giovedì 2 maggio 2024

PICASSO: LA METAMORFOSI DELLA FIGURA

 Un tour della mostra al Mudec




Cari lettori,

diamo insieme il benvenuto a maggio! Spero che ieri vi siate goduti la Festa dei Lavoratori e vi siate… riposati a più non posso. Chi mi conosce sa che solitamente da oggi per me ha inizio uno dei periodi più pieni dell’anno, tra il rush finale della scuola e tutti gli impegni legati allo spettacolo di giugno a danza. Il consiglio che do sempre a me stessa in questi casi – e a voi, se vi aspetta un mese full – è quello di prendere le cose giorno per giorno e cercare di non “anticipare” troppo il futuro con azioni e pensiero se per caso vi capita una giornata più lenta o di pausa (e questa per me è spesso la cosa più difficile).


Per quanto riguarda il blog e le nostre consuete rubriche, oggi inauguriamo il mese con dei nuovi “Consigli artistici”. Quella di oggi è, almeno per ora, l’ultima delle tre mostre milanesi che ho visto in questo periodo primaverile (entro fine mese arriverà anche la recensione di quella di Genova).


Dopo Rodin e il mondo della danza, restiamo al Mudec di via Tortona per una mostra non molto ampia ma super interessante, con Pablo Picasso come protagonista assoluto.


Proviamo a visitarla insieme!



L’importanza dello studio per Picasso


La mostra si intitola Picasso: la metamorfosi della figura, e visitando l’esposizione ci si rende conto di quanto la scelta di questo titolo sia azzeccata.


In poche ma ampie sale si traccia un percorso di creazione artistica niente affatto scontato, dal momento dello studio a quello dei bozzetti, dalla riproduzione fedele alla rielaborazione personale. È una strada che ha percorso la stragrande maggioranza degli artisti, ma perché non prendere esempio proprio da uno dei più grandi?


La saletta introduttiva dell’esposizione mette subito in risalto come lo studio e la costante attività artistica fossero importanti per Picasso, anche proprio nel senso di esercizio. Di certo egli non è stato un artista che procedeva per ispirazioni, ma aveva un suo metodo del quale qualcosa si può sicuramente intuire. Sono tante le sue foto nello studio, insieme alla moglie o ai collaboratori: si comprende come per lui ritirarsi lì fosse essenziale per la creazione delle sue opere. Il tutto dividendosi tra la patria che gli ha dato i natali (la Spagna), quella che l’ha adottato (la Francia ed in particolare Parigi) e quella a cui si è ispirato (il continente africano).



Proprio l’arte africana riveste una grande importanza all’interno della mostra: oltre alle opere di Picasso, infatti, sono esposte statuette di legno e di metallo tipiche dell’arte africana, tra matriarche scolpite in modo quasi primitivo ed altri oggetti più elaborati e dalle forme originali.



Picasso prende esempio fin da subito da quest’arte, specie dalle statue con soggetto femminile, e disegna pagine e pagine di bozzetti, prima imitando fedelmente, poi trasformando sempre più ogni parte del corpo in una forma geometrica.



La strada verso il cubismo


Non solo bozzetti: anche i primi dipinti che Picasso realizza ispirandosi all’arte africana hanno qualcosa di quasi didascalico, anche se, a mio parere, già per quanto riguarda l’uso dei colori si può intuire un forte desiderio di personalizzazione. Diciamo che nei primi tempi è come se l’artista stesse tenendo inserito il “freno a mano”, forse perché attende le reazioni del suo pubblico…



Anno dopo anno, tuttavia, Picasso sprofonda sempre più nel suo periodo cubista, realizzando opere che hanno sempre meno dell’antica ispirazione e sempre più elementi personalizzati. È davvero difficile vedere una sedia ed una donna nel dipinto soprastante, ma bene così. Secondo me, uno dei pregi maggiori di questa corrente artistica è il fatto che essa riesca a stimolare la nostra fantasia…



A sorpresa (almeno per me), un’altra fonte d’ispirazione del periodo cubista è il mondo classico, in particolare la figura dei satiri/fauni. Mi hanno molto colpito alcuni libri d’arte che riportano sulla sinistra poesie in francese, forse sue contemporanee, che evocano tali mitiche figure, e sulla destra delle vere e proprie teste di fauno dipinte di Picasso. 

Devo dire che, leggendo i versi, ho avuto l’impressione che Picasso fosse attratto più dallo spirito dionisiaco della classicità che da quello apollineo. In parole più semplici, forse quello che Picasso cercava, indagando le figure dei satiri che vivono nei boschi, non era la ricerca della perfezione tipica di alcune realtà del mondo classico (la prospettiva, l’equilibrio…), bensì la spontaneità ed il ritorno alla natura. E questa parte della classicità non è poi così lontana dall’arte africana che egli tanto amava.



La figura femminile


Alzi la mano chi riconosce questo quadro! A me sembra incredibilmente somigliante a quel quadro nella Gallerie d’Orsay che viene “dipinto in diretta” da Picasso nel film Midnight in Paris di Woody Allen. Che sia la stessa serie?



Scherzi a parte, l’amore di Picasso per la ritrattistica femminile è arcinoto, e devo dire che questa mostra ne presenta dei bellissimi esempi. Forse il più rappresentativo è un grande nudo sui toni del rosa: un perfetto mix di cubismo ed ispirazione africana.



Più intimista è invece una rappresentazione sui toni del grigio, quasi una foto in bianco e nero, che ha per protagonista una donna dai lunghi capelli neri che si pettina, forse si fa una treccia. Lo sguardo che evita il pubblico rivela forse un pudore, un’introversione della donna che ha ispirato il dipinto. Eppure, anche con il suo atteggiamento sfuggente, ella riesce ad essere comunque molto espressiva.



Questo dipinto tutto in bianco e nero invece mi piace perché lo vedrei proprio bene come copertina di un classico regency, magari di Jane Austen…



Picasso si ispira all’Africa, l’Africa si ispira a Picasso


L’ultima sala della mostra è quella che, in un certo senso, mi ha stupito di più. Davvero non mi aspettavo che, così come Picasso si è ispirato all’Africa, anche gli artisti africani contemporanei abbiano trovato un modo per omaggiare Picasso.


Su un muro colorato ci sono delle maschere che ricordano molto da vicino la ritrattistica dell’artista. Sono realizzate con metalli ed altro materiale di scarto e dipinte a colori vivaci.



Ci sono anche dei dipinti che ritraggono Picasso mentre ha pensieri di pace e rivolge la sua mente all’Africa.


Penso che queste ed altre testimonianze siano la prova tangibile del fatto che l’artista sia stato uno dei pochissimi personaggi di rilievo della storia ad accostarsi al modo giusto al mondo africano: prendendo l’ispirazione ed omaggiandolo a suo modo, senza rubare né appropriarsi di una cultura non sua. Ed è evidente che gli intellettuali africani di oggi gli riconoscono questo merito.




Non vi nascondo che mi sarebbe piaciuto che la mostra fosse un pochino più lunga… Purtroppo, quando si tratta di grandissimi artisti, tanti motivi organizzativi ed economici fanno sì che una mostra completa e didascalica sia di difficilissima realizzazione. Per questo ultimamente i curatori preferiscono puntare su percorsi come questo, che mettano in luce una sezione della vita e delle opere dell’artista.

C’è anche da ammettere che così ho potuto vedere sia Picasso che Rodin con una mezza giornata a disposizione e quindi, che dire, non lamentiamoci.


La mostra resterà al Mudec fino al 30 giugno e spero davvero di aver incuriosito qualcuno ad andarci. Fatemi sapere se ci siete stati o se in passato avete visitato altre esposizioni di Picasso!

Grazie per la lettura, al prossimo post :-)


lunedì 29 aprile 2024

I PREFERITI DI APRILE 2024

 Tutto quello che mi è piaciuto in questo mese




Cari lettori,

ultimo lunedì di aprile ed appuntamento con i “Preferiti del mese”!

Questo mese è stato molto ricco. Anche se – come vedrete – le prime foto del mese riguardano le vacanze di Pasqua, che sono state a cavallo tra i due mesi, aprile stesso è proseguito comunque con tante belle novità, che oggi vi racconto.

Vediamo un po’ insieme com’è andato il mese!



Il libro del mese


Carlo Monterossi, autore televisivo da tutti ritenuto geniale, nonché creatore del grandissimo successo Crazy love, è da tempo schifato dalla sua creatura. Così, invece che andare negli studi televisivi, da lui rinominati “La grande fabbrica della merda”, passa sempre più tempo con l’amico detective Oscar Falcone alla Sistemi Integrati, l’agenzia investigativa che l’uomo ha fondato con la socia Agatina Cirrielli.


Questa volta, però, la richiestissima ed amatissima Flora De Pisis, conduttrice del suo programma, ha proprio bisogno di lui e delle sue indiscusse capacità di mediazione. A Zelo Surrigone, paese appena fuori da Milano dove già sembra di sprofondare nella campagna, il parroco “ufficiale” è stato di fatto spodestato da un giovane Don, che ha creato una sua parrocchia nel cortile di una villetta. Un posto come mille altri, se non fosse per una particolarità: un crocifisso che si illumina da solo. Miracolo o truffa? Il Monterossi si lascia convincere a partecipare ad una delle loro cosiddette messe e di sicuro non è disposto a credere alle presenze divine, ma non riesce nemmeno a trovare indizi truffaldini. E forse per questo tante persone comuni finiscono per crederci e fare generose donazioni al giovane prete ed alla sua assistente.


Nel frattempo Oscar ed Agatina, alla Sistemi Integrati, ricevono la visita dell’amministratore delegato di una grande azienda di costruzioni nel mondo, la Italiana Grandi Opere. Nella sede centrale si è verificato uno stranissimo furto, probabilmente commesso da qualcuno che conosceva l’ubicazione delle telecamere, perché non si è fatto riprendere in volto. Quel che è ancora più strano è che proprio il denunziante del furto non vuole sentir parlare di forze dell’ordine ed è piuttosto evasivo.


Quello che nessuno sa è che una donna delle pulizie, Teresa, ha intascato il malloppo che è sfuggito al ladro. E che lei, la guardia giurata ed altri due poveracci senza niente da perdere stanno orchestrando il ricatto più disorganizzato della storia.


Sulle tracce di loro e di altri colpevoli di reati minori ci sono anche un rassegnato Ghezzi ed un sempre più arrabbiato Carella, che vorrebbe occuparsi di una banda di trafficanti di droga ma è ostacolato dai suoi superiori. A trovarli, prima, è proprio il Monterossi, che aiuta Teresa dopo uno scippo. E da quel giorno le loro strade si incroceranno ancora molte volte.



Pesci piccoli è un romanzo in cui, dopo la parentesi quasi favolistica di Flora, la vita di Carlo Monterossi inizia a cambiare davvero. Il nostro protagonista è un privilegiato assoluto, che è riuscito ad ottenere una posizione di prestigio in un ambito in cui è già difficile entrare come stagisti, che è così richiesto che può permettersi praticamente di non lavorare, di fare delle visite in ufficio qualche ora qua e là. Un uomo che si sveglia alle dieci del mattino e che trova pronto un enorme tavolo da colazione grazie alle premure della sua governante.


Carlo è un uomo intelligente, anche se nasconde la sua sensibilità dietro all’ironia, quindi è consapevole della sua fortuna, ma è solo quando incontra qualcuno che se la passa diversamente che lo comprende davvero. Altre volte, però, si era trattato solo di incontri fortuiti dovuti alle sue indagini non ufficiali. In questo romanzo, invece, tra lui e Teresa nasce un sentimento vero, qualcosa che li unisce al punto da sancire l’allontanamento, forse definitivo, dalla fidanzata Bianca Ballesi, che è anche collega e forse troppo legata a quel mondo di cui lui non vuole più sapere niente.


Se Carlo affronta la questione dei “pesci piccoli” dal punto di vista sentimentale, conoscendo una donna di tutt’altro ambiente rispetto al suo, il duo Ghezzi-Carella lo affronta da quello legale. Entrambi, loro malgrado, sono costretti a chiudere una serie di piccole pratiche che cadrebbero in prescrizione, così si ritrovano ad inseguire tipografi senza licenza, ladri di galline, truffatori per pochi euro, in pratica gente che non ha alternative per mangiare, mentre i veri criminali, per tanti motivi, non vengono incastrati.


Alessandro Robecchi è sempre lucidissimo e, a volte, amaramente sarcastico nel mettere a nudo le macroscopiche differenze che caratterizzano Milano (e l’Italia in generale). Come penso sappiate, io ho ormai letto quasi tutte le disavventure del Monterossi… e sicuramente continuerò la serie, visto che sembra che il protagonista sia arrivato ad un momento di svolta!



Il film del mese


Un altro Ferragosto è il sequel, a grande distanza di tempo e di atmosfere, di Ferie d’agosto, film del 1996 di Paolo Virzì.


Protagoniste della pellicola degli anni ‘90 erano state due famiglie arrivate sull’isola di Ventotene per trascorrere le ferie estive: da una parte il giornalista Sandro Molino ed il suo clan, dall’altro la famiglia Mezzalupi.


Sono passati trent’anni, ma non è cambiato poi molto nello stile di vita e nelle ideologie delle due famiglie (spiccatamente di sinistra la prima, nettamente di destra la seconda).


Sandro è ormai in fin di vita, in stato del tutto confusionale e perso tra i ricordi e le fantasie dei tempi in cui Ventotene era un luogo di confino. Invece che parlare con la sua famiglia, egli si immagina a dialogare con il presidente Pertini da giovane e con tutti gli oppositori politici che il regime fascista aveva confinato sull’isola. Non si accorge così dei tanti problemi che affliggono la sua famiglia allargata: la moglie Cecilia, che cerca ancora disperatamente le sue attenzioni; il figlio Andrea, giovanissimo e già così ricco e potente (forse per motivi loschi), eppure mai soddisfatto; i guai degli amici più stretti, dall’anziana coppia di donne che litiga costantemente allo spiantato che fa lo sciocco con la moglie, dal padre single in difficoltà a chi fa passare soldi sottobanco in modi poco chiari. Tutti, però, sono lì per rendere felice Sandro nell’ultimo periodo della sua vita, e così a tavola e sulla spiaggia si parla di storia, politica ed altri argomenti che lui ama.


Tutt’altra atmosfera si respira nella villetta dei Mezzalupi: le due sorelle, Marisa e Luciana, sono rimaste vedove. La prima è presa dal matrimonio della figlia Sabrina, ragazza di paese diventata youtuber e influencer, con Cesare, il classico sedicente manager che ha già un’ex moglie e un figlio e punta a campare sulle spalle della celebrità di turno. La seconda ha iniziato una relazione con Pierluigi, un ingegnere vedovo che sembra tanto a modo ma forse nasconde qualcosa. Il gruppo, con l’eccezione di Marisa che è del tutto sulle nuvole, è caciarone, piuttosto ignorante e teso solo ai soldi ed all’apparenza.


Lo scontro tra le due realtà, sullo sfondo della bellissima località di villeggiatura, è pressoché inevitabile. Ma forse, alla fine della fiera, non ha neanche più senso di esistere.



Un altro Ferragosto è una sorta di commedia drammatica, una storia che in apparenza potrebbe andare bene per una sera d’estate senza troppe pretese e che poi, ad un certo punto, si rivela molto più pungente del previsto.


I Molino ed i Mezzalupi, anche se non lo ammetterebbero mai, sono molto simili: due famiglie allargate, con tanto di amici al seguito, che cercano di godersi quello che potrebbe essere un momento felice o comunque dolceamaro, ed invece sono costantemente inseguite dai problemi e dai fantasmi del passato.


All’inizio si può avere l’impressione che una delle due parti, quella dei Mezzalupi, sia criticata più ferocemente dell’altra: certo la costante ricerca di fama, denaro e successo fini a se stessi porta i personaggi a vivere una vita spesso vuota, senza coscienza critica, per esempio buttandosi in politica senza sapere niente nemmeno del passato di Ventotene. Anche Sandro Molino ed i suoi, però, ricevono la loro dose di critiche: i discorsi di stampo più elevato rischiano di diventare una scusa per evitare di parlare di sé o delle relazioni con altri, e sono proprio i “fantasmi” dei confinati a dire in sogno a Sandro di smetterla di occuparsi di loro e di pensare alla sua famiglia.


I film di Virzì solitamente mi piacciono e devo dire che anche questo non ha fatto eccezione. Certo è un affresco corale, e ci si mette un po’ a comprendere tutta la composizione delle famiglie: forse, rivedendolo, scaturirebbero riflessioni più profonde sui singoli personaggi. Ognuno di loro, in qualche modo, incarna un modo di essere, strizzando l’occhio ai cliché, ma senza incarnarli pienamente.


In definitiva possiamo considerarlo un buon sequel, anche se, quasi trent’anni dopo, si presentava sicuramente come un’impresa azzardata.



La musica del mese


Continuiamo il nostro percorso alla ri-scoperta dei pezzi che ho portato sul palcoscenico in questi oltre vent’anni di danza.


Visto che la primavera è la stagione dei fiori, non posso non parlarvi di quando ho fatto… il fiore! Il 2019 è stato l’ultimo anno prima del Covid, l’ultimo saggio con tante alunne iscritte – poi abbiamo ripreso in formazione ben più ridotta -, e purtroppo anche l’ultimo in cui siamo riuscite a fare il “tema” dell’anno, un medley che occupava la seconda metà del primo tempo. Nel 2019 è toccato ad Alice nel paese delle meraviglie ed io ho interpretato due ruoli: guardia della Regina di Cuori e “mamma” dei piccoli fiorellini che hanno interpretato Nel meriggio d’or (Link). Avevo anche una dondolibellula!



Un colore primaverile che si vede un po’ ovunque in questo periodo è il lilla. Per la mia variazione del 2016, A thousand miles (Link), ho indossato top di paillettes e leggings, tutto lilla, ed una mantellina bianca che avevo già indossato in una coreografia di gruppo ed ho voluto rimettere da sola.



La poesia del mese


Per il mese di aprile ho pensato ad un classico di uno dei miei autori preferiti, Corrispondenze di Baudelaire. Non è esattamente una poesia dalle atmosfere primaverili, ma a me fa sempre pensare al risveglio della natura.


La Natura è un tempio ove incerte parole

mormorano pilastri che sono vivi,

una foresta di simboli che l’uomo

attraversa nei raggi dei loro sguardi familiari.


Come echi che a lungo e da lontano

tendono a un’unità profonda e buia

grande come le tenebre o la luce

i suoni rispondono ai colori, i colori ai profumi.


Profumi freschi come la pelle d’un bambino

vellutati come l’oboe e verdi come i prati,

altri d’una corrotta, trionfante ricchezza


che tende a propagarsi senza fine – così

l’ambra e il muschio, l’incenso e il benzoino

a commentare le dolcezze estreme dello spirito e dei sensi.



Le foto del mese


A cavallo tra marzo e aprile ci sono state le vacanze di Pasqua! Sono stata a Varazze con la mia famiglia per quasi sei giorni e meglio di così non poteva andare… a parte il tempo! Questa mia foto testimonia il mood della vacanza: vento pazzesco, gelo, pioggia che andava e veniva, ma anche sorrisoni!



Il venerdì di Pasqua abbiamo preso il treno e siamo andati a spasso per Genova: prima Boccadasse (in foto), poi il centro, infine una mostra di cui spero di riuscire a parlarvi presto!



In questo mese di aprile ci sono state un po’ di occasioni per uscire la sera ed andare o a teatro o ad eventi organizzati dal Comune. Il 5 sera sono andata a vedere Il lago dei cigni, di cui vi ho parlato qui. È venuto anche un gruppone della mia scuola di danza e sono stata molto contenta di questo, perché difficilmente riusciamo a vederci al di fuori della palestra (siamo anche di età diverse). Questo era il mio look!



Il 16 aprile io e mio fratello siamo finalmente riusciti ad usufruire del suo regalo di Natale: una serata insieme al Laboratorio Cingoli di Milano per un mini corso – con cena – sulla lavorazione della pasta fresca! Ci siamo dedicati tutta la sera alla produzione di tortelli di tre tipi (magro, zucca e carne) ed è stato davvero divertente e soddisfacente! Eccomi tra gli impasti, in versione chef :-)



La sera del 20 aprile ero alla Casa delle Arti di Cernusco, il mio paese, per un concerto di Paolo Jannacci. Devo dire che il repertorio è stato vasto, dalle canzoni del padre alla musica classica a brani che ha composto lui…



Domenica 21 invece sono andata a Monza con la mia famiglia, dopo un po’ di mesi che non facevo un giretto lì, ed abbiamo fatto un buon pranzetto in un posto dove non eravamo mai stati, ma che ci è proprio piaciuto…




Questo è stato il mio aprile, fatemi sapere com'è stato il vostro! 

Credo che maggio e giugno, in quanto ad impegni, non saranno da meno... ma si vedrà! 

Nel frattempo raccontatemi qualcosa del vostro mese, se vi va... 

Grazie per la lettura, al prossimo post :-)


venerdì 26 aprile 2024

POESIE TRA CIELO E MARE

 Spazio Scrittura Creativa: aprile 2024



Cari lettori,

benvenuti all’appuntamento di aprile con la rubrica Spazio Scrittura Creativa!



Prima di entrare in tema, una necessaria precisazione. Penso che ormai tutti sappiate che generalmente pubblico il lunedì e il giovedì. Se pubblico oggi invece di ieri non è perché il 25 aprile è un festivo – come avevo fatto a Pasquetta, per esempio – ma perché, vista l’importanza della ricorrenza (soprattutto di questi tempi…), non mi sembrava rispettoso postare qualcosa che non c’entrasse niente, e non avevo nuovo materiale a disposizione.


Ci tengo comunque a lasciarvi tre link a post proprio sul 25 aprile:

- Il racconto del 2020, La staffetta (Link)

- Qualche consiglio di lettura (Link)

- L’analisi di una poesia di Alfonso Gatto (Link).



Per oggi ho deciso invece di onorare l’appuntamento con la scrittura creativa. Non pensavo che ad aprile ci sarei riuscita, tra eventi da recensire, il compliblog e ricorrenze, ma alla fine ho pensato di proporvi qualcosa comunque!


Torniamo a rileggere insieme le mie poesie. Inizialmente avevo pensato di proporvi alcuni dei miei componimenti a tema primavera, così come avevo fatto a gennaio con l'inverno. Sfogliando qua e là tra quello che avevo scritto, però, mi ha stuzzicato di più un altro tema, comunque legato alla natura: il cielo ed il mare. Oggi vi lascio quattro mie poesie – come sempre un po’ datate, ma spero ancora piacevoli da leggere – delle quali una è proprio dedicata al mare, una tra cielo ed oceano, una basata su una metafora piena di luce e l’ultima che è la mia versione della classica metafora classica/dantesca/letteraria della vita come barca in tempesta.


Quanto alle poesie dedicate alla bella stagione, magari vi sorprenderò verso l’estate!

Per il momento spero che apprezzerete queste…



Il mare


Il mare,

calmo o mosso,

pulito o sporco,

ma sempre, sempre blu…

Se t’immergi noti

pesci e sassi,

conchiglie ed alghe,

ed è come entrare

in un secondo mondo misterioso.



Volo bianco


Su una tavola azzurra,

dipinta con i colori dell’aria,

gli angeli del destino

spiegano le loro ali bianche e grigie

e planano sullo sporco condotto,

diretti verso la voragine blu.

Bassi, sempre più bassi,

corrono al gran raduno

e i loro calzari alati sono lambiti

dalla schiuma fresca.

Si consultano: no,

il messaggio non è dei migliori.

Cupi risalgono; e girano sulla voragine,

poi via sulle onde del vento.

A spezzare quel funesto incanto

ci pensa il fragore d’un tuono,

in lontananza.



Come una pianta


Case e alberi di luce sono;

luce vera e brillante, non ricordo quando

il ciel si tinse di tale tono

azzurro intenso, libero, e mai affranto.


Mille scintille di puro bianco

filtrano fasci di grandi emozioni

come intonando un melodico canto

che d’acqua prende altrettante direzioni.


Oggidì d’altro il cor mio

non necessita: luce e acqua, fonte pura

di gioia e vita per una pianta… e per me.


Perché come una pianta oggi è il mio spirito

che si rinnova, esplodendo nei ricordi

di un’epoca felice in cui la pianta ero io.



Quale conforto?


Una piccola barca solo con buoni propositi costruita

che rimedio alla tempesta in cui è caduta

spinta da polemici venti trovare vuole,

ed insegue gli azzurrini sprazzi d’incanto

per raggiungere il tanto cercato sole:

ecco dell’animo mio il più efficace ritratto.


In questi brillanti giorni che d’aria pura si riempiono,

se non in tali immagini quale conforto v’è?

Inutili sono i miei saldi principi,

se essi da rabbiosi sentimenti, come spazzatura,

sono gettati alla deriva, ed a me

consolazione non rimane che nell’andare avanti.


Ma

in queste cupe sere che di rosei rimpianti si nutrono,

se non nel ricordo quale conforto v’è?

Inutili sono le mie ormai antiche convinzioni

se esse da dolci rivelazioni come ruggine

sono rimosse e gettate in oblio, ed a me

non rimane consolazione che nel fingere.


Ma

quale conforto in tutto ciò?

Forse solo il sentirsi viva,

ancora, sorprendentemente.




Sapete che vi dico? Ogni volta che tiro fuori dal mio cassettino qualche mio lavoro creativo vecchiotto mi dico sempre: certo che ero una ragazza pesantella, eh… ed ho la sensazione di non essere granché migliorata. 

Ultimamente tanti fattori mi hanno riflettere parecchio sul mio essere stata una bambina/ragazzina “dotata”, sul senso del dovere che non mi molla mai anche adesso che non sono più una studentessa impeccabile bensì un’adulta precaria ed incasinata come mille altre, su come abbia imparato anche a godermi la vita un po’ troppo tardi (e forse sto ancora imparando), sull’overthinking senza il quale evidentemente non riesco a campare. 

Forse per questo ho sempre avuto bisogno di scrivere qualcosa, prima il diario e le poesie, poi le fanfiction e le prime storie originali, infine tutto l’universo del blog.

Danzare libera il mio corpo e scrivere libera il mio spirito.

Scusate lo stream of consciousness, ogni tanto ci vuole evidentemente!

Fatemi sapere i vostri pensieri. Grazie per la lettura, al prossimo post :-)