sui passi a due; Clara e lo Schiaccianoci, tanto per cominciare, e poi le danze provenienti da tutto il mondo: spagnola, araba, cinese, russa e francese.


Tra tutte, la più tradizionale resta l’ultima. Quella araba, invece, è secondo me la più lunga e difficile, nonché una sorta di prova di contorsionismo.


La cinese e la spagnola sono brevi ma molto rapide, mentre la russa è solo apparentemente più lenta, ma molto impegnativa (quasi acrobatica) per l’uomo.


Solo alla fine tutti i partecipanti alla suite si uniscono in un breve finale. Poco più di un assaggio per chi non ha mai visto l’opera o non la vede da un po’, ma comunque molto soddisfacente.


Io, poi, lo scorso Natale ho visto quest’opera per intero… trovate la recensione a questo link.




Questo balletto è stato un bellissimo regalo di compleanno per me… e spero di essere riuscita ad interessare anche voi.

Fatemi sapere se avete visto queste opere da qualche parte e se vi sono piaciute!

Inutile che ve lo dica: se in questo periodo si aprono le prenotazioni per qualche rappresentazione prenatalizia dello Schiaccianoci vicino a casa vostra, non tenetevi il dubbio… date all’opera una chance!

Grazie per la lettura, al prossimo post :-)


venerdì 17 ottobre 2025

L'ANGOLO VINTAGE 2.0 - OTTOBRE 2025



Cari lettori,

bentrovati all’appuntamento del 17 del mese con “L’angolo vintage”!


Lo scorso mese avevamo riaperto la rubrica insieme alle altre dopo la pausa estiva, ed avevo scelto due romanzi self di genere romance che avevano come protagoniste due giovani insegnanti.


Nel mese di ottobre siamo in piena spooky season e così ho pensato di proporvi due romanzi che, tra dolcetto e scherzetto...prediligono il secondo!


Il primo è l’ultimo – almeno per ora – romanzo giallo della serie che ha per protagonista il commissario (ormai in pensione) Bordelli, nato dalla penna di Marco Vichi. Il secondo è invece uno dei “giallognoli” degli equivoci di Andrea Vitali: un nuovo caso improbabile per il maresciallo Maccadò.


Entrambe queste serie sono già comparse più volte sul blog; questi due volumi, però, pongono entrambi al centro dell’attenzione due beffe al sistema, due scherzi ben riusciti al potente (e prepotente) di turno.


Vediamoli meglio insieme!



Meglio di niente, di Marco Vichi


Gli anni ‘60 hanno ormai lasciato spazio ai ‘70 e per il commissario Bordelli è arrivato il momento della pensione. Forse.


Già, perché in questo mese o poco più in cui avrebbe dovuto stare “a riposo” gli è capitato di tutto. Il ragazzo che un tempo era il suo vice, Pietrino Piras (al quale egli è molto legato, perché ha combattuto a fianco del padre quando c’era la guerra), ha preso il suo posto, e non manca di coinvolgerlo nelle indagini, anche se in modo non proprio lecito.


Inoltre, egli stesso si è preso del tempo per fare luce su un “cold case”, il caso mai risolto del figlio di un gerarca che era stato trovato ucciso in un campo poco tempo dopo la fine della guerra. A quel tempo egli era troppo giovane e inesperto e le autorità, vista la famiglia del ragazzo, avevano deciso di lasciar perdere. Il Bordelli maturo, però, è riuscito a trovare il bandolo della matassa, trovandolo di natura molto meno politica e molto più privata di quanto si aspettasse.


Tutto questo è stato possibile perché il suo commissariato (ora di Piras) è sempre stato diretto da un questore affidabile e di buon carattere, per lui anche un amico (che non manca di partecipare alle sue famose cene). Ora, però, le cose stanno per cambiare: il questore si trasferisce e va verso il prepensionamento, ed il successore promette di essere molto più severo, specie sulle interferenze da parte dei civili… e Bordelli, gli piaccia o no, ormai è soltanto questo.


L’ormai ex commissario riflette per settimane sulla possibilità di diventare un investigatore privato, poi scarta l’ipotesi. 

Innanzitutto perché la logica delle indagini private è molto diversa da quella della polizia, e per lui il lavoro è stato quasi una vocazione. 

E poi perché dopo tanti anni di orari e di giornate infinite – e una giovinezza portata via dalla guerra – egli vuole godersi il bello della vita: la sua grande casa di campagna sulle colline dell’Impruneta, con tanto di orto e di oliveto; il cagnolone Blisk, uno spirito libero come lui; la relazione con la giovane Eleonora, molto seria, per quanto entrambi ci scherzino sopra; le cene con gli amici, con i racconti fino a tarda sera; il libro di poesie della sua defunta madre che sta per essere pubblicato da un piccolo editore.


Egli è ancora immerso in queste riflessioni quando, quasi per caso, incontra un ragazzo che gli sottopone un mistero molto curioso.


Il giovane fa parte di una facoltosa famiglia, che è molto in amicizia con quella di un suo coetaneo. Una sera, mentre è a casa dell’amico ed entrambi sono soli in casa, si sono resi conto che la preziosa collezione dei quadri del padre si è molto ridotta, ci sono intere pareti vuote. Per una serie di motivi, il ragazzo sospetta che ci sia un ladro silenzioso, e che quel ladro sia proprio il suo stesso padre.


Non si tratta di un’indagine ufficiale, perché non c’è stata nessuna denuncia, però proprio per questo motivo Bordelli può occuparsene per vie private. Giorno dopo giorno, egli ricostruisce una storia di segreti familiari e di “non detti” dalle gravi conseguenze. Insieme al suo amico “Botta”, un ex ladro e scassinatore che ha arrestato più volte finché egli non si è deciso a cambiare vita, egli trova un modo di… truffare a sua volta chi ha voluto truffare una famiglia di amici.


E mentre è preso con la sua beffa, arriva una chiamata da Piras: la polizia si sta occupando di una nuova indagine. E l’aiuto del commissario Bordelli, anche se è necessaria molta prudenza… è sempre gradito.



Per la prima volta da quando leggo i romanzi del commissario Bordelli – ormai è qualche anno -, ho avuto la sensazione che forse l’autore vorrebbe, se non salutare il suo personaggio, lasciarlo in pace un po’ di più. Ho visto che negli ultimi anni egli ha pubblicato altre storie, anche in collaborazione con altri autori. In effetti Vichi non si è mai voluto definire un giallista e, considerando i racconti sulla guerra e sui partigiani che vengono sempre inseriti all’interno dei suoi romanzi, la sua attrazione verso il romanzo storico è piuttosto nota.


Quanto al commissario Bordelli stesso, questa volta l’autore l’ha dipinto come un po’ più stanco e dubbioso… ma è difficile rinunciare a quello che è sempre stato più che un lavoro per lui. Per questo credo che Meglio di niente non sia un addio, ma un “arrivederci, con più calma”: un giusto compromesso, perché non è verosimile che un commissario in pensione sia sempre indaffarato e coinvolto nelle vecchie indagini, è normale pensare che torni all’opera “per vie traverse” una volta ogni tanto.


Come sempre, l’intreccio non è quello di un giallo classico, con un singolo delitto: ci sono più indagini, di cui solo una è ufficiale, e poi tutto il resto della vita del commissario, compresi i ricordi del passato, che non lo lasciano mai solo.


La storia dei quadri è una beffa magistrale… un filo fantasiosa ma molto divertente!


Io leggo ancora con molto piacere di questo personaggio, spero che l’autore vorrà tornare a scriverci ancora di lui, anche se magari un po’ meno. Perché per uno come il commissario Bordelli appendere il distintivo al chiodo è davvero difficile…



Il sistema Vivacchia, di Andrea Vitali


Bellano, anni ‘30.


Per la caserma diretta dal Maresciallo Maccadò è un periodo tranquillo. Di certo alla sede del partito non si può dire lo stesso, però.


Da qualche tempo il vecchio segretario, chiamato ironicamente “Il Tartina” (giusto per far capire quanto fosse temuto), è stato destituito dopo che Bellano è stata investita da una serie di assurde vicende: la fuga di un toro chiamato Benito che era senza corna ma ha suscitato ugualmente il panico, un curioso incidente con le poste e la corrispondenza che era destinata al Federale, il fiasco della Befana fascista, una gita del sindacato dei panettieri che doveva essere un esempio di buona organizzazione bellanese ed invece è stata un susseguirsi di imprevisti, il discorso di un prefetto che si è trasformato in un lancio della dentiera dal balcone.


Ce n’era abbastanza per non considerare più Il Tartina quel capo forte e autoritario che tanto il partito vorrebbe. Da qualche mese il posto di segretario è stato occupato da Aurelio Trovatore, un tipo tranquillo che non dà fastidio a nessuno: non ha un grande polso, ma è abbastanza sveglio da non far capitare guai.


Per qualcuno, però, non è abbastanza. Caio Scafandro, l’anima del partito, è stufo di deboli burocrati, e sente che, se la sezione bellanese del partito fosse nelle sue mani, diventerebbe un esempio in Lombardia, anzi, per l’Italia intera.



Però… c’è un però. Il cognato di Caio Scafandro è in grossi guai. È stato beccato da un ispettore della ferrovia decisamente troppo zelante (leggi: che non riusciva a prendere sonno sulla brandina perché ogni volta che scende a Bellano si abbuffa) mentre, insieme al figlio ancora minorenne, rubava del carbone.


Il ladro è regolarmente iscritto al partito ed è cognato di una delle colonne portanti, e quindi, se fosse condannato per questo reato piuttosto ridicolo, metterebbe nei guai – un’altra volta! - tutta la sezione bellanese. Caio Scafandro sa che cosa ci vuole: un mega processo con un avvocato principe del foro, magari qualcuno venuto da fuori, che possa intortare a parole quei sempliciotti dei suoi concittadini.



Milano, pochi giorni prima del fattaccio. Un giovane visibilmente in fuga entra di nascosto nella tipografia Vivacchia. Ha dei grossi problemi con le autorità locali e gli hanno detto di rivolgersi lì, dove lo aiuteranno a rifarsi una vita. Gli impiegati della tipografia sono un po’ burberi e misteriosi, ma svolgono benissimo il loro compito: in quattro e quattr’otto, il fuggitivo si ritrova con dei nuovi documenti, perfettamente contraffatti, ed una nuova identità professionale di avvocato, anche se egli non ha nemmeno studiato.


Munito dei documenti e di una valigia essenziale, egli prende il primo treno verso i laghi. E perché non scendere a Bellano, un luogo così incantevole?



Il sistema Vivacchia è un titolo dal doppio significato, fortemente ironico, sul quale l’autore gioca. Tecnicamente il significato sarebbe “il sistema della tipografia Vivacchia”, ovvero il lavoro provvidenziale di questo esercizio, che aiuta a far fuggire – e di fatto a salvare la vita – a tutti gli oppositori del regime, che già ben prima della guerra venivano arrestati e mandati al confino. Senza quella V maiuscola, però, il significato diventa “il sistema del partito/del regime tira a campare”, e credetemi, questo romanzo ne è un’ennesima dimostrazione.


L’ho detto tante volte e non mi stanco mai di ripeterlo: ben pochi, in Italia, prendono in giro i prepotenti, in particolare quelli degli anni ‘20 e ‘30, con la classe di Vitali. Egli non si è mai definito un autore impegnato, le sue presentazioni – ci sono stata più di una volta – sono spassose, il suo intento resta principalmente quello di raccontare vizi e virtù degli italiani di una volta, che curiosamente assomigliano molto a noi.


Eppure la sezione bellanese del partito è stata messa alla berlina in tutti i modi, ed ogni volta, in questo romanzo, fa una ben magra figura. 

Ogni volta c’è qualche prepotente che vuole avere qualche privilegio a scapito della povera gente, o vuole spendere i soldi pubblici per qualche assurdità che gli farà fare “bella figura”… e viene prontamente beffato. 

A questo proposito, vi lascio a questo link la recensione di Sua eccellenza perde un pezzo, perché a me è venuto mal di pancia dal ridere e quindi deve venire anche a voi.


Fin qui vi ho raccontato degli “antagonisti” e del “protagonista per caso”, ma i veri e propri protagonisti della storia, ovvero il maresciallo Maccadò con la sua squadra, composta dal vivace e sveglio Misfatti, dal silenzioso Mannu e dal giovane appuntato Beola, sono anche questa volta una presenza determinante e risolutiva.


Il tema del processo-farsa mi ha ricordato, per certi versi, Troppo forte, il film con Sordi e Verdone, anche se ovviamente è un’altra storia. Le risate amare, però, sono quasi le stesse.


Sono curiosa di vedere anche la fiction sul maresciallo Maccadò, che, a quanto pare, è in lavorazione. Nel frattempo mi diverto molto leggendo i romanzi!




Questo è tutto per "l'angolo vintage" ottobrino! 

Sono contenta di essere riuscita a parlarvi di due romanzi che ho letto durante i mesi più caldi... 

In ottobre siamo solo in due a partecipare alla rubrica: mi raccomando, non perdetevi il post di Chiara! Fatemi anche sapere se conoscete questi libri o questi autori! 

Grazie per la lettura, al prossimo post :-)