giovedì 23 novembre 2017

IL VIAGGIO DI ENEA

Al Teatro Carcano, il dramma delle migrazioni dall'antichità ad oggi




Cari lettori,
nuovo appuntamento con i nostri “Consigli teatrali” e con la stagione di prosa 2017-2018 al Teatro Carcano!


Lo spettacolo che vi voglio presentare oggi si intitola Il viaggio di Enea ed è tratto da un testo di Olivier Kemeid, che a sua volta si ispira all’Eneide virgiliana.

Sono rimasta molto colpita da questa rappresentazione, dai toni intensi e drammatici, ma, allo stesso tempo, pieni di speranza.



L’Enea contemporaneo



Una delle caratteristiche più interessanti di questa rappresentazione è il fatto che la storia raccontata è, ad un tempo, classica e contemporanea: possiamo immaginare che gli eventi si stiano svolgendo a Troia, così come in uno dei molti Stati tuttora devastati da un conflitto.

Qualunque sia la città che noi immaginiamo, la vicenda non cambia. Tutti gli abitanti sono appena andati a letto dopo una festa, stanchi ma sereni. Nemmeno un’ora dopo, però, essi sentono dei forti rumori, si svegliano in preda al panico ed assistono ad un vero e proprio incubo: la città è in fiamme ed i loro concittadini stanno fuggendo per non essere torturati o uccisi.

Il protagonista, Enea, non ha, come nel poema classico, un dio che gli indichi la strada giusta da percorrere. Egli pensa solo alla sua sopravvivenza, a quella della moglie Creusa (che perderà quasi subito), del figlio Ascanio, del padre Anchise; riuscirà ad andarsene dalla città ormai semidistrutta solo grazie alla sua lucidità, al suo spirito di sopravvivenza ed alle circostanze che lo favoriscono.


Se nell’Eneide virgiliana l’immagine di Enea con il figlio in braccio ed il padre sulle spalle è simbolica, e rimanda alle molte generazioni che si sono susseguite dopo la fondazione di Roma, in questo spettacolo è solo il ritratto di un uomo disperato, che non ha certezze a parte quella di essere vivo e non sa per quanto tempo ancora potrà esserlo.



I ricchi ed i poveri: il metateatro



Appena fuggiti, Enea ed i suoi riescono ad approdare su una spiaggia utilizzata come luogo di svago per persone di classe agiata.
Essi raggiungono l’albergo di lusso che ospita i turisti e chiedono aiuto, ma i proprietari, terrorizzati all’idea che i nuovi arrivati possano portare via le provviste e spaventare la clientela, non si mostrano disponibili. Enea ed i suoi compagni, allora, prendono da soli quello di cui hanno bisogno e fuggono.


A questo punto della storia, la narrazione si interrompe, sul palco si accendono le luci di servizio e tutti gli attori espongono al pubblico i dubbi che hanno sulla scena che hanno appena recitato. Essi sottolineano che non è colpa né di Enea e dei suoi concittadini, che sono incattiviti a causa delle disgrazie patite, né dei proprietari dell’albergo, che non sono sostenuti dalle autorità.

Questo originale ed interessante momento di meta-teatro serve allo spettatore per comprendere il messaggio di fondo dello spettacolo: la tragedia delle migrazioni è corale e non ha né “buoni” né “cattivi”. L'unica protagonista è soltanto una grande disperazione che toglie umanità sia a chi è costretto ad andarsene sia a chi si ritrova a ricevere i migranti, ma non ha i mezzi per farlo.



Didone e la tragedia dei centri d’accoglienza



Un personaggio sicuramente fondamentale per questo spettacolo, così come lo era nell’Eneide virgiliana, è quello di Didone.
Esattamente come nel poema epico, ella è una regina che è stata spodestata dal fratello e che è stata costretta ad andarsene, insieme ai sudditi che le erano fedeli.

Una volta arrivata in terra straniera, però, ella non deve confrontarsi, come la sua omonima del mondo classico, con il re di quel luogo, bensì con i responsabili dei centri d’accoglienza, che rappresentano lo Stato e le sue (troppe) regole.

Didone si trova in trappola: da mesi è costretta a restare al centro ed a vivere di espedienti; non riesce ad ottenere un permesso di soggiorno, né tantomeno un lavoro; l’unica possibilità di uscita le viene fornita dalla malavita organizzata, che vorrebbe inserirla nel mondo dello spaccio o in quello della prostituzione.


La rappresentazione, pur non appartenendo alla categoria del teatro “di denuncia”, riesce comunque a mostrare le molte difficoltà di gestione degli Stati più ricchi nei confronti della tragedia dei migranti, le cui fragili speranze si affievoliscono giorno dopo giorno.



Il ritrovamento della pace



Più la rappresentazione prosegue e più lo spettatore ha l’impressione che Enea si ritrovi in una sorta di guerra contro i suoi simili.

Egli, infatti, lotta per tutta la durata dello spettacolo: contro i rappresentanti dello Stato, contro gli abitanti delle città che lo ricevono, perfino contro altri disperati come lui.


L’Enea contemporaneo non raggiunge la nuova patria perché guidato dagli dei, non dà inizio ad una nuova guerra, non fa l’impossibile per diventare il nuovo re del luogo e non fonda nessuna grande città.

Egli, insieme a quei pochi amici che sono riusciti a sopravvivere, chiede semplicemente di poter lavorare e di dimenticare le morti ed il sangue. Dignità e pace sembrano gli unici desideri del nostro protagonista e di ogni migrante dei giorni nostri.


Nello scrivere questa storia, Olivier Kemeid si è ispirato alle disavventure dei suoi genitori, costretti a viaggiare dall’Egitto fino al Canada.

Questo spettacolo dà un’interpretazione del tutto nuova al personaggio di Enea ed alle sue vicende, molto originale ed indubbiamente attuale.




Lo spettacolo resterà in scena fino al 3 dicembre!
Spero di avervi interessati ed incuriositi. Credo che valga la pena di riflettere, almeno per una sera, su queste tematiche così delicate e di forte attualità.
Avete già sentito parlare dello spettacolo? L’avete già visto a Pordenone o a Roma?
Ci sono altri spettacoli sul tema delle migrazioni che vorreste farmi conoscere?
Fatemi sapere!
Grazie per la lettura, al prossimo post :-)


2 commenti :

  1. Mi affascinano sempre queste cose legate alla mitologia, deve essere stata una bella esperienza

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    Risposte
    1. Ciao Susy! Si può tranquillamente dire che l'interazione tra classico e contemporaneo sia "il mio pane"...la mia tesi della specialistica è stata su una versione contemporanea dell'Odissea! :-)
      Lo spettacolo comunque è molto bello...spero che la compagnia venga a Napoli, così potrai vederlo anche tu!

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