Un tour della mostra a Palazzo Reale
Cari lettori,
il post di oggi è un ritorno autunnale ai “Consigli artistici” dopo l’estate!
Sono tornata a Palazzo Reale in un bel giorno ottobrino di sole e, anche se l’offerta era piuttosto variegata, ho scelto di vedere per prima una mostra che avevo già adocchiato durante l’estate e che mi ispirava molto: quella di Leonora Carrington, una delle più importanti artiste surrealiste del XX secolo.
Ammetto che non conoscevo Leonora Carrington: ho semplicemente visto online un’anticipazione della mostra e mi sono incuriosita. E ora che l’ho visitata, se dovessi descriverla con una sola parola, userei… illuminante. Mi si è aperto un mondo che non conoscevo ed oggi sono più che felice di parlarvene!
I primi anni dell’artista
Leonora Carrington nasce agli inizi del 1900 in Irlanda, da una famiglia dalle origini composite. Ella viene mandata a studiare in vari collegi cattolici irlandesi e riesce a farsi espellere da tutti quanti per la sua condotta e per le idee che già da ragazza porta avanti con fermezza.
Mentre le istituzioni cattoliche irlandesi cercano in ogni modo di instradarla verso ideologie il più possibile convenzionali, per non dire bigotte, la giovane Leonora vive già in un suo mondo di fantasia: un universo dove fugge tutte le volte che le è consentito.
La serie giovanile di acquerelli Sisters of the moon, che Leonora dipinge quando è ancora minorenne, ne è la prova: una serie di fate e principesse dall’abbigliamento colorato e creativo, che si accompagnano a figure di animali a metà strada tra la realtà e la fantasia, come pavoni dalla coda lunghissima, cavalli bianchi che sembrano quasi unicorni, leopardi domestici.
Leonora è ancora molto giovane quando, visitando una mostra del già noto pittore surrealista Max Ernst, lo conosce e se ne innamora. La coppia diventa una delle più conosciute del mondo dell’arte: i due entrano in un giro di amicizie che comprende tanti importanti intellettuali del tempo, e vanno a vivere in una casa con le mura decorate dalle loro sculture.
I primi anni della loro convivenza sono sereni, come può testimoniare questo dipinto, che richiama l’Oriente in modo molto evocativo…
...oppure questa porta dipinta con figure fantasiose: l’abitazione della coppia era una vera e propria opera d’arte!
Momenti difficili… e l’arte che nasce dal dolore
La felicità di Leonora Carrington e di Max Ernst non dura a lungo. La Seconda Guerra Mondiale scoppia, la Francia viene occupata dai nazisti ed il sogno della giovane coppia si trasforma in un incubo.
Lui è sulla lista dei nemici del nazismo per le sue idee in evidente contraddizione con il totalitarismo, così viene arrestato. Lei, invece, fugge e attraversa la nazione cercando di sfruttare le sue conoscenze e vivendo di espedienti.
Un dipinto dell’artista sembra anticipare la separazione della coppia. Osservando l’opera, che ritrae proprio Carrington ed Ernst, si può notare come lui sia avvolto da qualcosa – a metà strada tra fiamme ed onde – che lo avviluppa completamente, e lei sia appena abbozzata: è rimasta solo la testa, del corpo c’è solo un contorno quasi evanescente. Sullo sfondo c’è un cavallo: vedremo come questi animali, in versione imbizzarrita ed impazzita, diventeranno simboli del suo malessere.
Gli anni della guerra sconvolgono l’umanità intera, e con essa anche Leonora. L’ormai ex compagno Max Ernst riesce a salvarsi da un terribile destino di prigionia e forse di morte, ma fugge lontano, e le strade dei due si dividono per sempre (almeno da un punto di vista privato). Leonora Carrington riesce a sopravvivere alla guerra, ma a caro prezzo, subendo tante angherie, e soprattutto una violenza di gruppo.
Per questo motivo, appena si conclude la guerra, ella viene dichiarata “pazza” (come tutte le donne che a quel tempo avevano subito orrori che avrebbero piegato chiunque) e chiusa in un ospedale psichiatrico, dove le vengono sottoposte delle “cure” che, inutile dirlo, sono ulteriori torture.
Eppure è subito dopo quei terribili momenti che Leonora Carrington crea le sue prime opere memorabili, quelle che ancora oggi sono ricordate come le più importanti. Certo, confusione e dolore regnano sovrani: l’artista non dipinge più se stessa, bensì delle misteriose donne mascherate o delle figure androgine; il cavallo che prima correva libero è diventato un dondolo, forse nella speranza di recuperare l’innocenza perduta dell’infanzia; la camera da letto, un tempo luogo protetto e felice, è posta nel mezzo di una foresta che potrebbe celare dei pericoli.
Anche in questo quadro sul pattinaggio l’elemento dei cavalli imbizzarriti, che corrono in tutte le direzioni, scalciano e si aggrediscono senza una ragione, è simbolo della mente dell’artista, che corre libera e va in luoghi di cui nemmeno lei conosceva l’esistenza (uno di questi cavalli è addirittura sul tetto).
Si potrebbe credere che questo sia il momento in cui l’artista si è arresa al dolore, ma non penso sia così. I cavalli, infatti, abitano un paesaggio invernale quasi fiabesco, che convoglia una sensazione di calma. Ed è così che, io credo, si è sentita l’artista dipingendo questo quadro: la sofferenza e la paura di impazzire ci sono ancora, eppure ella è finalmente lontana dal male, sia dalla guerra che dall’ospedale psichiatrico.
E quindi il dolore è libero di correre… ma anche di andarsene.
Questa sezione della mostra comprende un recentissimo filmato, un’intervista a Leonora Carrington quando ella era ormai molto anziana (è morta quasi centenaria). Nonostante tutto quello che la donna ha passato, si vedono ancora grande forza e lucidità, ed il desiderio di godersi quel che di bello le ha dato la vita, come il marito, i figli, l’amore sempiterno per l’arte. Veramente un’intervista commovente.
Leonora Carrington surrealista… ma alle sue regole
La seconda parte della mostra è dedicata alle opere più note di Leonora Carrington, quelle che l’hanno inserita nel novero dei pittori surrealisti del Novecento.
Mentre ella le dipinge, molte cose cambiano nella sua vita: dopo un primo, breve matrimonio con un vecchio amico, che non dura, ella decide di trasferirsi in Messico, nazione che sarà la sua vera casa per il resto dell'esistenza. Lì conoscerà l’artista e fotografo messicano che diventerà il suo secondo marito e il compagno di una vita, avrà due figli, dipingerà le sue opere più famose.
Il suo grande trasferimento assume un significato quasi sacrale per lei.
Questo è quello che si può dedurre osservando il suo dipinto I quattro elementi: una lunga processione – simbolo del suo incamminarsi verso un nuovo continente – attraversa una bosco animato dal fuoco, una terra rossa popolata da un branco di tori, un fiume solcato da una barca a forma di pesce ed una distesa innevata, per arrivare ad una grotta che dà un’idea rassicurante di rifugio.
Abbiamo parlato di “sacralità”, e in effetti, nonostante la lotta al bigottismo ed alle convenzioni della Chiesa portata avanti fin dalla tenera età, per Leonora Carrington la Bibbia è comunque una fonte d’ispirazione.
In uno dei suoi quadri più celebri, Le tentazioni di Agostino sono rovesciate in positivo, come visioni che accompagnano il santo e lo aiutano nella stesura delle sue opere, invece che metterlo in difficoltà.
Anche L’Arca di Noè è un episodio biblico celebrato da una tavola lunga e stretta, dove le sfumature rosse sembrano dominare e accentuano la drammaticità del soggetto.
In questa tela, che secondo me è una delle più belle, sono presenti tante delle tematiche più care all’artista: la foresta incantata, luogo di miti e favole da sempre; la processione – anche in un luogo non tradizionalmente sacro – come momento umano di condivisione; l’elemento acquatico in tempesta, solcato da mezzi fantasiosi; il fascino che esercita l’Oriente, rappresentato da una sorta di portale magico sulla destra.
Questo quadro, Orplied, parola inventata dall'artista, anticipa anche il tema della magia, di importanza fondamentale per la Leonora Carrington più matura.
Un altro quadro che mi ha colpito molto, perché secondo me è importante per comprendere chi fosse davvero l’artista, è questo omaggio al suo ginecologo, l’uomo che l’ha assistita nella nascita dei suoi due figli. L’uomo è messo in chiara contrapposizione con i medici dell’ospedale psichiatrico, che Leonora Carrington non ha mai dimenticato.
È come se con questa tela affermasse l’importanza cruciale che hanno i professionisti della salute nella vita di una persona, specie in quella di una donna: se un medico (o più medici) non hanno saputo far altro che accusarla di essere pazza e farle del male, lasciandola ancora più miserabile di prima, un medico che credeva davvero nel suo lavoro l’ha aiutata a portare a termine le sue due gravidanze, che comunque ella stessa descrive come una delle esperienze più belle e importanti della sua vita.
È un importante scardinamento femminista del concetto di “partorire con dolore”, una denuncia della violenza medica che purtroppo alcune donne subiscono ancora oggi.
Magia e misticismo
Il tema della magia è molto presente nella produzione degli ultimi decenni di Leonora Carrington, al punto che l’artista ha addirittura creato dei propri tarocchi con dipinti fatti da lei.
C’è una tela che, in qualche modo, richiama un’atmosfera da “notte di Natale”: ci sono il deserto, un riparo improvvisato, una notte piena di stelle. Eppure al posto di Giuseppe e Maria c’è un’enigmatica coppia dipinta in rosso e blu, invece dei pastori ci sono delle figure incappucciate e soprattutto non c’è nessun bambino, ma solo degli animali liberi di scorrazzare per la tenda, tra i quali spicca una sorta di lupo antropomorfo.
Ancora una volta, la Bibbia viene reinterpretata secondo la fantasia dell’artista.
Un soggetto particolarmente caro a Leonora Carrington in questa sua fase creativa è la “cucina alchemica”: cucinare, un atto considerato comune – e quasi servile – per le donne, si trasforma in un momento creativo dalle connotazioni magiche. Anche in tarda età, l’artista non ha mai dimenticato la bellezza della cucina di sua nonna, e la omaggia in una delle sue tele più famose (quella che è stata scelta per la locandina della mostra).
Leonora Carrington si dice femminista fino ai suoi ultimi giorni, anzi, più volte afferma che la forza delle donne sarà quella che salverà il mondo degli uomini, fatto di guerra e di sopraffazione.
La mostra è piena di sue citazioni, forti, poetiche e, in qualche modo, lungimiranti… come tutti i grandi artisti, ella aveva già compreso in che direzione stava andando il mondo.
Forse aveva davvero qualcosa di magico…
Avete tempo fino all’11 gennaio per fare un salto a Palazzo Reale e dare un’occhiata alla mostra… e ve lo consiglio con tutto il cuore!
Per me è stata veramente una bella esperienza, emozionante oltre che istruttiva. Leonora Carrington è un’artista che vale la pena di conoscere meglio, per tanti motivi, che spero di avervi raccontato per bene.
Fatemi sapere se vi ho incuriosito o se ci siete già stati!
Grazie per la lettura, al prossimo post :-)
Nessun commento :
Posta un commento