giovedì 30 novembre 2017

LA DONNA SCONFITTA

Un'analisi di "Eveline" di James Joyce




Le donne della letteratura e la figura paterna #5



Cari lettori,
per la nostra rubrica “Donne straordinarie”, oggi ci occupiamo di una figura sofferta e difficile che non riesce a coronare i suoi sogni: la protagonista del racconto Eveline, una delle tante storie che James Joyce inserito nella sua raccolta Dubliners.

Eveline, una ragazza di 19 anni che vive a Dublino, è stufa della sua vita e di tutto quello che lo circonda. Non riesce a fare niente se non rimanere immobile, riflettere, immaginare. È un momento molto importante per lei: deve prendere un’importante decisione, perché un uomo che lei ama, Frank, le ha chiesto di andare con lui a Buenos Aires e di sposarlo.

Si tratterebbe sicuramente di una bella proposta, se Eveline non avesse un grave problema: la sua famiglia. Ella sente soprattutto di non poter lasciare suo padre: è sempre ubriaco, non torna mai a casa, è violento, picchia i suoi fratelli e la minaccia.

Nonostante egli non sia il genere di padre che ogni figlia vorrebbe avere, Eveline non è capace di lasciarlo solo ed a volte sente che non può sopportare la sola idea di abbandonarlo. Inoltre, sua madre è morta molti anni prima chiedendole di occuparsi della sua famiglia e di non lasciare mai la casa. Eveline vorrebbe andare via, perché è spaventata dall’idea di diventare come sua madre, che è diventata pazza ed è morta a causa delle numerose violenze perpetrate dal padre.

In questo senso, noi capiamo che la scelta migliore per lei sarebbe probabilmente andare via con Frank e farsi una propria famiglia. Nonostante il buon senso suggerisca facilmente questa scelta, Eveline si rivela incapace di lasciare Dublino, la sua casa, il suo passato: non riesce nemmeno a prendere la barca, e, mentre Frank va via, ella rimane immobile alla stazione, incapace perfino di muovere gli occhi. 

Ci potrebbero essere molte ragioni per un comportamento del genere, la più probabile delle quali è l’importantissimo collegamento tra Eveline e la sua famiglia, specialmente il padre.: ella vi è così attaccata da essere incapace di scegliere la sua vita futura. Perché la nostra protagonista finisce per essere sconfitta da se stessa e dalle sue paure?



Perché continua a provare un invisibile affetto per il padre



Dovremmo innanzitutto considerare che Eveline, essendo una giovane ragazza, dipende strettamente dalla sua famiglia: sarà così facile capire come suo padre, essendo tutto ciò che rimane dei suoi genitori, sia così importante per lei. In effetti, ella non lo giudica così male; ella, invece, prova in ogni modo a giustificarlo, a trovare una motivazione per il suo comportamento.

Si convince infatti che egli non è così crudele, così violento come sembra, e questo perché non ha mai attaccato lei, ma “solo” sua madre ed i suoi fratelli. Tutto ciò, ovviamente, non ha un senso logico o razionale, perché è un dato di fatto che Eveline soffra molto per l’atteggiamento del padre, che comunque utilizza contro di lei un’accanita violenza verbale.

L’affetto che lei prova per il padre ci sembra sempre più difficile da capire, ma forse, dal punto di vista puramente narrativo, si possono trovare delle motivazioni di fondo.

Innanzitutto, dobbiamo ricordarci che Joyce è stato molto influenzato dalle teorie di Freud e che in questa storia egli espone, a suo modo, il complesso di Edipo, che ha a che fare con lo stretto legame che può intercorrere tra madre e figlio, o, in questo caso, tra padre e figlia. Questo complesso crea una sorta di dipendenza tra le due figure, che si ritrovano davvero incapaci di restare l’una senza l’altra. In questa storia, essa diventa quasi una patologia, perché impedirà una serena crescita di Eveline.

Il padre fa di tutto per tenerla in casa (probabilmente più come una serva che come una figlia), litiga con Frank e non fa davvero nulla per cambiare le proprie abitudini.
Tuttavia Eveline, a sua volta, non si oppone mai realmente a lui: non la troveremo mai discutere o anche solo parlare di qualcosa di serio con suo padre, come fa ogni ragazza. È completamente passiva e dipendente, e questo è quello che la distrugge.



Perché la sua difficile ricerca dell’indipendenza incontra molti ostacoli




Indipendenza” è una parola che sembra spaventare gli abitanti di Dublino più di chiunque altro. Questo avviene probabilmente perché essi, secondo Joyce, hanno paura dei cambiamenti, sentono sempre che il futuro sarà sempre peggio del passato ed hanno paura di lasciare andare qualunque cosa, persino quello che odiano o dal quale desiderano liberarsi.


Questo è esattamente quello che pensa Eveline quando pensa alla probabile fuga con Frank: la sua vita è stata difficile e dura, e forse ella ha anche desiderato una simile proposta; d’altra parte, non si sente sicura di stare facendo la scelta giusta.
Ella si accorge che, dopotutto, questa è stata la sua vita, ed è tutto quello che ha di certo: ora sta per iniziare una nuova avventura, a proposito della quale nessuno è in grado di dirle se sarà migliore o peggiore del suo passato.


Spesso, nel racconto, ella nomina la sua infanzia, con toni affettuosi e nostalgici.
Gli anni in cui Eveline è stata bambina vengono idealizzati nella sua mente.
Si tratta, com’è ovvio, del tipico atteggiamento dei giovanissimi che stanno per lasciare casa e diventare adulti.
Noi lettori percepiamo che non è stato poi un periodo così bello e felice, perché suo padre era comunque violento, ma lei lo considera tale.
Il suo più grande desiderio, all’inizio del racconto, è probabilmente quello di tornare bambina, per non dover scegliere se restare o andare via.

Ancora una volta, troviamo un tipico atteggiamento di chi soffre del complesso di Edipo: il desiderio, da parte di una figlia, di vedere ancora suo padre con gli occhi di una bambina, con innocenza, senza sapere che genere di persona egli sia veramente.

Questo è il motivo per cui capiamo che Eveline non sarà realmente in grado di seguire Frank: è così che la sua ricerca dell’indipendenza si conclude con un fallimento.



Perché non risolve il conflitto dentro di sé tra l’amore per Frank ed il dovere nei confronti della famiglia



Frank è un uomo che offre ad Eveline la possibilità di una nuova vita con lui, come sua moglie, a Buenos Aires. Se ci concentriamo sulla scelta che l’autore ha fatto quando gli ha dato questo nome, una cosa che non è mai senza significato nello stile di Joyce, capiamo subito che la sua proposta è sincera e che non c’è alcun motivo di dubitare di lui: tutto, nella sua persona, fa pensare ad onestà e sincerità.
Eveline, però, solo in apparenza si fida di lui: molto spesso, al contrario, tenta di convincersene.
Come già detto, ella prova un forte senso di colpa nei confronti della madre e, di conseguenza, di tutta la famiglia, a causa della promessa che sta per infrangere.

In definitiva, possiamo considerare la vicenda trattata da tre punti di vista: il padre di Eveline, Frank e la nostra protagonista.
Il primo, come già detto, non ha alcuna simpatia per il ragazzo e tenta il più possibile di tenere la figlia a casa.
Frank, dal canto suo, non dà alcuna importanza alla famiglia della ragazza, ma la ama per quello che è. Egli è probabilmente l’unica persona che ama Eveline, e non la sua immagine di serva di famiglia, figlia, lavoratrice, ecc., che le altre persone vedono in lei.
Dovremmo infine considerare il punto di vista di Eveline, che è ancora più complesso, perché la ragazza sembra divisa tra due punti di vista: da una parte il padre, che rappresenta la sua infanzia e la sua vita finora, e Frank dall’altra, che è la promessa del futuro e di una nuova vita adulta.

A differenza di Nora di "Casa di bambola", che comprende che sia il padre che il marito l’hanno trattata allo stesso modo e decide di abbandonarli entrambi per poter vivere per conto proprio, Eveline deve scegliere tra due uomini diversi, che le offrono due vite differenti.



Perché la sua paralisi finale è dovuta al suo eccessivo attaccamento



L’ultima parte del racconto ci presenta Eveline e Frank in stazione, apparentemente decisi a partire entrambi per Buenos Aires. La nostra protagonista, tuttavia, è terrorizzata: non fa che pensare al proprio dovere, alla sua famiglia, a ciò che sta per lasciarsi alle spalle.

È per questo motivo che, alla fine della storia, ella è persino incapace di muoversi, e lascia che Frank parta senza di lei.

Eveline, come all’inizio della storia, è immobile: riesce solo a pensare, e di certo non in modo logico e razionale. È per quello che nessuno di noi lettori può affermare che ella effettivamente scelga: ella ha così paura di una sua decisione che non riesce a fare nulla.




Questo post conclude un ciclo di cinque episodi all’interno della rubrica “Donne straordinarie”, iniziato, come già detto, con Nora di Casa di bambola e proseguito con Micol, la protagonista della tragedia Saul, e con le due figlie di Agamennone, Ifigenia ed Elettra.

Si tratta di cinque capitoli di un’indagine sul rapporto tra padre e figlia nella letteratura. Ho voluto dare spazio a questa tematica perché penso che sia fondamentale per la crescita di una giovane donna, e le eroine di cui abbiamo parlato lo dimostrano.


Eveline presenta una visione estremamente pessimista della relazione tra padre e figlia, persino peggiore delle opere in cui una di queste due persone muore. In effetti, Ifigenia sceglie di immolarsi per il bene di suo padre, ma lo fa per delle profonde motivazioni, dopo aver riflettuto; potremmo dire la stessa cosa per Elettra, che sceglie deliberatamente di trascorrere la sua vita ad onorare la memoria del padre morto.
Micol e Nora, dal canto loro, dopo la morte dei loro padri, decidono di costruirsi, a modo loro, una nuova vita. Per Eveline, invece, la morte è spirituale: il sacrificio è, in un certo senso, forzato, perché non può fare nient’altro; la sua paralisi finale lascia aperte alcune importanti questioni su come si sia sviluppato il rapporto padre/figlia nel XX secolo ed oltre.


Vi ringrazio molto per aver letto questo lungo post (e gli altri di questo ciclo). Sono ancora indecisa su come strutturare questa rubrica prossimamente.

Potrei tornare ad occuparmi di scrittrici che amo, come ho fatto con Sveva Casati ModignaniElena Ferrante ed  Oriana Fallaci.

Potrei indagare nuovamente i rapporti familiari, stavolta riferendomi ad opere contemporanee.

Potrei, infine, iniziare un ciclo completamente nuovo. Io sarei orientata verso quest'ultima ipotesi, ed avrei già un'idea per il 2018, magari con cadenza mensile o bimestrale...ma vi farò sapere più in là, e poi mi interessa il vostro parere!

Ogni consiglio in questo senso è ovviamente ben accetto!
Al prossimo post

16 commenti :

  1. Mi piace questo genere di post, temo di non conoscere purtroppo quella di cui parli oggi ma mi hai incuriosita molto quindi spero che continuerai su questa tipologia di post. Ovviamente però sono curiosa di sapere le novità che hai in mente

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    1. Ciao Susy! Lo stile e le tematiche di James Joyce non sono facili da sintetizzare in un unico racconto, ma non è escluso che in futuro non ne riparli. Per ora avevo in mente di occuparmi di qualche altro personaggio femminile della letteratura, ma secondo un'altra chiave di lettura. Credo che riprenderò la rubrica dopo le feste perché per Dicembre ho alcuni progetti...che scoprirete da lunedì!

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  2. Ciao Silvia, davvero molto interessante questo post: ricordo di aver studiato la figura di Eveline al liceo e avevo trovato la sua personalità degna di essere approfondita. Mi è piaciuto molto questo tuo ciclo di post e sono curiosa di leggere il tuo nuovo ciclo "al femminile" :-)

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    1. Ciao!! Sicuramente abbiamo studiato tutti Joyce al liceo, è un cavallo di battaglia delle prof di inglese :-)
      Spero che anche il mio nuovo ciclo di piacerà...presto prenderà forma!

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  3. Ho studiato ed in parte analizzato la raccolta "Dubliners" di Joyce in quinta superiore; abbiamo letto e trattato della figura di Eveline ma, il modo in cui l'hai approfondita tu mi è parso molto più completo ed interessante! L'importanza della scelta dei nomi per Joyce mi ha molto intrigata e, con sincerità, ti dico che non vi avevo fatto. Eveline è enigmatica e struggente: la visione che ha del mondo è filtrata da due figure maschili opposte, ma c'è molto di più ...

    Davvero complimenti Silvia, questa rubrica è un arricchimento continuo! La promuoverò molto volentieri in una delle prossime recensioni sul mio blog!

    Per quanto riguarda il ciclo del 2018, ritengo possa essere interessante indagare la figura della donna nell'arte come soggetto e come artista.

    Spero che il mio suggerimento possa esserti utile <3
    Un abbraccio,
    Erica.

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    1. Ciao Erica! Sono contenta che la mia analisi di "Eveline" ti sia piaciuta! Ci sono altri racconti di Joyce che mi interessano, ma forse ne parlerò un'altra volta.

      La tua idea mi sembra proprio bella, sia per questa rubrica che, magari, per i "Consigli artistici"! A presto :-)

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  4. Ciao Silvia, hai fatto veramente un'ottima analisi di Eveline!
    Leggendo gli altri commenti vedo che un po' tutti abbiamo studiato questa figura al liceo, ma non allo stesso livello in cui lo hai fatto tu.
    Analizzare le incertezze di Eveline aiuta a comprendere i nostri dubbi, ad esempio perché è difficile lasciare la casa dei nostri genitori nonostante la "nuova vita" che ci attende la immaginiamo e desideriamo da anni.

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    1. Ciao Alessandra! Ti confesso che Eveline era parte della mia tesina al liceo, insieme ad altri personaggi di questa rubrica :-)
      Non è facile decidere di "uscire di casa", ma io credo che, ad un certo punto, sia proprio la storia della nostra famiglia a darci una spinta. Per me è stato così :-) Purtroppo Eveline è il simbolo di tante famiglie all'interno delle quali c'è una dipendenza malsana. In una situazione normale e sana il momento giunge!

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  5. Carissima Silvia, scusa se ti do del tu, ma con tutti quelli che si sono messi come lettori fissi io li considero amici, per questo mi sono pure io come lettore fisso da te, sai ci ho messo del tempo per cercare il tuo blog, ora sono qui per ringraziarti e un po presentarmi, come avrai visto sono un vecchietto che cerca di stare con i più giovani per sentirmi in forma e conservare la mia mente chiara per seguire tutti i miei lettori.
    Vorrei farti notare che se vuoi conoscermi meglio potresti scaricare il mio libro che è alla destra del mio blog, li potrai conoscere tutta la mia vita e il periodo della seconda guerra mondiale, mi scuso se la punteggiatura non è corretta ma sai con la mia quinta elementare fatta alle scuole serali alla mia età di 20 anni, scusami se il mio commento è lungo ma volevo che mi conoscessi meglio, ti aspetto nel mio blog per un tuo commento.
    Ciao e buon fine settimana con un forte abbraccio e un sorriso:-)
    Tomaso

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    1. Ciao Tomaso! Ho sentito molto parlare del tuo blog, così sono andata a dare un'occhiata! Complimenti per la tua voglia di raccontare e per l'originalità dei tuoi post! Sono molto contenta che tu mi segua, buon fine settimana anche a te :-)

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  6. Ciao Silvia ma che bella rubrica! Complimenti! Personalmente amo i classici e leggere post diversi dal solito è confortante, siamo sempre circondati dalle tante uscite che fare un passo indietro e soffermarci un attimo su chi ha fatto la storia è meraviglioso. Non conoscevo questa donna ma ora dalle tue parole posso dire di essermi arricchita letteralmente! Un bacio

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    1. Ciao! Sono contenta che questa rubrica ti piaccia :-) Io non sempre riesco a stare dietro a tutte le nuove uscite, per mille motivi. Spesso, per studi e per interesse, mi piace fare delle incursioni nel mondo classico e/o letterario. Sono contenta che tu lo trovi originale!

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  7. Ciao Silvia! Come un po' tutti ho studiato Dubliners ed in particolar modo questo racconto al liceo, ma non mi ha mai comunicato molto... neanche quando più tardi ho letto la raccolta per intero e senza limiti scolastici. Non ne serbo quasi il minimo ricordo, il che accade molto raramente, ossia quando un libro non mi dice proprio niente. Non vedo l'ora di leggere qualcos'altro di Joyce, perché sono sicura che è un autore che potrei apprezzare molto!

    Leggere il tuo post è stato interessante ed ha riportato alla luce questa figura tanto studiata della letteratura inglese alla quale io non ho saputo dare - e capire - la giusta importanza. Mi hai arricchita di un tassello mancante, perciò ti ringrazio :)

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    1. Ciao Julia! Io preferisco i Dubliners ad altre opere di Joyce, che trovo di difficile lettura. Di sicuro neanche questi racconti sono così facili...secondo me si fanno apprezzare con il tempo. Sono comunque contenta che il post ti sia piaciuto :-)

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  8. Ciao Silvia, ti ho invitata a questo link party: http://lacollezionistadiparole.blogspot.it/2017/11/christmas-link-party.html. Spero ti faccia piacere, a presto! :)

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