Recensioni classiche 2025: Shakespeare #2
Cari lettori,
benvenuti all’appuntamento del bimestre marzo/aprile con “Il momento dei classici”!
Se l’anno scorso ci eravamo dedicati alla letteratura italiana, tra prosa, poesia e saggistica, quest’anno ho deciso di portarvi in terra anglosassone, più precisamente alla scoperta di Shakespeare.
A febbraio, mese di San Valentino, vi ho raccontato Romeo e Giulietta: trovate le mie riflessioni a questo link.
Oggi invece vediamo insieme una storia che è un unicum nella produzione dell’autore: fa parte sia del suo filone più creativo che delle cosiddette “tragedie storiche”; è definita “commedia” perché il finale è lieto, ma dalla prima all’ultima pagina si vive un vero e proprio dramma; l’autore racconta eventi vissuti da altri, ma parla anche di sé.
Sto parlando de La tempesta, un’opera che, lo ammetto, conoscevo un po’ meno rispetto ad altre di Shakespeare, almeno fino ad un laboratorio di sceneggiatura frequentato alla Magistrale (ormai più di un decennio fa, e ben prima di iniziare il blog… come passa il tempo, eh). Lì abbiamo visto insieme il DVD dello spettacolo che è stato trasmesso in tv nel 1957, con attori ormai leggendari, ed insieme al professore abbiamo studiato meglio l’opera. Non vi nascondo che non sono più riuscita a dimenticare certe sottolineature. Ma vediamo meglio insieme di che si tratta…
Un naufragio sfortunato?
Protagonista di questa “commedia e tragedia” è Prospero, un uomo che riveste due funzioni, una pubblica ed un’altra decisamente più personale.
Prospero è il legittimo duca di Milano, un tempo ricco e potente, ora ormai da anni detronizzato dal fratello Antonio, che l’ha esiliato su un’isola deserta insieme all’amatissima figlia Miranda ed ha preso il suo posto. Ma Prospero è anche un potentissimo mago, un uomo in grado di compiere prodigi strabilianti...e spaventosi, come un naufragio.
Quando Ariel, lo spirito dell’aria che è da tempo al suo servizio, lo avvisa che su una nave poco distante ci sono personaggi di suo grande interesse, Prospero non esita ad agitare le acque del mare ed a provocare un terribile naufragio.
A bordo del mezzo ci sono Antonio, il re di Napoli Alonso (che era stato complice di Antonio nel cacciare Prospero), due parenti di lui: il fratello Sebastiano ed il figlio Ferdinando. Nel momento in cui la tempesta infuria, il nostromo e gli uomini dell’equipaggio, con l’esperienza derivata da anni di mestiere, insistono per un ritiro o un cambio di rotta, ma né Antonio né Alonso, nonostante l’opera di persuasione del saggio consigliere Gonzalo, scendono a più miti consigli.
La loro arroganza viene pagata a caro prezzo: la tempesta sembra crescere ulteriormente – e certo non è un caso che Prospero voglia punire la loro prepotenza – e la nave si rovescia proprio sull’isola dell’esilio dell’ex duca di Milano.
Prospero si trova di nuovo in casa tutti i suoi vecchi nemici, ma, a differenza di quello che si potrebbe pensare, il suo proposito non è quello di una sanguinosa vendetta: un grande spavento è stato abbastanza per farla pagare ai suoi nemici (e questo, considerato il tempo in cui scriveva Shakespeare, è già un segnale di mentalità aperta).
Il suo intento è molto più sottile: egli è ormai anziano, non è più interessato a governare. Quel che lo preoccupa è il destino di Miranda, che è sempre stata una figlia impeccabile e mai si è lamentata. Un matrimonio tra lei e il giovane Ferdinando porrebbe fine alla rivalità tra due regni e assicurerebbe alla ragazza un futuro ricco e felice. Non resta che fare in modo che tra i due ragazzi nasca almeno un affetto…
Tutto su un’isola
Ogni sottotrama di questa storia avviene in un determinato angolo dell’isola. Da una parte Prospero, insieme ad Ariel, compie le sue magie.
Da un’altra il perfido Antonio, nel momento in cui Alonso si addormenta insieme alla sua corte, cerca di portare Sebastiano dalla sua parte e lo convince a tentare di uccidere il fratello per prendere il suo posto come re di Napoli. A dimostrazione che un pessimo esempio rimane tale se non c’è un intento di redenzione, che il suo personaggio non conosce lealtà né fedeltà (considerato il ruolo cruciale che aveva avuto Alonso nel porre Antonio a capo del ducato di Milano) e che, come si direbbe oggi, “chi va con lo zoppo impara a zoppicare” (e infatti Sebastiano sta per ascoltare il malvagio consiglio). Fortunatamente, essendo l’isola sotto il diretto controllo di Prospero, non accade nulla di tutto questo.
Da un’altra parte ancora Miranda e Ferdinando si conoscono e, senza alcun bisogno dell’aiuto magico del padre di lei, si piacciono e si innamorano. Personalmente trovo davvero significativo il fatto che Prospero, in questo caso, si limiti ad osservare, senza ricorrere a nessuna delle sue arti, né quella diplomatica e di mediazione affinata durante gli anni di politica, né quella magica. Si potrebbe obiettare che, da che mondo è mondo, le magie legate all’amore hanno sempre avuto degli effetti collaterali in tutte le opere di letteratura e narrativa (dalle tragedie greche a Harry Potter), e quindi Shakespeare si è guardato bene dall’inserirle.
Ma io credo che qui Prospero abbia volutamente dismesso i due panni di politico e di mago per assumere il suo terzo ruolo, forse il suo preferito: quello di padre. Avendo già conosciuto Alonso, e visto crescere Ferdinando, Prospero aveva già capito, con il sesto senso tipico dei genitori presenti e sensibili, che il ragazzo, diventato adulto, sarebbe stato la persona giusta per Miranda. E così, egli lascia che quel che ha già previsto accada naturalmente.
C’è un quarto angolo dell’isola, quello che diventa il rifugio di Calibano, uno schiavo di Prospero, che però l’ha sempre odiato. È nativo dell’isola, è figlio di una donna da tutti ritenuta “strega” ed è in cerca di vendetta. Manco a dirlo, vorrebbe essere lui lo stregone dell’isola, così, quando il naufragio porta sulle spiagge altri due spiantati come lui (il buffone Trinculo ed il dispensiere Stefano, che è pure costantemente ubriaco) Calibano pensa di avere finalmente a disposizione una squadra per rovesciare Prospero.
Spesso, nelle opere shakespeariane, le pagine dedicate ai “piani” di servitori o soldati spacconi, già fallimentari prima ancora di iniziare, sono le parti “comiche” di una tragedia. Nel caso de La tempesta, tuttavia, c’è qualcosa che stona. Certo, Calibano ed i suoi due amici non riusciranno a far del male a una mosca. Eppure attraverso le loro parole Prospero finisce di essere il deus ex machina che è stato finora e diventa un personaggio a tutto tondo come gli altri, con i suoi lati oscuri (anche lui ha umiliato qualcuno senza motivo, anche lui ha preso il potere che una volta era di qualcun altro).
A differenza di Romeo e Giulietta e di altre opere shakespeariane, qui c’è, a tutti gli effetti, un’unità di luogo e di tempo, in pieno rispetto delle convenzioni classiche della tragedia: in pochi giorni e su un’isola accade tutto.
Lo spirito Ariel e “il desiderio di essere umani”
Prospero, che è stato tradito dalla sua famiglia e, da padre di quei tempi, per quanto ami la figlia non considera certo di confidarsi con lei, ha un unico “amico”, se così si può definire chi non appartiene nemmeno alla razza umana: lo spirito Ariel, sempre pronto ad obbedire ai suoi ordini, ma anche a fargli da specchio, riflettendo di volta in volta cause e conseguenze delle sue azioni.
È proprio Ariel a ricordare a Prospero di essere equilibrato nella sua vendetta, di avere la giusta soddisfazione su chi gli ha fatto del male senza però eccedere in violenza e rischiare di diventare come chi lo ha ferito.
Ariel, in un passo famosissimo dell’opera, afferma che i nemici di Prospero sono soli e disperati sull’isola, in uno stato di tale prostrazione che, se anch’esso fosse un umano, ne proverebbe compassione.
Quel che dice Ariel è qualcosa che non si può spiegare: esso è uno spirito e non è in grado di provare sentimenti, ma ha osservato gli umani talmente da vicino che sa bene che reazione avrebbero di fronte a determinati eventi.
Nel vedere i nemici del suo padrone sconfitti, per quanto essi se lo siano meritato, Ariel sente che un umano al posto suo proverebbe compassione, ma non riesce in prima persona. Per quanto esso sia uno spirito potente, una creatura della quale persino umani potenti come Prospero si servono perché da soli varrebbero meno della metà… Ariel vorrebbe essere umano, per provare i nostri sentimenti.
Una riflessione di poche parole, quella dello spirito dell’aria, che funge da lezione per tutti noi umani, che ci insegna a non disprezzare la nostra umanità, e soprattutto a non perderla, accecati da una rabbia e da un desiderio di rivalsa che a volte ci rendono più simili agli animali che alle persone.
Il Mago Prospero “spezza la bacchetta”
Sappiamo perché La tempesta è una commedia/tragedia: nessuno va incontro ad un’infelice fine, la tempesta si placa e Ferdinando e Miranda si sposano, eppure c’è stato bisogno di passare attraverso tanta sofferenza per arrivare a questo punto, e resta comunque l’impressione di un fondo di malinconia.
Conosciamo anche il motivo per cui l’opera è a metà strada tra due generi: la base di quel che si racconta è storica, ma l’autore inserisce altri elementi nati dalla sua fantasia.
Ma perché si dice, riferendosi alla Tempesta, che Shakespeare parla di altri ma vorrebbe parlare di sé? Quasi tutti i critici sono concordi nell’indicare il gesto che fa Prospero alla fine dell’opera: quello di “spezzare la bacchetta”, di rinunciare alla magia per sempre.
Questo è il commiato di Shakespeare dal lavoro di una vita. Almeno nelle intenzioni, dal momento che la cronologia delle sue opere dà per certo che altre due sue tragedie, se non di più, sono state scritte in un momento successivo alla Tempesta. In ogni caso, con quest’opera Shakespeare prende atto di essere in età avanzata e di aver detto (quasi) tutto quello che aveva da dire. Per questo motivo quest’opera viene considerata ancora oggi il suo testamento morale.
Anche La tempesta, come Romeo e Giulietta è stata davvero una lettura importante per me.
Voi che cosa ne pensate? Avete letto o visto rappresentato quest’opera?
Fatemi sapere!
Grazie per la lettura, al prossimo post :-)
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