martedì 14 aprile 2015

HO VISTO COSE CHE VOI UMANI...

Un viaggio nella scuola pubblica

 

Cari lettori,
come forse molti di voi già sanno, l’argomento “Scuola pubblica”, in quest’ultimo periodo, è diventato di un’attualità scottante. Al centro della polemica, in particolare, sembra esserci la recente decisione di far detrarre dalle tasse la retta della scuola privata.

In parole più semplici, se un genitore iscrive suo figlio ad una scuola paritaria o privata, potrà detrarre la retta scolastica dalle tasse, non pagando interamente la quota, ma facendo sì che la paghi lo Stato.

In parole ancora più semplici – e scusate la franchezza – in questo momento i genitori che hanno iscritto i figli alla scuola pubblica stanno pagando la retta della scuola privata del figlio di qualcun altro.
La domanda che dovrebbe sorgere spontanea è: senza nulla togliere alle scuole private – molte delle quali splendide, organizzate magnificamente, centro di proposte ed iniziative interessanti – che ne è della scuola pubblica? Visto che il denaro sembra scarseggiare, perché non rendere migliore prima ciò che dovrebbe essere per tutti?



Il disagio, la povertà, le difficoltà della scuola pubblica non sono solo un ritornello inventato da supplenti annoiati e genitori insoddisfatti. Si tratta di una realtà, e, per questo motivo, ho deciso di raccontare la mia esperienza con la scuola pubblica. Si tratta di un dramma in due atti: il primo riguarda la mia (ormai lontana) vita da studentessa, il secondo le mie esperienze di supplenza.




PARTE 1: LE AVVENTURE DELLA STUDENTESSA



  • Sono stata di recente a votare nella mia vecchia scuola elementare, che è seggio elettorale. Inutile dire che, ogni volta che entro in quell’edificio, mi sembra di rivedermi bambina, ormai moltissimo tempo fa, mentre correvo in giardino e scorrazzavo per i corridoi. Certo, forse non sarei così incline alla nostalgia, se, dal momento che sono passati un bel po’ di anni, l’edificio si presentasse come minimo un po’ diverso. Invece no, è tutto tale e quale: le pareti scrostate, le mattonelle mancanti, il legno scheggiato delle porte del bagno… proseguite voi l’elenco. Voi immaginate bene che, avendo finito le elementari quindici anni fa, quello che era un po’ cadente nel giugno del 2000 ora non è propriamente in condizioni ottimali…!
  • Durante gli anni delle scuole medie, la nostra Preside, ad un certo punto, ha deciso di organizzare un Comitato di Protesta di genitori, docenti ed insegnanti. Perché? Perché, a partire dall’anno successivo, il piano seminterrato non sarebbe stato più a nostra disposizione, bensì avrebbe ospitato gli studenti (anche se qui sarebbe più opportuno il termine “sfollati”) di un’altra scuola pubblica che, a detta dello Stato, era “ormai impossibile da gestire”. Quello che la nostra Preside chiedeva era semplice ma non ovvio: la sistemazione e ristrutturazione della Scuola di quei nostri compagni di sventura, in modo da non ritrovarci, il Settembre successivo, in centomila sotto un tetto. Avevamo fortunatamente vinto quella battaglia, ma senza un’azione di protesta non sarebbe stato possibile.
  • In prima superiore (la tanto temuta IV ginnasio), una mattina qualunque, io ed i miei compagni siamo entrati in classe e ci siamo accorti con stupore che non avevamo più un pavimento. O meglio: ce l’avremmo avuto, se solo tutte le mattonelle non si fossero alzate, formando delle crepe così inquietanti da suggerire un terremoto. Risultato: tutti i mesi invernali trascorsi a fare lezione in Auditorium, nel seminterrato, nel gelo più completo, ed una lunga attesa prima che qualcuno si degnasse di ridarci la nostra classe com’era prima.
  • Sempre alle superiori, un’altra mattina, durante una lezione, abbiamo sentito un crac. Voltandoci, ci siamo accorti che nella parete di fondo della classe si era formata un’enorme crepa, che occupava in verticale almeno metà della sua altezza. ….Siamo stati fatti uscire? Il piano è stato dichiarato inagibile? Qualcuno è venuto a stuccare prontamente nel weekend?... Ma quando mai!
    Abbiamo proseguito la nostra lezione come se niente fosse. Anzi, con il tempo, al centro della crepa si è formato un simpatico buchino dal quale potevamo salutare gli amici della classe accanto. Durante la Maturità, la crepa era ancora lì. Chissà se, dal 2008 ad oggi, qualcuno ci ha pensato.



PARTE 2: LE PERIPEZIE DELLA GIOVANE SUPPLENTE



Piccola premessa: al momento ho lavorato per quattro Istituti diversi, ma alcuni di essi sono costituiti da più edifici. Per questo motivo ora vi parlerò di sei scuole, numerate in ordine cronologico.

  • Nella scuola n°1 i miei colleghi, in Sala Professori, mi hanno dato subito un utile consiglio: “Questa libreria che vedi è stata comprata da noi, facendo una colletta ed andando all’IKEA. Se senti tremare qualcosa quando togli un libro, allontanati immediatamente, potrebbe caderti addosso!” Credetemi, ho avuto paura!
  • Sempre nella scuola n°1, c’era, per ognuno di noi, un “tetto massimo” di fotocopie. Io cercavo di far stare 2 copie di una verifica in un foglio per risparmiare….
  • Nella scuola n°2 stavamo aspettando i registri del professore ad ottobre inoltrato. Si scrivevano gli argomenti delle lezioni ed i voti dei ragazzi su fogli protocollo con qualche tabella stampata sopra.
  • Inoltre, sempre nella scuola n°2, c’erano classi e corridoi pieni di scritte a pennarello o bomboletta…più o meno simpatiche, ecco. Ovviamente nessuno si era dato la pena di far riverniciare.
  • Nella scuola n°3, a molti armadietti mancava lo sportello anteriore. E, pensate un po’, erano tutti riservati ai supplenti! Io lasciavo lì libri e registri e non sapevo se la mattina dopo li avrei ritrovati…
  • Una mattina, dopo una serata di pioggia fortissima, sono arrivata alla scuola n°3 per la mia solita prima ora. Mi è venuta incontro la bidella dicendomi che la scuola era inagibile. Sono entrata un attimo con lei e ho visto pezzi di soffitto per terra. Mentre io, la bidella e un’altra supplente arrivata lì per la prima ora ci facevamo il caffè, abbiamo sentito rumori inquietanti dal piano di sotto. La bidella ha confortato noi povere docenti sprovvedute: “Ma no, è solo acqua! Il piano di sotto è allagato!” Ah, beh, allora…
  • Sono rimasta nella scuola n°4 per pochi giorni. Però devo dire che l’assenza di una Sala Insegnanti e non dico di un bar, ma anche solo di una macchinetta per acqua e caffè, mi ha colpito.
  • Nella scuola n°5, trattandosi di una Scuola dell’Infanzia, i genitori dei bambini hanno deciso di darci una mano. In alcuni giorni prefissati, infatti, ci hanno portato carta igienica, fazzoletti di carta, salviette umidificate ed altro. Se non ci avessero pensato loro… ci avrebbe rifornito lo Stato?!? Ma via, che pretesa assurda! Ci sono così tanti giovani supplenti fannulloni e dal portafoglio stragonfio…
  • Nella scuola n°6, i lavandini per bambini in formato mignon… beh, semplicemente, ad un certo punto, si sono rifiutati di funzionare. In particolare, uno di essi si è intasato e riempito di acqua fino all’orlo. (I deboli di stomaco si fermino qui!) Inoltre, mentre noi insegnanti eravamo in classe, un bimbo malato ha pensato di star male lì dentro. Credo che per quel povero lavandino si sia trattato del colpo di grazia. Credetemi, quel giorno davvero ho visto cose che voi umani non potete neanche immaginare.





In conclusione… so bene che si tratta di una singola esperienza. È per questo motivo che invito ognuno di voi che vi siete ritrovati a leggere (docenti, genitori, studenti, ex-studenti…) a commentare raccontandomi le vostre esperienze, se vi va. E se non vi va, almeno non dimenticatevele. Non mettiamo in un angolo la Scuola Pubblica, che ha così tanto bisogno di tutti noi.

Come ha detto Crozza qualche sera fa, “non è necessario chiamarla Buona Scuola. Chiamala Scuola Che Non Ci Piove Dentro.”

Sarebbe già un buon traguardo, no?!?
Al prossimo post :-)

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