lunedì 10 febbraio 2025

ROMEO E GIULIETTA

 Recensioni classiche 2025: Shakespeare #1




Cari lettori,

benvenuti al primo appuntamento del 2025 con “Il momento dei classici”!


Se ben ricordate, nel 2024 mi ero prefissata il buon proposito di leggere un classico ogni bimestre, in modo che, con questo “obbligo”, non finissi per trascurare il mio desiderio di leggere letteratura a favore delle nuove uscite di narrativa e dei miei autori preferiti. Devo dire che la scommessa è riuscita: ci siamo concentrati sulla letteratura italiana e vi ho proposto sei appuntamenti tutti diversi, tra prosa, antologie, biografie, saggi e raccolte di racconti.


Per quest’anno ho pensato di cambiare un po’ tema e di dedicarmi ad un autore internazionale che non ha certo bisogno di presentazioni, in modo da tenere fede anche ad un altro mio buon proposito: leggere qualche autore straniero in più.


La scelta è caduta sulle opere di Shakespeare, che purtroppo, fino ad ora, sono state una mia lacuna: le ho studiate a scuola, e più volte, ma mi manca la lettura integrale di buona parte di esse.


Febbraio è il mese dell’amore, ho già dedicato il post di giovedì scorso a qualche lettura romance, e così non potevo non optare per un’opera che ho visto rappresentata un po’ ovunque – ed in varie rivisitazioni – ma mai letto ancora: Romeo e Giulietta.


Oggi sono felice di parlarvene un po’!



La storia raccontata


Mi perdoneranno i tanti di voi che conoscono bene l’intreccio, ma mi sembra giusto raccontare qualcosa anche a chi non ha ben presente tutti i dettagli di trama.


La storia è ambientata in una Verona medioevale, culla di una civiltà prospera grazie al governo dello Scaligero (Principe della città), ma anche teatro di contese che spesso avvengono nelle piazze riempite dal popolo, o addirittura in mezzo alla strada.

Due famiglie nobiliari, i Montecchi ed i Capuleti, entrambe di altissimo lignaggio, sono in lotta da secoli per il controllo della città ed il favore del governo. Già più e più volte i membri delle famiglie ed i rispettivi amici si sono scontrati tra di loro, e non di rado sfide e duelli si sono conclusi con la morte.


Dopo l’ennesimo tafferuglio nel cuore di Verona, avvenuto in seguito alle provocazioni di alcuni sgherri dei Montecchi che sono state ovviamente raccolte da un assistente dei Capuleti, il Principe di Verona stesso si dichiara preoccupato e chiede una tregua ad entrambe le famiglie.


Egli, sotto sotto, pensa che la contesa si risolverà da sé: il suo nipote prediletto Paride, con il favore di Capuleto, sposerà la figlia di lui, Giulietta, della quale è innamorato da sempre. Così, per quanto lo concerne, una delle due famiglie verrà ufficialmente “scelta” accanto al governo e non ci sarà più nulla per cui lottare, almeno per un po’ di anni.


Il Principe di Verona non ha però fatto i conti con l’imprevisto. Romeo, il giovane figlio di Montecchio, è consumato dall’amore per Rosalina, una dama dell’alta società che non lo ricambia. Mercuzio e Benvolio, due suoi giovani parenti molto affezionati a lui, lo convincono ad infiltrarsi a casa dei Capuleti per una festa, sperando che il ragazzo conosca una nuova donna e dimentichi di non essere ricambiato.


Il piano, ahinoi, funziona fin troppo: Romeo e Giulietta si incontrano e dimenticano sia Rosalina che Paride. L’amore tra i due è tanto bruciante quanto disperato: sicuri di non avere né tempo né possibilità, essi convolano a nozze di nascosto, grazie alla complicità della nutrice della ragazza e di Frate Lorenzo, un padre francescano che li ha visti crescere.


Al matrimonio, però, deve necessariamente seguire la fuga, perché la lotta tra Montecchi e Capuleti si è inevitabilmente riaccesa: Tebaldo, cugino di Giulietta, ha ucciso Mercuzio, e Romeo l’ha vendicato ferendo a morte lo stesso Tebaldo.


Il ragazzo è condannato all’esilio, ed i genitori di Giulietta, che non sanno niente, dopo aver seppellito il caro nipote, iniziano ad organizzare le nozze della figlia con Paride. La fanciulla, sull’orlo della disperazione, inizia a concepire un piano che purtroppo segnerà la tragica fine di entrambi…



Le convenzioni della tragedia?


Prima di passare a commentare più nel dettaglio alcune tematiche chiave di questa famosissima opera, alcune osservazioni sulla forma e sulla struttura della tragedia.


Il genere tragico, nel nostro mondo occidentale, è stato canonizzato degli antichi Greci, e seguito a grandi linee anche dai Romani, in particolare con i tre grandi autori del V secolo a.C., ritenuta l’epoca “greca classica” per eccellenza (quella che, per intenderci, viene dopo il periodo miceneo, quello della guerra di Troia e dei poemi omerici, e prima del periodo ellenistico, da Alessandro Magno in avanti). Il filosofo greco Aristotele ha scritto un’opera, la Poetica, nella quale ribadisce le convenzioni della tragedia, ovvero le regole da rispettare assolutamente: le “unità” di tempo, spazio, azione (un unico luogo, un’unica giornata, un unico fatto che scatena il dramma); gli intermezzi del coro, che quasi sempre è “la voce della saggezza” e ribadisce le regole dettate dalla tradizione, per essere poi spesso inascoltato dagli incauti protagonisti; l’assenza di sangue sulla scena, perché la violenza è “oscena”, ovvero deve avvenire fuori dal palcoscenico (ecco, alcuni autori romani, soprattutto dell’età dei Flavi, derogano un po’ da questa norma).


Perché vi ho raccontato tutto questo? Perché per secoli, ed in particolare in epoca rinascimentale – quando il classico è stato riscoperto – pubblico e soprattutto critica hanno ritenuto fondamentali le regole aristoteliche. E Shakespeare è uno dei primi, nonché più grandi e fulgidi esempi di come, se si ha talento, si possano scrivere delle grandi tragedie… infrangendo queste regole.


In Romeo e Giulietta c’è una molteplicità di luoghi; la storia è raccontata in più giornate; tanti sono gli eventi che conducono alla tristissima conclusione; i duelli ed i fatti di sangue avvengono in scena. Eppure è immortale.


Da studiosa di questi argomenti, non penso che ci sia una “posizione” giusta o sbagliata, anche se ai tempi alcuni critici non furono felici di queste scelte. Semplicemente, la tragedia greca ha fatto scuola, e quella shakespeariana… anche.


Come omaggio alla grecità, si salva solo il coro, che però espone soltanto la materia trattata all’inizio della storia, e poi resta a far da sfondo alle vicende.



Le responsabilità degli adulti e le sofferenze dei più giovani


Come vi ho detto ad inizio post, ho visto spettacoli teatrali e balletti su Romeo e Giulietta, e penso che tanti di noi conoscano i film che sono stati ispirati da questa storia, dal famosissimo Shakespeare in love al musical West Side Story, che è un chiaro omaggio a Shakespeare.


Non avendo però ancora letto il testo integrale dell’opera, non mi ero accorta di alcuni dettagli che mi hanno spinto a riflettere, e che alla fine possono essere ricondotti ad un unico comun denominatore: Romeo e Giulietta sono due ragazzini. Se vivessero oggi, andrebbero uno alle scuole superiori, l’altra alle medie.


Forse per questo motivo la tragedia presenta anche degli inaspettati intermezzi comici nei primi due atti. Mercuzio e Benvolio ridono delle sciocchezze provocatorie che si scambiano gli sgherri dei Montecchi e quelli dei Capuleti, perché ancora non hanno capito la gravità della situazione, non sono stati toccati – almeno per il momento – dalla tragedia. Romeo, Giulietta ed i rispettivi amici prendono un po’ in giro la sbadataggine, la vecchiaia e la bruttezza della nutrice, perché avvertono le generazioni precedenti come molto lontane da loro.


Però… c’è un problema, purtroppo. Le vecchie generazioni, in quest’opera, sembrano non avere alcuna attenzione per le fragilità di un’età che è ancora in crescita ed in divenire.


Giulietta è diventata “donna” fisicamente da non più di due anni e, almeno inizialmente, il padre manifesta l’intenzione di tenerla a palazzo con sé ancora per un po’, ma quando appare all’orizzonte il miglior partito possibile cambia idea e, anzi, lascia che la moglie persuada Giulietta con l’osservazione che “tante” donne di quattordici anni sono già sposate e madri.


Romeo si mostra fragile da un punto di vista sentimentale fin dalla prima pagina, e forse avrebbe bisogno dei consigli di chi ha più esperienza di lui, ma il padre, per quanto preoccupato dalle fughe mattutine del figlio, delega a Mercuzio e Benvolio le confidenze, forse perché convinto di appartenere ad un altro tempo.


Per tutta la durata della tragedia, gli adulti, presi dalla loro contesa personale e dalla loro brama di potere, sembrano ignorare completamente il fatto che in casa loro ci sia un figlio (o una figlia) in evidente sofferenza. L’unica figura genitoriale per i due protagonisti sembra essere Frate Lorenzo, che però può fare solo qualcosa, non tutto quello che vorrebbe, perché limitato dalla sua veste e dal suo ruolo. Anche la nutrice di Giulietta, fino ad un certo punto della storia, è come una madre per lei: poi, però, la ragazza la allontana, perché la donna, usando il classico buonsenso di chi ha sempre dovuto fare la serva (e quindi lottare per sopravvivere), prova a convincere la sua padrona a dimenticare Romeo e ad accettare il matrimonio con Paride.


Con queste premesse, il dramma è purtroppo inevitabile. Tornando al paragone con la tragedia greca, anche in questo caso le colpe dei genitori ricadono sui figli: il “duello a tre” tra Mercuzio, Romeo e Tebaldo è la prova del fatto che la violenza vista in casa viene imitata.


Così come la risoluzione finale che prende Giulietta per evitare il matrimonio con Paride è simbolo di una disperata incapacità di comunicazione con i propri cari. È vero che si tratta di “altri tempi” e che la famiglia nel Medioevo era un’istituzione completamente diversa rispetto a come la intendiamo noi contemporanei, ma una ragazzina che prende un veleno che fornisce la morte apparente pur di evitare di dire ai suoi genitori che è già sposata con un altro… è una ragazzina che da tempo ha rinunciato a dire la verità in famiglia.



La dicotomia amore-morte



Sappiamo tutti come finisce questa storia. La povera Giulietta, creduta morta da tutti, viene portata alla cappella funebre dei Capuleti ed esposta affinché parenti ed amici possano porgerle l’ultimo saluto. Frate Lorenzo invia una lettera a Mantova affinché Romeo possa conoscere l’inganno, ma c’è un problema di disservizio postale che si rivela fatale.


Romeo viene a sapere della morte di Giulietta e, disperato, rientra a Verona clandestinamente. Egli trova Paride di fronte al corpo dell’amata e finisce per duellare con lui. Il ragazzo, un’altra vittima innocente di questa triste vicenda, muore accanto alla donna che non ha potuto sposare. Quindi Romeo si uccide con un veleno mortale. Pochi minuti dopo Giulietta si risveglia dalla sua “morte apparente” e, visto il cadavere di Romeo, decide di morire anche lei, con il pugnale dell’amato.


Solo di fronte al tragico spettacolo mattutino, le famiglie Montecchi e Capuleti siglano finalmente una tregua. Volendo essere cinici, si potrebbe dire che l’odio non vede nulla, nemmeno i sentimenti ed i turbamenti del figlio che ci è accanto e che diciamo di amare più della nostra stessa vita. Solo quando ormai non c’è più niente da fare, quando vediamo fino a dove ci ha portato la furia dell’odio e non possiamo più porre rimedio, finiamo per fare quello che avremmo potuto fare ben prima, e senza dover subire tutta questa sofferenza.


Però io penso, come credo tanti di noi, che Shakespeare abbia voluto scrivere una storia potente – forse la più potente del mondo, da questo punto di vista – sull’amore che va oltre tutto. Oltre la rivalità e la lotta per il potere, oltre i fatti di sangue che coinvolgono entrambi i protagonisti, oltre le convenzioni che regolano i rapporti umani e sociali… anche oltre alla morte. È come se i fantasmi di Romeo e Giulietta parlassero alle orecchie dei loro genitori, come se dicessero: noi abbiamo pagato una volta per tutti, ora è tempo di pace.


Forse per questo, nonostante sia una storia d’amore durata solo pochi giorni – e una notte – e il finale sia uno dei più tragici di sempre, Romeo e Giulietta è ancora considerata una delle storie d’amore più belle.




Prima tappa del percorso shakespeariano conclusa! 

Le cose da dire sarebbero davvero tantissime, ma passo la parola a voi... avete letto questo capolavoro? Lo avete visto rappresentato? Fatemi sapere che cosa ne pensate! 

Grazie per la lettura, al prossimo post :-)


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