Dopo
il grande Leonardo, le vestigia di Pompei ed i tesori dell'arte di
Budapest, continua il mio immaginario viaggio nella storia dell'arte,
sempre grazie ad una mostra in esposizione a Palazzo Reale, a Milano.
Questa
volta il protagonista è molto più vicino alla contemporaneità ed è
uno dei protagonisti più noti dell'Art Nouveau.
Sto
parlando di Alfons Mucha, artista conosciuto nel mondo per il suo
amore per i ritratti femminili, spesso relegati a protagonisti di
cartoline e segnalibri.
Proprio
per questo motivo è facile cadere nell'errore di pensare che Alfons
Mucha sia un artista “di settore”, specializzato in un'unica
tipologia di composizione artistica.
Lo
scopo della mia recensione è invece quello di dimostrare che, al
contrario, tali litografie, se osservate e studiate con attenzione,
possono condurre, di volta in volta, alla scoperta di un nuovo mondo,
che l'autore ritrae con precisione e meraviglia.
Ecco
a voi, dunque, i sette preziosi tesori che vale assolutamente la pena
di scoprire.
La
pubblicità.
Alfons Mucha ha
collaborato, nel corso dei primi anni del '900, con diverse aziende
nascenti, alcune delle quali tuttora in vita.
Impossibile non restare
colpiti di fronte alla grandissima litografia della prima sala della
mostra, dedicata alla Nestlé e decorata con i simboli più
importanti della storia della Gran Bretagna (i monumenti, le navi e
le industrie).
Mucha
ha creato manifesti per biscotti, liquori, birre e molti altri generi
di prodotti. Osservarli, per il
visitatore, significa
rendersi conto che, nei primi decenni del XX secolo, quello che oggi
è spesso solo marketing era invece una vera e propria forma d'arte,
composta con un'attenzione per i colori e per le forme che rendeva
unica ogni singola réclame.
Le opere più notevoli, a mio
parere, sono le due appartenenti ad una pubblicità di sigarette. In
esse, infatti, una donna seminuda si ritrova avvolta sia dalle
spirali del fumo che dalle onde dei suoi capelli, in modo tale che i
due elementi quasi si confondano, creando un effetto ipnotico.
La
letteratura.
Avendo seguito
tempo fa un paio di corsi sulla letteratura francese, non ho potuto
fare a meno di essere molto contenta nel ritrovare, in ben due
versioni differenti, una litografia che ritrae la famosissima
protagonista del romanzo (poi dramma) “La signora delle camelie”,
antenato francese della Traviata
di
Verdi.
Le due versioni hanno molto in
comune, a partire dai capelli raccolti e scuri della donna, passando
per il lungo abito, fino ad arrivare allo sguardo sfuggente e rivolto
ad est.
Il
particolare che più mi ha colpito, però, sono proprio le camelie
ritratte in fondo ad entrambi i dipinti. Innanzitutto, esse sono
rigorosamente bianche, e si sa bene che, nel libro, esse possono
essere anche rosse, in alcune occasioni. Non è necessario ribadire
che il bianco è il colore dell'innocenza e che, dunque,
si comprende bene quale potesse essere il giudizio di Mucha sulla
protagonista.
Inoltre,
esse emergono quasi con prepotenza dallo sfondo dei dipinti, ma
restano comunque nella parte più bassa della composizione: allo
stesso modo, l'attività di cortigiana della protagonista
(simboleggiata dai fiori) consuma tutta la sua vita, ma non definisce
in alcun modo la complessità della sua persona.
Il
teatro.
Non
si può parlare di manifesti letterari senza riferirsi ad un altro
grande amore di Alfons Mucha: la drammaturgia.
Come nel caso de “La signora
delle camelie”, anche qui c'è una grande protagonista: la
celeberrima attrice francese Sarah Bernahrdt. Ella viene ritratta,
infatti, per intero ed a mezzo busto, in abiti comici e drammatici.
In contrasto con il variegato
panorama delle donne ritratte dall'artista, ci si ritrova davanti,
nel caso del filone “teatro”, ad una vera e propria musa.
Difficile scegliere, questa
volta, un'opera oggettivamente emblematica tra quelle della serie.
Molto più semplice, invece, restare colpiti in modo soggettivo da
una di queste litografie, che, pur avendo la medesima protagonista,
sono estremamente varie.
Personalmente, ricordo con
piacere la versione di Medea, un ritratto crudo, fatto con colori
intensi e luci forti. Il tramonto che è al di là delle spalle di
Sarah richiama il rosso del sangue sul pugnale della donna, ed i
figli uccisi che giacciono ai suoi piedi sembrano quasi fuoriuscire
dalla composizione, costringendo l'osservatore a pensare alla
tragicità del momento.
Una
serie di quattro donne, l'una affiancata all'altra, presenta un tema
solo in apparenza semplice: il legame tra la figura femminile ed il
minerale che si è scelto di indossare come gioiello.
Se l'intento appare essere
quello di abbinare ogni pietra ad una scelta artistica e cromatica
differente, quello che Mucha presenta è molto di più: si tratta,
infatti, di un quadruplo ritratto sociale.
La
pietra più modesta delle quattro rappresentate, infatti, è il
topazio, e l'artista ritrae, in questo quadro, una donna che mostra
in tutto e per tutto le sue umili origini: gli occhi grandi ed
incuriositi, l'abito
semplice,
la
posizione che suggerisce quasi un allontanamento lo dimostrano.
La seconda pietra è
l'ametista, simbolo delle donne della classe media: la ragazza che la
simboleggia si sistema da sola i capelli e guarda l'osservatore con
schiettezza ma senza malizia.
Completamente
diverso è lo smeraldo, pietra di una pericolosa femme
fatale
che, pur essendo già benestante, ambisce alla classe sociale più
alta, e non esita a ricorrere a trabocchetti (ai quali si allude con
la vipera sulla testa).
Il rubino, infine, è il
protagonista di un vero ritratto di nobiltà: sicurezza, sfarzo ed
eleganza sono le caratteristiche principali della quarta ed ultima
donna.
I
fiori.
Un
grande amore di Mucha sono le composizioni floreali, anche e
soprattutto sul corpo delle donne.
Impossibile non fare caso alla
quantità di fiori che decorano ogni rappresentazione che l'artista
ha fatto alla Primavera personificata, ogni volta tentando di
raggiungere il maestro Botticelli e finendo per interpretarlo in modo
del tutto nuovo.
Il
legame tra fiori e figura femminile non
è influenzato soltanto dalla storia dell'arte, ma anche dalla
letteratura.
Il giglio, per esempio, noto
simbolo di purezza, circonda una giovane ragazza dall'aspetto
innocente.
Al
contrario, la rosa rossa, sulla falsariga di una poesia di William
Blake, è la cornice perfetta per un'altra femme
fatale,
che sembra quasi affrontare l'osservatore con il suo sguardo deciso.
Si
potrebbe dire moltissimo sulla passione di Mucha per la rappresentazione
sullo scorrere del tempo. Egli ha rappresentato i mesi dell'anno, i
giorni della settimana, le stagioni personificate ed un intero
calendario.
L'opera che però mi ha più
colpito si intitola “Le stagioni della vita”, ed è divisa in
quattro parti, ognuna delle quali rappresenta una figura umana ed una
stagione personificata.
Nel primo quadro, al mattino,
la Primavera conduce un bimbo verso i primi passi.
Nel secondo, a mezzogiorno,
l'Estate ascolta le pene d'amore di un giovane.
Nel terzo, nel pomeriggio,
l'Autunno pone una corona, simbolo di saggezza, sul capo di un uomo.
Nell'ultimo, infine, al
crepuscolo, l'Inverno scalda le mani di un vecchio.
Che cosa rende, a mio parere,
quest'opera così unica e particolare? Il fatto che, incredibilmente,
una volta tanto, non c'è la paura del tempo che fugge.
Al contrario, per Mucha, le
stagioni della vita non ci inseguono inesorabili, ma ci accolgono, ci
aiutano e ci portano conforto.
L'arredamento.
Nel
corso della mostra, le opere di Mucha sono accompagnate da mobilia
d'epoca, piatti e vasi decorati da artisti di quel tempo e persino
dalla ricostruzione di uno splendido salottino.
L'allestimento della mostra dunque fa
sì che il visitatore abbia davvero l'impressione di aver
fatto un salto indietro nel tempo di un secolo, e che abbia sempre
più voglia di perdersi nel mondo dell'Art Nouveau, il cui fascino è
davvero indiscutibile.
La mostra rimarrà a Palazzo
Reale fino al 20 marzo!
Spero di essere riuscita a
trasmettere l'entusiasmo che ho provato visitando questa esposizione,
e mi auguro anche di essere riuscita a convincere qualcuno di voi.
Se siete già andati, quali
sono state le vostre impressioni? Fatemi sapere!
Un grazie infinito, come
sempre, a chi legge.
Al prossimo post! :-)
Ciao Silvia, anch'io ho avuto modo di vedere la mostra e, leggendo la tua recensione, è stato come rivisitarla per una seconda volta. Come te l'ho apprezzata molto: adoro il fermento artistico di fine ottocento e, in particolare, di Mucha apprezzo il suo stile raffinato, oltre che la versatilità dell'artista, capace di cimentarsi in tutti i numerosi ambiti che hai menzionato!
RispondiEliminaCiao Fra! Grazie per il commento! In effetti ero curiosa di sentire un tuo parere, perché sapevo che avevi visto la mostra!
EliminaSperiamo di vederne un'altra insieme... A presto :-)