domenica 29 gennaio 2017

APPUNTAMENTO A TEATRO CON CAMILLERI

"Il casellante" va in scena al Carcano

 

 
Cari lettori,
primo appuntamento del 2017 con la rubrica “Consigli teatrali”! Oggi vi parlo di uno spettacolo ancora in scena al Teatro Carcano di Milano, tratto da un romanzo di Andrea Camilleri, Il casellante.

La rappresentazione ha visto la collaborazione del Maestro con Giuseppe di Pasquale e vede comparire sulla scena un trio composto da Moni Ovadia, Valeria Contadino e Mario Incudine, attorniato da altri attori e musicisti.

I punti di forza di questo spettacolo irriverente e struggente potrebbero essere molti. Vediamo insieme quali…



La storia raccontata



Siamo nella Sicilia degli anni ’40. Nino, casellante di Vigata, vive un’esistenza serena con la moglie Minica, anche se entrambi sono preoccupati perché i figli sembrano non arrivare.
Su insistenza del marito, Minica accetta di incontrare donna Ciccina, una sorta di “santona” del paese, e, come per miracolo, poco tempo dopo resta incinta.

Molti ostacoli, tuttavia, sembrano sbarrare la strada alla coppia: la mafia locale, capeggiata da Don Simone; i gerarchi fascisti in forza a Vigata, che guardano con diffidenza alla passione di Nino e dell’amico Totò per la musica; la guerra che, pur se sullo sfondo, non manca di farsi sentire.
Nino e Minica sembrano aver trovato un nuovo amico in Michele, casellante provvisorio proveniente da un paese lontano, ma non tutto è come sembra…


Ammetto di essere rimasta stupita dalla storia raccontata da Camilleri. Il casellante è uno dei pochi suoi libri che non ho letto e, conoscendo l’autore, mi sarei aspettata che fattori come la mafia ed il contesto storico/politico si rivelassero determinanti per la risoluzione della vicenda. 
Questa volta, invece, il Maestro sceglie di dare una posizione subalterna a queste tematiche e di presentarci un dramma privato, profondo ed intenso. Allo spettatore non resta da fare altro che mettersi comodo ed assistere a questo incredibile racconto.



Gli attori



Mario Incudine dà vita a Nino, il casellante, persona semplice che spesso, nel corso della rappresentazione, viene travolta da eventi più grandi di lui. La sua spontaneità non manca di fare sorridere ed anche ridere lo spettatore, specie nelle scene in coppia con l’amico Totò.

L’applauditissima Valeria Contadino è invece Minica, moglie di Nino divorata dal desiderio, spesso frustrato, di essere madre. Ella rappresenta tutte le donne che si ritrovano ad essere vittime delle disgrazie e della violenza dell’uomo, con la loro rabbia e la loro disperazione. Minica, infatti, nonostante il suo innegabile buon cuore, continua a chiedersi che cos’abbia mai fatto di male per essere così disperata.

Insieme alla giovane coppia ci sono altri tre giovani attori e musicisti che interpretano ruoli secondari ed accompagnano la narrazione con i loro strumenti ed un attore più maturo che interpreta il doppio ruolo di Don Simone e del Maresciallo dei Carabinieri.

Direttore d’orchestra” di tutto il racconto è Moni Ovadia, che di volta in volta si trasforma in Don Amedeo (il barbiere), in un Cavaliere fascista, nella divertentissima Donna Ciccina, ma è, in sostanza, la voce narrante (e cantante) della vicenda.


Andrea Camilleri è noto per scegliere sempre ottimi attori quando un suo romanzo arriva in teatro o in tv, ed anche stavolta non delude. Ciascuno degli interpreti di questo spettacolo, a mio parere, offre una sua personale e straordinaria prova d’attore.



La musica ed il linguaggio



Il casellante è un racconto in musica. Molte sono le canzoni suonate sul palcoscenico, mai a caso, in modo tale che diventino parte integrante della rappresentazione. 
 
Una menzione speciale va fatta alla scena in cui Nino e Totò, su richiesta di Don Simone, cantano un’originalissima “serenata” ad un rivale del mafioso, appena tornato dal viaggio di nozze, accusandolo di avere le corna. Impossibile non ridere!


Per quanto riguarda, invece, la parte non musicale della rappresentazione, il linguaggio scelto è quello tipico di Camilleri, un misto di italiano e di dialetto siciliano che i suoi lettori conoscono già bene.
Non si scoraggino, però, quanti si accostano alla rappresentazione senza conoscere questo o altri romanzi dell’autore: il fatto che alla parola si accompagni la recitazione aiuterà molto la comprensione, senza contare che l’anima siciliana della rappresentazione è affidata principalmente a Minica.



Il messaggio



Il casellante è una favola metaforica che gioca molto sull’idea di vita e di morte. 
 
Nino rischia più volte di morire (anche solo prendendosi una schioppettata dopo la “serenata al cornuto”), ma incontra davvero la morte solo quando la disgrazia colpisce ciò che ha di più caro.

Minica lotta, per tutta la durata dello spettacolo, per il suo diritto alla vita, per quello del marito e del suo bambino.

I due, inoltre, vivono in un’epoca in cui bombe e rastrellamenti rendono sempre più difficile anche solo tenersi in vita.

Ciò nonostante, secondo Camilleri e la sua voce narrante, l’esistenza umana può sempre sorprendere e la vita può rifiorire in modi che nessuno potrebbe mai prevedere.




Lo spettacolo resterà in scena al Teatro Carcano di Milano fino a domenica 5 febbraio! È prevista una tournée in altri teatri d’Italia, anche se è ancora in fase di definizione. Se sono riuscita ad interessarvi ed incuriosirvi, vi consiglio di tenervi informati!
Avete già visto lo spettacolo a Milano? Avete letto il libro?
Fatemi sapere!
Al prossimo post :-)

venerdì 27 gennaio 2017

PER NON DIMENTICARE

Letteratura in onore della Giornata della Memoria




Cari lettori,
la nostra rubrica “Il momento dei classici” oggi è incentrata su una tematica particolare: la ricorrenza odierna, ovvero la Giornata della Memoria.
Credo che quasi tutti i blog oggi pubblicheranno un post a tema, e che ognuno di noi blogger sceglierà il suo modo per onorare questo giorno di tristezza e di speranza.
Io ho scelto alcuni frammenti di classici, poesie, romanzi in genere, e mi sono chiesta quale potrebbe essere l’insegnamento ancora attuale da trarre da queste parole, appartenenti ad autori più o meno noti.
Che cosa dovremmo ricordare oggi, in data 27 gennaio 2017, ben 72 anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale e la fine dell’incubo dell’Olocausto? Secondo me si potrebbe tenere a mente questo…



L’indifferenza è il peggiore dei mali


 Prima di tutto vennero a prendere gli zingari,
e fui contento, perché rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei, 
e stetti zitto, perché mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessuali,
e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere i comunisti,
e io non dissi niente, perché non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me, 
e non c'era rimasto nessuno a protestare.
(Bertolt Brecht)



Isolare ed allontanare il diverso da noi ci priva di ogni speranza


L’ultima, proprio l’ultima,
di un giallo così intenso, così
assolutamente giallo,
come una lacrima di sole quando cade
sopra una roccia bianca
così gialla, così gialla!
L’ultima,
volava in alto leggera,
aleggiava sicura
per baciare il suo ultimo mondo.
Tra qualche giorno
sarà già la mia settima settimana
di ghetto:
i miei mi hanno ritrovato qui
e qui mi chiamano i fiori di ruta
e il bianco candeliere di castagno
nel cortile.
Ma qui non ho rivisto nessuna farfalla.
Quella dell’altra volta fu l’ultima:
le farfalle non vivono nel ghetto.
(La farfalla, di Pavel Friedman,
poeta ebreo morto ad Auschwitz nel 1944)



Rinunciare alla speranza ed ai propri ideali
È il più grande errore


...Ecco la difficoltà di questi tempi: gli ideali, i sogni, le splendide speranze non sono ancora sorti in noi che già sono colpiti e distrutti dalla crudele realtà.
è un gran miracolo che io non abbia rinunciato alle mie speranze perché sembrano assurde e inattuabili.
Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell'intima bontà dell'uomo.
Mi è impossibile costruire tutto sulla base della morte, della miseria, della confusione.
Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto, odo sempre più forte l'avvicinarsi del rombo che ucciderà noi pure, partecipo al dolore di milioni di uomini, eppure, quando guardo il cielo, penso che tutto volgerà nuovamente al bene, che anche questa spietata durezza cesserà, che ritorneranno l'ordine, la pace e la serenità.
Intanto debbo conservare intatti i miei ideali; verrà un tempo in cui forse saranno ancora attuabili.
(Diario, Anna Frank)



Non dimenticare certi orrori non ce li farà ripetere


Di nuovo l'orrore ha colpito il ghetto,
un male crudele che ne scaccia ogni altro.
La morte, demone folle, bandisce una gelida falce
che decapita intorno le sue vittime.
I cuori dei padri battono oggi di paura
e le madri nascondono il viso nel grembo.
La vipera del tifo strangola i bambini
e preleva le sue decime dal branco.
Oggi il mio sangue pulsa ancora,
ma i miei compagni mi muoiono accanto.
Piuttosto di vederli morire
vorrei io stessa trovare la morte.
Ma no, mio Dio, noi vogliamo vivere!
Non vogliamo vuoti nelle nostre file.
Il mondo è nostro e noi lo vogliamo migliore.
Vogliamo fare qualcosa. è vietato morire!
(Eva Pickova, 12 anni, morta il 18/12/1943)



L'Olocausto e la guerra hanno privato le persone della loro umanità


Erano cento
erano cento uomini in arme.
Quando il sole sorse nel cielo,
tutti fecero un passo avanti.
Ore passarono, senza suono:
le loro palpebre non battevano.
Quando suonarono le campane,
tutti fecero un passo avanti.
Così passò il giorno e fu sera, 
ma quando fiorì la prima stella,
tutti insieme fecero un passo avanti.
"Indietro, via di qui, fantasmi immondi:
ritornate alla vostra vecchia notte."
Ma nessuno rispose, e invece
tutti in cerchio fecero un passo avanti.
(Vizio di forma, Primo Levi)



La guerra è contro le leggi della vita ed anche quelle della morte


Si dice che la guerra è la migliore amica della morte, io invece vorrei offrire un diverso punto di vista su tutto questo.
Per me la guerra è come il nuovo capo che chiede l'impossibile.
(Storia di una ladra di libri, di Marcus Zusak)



Conoscete queste poesie e questi brani? Quali preferite?
Ne avete altri da consigliarmi?
Spero tanto che questo momento dei classici "a tema" vi sia gradito.
Grazie per la lettura! Al prossimo post :-)

giovedì 19 gennaio 2017

POESIA IN FABRIZIO DE ANDRE'

Le mie canzoni preferite del cantautore genovese


Cari lettori,
come vi avevo promesso in questo post, ecco un appuntamento con la rubrica “Consigli musicali”!

Ho deciso di partire dai cantautori, ed in particolare dal mio preferito, Fabrizio De André.


Come sempre, in questi casi, ci sono due discorsi diversi da fare.
Ovviamente, riconoscere che De André sia stato un grande cantautore ed una sorta di poeta italiano contemporaneo è del tutto oggettivo.
Molto più soggettivo è invece scegliere quali siano le canzoni del suo repertorio che hanno maggiormente emozionato ognuno di noi.
Io ho riportato semplicemente le mie preferite. Eccole a voi!



Canzone dell’amore perduto



Non posso che iniziare con la mia canzone preferita di questo artista. Una melodia semplice, quasi una ninna nanna, accompagna un testo che con naturalezza esprime il rimpianto per una stagione ormai conclusa della propria vita. Un amore è terminato e probabilmente un altro inizierà, come fanno le stagioni.

Ricordi, sbocciavan le viole con le nostre parole:
“Non ci lasceremo mai, mai, e poi mai”
Vorrei dirti ora le stesse cose,
ma come fan presto amore ad appassire le rose…



Il testamento di Tito



La storia del ladrone pentito che è stato crocifisso accanto a Gesù mi ha sempre colpito. 
In questa canzone, De André immagina che lui stesso fornisca una sua versione “rivisitata” dei 10 comandamenti: è la storia di un uomo che non ha seguito le leggi degli uomini e per questo motivo sembra aver sbagliato tutto, ma che, nonostante questo, è rimasto più “puro di cuore” di molti altri.

Io nel vedere quest’uomo che muore,
madre, io provo dolore,
nella pietà che non cede al rancore,
madre, ho imparato l’amore.



Ballata dell’amore cieco e della vanità



I protagonisti di questo testo, che contrasta con la melodia allegra ed irriverente, sono un pover’uomo onesto, reso pazzo dall’amore, e la donna amata, alla quale non potrebbe importare meno di lui. 
La crudele ragazza chiede al poveretto delle terribili prove d’amore: prima l’uccisione della madre, poi il suo suicidio stesso. 

Quello che apprezzo di più in questo testo è il fatto che l’artista faccia capire bene quanto, nonostante tutto, la vera persona sconfitta di questa storia sia lei.

…ma lei fu presa da sgomento, quando lo vide morir contento,
morir contento e innamorato, quando a lei niente era restato,
non il suo amore, non il suo bene, ma solo il sangue secco delle sue vene.



La città vecchia



Come forse qualcuno di voi sa, anche se sono milanese, la Liguria è un po’ la mia terra d’adozione. 
Ho la casa al mare di famiglia in provincia, in mezzo tra Savona e Genova, e, anche se i miei amici giramondo inorridiscono davanti a questa mia considerazione, credo che il Mar Ligure resterà sempre il mio preferito. 

La città vecchia è una descrizione – vi posso assicurare, molto veritiera – di Genova, tra carrugi all’interno dei quali non batte il sole, sporcizia, povertà e uno sguardo poco ottimista verso il futuro. De André non nega i punti deboli della sua città e dei suoi abitanti, ma li difende da qualsiasi giudizio morale:

Se non sono gigli, son pur sempre figli,
vittime di questo mondo.



Fiume Sand Creek



Questa volta Fabrizio De André abbandona non solo l’amata Genova, ma proprio l’Italia intera, e ci racconta un pezzo di storia americana: il massacro degli Indiani nelle riserve ad opera dei militari. 
È la storia di una strage vista con gli occhi di un bambino e raccontata come se fosse una poesia.

Le lacrime più piccole, le lacrime più grosse
Quando l’albero della neve fiorì di stelle rosse
…ora i bambini dormono nel letto del Sand Creek.



Il pescatore



Questo testo di De André, accompagnato da una melodia trascinante e sempre graditissima in qualsiasi esibizione live, narra la storia di un pescatore addormentato lungo la riva di un fiume, che soccorre un assassino in fuga ed affamato. Il pescatore dà pane e vino a chi dice “ho sete e ho fame”, proprio come nel Vangelo. 

L’artista ha lasciato un dubbio finale: quando i poliziotti vengono in cerca del delinquente, trovano morto il pescatore oppure è quest’ultimo che si finge addormentato per non dire dove l’assassino si sia nascosto? Io preferisco la seconda.

Ma all’ombra dell’ultimo sole si era assopito il pescatore
E aveva un solco lungo il viso come una specie di sorriso.



Via del campo



Tra le tante storie che D’André ha dedicato alle prostitute e ad altre cosiddette “donne perdute”, questa è la mia preferita, forse perché rappresenta in pieno il modo in cui l’artista considerava queste persone: con amicizia e tenerezza. Non una volta egli le giudica male, ma le considera delle vittime di un sistema che prima ha finto di amarle e poi le ha ripudiate.

Ama e ridi se amor risponde, piangi forte se non ti sente,
dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior.



Volta la carta




Credo che questa canzone di De André sia veramente un unicum nella musica italiana e forse nel mondo. È una sorta di filastrocca, ma a livelli letterari altissimi: è un vero e proprio esercizio di virtuosismo, una catena di parole armonizzate dal punto di vista musicale. È perfino difficile scegliere una citazione, perché tutto il testo è collegato!

C’è una donna che semina il grano,
volta la carta e si vede il villano,
il villano che zappa la terra
volta la carta e viene la guerra…



Dormono sulla collina



Questo struggente testo di De André è un nostalgico necrologio di tutti i “ragazzi perduti” che sono morti giovanissimi, portati via da una relazione sbagliata, da alcool e droga, da povertà e delinquenza. 
Ammettere che essi siano morti è troppo crudele: per questo motivo, egli immagina che essi stiano semplicemente dormendo.

Dove se n’è andato Elmer che di febbre si lasciò morire
Dov'è Herman bruciato in miniera
Dove sono Bert e Tom, il primo ucciso in una rissa,
e l'altro che uscì già morto di galera...



Bocca di rosa



Se c’è qualcosa che Fabrizio De André non sopporta è il (finto) perbenismo dei piccolo borghesi, ed in questa canzone egli ne fa un ritratto impietoso. L’arrivo di una prostituta in un piccolo paese, infatti, innesca una serie di reazioni che, come prevedibile, portano allo scandalo. 
“Bocca di rosa” diventa così il capro espiatorio di una società malata, anche se, come fa capire l’artista, lei è probabilmente più sana di molti altri.

Si sa che la gente dà buoni consigli
Sentendosi come Gesù nel tempo
Si sa che la gente dà buoni consigli
Se non può più dare cattivo esempio.




Questa è la mia personale “top 10” delle canzoni di questo amatissimo artista. Inutile dire che mi piacerebbe davvero molto conoscere la vostra! Fatemi sapere se vi piace qualcuna delle canzoni che ho citato o se ne preferite altre. Ditemi anche, se vi va, che cosa ne pensate di uno spazio musicale sul blog!


Se vi piace la musica di De André, inoltre, mi permetto di darvi altri due consigli:

1) Michele Riondino, l'attore protagonista della fiction Il giovane Montalbano, ha da poco presentato a Milano il suo spettacolo dal titolo Angelicamente anarchici, incentrato sulle due figure del cantautore genovese e di Don Andrea Gallo. La rappresentazione ha lasciato la mia città da un po', ma potreste essere in tempo per assistervi se abitate in altre parti d'Italia! Qui trovate la mia recensione.

2) Domani sera a Cernusco sul Naviglio, il mio paese (sempre in provincia di Milano), assisterò al concerto-tributo a De André del gruppo musicale Ottocento.
Vi lascio il link della loro pagina Facebook e, se vi va di sentire buona musica, vi consiglio di informarvi, perché li ho già sentiti una volta e ne vale davvero la pena!


Grazie ancora per la lettura ed al prossimo post J