giovedì 31 luglio 2025

I PREFERITI DI LUGLIO 2025

 Tutto quello che mi è piaciuto in questo mese




Cari lettori,

ultimissimo giorno di luglio e “Preferiti del mese”!


Sapete che questo mese e quello di agosto sono per me di stacco e rallentamento tra un anno lavorativo ed un altro, e quindi, già solo per questo, sono dei gran bei mesi :-)


Questo luglio, poi, come vedrete, è stato ricco di festeggiamenti in famiglia, sole e mare (anche se non sempre il tempo ci ha assistito), belle giornate in compagnia, tempo per lettura e scrittura.


Vediamo insieme tutto quello che mi è piaciuto, dai libri ai film, dalla musica alla poesia alle foto del periodo!



Il libro del mese


Questa storia ha inizio nel 1944, in piena Seconda Guerra Mondiale, dopo lo spartiacque dell’8 settembre ‘43, la nascita della Resistenza e mesi interi di una vera e propria guerra civile all’interno dell’Italia.


L’Ospedale Niguarda da tempo sta beffando i fascisti, nascondendo ebrei, omosessuali ed oppositori politici che sarebbero destinati ad un triste destino (al tempo si immaginavano imprigionamento e confino, poi si è scoperta la terribile realtà dei lager). Sono mesi che medici ed infermieri “fanno morire” in reparti di isolamento i perseguitati, agevolando in realtà la loro fuga.


Tra loro c’è Maria Peron, un’infermiera di trent’anni nubile, per i tempi considerata già “zitella” ed interamente devota al suo lavoro. Un giorno di aprile, la suora caposala le comunica: “Peron, da questo momento lei è in ferie”. Maria sulle prime non comprende, ma poi una terribile realtà si fa spazio nella sua mente: i fascisti hanno capito tutto e stanno arrivando. Dopo una fuga dall’ospedale e per i campi che potremmo definire rocambolesca, Maria riesce a rifugiarsi dall’amica più vicina, che è sposata ad un uomo che ha contatti con i partigiani.


A Maria piacerebbe tornare in provincia dalla sua famiglia, ma dentro di sé sa che non è possibile: i fascisti hanno nomi e cognomi di tutti, e andrebbero a cercarla lì, prendendosela non solo con lei, ma anche con i suoi. La via di fuga più sicura sembra essere quella della montagna, tra i partigiani: un’infermiera serve “come il pane”.


Maria ha qualche perplessità nei confronti dei partigiani, che sono bollati come “comunisti”, mentre lei è sempre stata una donna di Chiesa dalle posizioni politiche moderate, ma si rende anche conto che questo è l’unico modo per salvare se stessa e la sua famiglia, ed essere persino utile a qualcuno.


Dopo un viaggio in treno con documenti falsi ed una faticosa salita in montagna – manco a dirlo, con vestiti inadatti, gli unici che le sono rimasti – Maria arriva in Val D’Ossola e viene integrata al battaglione comandato da Dionigi Superti, una figura quasi “mitica” che si è già distinta per delle azioni di cui tutti parlano. In un primo momento ella fa riferimento a lui per il suo lavoro, poi, quando Superti viene chiamato altrove, si rivolge al Capitano Mario Muneghina.


Maria si rende conto ben presto che la situazione è disperata: le attrezzature mediche sono scarsissime, l’infermeria è una tenda di fortuna, ogni settimana o quasi accade qualcosa di drammatico che costringe il gruppo a spostarsi. Per fortuna ci sono paesi di montagna poco distanti che sono abitati quasi esclusivamente da parenti di partigiani e forniscono tutto l’aiuto che possono… ma non sempre raggiungerli è una passeggiata, e non sempre quei poveri civili possono privarsi anche dell’essenziale.


Ella ancora non lo sa, ma questo sarà solo l’inizio del suo anno da partigiana, fatto di continue tragedie (rappresaglie, fughe disperate per i boschi, attacchi dei fascisti, perdita dolorosa di pazienti ed amici, tradimenti di persone che ella riteneva fidate ed altro ancora) ma anche di crescita, della scoperta di un’inaspettata forza dentro di sé, e di un incontro che le cambierà la vita per sempre. Maria si innamorerà, ricambiata, di Laurenti, un ragazzo più giovane di lei che fa parte di un gruppo di georgiani, poveri soldati sbalzati in Europa occidentale dalla Russia. Immigrati di cui nessuno si è voluto occupare, tantomeno il governo, e che hanno finito per unirsi ai partigiani.



Maria – Nata per la libertà è arrivato tra le mie mani al termine di una mattinata molto bella, sabato 12 aprile, alla Biblioteca di Vignate. Sono stata molto contenta di conoscere Amalia Frontali, autrice che si occupa principalmente di historical romance e che ho conosciuto qualche anno fa. Il mio romanzo preferito tra i suoi è La chioma di Berenice (trovate la recensione a questo link), ma mi sono piaciuti tanto anche Mia cara Jane… (a questo link) e La gemma di Ceylon (a questo link).


Con questo romanzo Amalia Frontali ha cambiato sia modalità di pubblicazione (con la NUA Edizioni invece che in self) che ambientazione storica (dall’epoca regency al 1944/45). La peculiarità delle sue storie, che me le fa apprezzare tanto, è rimasta però la stessa: l’autrice, infatti, racconta sempre qualcosa di realmente esistito (la guerra civile in Sri Lanka; le imprese dell’egittologo italiano Giovanni Belzoni; l’unico e sfortunato amore di Jane Austen) e su questi fatti costruisce una trama, di fantasia e verosimile allo stesso tempo. Nel caso degli altri tre romanzi che ho letto, la componente romance era predominante; qui, per quanto ci sia la nascita di una storia d’amore, sono gli eventi della Resistenza ad essere il cuore.


Maria Peron è davvero esistita, così come Laurenti, Dionigi Superti, il Capitano Mario e la maggior parte dei personaggi di questa storia. Amalia Frontali, oltre a raccontare con molti particolari realistici quel che è effettivamente accaduto in quel suo anno di partigiana, dà vita anche alla voce di una donna che tutto avrebbe pensato tranne che trovarsi lì. Viviamo l’insicurezza di Maria, che prima della guerra era data quasi “per scontata” all’ospedale ed è proprio nelle ristrettezze che si rende conto di quanto il suo lavoro sia essenziale; la sua bassa autostima e la sua convinzione che per lei sia troppo tardi per trovare l’amore, spazzate via dall’incontro con Laurenti; la forza e la determinazione che riesce a tirare fuori quando ritiene che una decisione sia la più giusta per i suoi pazienti, checché ne dicano i comandanti.


È un romanzo che, come tutti quelli sulla Resistenza, dà vita a tanti ed importanti discorsi sulla pace, sull’attualità di una festa come il 25 aprile, sulla necessità di ricordare ogni anno cos’è successo in Italia in quel periodo. A questo link vi ho raccontato un po’ meglio l’incontro con l’autrice.


È una lettura che mi ha dato tanto… e spero che vorrete darle una possibilità!



Il film del mese


La storia ha inizio a Roma, ai giorni nostri. Il regista in persona, Ferzan Özpetek, invita a casa sua tutte le attrici che sono state protagoniste dei suoi film, più qualcuna con cui non ha mai lavorato ma con cui gli piacerebbe collaborare, ed organizza un pranzo in terrazza.


Le donne sono incuriosite da questa sorta di festa che sembra più che altro una convocazione ufficiale, ed infatti il regista comunica di aver portato loro il copione di un film che gli piacerebbe realizzare con tutte loro. Non ha intenzione di procedere, però, senza la loro adesione e soprattutto senza la loro lettura partecipata, con tanto di correzioni e di nuove proposte.


Insieme alle attrici ed al regista, ci immergiamo nella storia raccontata. Il film comincia nel 1974 in una rinomata sartoria che confeziona abiti per il cinema e per il teatro. Le proprietarie sono Alberta e Gabriella, due sorelle che hanno perso presto la loro famiglia ed hanno dovuto fare carriera da sole. Alberta è rigida, severa ed ha rinunciato a tutto per il lavoro; Gabriella un tempo era la sorella dal carattere più affabile e generoso, ma da quando è andata incontro ad una tragedia – che pian piano troverà il coraggio di raccontare – è dedita solo all’alcoolismo.


Sono moltissime le donne che lavorano in sartoria, dalle apprendiste alle esperte ricamatrici, dalla tingitrice all’addetta alla mensa.


Tutte hanno un importante fardello personale da portarsi dietro: chi è madre single di un figlio che non sa dove sistemare mentre lavora; chi ha un figlio già grande, incapace però di relazionarsi col mondo, al punto da non uscire più dalla propria camera; chi è vittima di un marito violento e chi ha capito tutto ma non sa come aiutarla; chi non riesce a non ripensare al passato e chi invece ha paura del futuro.


Per tutte la sartoria è un importante punto di riferimento, a volte persino una casa più sicura della propria.


Una prova importante, però, sta per bussare alla loro porta, e proprio in un periodo già pieno di lavoro. La famosa costumista Bianca Vega, che lavora con registi di primissimo piano, vuole collaborare con loro per i costumi di un nuovo film, ed in particolare per gli abiti della protagonista femminile, che dovrà essere vestita con eleganza e modernità al tempo stesso.


In breve tempo le dipendenti della sartoria si trovano a dover obbedire ad una cliente e ad un capo sempre più esigenti, Bianca ed Alberta. Ma tutto cambierà quando la prima non si sentirà più apprezzata come una volta dal regista e la seconda incontrerà nuovamente un suo vecchio amore.



Si è fatto un gran parlare di Diamanti quest’inverno. Io l’ho visto solo di recente, in streaming, e devo dire che l’hype mi è sembrato meritato. È una grande storia corale al femminile e, allo stesso tempo, una riflessione sul cinema fatta da chi lo vive ogni giorno.


Il film sulla sartoria prende vita davanti ai nostri occhi, grazie agli interventi delle attrici e del regista seduti in terrazza: un personaggio che avrebbe dovuto essere presente non può partecipare, e così risulta “morta troppo presto”; qualcuna cerca di defilarsi ma il regista la convince a restare, e quindi ci sarà una parte anche per lei; le vicende di alcune delle protagoniste cambiano tempi e modalità proprio sotto i nostri occhi.


È un film nel film, sul concetto di creazione: mentre le attrici cercano di dare vita alla pellicola, le protagoniste di quest’ultima cercano di creare l’abito perfetto.


E mentre nascono sia il film che l’abito, la vita va avanti, e tutti i personaggi sono chiamati ad essa, nonostante il loro volersi chiudere nella sartoria (o nel mondo del cinema: ci sono entrambi i piani) e dimenticare i loro problemi.


Credo che il regista con questo film abbia voluto chiudere tanti capitoli ed omaggiare le attrici con cui ha lavorato e quelle con cui non aveva ancora avuto occasione di collaborare finora. Penso però che abbia ancora molto da dire, quindi vedremo che cosa ci proporrà prossimamente!



La musica del mese


Per una serie di motivi, la prima settimana di questo luglio mi sono ritrovata a riguardare un po’ di vecchie foto e mi è tornato in mente qualche ricordo dei primi anni Duemila e della mia adolescenza. In particolare mi sono ritrovata a canticchiare una canzone estiva che credo si adatti perfettamente al nostro “viaggio in macchina vintage” di questo 2025.


Si tratta di Infinito di Raf. Chi se la ricorda? Se avete voglia di riascoltarla, o se eravate troppo piccoli, potete risentirla qua.


L’ironia del destino vuole che

io sia ancora qui a pensare a te

nella mia mente flash ripetuti, attimi vissuti con te

è passato tanto tempo ma

tutto è talmente nitido, così chiaro e limpido

che sembra ieri…


...E adesso che farai?

Risposi: “Io non so”

quel tuo sguardo poi,

lo interpretai come un addio.

Senza chiedere perché

da te mi allontanai

ma ignoravo che

in fondo non sarebbe mai finita…


...Mai, ovunque tu sarai

ovunque io sarò

non smettere, no mai,

se questo è amore,

è amore infinito!



La poesia del mese


Per il mese di luglio, fatto di sole e delle ultime distese di fiori prima che la canicola bruci tutto, ho pensato ad un componimento di Eugenio Montale, dal titolo Portami il girasole.


Portami il girasole ch’io lo trapianti

nel mio terreno bruciato dal salino,

e mostri tutto il giorno agli azzurri specchianti

del cielo l’ansietà del suo volto giallino.


Tendono alla chiarità le cose oscure,

si esauriscono i corpi in un fluire

di tinte: queste in musiche. Svanire

è dunque la ventura delle venture.


Portami tu la pianta che conduce

dove sorgono bionde trasparenze

e vapora la vita quale essenza;

portami il girasole impazzito di luce.



Le foto del mese


La prima metà del mese è stata piuttosto casalinga, tra dogsitting (i miei zii erano partiti per la montagna ed Otto era “senza genitori”), sistemazione degli armadi (non vi dico cosa c’era nel settore “danza” dopo il saggio), tempo per la lettura e la scrittura. Il weekend del 5 e del 6 è stato di festeggiamenti perché il 4 c’è stato l’anniversario dei miei genitori e l’8 il compleanno di mio papà. Ho preparato questo tiramisù alle pesche, un esperimento che è stato molto più gradito del previsto!



Sapete che voglio essere sincera con voi e quindi non vi nascondo che in questo primo pezzo del mese ho avuto anche a che fare con qualche piccolo guaio casalingo (notare la bellissima lampada rotta in alto a sinistra) ed ho dovuto salutare per sempre una persona di famiglia a cui volevo bene. Purtroppo la vita è anche questo, no? In un modo o in un altro, ci si reincontrerà…



Verso metà mese sono arrivata a Varazze con il resto della family per la solita trasferta ligure estiva, ed almeno per la prima settimana il tempo è stato favorevole. Tra sole e mare, ho anche rivisto vecchi amici e partecipato a qualche serata musicale divertente!



L’ultima decade del mese invece il tempo è stato piuttosto perturbato, tra mare mosso, vento forte e temporali improvvisi. Da un lato sono rimasta un po’ delusa, dall’altro ne ho approfittato per fare qualche cosa che di sicuro non faccio quando ci sono le ondate di caldo. Lunedì 21 mi sono unita ad un gruppo organizzato dal Comune per fare il tour delle “vecchie mura” di Varazze. Siamo stati affiancati da due guide molto brave ed abbiamo visto delle zone (interne e di proprietà della parrocchia) solitamente inaccessibili al pubblico. Per un pomeriggio, ho fatto un tuffo nel passato!



La mattina di giovedì 24 ho scoperto un altro pezzetto di Varazze che non conoscevo: la strada alta e le basse montagne appena dietro la città. È una camminata tranquilla che possono fare tutti, ideale per una mezza giornata di maltempo. E, una volta arrivati nel punto più alto, la vista di Varazze dall’alto è davvero splendida!



Per la serie “blogging verità”, ecco a voi la magnifica tromba d’aria che ci ha allietati un giorno all’ora di pranzo… proprio l’ideale per una bella giornata di luglio!





Ecco, un mio desiderio per agosto è che il tempo torni ad essere quello della settimana centrale di luglio, e prometto che non mi lamenterò del caldo :-)

Scherzi a parte, sono soddisfatta di queste settimane, e spero di potervi raccontare qualcosa di bello anche il prossimo mese. Questo è il penultimo post prima della pausa estiva: ci aggiorniamo lunedì con i saluti di rito.

Nel frattempo, fatemi sapere com’è andato il vostro luglio e quali sono i vostri programmi per l’estate!

Grazie per la lettura, ci risentiamo in agosto :-)


lunedì 28 luglio 2025

STORIE DI CORAGGIO

 Due romanzi di Cristina Caboni e Ilaria Tuti




Cari lettori,

ultimo post di luglio prima di riepilogare i “Preferiti del mese” e di salutarci per le vacanze!


Nel corso del mese vi ho consigliato qualche lettura per l’estate di genere romance (a questo link) e per gli appassionati del giallo (qui).


La terza e ultima tranche di consigli per le vostre letture sotto l’ombrellone o tra i monti è di genere “storico e dintorni”. Ho pensato di raccontarvi due bellissime storie al femminile, che mi hanno molto colpito. Due romanzi in cui il coraggio ed il desiderio di cambiare vita, per se stessi ma anche per gli altri, sono assoluti protagonisti. Si tratta delle opere di due autrici che avete sicuramente già visto qualche volta su questi schermi.


Proviamo a rileggerle insieme!



La collana di cristallo, di Cristina Caboni


Juliet vive in America, nel nord-ovest, e si sente la pecora nera di tutta la sua famiglia. I suoi genitori ed i suoi fratelli sono tutti medici di successo, ma per lei quel campo di studi non è mai stata un’opzione: la sua personalità è creativa e le sue attitudini tutt’altro che scientifiche.


Inoltre, i suoi fratelli sono impegnati e stanno per mettere su famiglia, mentre Juliet non ha avuto successo con le sue storie d’amore e si sente sola.


Quel che è peggio è che nessuno della sua famiglia sembra volerla considerare un’adulta, anche se ormai ella lo è da anni: alcune sue grosse distrazioni passate, alcuni incidenti che avrebbero potuto essere evitati, alcuni episodi di isolamento e/o di incapacità di socializzare hanno reso Juliet, agli occhi di tutti, il componente della famiglia da “tenere sotto controllo”, perché non affidabile e fonte di guai. 

La nostra protagonista da tempo non crede più in se stessa, eppure… c’è ancora chi ha fiducia in lei. La sua governante, che ha cresciuto lei ed i suoi fratelli, ed è rimasta al servizio della famiglia per dare una mano con pulizie e cucina, la spinge ad inviare la sua candidatura per una prestigiosa scuola d’arte europea… e Juliet viene presa.


Non si tratta di una scuola qualunque: è un importante corso di lavorazione del vetro che si tiene a Murano, gestito da una delle più illustri famiglie tra quelle che conoscono quest’arte.


Juliet spera, anche solo per poco, che la sua famiglia sia felice della scelta fatta: si trova invece di fronte un muro di incredulità, diffidenza e soprattutto paura per lei e la sua incolumità. Genitori e fratelli le chiedono di non fuggire dall’America proprio ora che sembra aver costruito qualcosa, tra un piccolo appartamento in affitto ed un lavoro come segretaria. Juliet inizialmente tentenna; poi, nel momento in cui scopre che casa e lavoro non sono state delle sue conquiste ma il frutto di una macchinazione - per quanto in buona fede - di uno dei suoi fratelli, decide di seguire il cuore.


La governante, prima di partire, le affida una preziosa collana di cristallo che sembra fatta proprio a Murano ed è composta da pregiate perle, tutte diverse l’una dall’altra. Nell’augurarle buon viaggio, le dice che ella somiglia in tutto ad una donna che ha conosciuto.


Juliet non sa bene che cosa intenda la tata, ma parte. La prima giornata a Venezia è persino piacevole: poi, però, succede uno degli imprevedibili incidenti che ogni tanto le capitano. La borsa resta sul vaporetto, con tutto il suo prezioso contenuto, comprensivo di soldi, documenti e cellulare. A Juliet, sconvolta e spaventata, non resta che arrivare a Murano, sedersi di fronte alla scuola e chiedere aiuto, anche se mancano ancora diversi giorni all’inizio dei corsi. Fortunatamente a scuola c’è Marcus, il giovane direttore, che soccorre Juliet, la accompagna alla polizia per fare denuncia di smarrimento della borsa e la ospita gentilmente in una delle stanze private della scuola.


Poco tempo dopo, Juliet inizia con entusiasmo il suo corso. Gli ostacoli da superare non sono pochi: il padre di Marcus, Jacopo, co-direttore della scuola, è molto più severo del figlio e diffidente proprio nei suoi confronti; il maestro è gentile nei modi ma esigente quando si tratta di lavorare il vetro; i compagni di corso sono pochi e competitivi; le opere che avevano suscitato grandi lodi quando frequentava un percorso di lavorazione del vetro in America vengono inaspettatamente criticate qui.


Juliet però si sente sostenuta da una grande passione e non demorde. Inoltre ella un giorno trova, tra le mensole della sua stanza, una sorta di diario scritto a mano, contenente molti consigli sulla lavorazione del vetro. Sembra un lavoro di grande precisione, scritto da qualcuno che conosceva benissimo la materia.


Quello che Juliet non sa è che il diario è opera di una donna che apparteneva alla famiglia di Jacopo e Marcus. Una mitica antenata che ha imparato a lavorare il vetro in un tempo in cui alle donne era ancora proibito, che ha aperto con difficoltà la sua fornace, che ha dovuto proteggere i suoi genitori e salvare la famiglia dall’avidità di un fratello egoista e che ha dovuto anche soffrire ed aspettare per amore…



La collana di cristallo di Cristina Caboni è una delle ultime uscite dell’autrice e segue lo schema di altri suoi romanzi che ho letto, come Il sentiero dei profumi, La custode del miele e delle api, La rilegatrice di storie perdute. 

Anche in questo caso, la storia nel presente di una protagonista femminile si alterna a capitoli che indagano un mistero del passato. L’autrice, di volta in volta, sceglie un’arte: la creazione dei profumi, l’apicoltura, il restauro dei libri antichi.


Questa volta è il vetro di Murano ad essere protagonista. Personalmente ci sono stata solo una volta nel 2007 (tempo fa, lo so) e non posso proprio dimenticarlo. Venezia, Murano, Burano… l’atmosfera è davvero unica, quasi come se il tempo lì si fosse cristallizzato.


Anche questa volta, come negli altri volumi dell’autrice, c’è un po’ di realismo magico, perché i consigli contenuti nel diario sembrano quasi quelli di una fatina buona, che sa fare miracoli con il vetro. E mi sembra che in questo romanzo ci sia bisogno più che mai di un intervento benigno, perché Juliet non è soltanto una ragazza che deve riprendere in mano la sua vita dopo un periodo di confusione e difficoltà, ma è anche una persona che sospetta, in qualche modo, di essere diversa dalle altre. 

Questo tema non è approfondito, ma è facile intuire che Juliet potrebbe avere qualche disturbo dell’attenzione o dell’apprendimento. Questa sua divergenza la porta a sentirsi diversa dal resto della famiglia, che è rigorosa e dedicata agli studi scientifici; pagina dopo pagina, però, ella si renderà conto della bellezza e della preziosità di avere una mente creativa.


I romanzi di quest’autrice sono sempre una straordinaria coccola, e questo non fa eccezione! Scegliete voi cosa vi piace di più tra Parigi, l’entroterra sardo, Venezia… di sicuro non resterete delusi!



Come vento cucito alla terra


Londra, 1914. Cate, ragazza madre italiana che da tempo vive all’estero con la sua bambina Anna e la coppia di anziani stranieri che le ha adottate entrambe, è costretta ad affrontare tante ristrettezze economiche, ed il fatto che sia appena scoppiata la Prima Guerra Mondiale non aiuta.


Cate, però, è un’abile chirurga, ed il suo dono è diventato il suo lavoro e la sua salvezza per lei, sua figlia ed i suoi nuovi genitori. Perlopiù ella si occupa di ginecologia, assistendo puerpere in difficoltà e prostitute, ma non di rado le capita di ricucire anche dei visi, perché i maltrattamenti e gli sfregi nei confronti delle donne, nelle zone più povere di Londra, sono all’ordine del giorno o quasi.


Un giorno qualunque, mentre Cate sta ricucendo le carni dell’ennesima poveretta, scopre di avere due visite inaspettate. Si tratta di Flora Murray e Louisa Garrett Anderson, due conosciutissime, stimate ma anche discusse donne medico. Da mesi – da quando è scoppiato il conflitto – le dottoresse stanno cercando quasi disperatamente delle colleghe che possano partire con loro per la Francia, dove hanno in mente di costruire un ospedale da campo. Le trincee sul continente sono moltissime, i soldati inglesi sono a migliaia, e c’è un disperato bisogno non solo di infermiere, ma anche di donne medico che possano offrire assistenza continuativa (gli uomini sono a loro volta arruolati, costretti a seguire i soldati ed a rischiare la vita).


Cate non sa che cosa fare: non può lasciare la piccola Anna per dei mesi, ma un ingaggio del genere potrebbe risolvere i problemi economici di tutta la sua famiglia. Alla fine, convinta dai suoi genitori adottivi, parte.


La situazione che le chirurghe si trovano di fronte non è delle migliori: in teoria esse hanno a disposizione uno dei migliori alberghi della città, in pratica l’edificio è stato abbandonato, depredato dei mobili più belli e persino privato di acqua ed altre comodità nel momento in cui è scoppiato il conflitto. Inoltre, i soldati iniziano ben presto ad arrivare a migliaia.



Poco lontano da dove Cate, Flora, Louisa e le altre si improvvisano chirurghe a tutto tondo dopo una vita passata a fare operazioni di ginecologia, la guerra infuria. 

Alexander, un giovane capitano inglese, è in una posizione delicata: da una parte ci sono i suoi sottoposti, ragazzi che ormai sono diventati i suoi unici amici, e che egli cerca di proteggere; dall’altra ci sono i suoi superiori, rigidi e spesso crudeli, che non esitano a fucilare chi ha anche solo un momento di debolezza e paura, ed a minacciare anche lui. 

Inoltre, egli non sa con chi sfogarsi, perché sia il padre militare che la fidanzata a casa sono orgogliosi di lui e lo considerano un eroe, e non immaginano l’orrore delle trincee.


Sfortunatamente, un giorno, è proprio Alexander a cadere nella trappola dei nemici. Ed a trovare lui ed i suoi amici è proprio Cate, che ha dovuto sostituire una collega malata, quella che di solito si occupa del recupero degli infortunati sul campo.

È un incontro che cambierà le vite di entrambi…



Ilaria Tuti è conosciuta soprattutto per la serie thriller che ha per protagonista Teresa Battaglia, serie che vi ho raccontato più di una volta nel corso degli ultimi anni. L’anno scorso, però, avevo già letto un suo stand-alone, Fiore di roccia (a questo link trovate la recensione), che aveva per protagoniste le portatrici carniche, donne che risalivano i monti con una gerla colma di provviste – e spesso anche di armamenti – per i soldati, spesso loro mariti o parenti, che stavano combattendo sulle montagne.


Come l’altro romanzo, anche questo è ambientato circa cento anni fa, proprio all’inizio dello scoppio della Prima Guerra Mondiale. Non nego che il mio primo pensiero, leggendo questo romanzo, è stato: ma se la situazione era già così drammatica nel 1914, come ha potuto pensare, l’Italia, nel 1915, che prendere parte ad un massacro del genere sarebbe stata una buona idea? Ma sapete meglio di me – visto il periodo che stiamo vivendo – che a volte la sete di sangue dell’uomo ha la meglio su tutto…


La storia, a differenza di quel che pensavo, non è ambientata interamente in Francia, ma testimonia le gesta – vere e documentate – delle prime donne chirurgo, in tutte le loro tappe: prima la sistemazione più stanziale a Parigi, poi il trasferimento in un ospedale da campo nella campagna francese, infine il ritorno a Londra e la cura dei mutilati. 

Per la prima volta nella storia europea essi non sono stati assistiti soltanto da un punto di vista fisico, ma anche mentalmente, con l’aiuto di personale non medico che, in modo del tutto volontario, ha insegnato loro il ricamo, arte che all’inizio è stata rifiutata perché “non virile”, ma che ha permesso loro di trascorrere con meno tristezza e pena le lunghe ore in ospedale.


Non solo un romanzo storico, non solo una storia di coraggio di donne che hanno cambiato la loro vita e quella di tanti altri: c’è spazio anche per l’amore. L’incontro tra Cate e Alexander, senza la tragedia in cui entrambi si sono ritrovati coinvolti, non sarebbe mai avvenuto, soprattutto per motivi di classe sociale: eppure c’è stato, come un fiore in mezzo alla tormenta.


Ilaria Tuti si conferma un’autrice che mi sorprende e mi emoziona: se non siete ancora sicuri di volervi cimentare con una serie, vi consiglio questo romanzo!




Sono stata molto indecisa sull’inserimento o meno di questi due libri nei “Preferiti del mese”. Però, visto che per mia fortuna questi mesi caldi del 2025 mi stanno portando in dono tante letture valide ed ho già fatto le mie scelte sia per i preferiti di luglio che pubblicherò giovedì sia anche – forse – per i preferiti di agosto, ho pensato che questi due romanzi fossero abbinati bene in un unico post a tema “coraggio delle donne”.

Fatemi sapere che ne pensate, se avete letto questi romanzi o conoscete queste autrici.

Grazie per la lettura, al prossimo post :-)


giovedì 24 luglio 2025

DUE COMMEDIE PER L'ESTATE

 "Follemente" e "Fatti vedere"




Cari lettori,

in occasione dell’estate ho pensato di fare un post per i nostri “Consigli cinematografici”!


In giugno ho visto due commedie su Disney Plus, Follemente e Fatti vedere, ed ho pensato che potesse essere interessante parlarne insieme. Ho notato che il cinema italiano, solitamente un po’ tradizionalista in materia d’amore, ha iniziato a parlare un linguaggio nuovo, così sarei curiosa di sapere che cosa ne pensate voi.

Vediamo insieme di che cosa si tratta!



Follemente


La storia ha inizio a casa di Lara, la protagonista femminile di questa storia. Pochi giorni prima, delusa dall’ennesima storia senza futuro con un uomo già impegnato, ella si è ritrovata in un bar, e lì ha conosciuto Pietro.


Proprio quella sera, Pietro verrà a casa sua, così che i due si possano conoscere meglio.


Entrambi hanno molta voglia di rimettersi in gioco e portano con sé un pacchetto piuttosto impegnativo di delusioni. 

Lara, che ha trentacinque anni e gestisce un suo negozio di restauro di mobili, è tanto contenta del suo lavoro quanto delusa dalla crescente solitudine, tra incontri con uomini inaffidabili ed amiche che restano incinte e, prese dalla maternità, non hanno più tempo e modo di divertirsi con lei come una volta. 

Pietro, invece, ha quasi cinquant’anni, è un professore di storia e filosofia di liceo che avrebbe tanto voluto raggiungere la carriera universitaria ma non ha potuto, ha appena superato il divorzio con fatica ed ha una figlia da gestire come genitore separato.


Quello che entrambi non sanno è che nella loro testa c’è un mondo fatto di personaggi che anch’essi, a modo loro, si stanno preparando al fatidico appuntamento. Nella mente di Lara, che ha l’aspetto di una delle stanze del suo appartamento, ci sono la romantica Giulietta, la decisa e femminista Alfa, la seducente Trilli e la stramba Scheggia. In quella di Pietro, un salotto ben più tradizionale con un ingombrante archivio, ci sono Romeo, corrispettivo di Giulietta, il severo Professore, il rassegnato e cinico Valium e l’allegro e sregolato Eros.


Minuto dopo minuto, mentre Pietro e Lara si conoscono meglio e si confrontano, attraversando ogni fase dell’appuntamento – l’imbarazzo iniziale, i reciproci passati, storie di realtà quotidiana, insicurezze che rischiano di mandare a monte la serata e molto altro – anche nei due “appartamenti mentali” succede di tutto: ogni personaggio si scontra con gli altri in modo anche piuttosto acceso e passa dall’illusione di un possibile nuovo capitolo alle inevitabili battute d’arresto.


Se son rose fioriranno?



Follemente è stato presentato come la versione in età adulta di Inside Out (a questo link la mia recensione del secondo film), e sì, l’idea e la struttura di questa commedia richiamano il celeberrimo cartone animato, anche per me è stato più facile associare le Emozioni protagoniste ai personaggi maschili (Romeo è un fan sfegatato della Gioia, il Professore si porta dietro un carico di Tristezza, Eros ha degli scatti di Rabbia, Valium alterna il Disgusto alla Paura). Quanto alle Emozioni femminili, a me è tornato in mente un altro classico della commedia, Sex and the City: vi sfido a riconoscere gli equivalenti italiani della tradizionalista Charlotte, dell'intransigente Miranda, dell’imprevedibile Carrie e dell’anticonformista Samantha.


Questo film indaga il mondo delle relazioni odierne e mi sembra di aver colto più di uno spunto di critica. In circa due ore di pellicola si cerca di raccontare il “dating” odierno, tra app di incontri e conoscenze alla vecchia maniera (come, appunto, in un bar). 

Lara e Pietro incarnano tanti “falsi miti” che spesso condizionano, rispettivamente, i trentenni ed i cinquantenni: dalla paura di essere “in ritardo” quando tutte le amiche sono incinte al timore di aver perso tutto (e sprecato tanto tempo) con il divorzio; il senso di solitudine che spinge le persone a considerare sei mesi di solitudine come un lasso di tempo eccessivo ed a cercare appuntamenti un po’ ovunque; la carriera scartata vent’anni prima che diventa un rimpianto e l’ostinazione nel mettersi in proprio perché essere dipendenti non dà più le garanzie di una volta.


Credo però che la critica principale vada cercata nel motivo per cui tutte le Emozioni, sia maschili che femminili, sono in estrema agitazione, come se la serata fosse molto più di quel che in effetti è. 

Personalmente io vi ho letto la conferma di quello che spesso ho pensato: è un po’ fuorviante dire che il mondo del dating tra single è fatto di “casi umani”. Tutti noi, potenzialmente, anche se siamo brave persone, potremmo essere i casi umani di qualcun altro. 

È che secondo me, quando si dà un appuntamento a uno sconosciuto o quasi, si ha una pretesa impossibile. Viste le premesse, è già tanto se la persona che ci troviamo davanti non è un ladro o un truffatore ci è affine e simpatica in amicizia. Come possiamo pretendere che ci sia subito intesa, che in brevissimo tempo possa diventare una delle persone più importanti della nostra vita? Anche statisticamente, è l’equivalente di un miracolo.


Insomma, il mio parere in merito, se vi interessa, è presto detto, e usando il linguaggio dei tropes romance, che su questi schermi mastichiamo abbastanza: nei romanzi sono tanto belli gli instant love, gli enemies to lovers, gli strangers to lovers, ma nella vita è difficilissimo. Funzionano molto meglio i friends to lovers, gli academic/office romance, al limite i best friend’s brother. Perché conoscersi è la chiave.


Però un conto è il mio parere, un altro il film. Quindi fatemi sapere che ne pensate!



Fatti vedere


Sandra Scuteri è una ragazza che ha appena concluso i lunghi studi in Psicologia e sta per affrontare un importante colloquio di lavoro per la piattaforma online “Fatti vedere”. Se entrerà a far parte del prestigioso studio, ella potrà finalmente coronare il suo sogno di sposarsi con Stefano, fidanzato decennale con il quale convive da anni.


Fortunatamente il colloquio, nonostante un po’ di agitazione e qualche imprevisto, va bene, così Sandra torna a casa di corsa e felice, convinta che Stefano le farà la proposta di matrimonio la sera stessa. La attende però una bruttissima sorpresa: il suo fidanzato sta facendo le valigie praticamente di nascosto e, una volta colto sul fatto, la lascia e se ne va di casa, senza nessuna spiegazione.


Sandra crolla nello sconforto più totale, e non la aiuta il fatto che la sua amica del cuore Benedetta, l’opposto di lei in tutto, abbia ricevuto la proposta di matrimonio da un fidanzato con cui sta da poco ed abbia anche bisogno di lei per i preparativi.


Che la nostra protagonista sia pronta o no, però, il primo giorno di lavoro per “Fatti vedere” arriva. Sandra si collega da casa ed ha subito una strana sorpresa: per un bug del sistema, il suo account è stato associato a quello della dottoressa Robbiati, un’anziana collega con la quale condivide il nome di battesimo, ed i pazienti vedono sullo schermo l’icona di quest’ultima invece che quella che ha scelto Sandra.


Con i primi due pazienti basta accendere la fotocamera e chiarire l’equivoco perché si svolga la seduta. Il terzo, però, è proprio Stefano. Sandra spegne la fotocamera, finge di avere una voce roca da persona anziana e cerca – in modo per niente ortodosso – di carpire informazioni all’ex fidanzato. Stefano, però, è molto reticente e chiuso in se stesso, ed inizia a rispolverare i suoi ricordi partendo dall’infanzia. Alla fine della seduta, inoltre, egli dichiara di trovarsi molto bene con la “dottoressa Robbiati”, ma di preferire un incontro con la telecamera accesa a partire dalla prossima volta, perché senza è “troppo impersonale”.


Come uscire da questo impiccio? Sandra sarebbe ancora in tempo per confessare la scorrettezza e chiedere scusa, ma il desiderio di saperne di più sull’uomo che l’ha abbandonata da un giorno all’altro la spinge a non ragionare più lucidamente. 

Così ella decide di chiedere aiuto a Marco, un detective privato conosciuto quasi per caso, durante le sue passeggiate notturne. Il ragazzo è un po’ scarso con gli appostamenti – l’aveva scambiata per una certa Ginevra – ma molto bravo con i travestimenti e le maschere in stile Diabolik. Perché non rivolgersi a lui per diventare, anche solo per un’ora a settimana, la “dottoressa Robbiati”?



Fatti vedere è una storia molto divertente, che però spinge anche ad una riflessione. Sandra, la protagonista, è una giovane donna molto determinata, alla quale sono sempre bastati impegno e senso del dovere – due qualità che comunque sono ingiustamente sottovalutate – per portare a termine gli studi e tenere in piedi una relazione dove ormai era l’abitudine, più che l’amore, a fare la parte del leone.


Per questo motivo, però, ella commette anche degli errori di valutazione: attribuisce fin troppa importanza ad un singolo colloquio di lavoro (tutti i miei coetanei, e non solo, sanno bene che non sempre si rivela occasione di un “cambio vita” vantaggioso da prendere al volo, anzi), incastra la sua amica in una specie di ruolo predefinito – la casinista della situazione – senza fermarsi ad ascoltarla davvero, non si rende conto del fatto che Stefano, la persona che dovrebbe conoscere meglio, non ha alcuna intenzione di sposarla, anzi.


Il “travestimento” che mette in atto, per quanto scorretto e non professionale, è una rivoluzione nella sua vita: per la prima volta, ella si gioca il tutto e per tutto in nome della verità. E così facendo si “fa vedere”, accettando di essere stata cieca in alcuni momenti della sua vita, troppo egoista in altri. Ma comprendendo anche di dover prendere in mano il suo futuro, senza continuare ad essere una semplice comparsa che deve aderire a tutti gli standard.


Credo che questa pellicola vi sorprenderà!




Spero di avervi consigliato due bei film per le sere d’estate!

Fatemi sapere se li avete visti e che cosa ne pensate, oppure se non li avete ancora visti e quale vi incuriosisce di più.

Grazie per la lettura, al prossimo post :-)