lunedì 10 gennaio 2022

LE DISAVVENTURE DELL'AVVOCATO MALINCONICO

 Due romanzi di Diego De Silva




Cari lettori,

benritrovati con le prime recensioni del 2022!

Da oggi il blog si toglie il “vestitino festivo” e torna a farvi compagnia con le rubriche che penso ormai conosciate. Iniziamo con un classico: le “Letture… per autori”! 

Oggi torno a parlarvi di Diego De Silva e del protagonista dei suoi romanzi, il complicato, cerebrale, a tratti disperato ma mai del tutto rassegnato avvocato Malinconico. 

In questo post vi avevo parlato di tre suoi romanzi, Mia suocera beve, Sono contrario alle emozioni e Divorziare con stile, che costituiscono il cuore della serie. In queste settimane sono riuscita, almeno per ora, a completarla, leggendo il primissimo romanzo, Non avevo capito niente, che presenta questo originale personaggio, e I valori che contano (avrei preferito non saperli), l’ultimo (escluso il volumetto Le minime di Malinconico, appena uscito).


Mi riconfermo una fan di questa serie, che mescola giallo, elementi del mondo legale ed una buona dose di humour, tra la commedia e la risata amara. 

Vi lascio alle recensioni, sperando che vi possano incuriosire!



Non avevo capito niente


L’avvocato Vincenzo Malinconico, quarantenne e napoletano, conduce una vita fieramente mediocre. Il suo ufficio è un seminterrato fatto di mobili Ikea (chiamati tutti per nome come se fossero parte integrante del team) e condiviso con uno pseudo ragioniere che lo interrompe per raccontargli i suoi problemi coniugali; i casi di cui si occupa sono sempre ordinaria amministrazione, seccature che lo fanno sentire più un burocrate che un vero e proprio avvocato, ed i soldi guadagnati sono sempre troppo pochi.


La sua caotica famiglia è composta da una ex moglie psicologa, Nives, che continua a rivedere, da una figliastra, Alagia, che lo considera il suo vero padre e che gli dà sempre appuntamento in un fast food per raccontargli le novità, e da un figlio, Alfredo, che si mette costantemente nei guai per un alto senso della giustizia, probabilmente, nonostante tutto, ereditato da lui.


È un periodo anche più difficile del solito: dal punto di vista professionale, la situazione langue ormai da mesi. Un giorno, però, egli riceve una convocazione come avvocato d’ufficio che lo sorprende molto, dal momento che alla sua iscrizione, fino a quel momento, non aveva fatto seguito alcuna chiamata. Un “becchino” della malavita, Mimmo O’ Burzone, colto in flagranza di reato con una mano di cadavere proprio nel suo giardino, è il suo nuovo cliente. Pensando che per un criminale di quel genere un difensore valga l’altro, Malinconico cerca in tutti i modi di tirarsi fuori, ma l’uomo sembra aver scelto proprio lui, per incomprensibili ragioni. Tra ripassi all’ultimo minuto su Bignami di legge che da anni non apriva più, incontri con equivoci personaggi che cercano di corromperlo e peregrinazioni in locali ambigui assieme al suo assistito, per l’avvocato ha inizio una disavventura fatta di emozioni forti che, da buon amante della tranquillità, si sarebbe ben volentieri risparmiato.


Nel frattempo, al Palazzo di Giustizia, una delle sue colleghe più belle, Alessandra Persiano, inizia inaspettatamente a trovare delle scuse per rivolgergli la parola e per chiacchierare con lui. La donna è molto ammirata tra gli altri avvocati e Malinconico non riesce a credere che ella stia degnando proprio lui delle sue attenzioni, ma la storia con l’ex moglie Nives non è propriamente finita ed egli è costantemente preda delle sue mille paranoie, che lo spingono ad essere in crisi con se stesso e con l’amore. Non mancano nemmeno le preoccupazioni per i figli, l’una, forse, troppo sicura di sé, l’altro in cerca della sua identità.



La citazione in quarta di copertina di Non avevo capito niente riassume abbastanza bene il romanzo: “Dicono che la felicità si trova nelle piccole cose. Sapeste l’infelicità”. Vincenzo Malinconico non è uno di quei personaggi che ci fa sognare di avere una vita come la sua: al contrario, ci insegna a ridere di tutti i problemi che quotidianamente tanti di noi devono affrontare. Uffici polverosi nei quali il lavoro non decolla mai come vorremmo, complicate situazioni familiari, cene gourmet costituite da pastasciutta con ragù in barattolo o sabati di lussuosa trasgressione al Burger King, pacati tentativi di conciliazione con i propri rivali in amore che si trasformano in risse, amici più incasinati del protagonista stesso: molti sono gli elementi ordinari e decisamente non entusiasmanti di questo libro, che però l’autore riesce a presentare con grande verve umoristica.

Il protagonista è un artista del monologo rivolto a se stesso, della ruminazione mentale, del salto da un argomento all’altro in una sorta di reinvenzione del “flusso di coscienza” alla James Joyce. Nonostante questo – o forse proprio per questo, non saprei! - per il lettore le pagine scorrono rapidamente. Seguire la linea dei pensieri di Malinconico, nonché quella delle sue esilaranti disavventure, è davvero facile, specie una volta che si è entrati nel suo mondo.


L’unico aspetto che non mi è piaciuto è la terminologia con la quale talvolta vengono definite le donne e le persone omosessuali. Ok che è un libro di qualche anno fa, ma determinati slur andavano già lasciati a casa nel 2007, senza contare che Malinconico è comunque un uomo colto – nonostante faccia finta di non esserlo – e questa terminologia non gli fa onore. Devo dire che, però, nei romanzi successivi si corregge il tiro da questo punto di vista.



I valori che contano (avrei preferito non saperli)


Tutto è cambiato nella vita di Vincenzo Malinconico. Il suo nuovo socio è Benedetto – detto Benny – La Calamita, un figlio di papà che è stato costretto dalla ricca famiglia a fare l’avvocato e vive con due scopi: scontentare l’austero genitore, che gli ha lasciato uno studio avviato, e dissipare il suo ingente patrimonio. Dei meravigliosi mobili di design hanno soppiantato la scalcagnata compagine Ikea, i pranzi nei ristoranti stellati si sono moltiplicati (anche se egli non mangia certo quanto il suo amico) ed anche economicamente la differenza si avverte, eccome.


Se però pensate che il nostro “avvocato di insuccesso” abbia trovato finalmente la sua strada per essere un cosiddetto vincente, vi sbagliate di grosso. Egli continua il più possibile ad attrarre guai, sempre più assurdi e scalcagnati. Un giorno una giovanissima ragazza, che dice di chiamarsi Venere, si presenta in mutande sul suo pianerottolo chiedendogli disperatamente di nasconderlo. Pochi minuti, un paio di carabinieri gli citofonano, costringendolo ad una sorta di surreale interrogatorio. Così, Malinconico scopre che all’ultimo piano del suo palazzo c’è una sorta di casa chiusa non autorizzata, e che la ragazza in fuga che sta attualmente nascondendo in camera sua è addirittura la figlia del sindaco.


Dopo un primo momento in cui egli cerca di nascondere all’illustre padre di Venere le attività della figlia, egli, con suo grande sconcerto, se li vede piombare entrambi in studio, indifferente e quasi infastidita l’una, pieno di collera e di delusione l’altro. I due sono infatti vittima di ricatto da parte di un assessore che è stato anche cliente della ragazza.


Malinconico cerca di far uscire i clienti (e di fuggire lui stesso) da questo ginepraio, ma si tratta di una questione difficile da vari punti di vista. Inoltre, la sua vita privata, tanto per cambiare, è ricca di sorprese.


Dopo una serie di complesse situazioni sentimentali, egli ha iniziato una relazione con Veronica Starace Tarallo, ex moglie di un principe del Foro, una donna che ha conosciuto in maniera piuttosto pittoresca nel corso della disavventura raccontata in Divorziare con stile. I rapporti con la ex moglie Nives sembrano finalmente civili, quelli con Alfredo procedono tra alti e bassi, mentre più complicata è la relazione con la figlia Alagia, che si è sposata piuttosto giovane ed ora vive altrove con il neo marito. Nonostante gli equilibri della sua “famiglia allargata” siano complicati, egli vive abbastanza sereno (per i suoi standard), ma all’improvviso i valori sballati di alcune sue analisi lo mettono in allarme. L’ipotesi che egli possa avere un tumore congela in un attimo le sue mille paranoie ed i suoi pensieri spesso inconcludenti e lo inchioda al qui e ora. Per la prima volta nella sua vita, invece di concentrarsi sui se, sui ma, su un passato rimpianto, su mille ipotesi di futuro, sulle strade alternative che non ha mai imboccato, Vincenzo Malinconico è obbligato a fare tesoro esclusivamente del suo fragile ed imperfetto presente.



I valori che contano è forse il romanzo più profondo della serie dell’avvocato. Ci sono ancora gli intermezzi comici, specie con Benny La Calamita (che è subito diventato uno dei miei personaggi preferiti, e che è meno sciocco di quel che si potrebbe pensare); non mancano i battibecchi un po’ romance ed un po’ cervellotici con Veronica, che ha tutta l’aria di non volersi impegnare in una nuova relazione ma dimostra l’esatto contrario nel momento del bisogno; restano, ovviamente, i convulsi monologhi che l’avvocato Malinconico ha con se stesso, spesso a proposito degli argomenti più assurdi.


Nel mezzo di tutti questi elementi che il lettore di De Silva ben conosce ed apprezza, però, c’è una nota di serietà, data sicuramente dal fantasma della malattia, ma anche da altri elementi, come il cambiamento del rapporto con i figli quando essi diventano adulti, oppure la difficoltà di conciliare un’importante carica pubblica con una difficile vita privata. Trovo che l’autore sia molto migliorato rispetto all’inizio, sia a livello di stile (anche Non avevo capito niente è un romanzo scorrevole, ma le pagine che contengono i pensieri di Malinconico sono un po’ più cervellotiche e lente) che a livello di riflessioni e contenuti proposti. Per questo sono curiosa di sapere come proseguirà la serie!




Ecco il mio parere su queste due disavventure dell’avvocato Malinconico!

Se non erro, tra circa due mesi uscirà anche la fiction tratta dai romanzi, con Massimiliano Gallo protagonista. Devo ammettere che sono piuttosto incuriosita, perché non si tratta di gialli classici e non so come queste storie possano essere raccontate sullo schermo. Spero tanto che la verve comica si conservi!

Voi che ne pensate? Avete letto qualche romanzo di Diego De Silva?

Vi sono piaciuti? Guarderete la serie?

Fatemi sapere!

Grazie per la lettura, al prossimo post :-)


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