lunedì 27 febbraio 2023

I PREFERITI DI FEBBRAIO 2023

 Tutto quello che mi è piaciuto in questo mese




Cari lettori,

ultimo lunedì di febbraio!

Dopo un gennaio meno impegnativo del previsto ma comunque lungo e ricco di impegni, questo mese, come al solito, è scivolato via fin troppo in fretta.


A me febbraio non dispiace: ci sono delle simpatiche ricorrenze, le giornate si allungano, si inizia ad intravedere dietro l’angolo l’arrivo di una nuova stagione.


Come al solito, oggi vi racconto tutto quello che mi è piaciuto in queste settimane, dai libri ai film, dalla musica alla poesia alle foto del periodo!



Il libro del mese


Fixie Farr, la protagonista di questo romanzo, è una ragazza di ventisette anni che lavora per l’attività di famiglia, un negozio di alimentari ed oggetti casalinghi. Tempo prima ha provato a spiccare il volo con una sua attività di catering, ma purtroppo è andata incontro ad una truffa ed è dovuta tornare in famiglia senza più un soldo e con la coda tra le gambe.


Da allora ha fatto suo il motto del padre, morto d’infarto anni prima: “La famiglia prima di tutto!” Giorno dopo giorno, Fixie aiuta la madre vedova a gestire il negozio, tra dipendenti stravaganti, clienti fin troppo abitudinari e buffe disavventure quotidiane. Il lavoro non le pesa, anzi, le piace molto, ma il vero problema è rappresentato dalla negligenza e dall’ambizione di suo fratello Jake e di sua sorella Nicole, che continuano a metterle i bastoni tra le ruote.


Una sera, proprio durante la festa per il suo compleanno, la madre di Fixie ha un mancamento. La donna viene portata subito in ospedale nel panico generale, ma alla fine la diagnosi è più che altro di affaticamento: il lavoro in età pensionabile la sta logorando. Dopo qualche tentennamento, ella si lascia convincere dalla sorella a trascorrere qualche mese in Spagna con lei, per godere di un clima salubre, fare una lunga vacanza e rigenerarsi.


Fixie si sforza di essere ottimista, ma la dura realtà le piove ben presto addosso: è rimasta a gestire il negozio da sola, portando avanti una lotta contro i familiari rimasti a casa. Il fratello Jake, nei confronti del quale lei ha un terribile complesso di inferiorità (dovuto anche al suo fallimento con il catering, ma non solo), ha un incomprensibile lavoro come consulente finanziario e spunta in negozio solo per tentare di spendere i soldi di famiglia in “investimenti sicuri” e “rinnovamenti alla moda”. La cognata Leila è buona e gentile, ma troppo arrendevole con Jake, e lascia che egli spenda più soldi di quelli che si può permettere senza battere ciglio. La sorella Nicole ha abbandonato a se stesso il marito (che è a Dubai per lavoro), dice di dover “rimettere se stessa al centro” ma non ha mai fatto altro nella vita, e pensa solo allo yoga, alle teorie new age e alla sua carriera di modella mai decollata. Infine lo zio Ned, fratello del suo defunto padre, inizia ad intromettersi sempre più, irritando Fixie con le sue idee antidiluviane e con il suo insopportabile maschilismo.


Come se il quadro non fosse già abbastanza desolante, da settimane è tornato dall’America Ryan, l’amico del cuore di Jake, un uomo che Fixie ha sempre amato ottenendo solo le briciole. Questa volta, dopo esperienze lavorative non proprio esaltanti in California, Ryan sembra intenzionato a ricominciare con lei ed a fare sul serio, ma ha bisogno di ripartire, anche solo con un lavoro qualunque.


Fixie non sa che cosa fare, perché il personale del negozio è già al completo e il bilancio si è già un po’ assottigliato. Poi le torna in mente un episodio avvenuto prima che la madre stesse male. Una caffetteria con una perdita sul soffitto. Il portatile di un uomo d’affari, Sebastian, che lei aveva salvato per un pelo dal diluvio di acqua sporca e calcinacci. Il biglietto da visita dell’uomo, con attaccata una fascetta del caffè e la scritta “Ti devo un favore”. Che sia il momento di riscuotere questo credito?



Come dicevo qualche settimana fa in un booktag di San Valentino, se io fossi l’eroina di un romance, mi piacerebbe molto che l’autrice fosse Sophie Kinsella. Non solo perché è storicamente la mia autrice di rosa preferita, ma anche e soprattutto perché le sue protagoniste finiscono sempre, in qualche modo, per assomigliarmi.


Ho notato che nei suoi ultimi romanzi c’è stata quasi una fusione tra lo stile Sophie Kinsella dei suoi bestseller più di successo (imprevisti divertenti, situazioni surreali, intrecci romantici e ricchi di colpi di scena) e quello Madeleine Wickham dei romanzi che ha firmato con il suo vero nome (critica alla società inglese, problemi socio economici, dinamiche familiari). Per questo motivo mi sono ritrovata moltissimo sia in Ava di "Amo la mia vita" che in Effie di "Attenti all'intrusa!": sono due protagoniste che con le loro azioni hanno toccato in me corde profonde.


La famiglia prima di tutto!, secondo me, fa parte della stessa categoria di questi due romanzi. Fixie è una ragazza intelligente, sveglia, generosa, che però ha due difetti che la ostacolano: soffre della più classica “sindrome dell’impostore” (che affligge moltissime donne mentre gli uomini mediocri se ne fregano e riescono ad avere successo, chissà mai perché) ed è decisamente troppo buona, sia con i componenti della sua famiglia che con uomini che non l’hanno mai apprezzata davvero.


Sinceramente mi è partita una “standing ovation” senza fine quando una delle dipendenti del negozio ha preso il coraggio a due mani e ha detto a Fixie: Senti, queste persone saranno anche la tua famiglia, ma sono delle merde!


Purtroppo è abbastanza facile accorgersi di queste dinamiche dall’esterno. È molto più difficile quando vi sei immersa e vuoi esaudire le volontà di chi non c’è più, non deludere i tuoi genitori che non possono più lavorare ed hanno “passato la palla” a te, andare a tutti i costi d’accordo con chi è sangue del tuo sangue anche se te ne ha combinate di ogni. E in tutto questo ti senti comunque, ed inspiegabilmente, in debito ed inferiore. Quando poi l’altro sesso non è mai stato molto gentile con te, il rischio di accontentarsi di meno delle briciole è tangibile.


Nonostante l’importanza di queste tematiche, la Kinsella riesce non so come ad essere spassosa, a creare un libro dei suoi, che si divora ed al tempo stesso resta impresso.


Io con tutto il cuore mi auguro che questa donna non smetta mai di scrivere!



Il film del mese


Antonio, ex attore teatrale la cui carriera non è mai decollata, conduce una vita piuttosto dimessa. Vive da solo in un piccolo appartamento con vista stazione, è divorziato con una figlia che lavora all’estero e che gli telefona di rado, e la sua unica entrata fissa è il doppiaggio di film erotici.


È comunque rimasto in contatto con un suo vecchio amico/rivale, Michele, un uomo comicamente egocentrico che ha aperto un suo teatro per poter interpretare tutte le parti da protagonista. Nel suo caso, però, il successo è arrivato, ed è per questo che egli periodicamente sprona Antonio a non perdere la speranza ed a credere che le cose cambieranno.


Proprio da Michele arriva una proposta: tenere un mini corso al carcere di Velletri per i detenuti. È una proposta del Ministero che la direttrice ha accolto senza particolare gioia, decisa più che altro a farla finita presto con questa storia delle attività extra. Antonio arriva a Velletri senza troppa convinzione, tiene svogliatamente sei ore di corso a detenuti arrivati lì solo perché hanno escluso altri corsi e prende dei tiepidi applausi allo spettacolino finale. Quando però vede negli occhi dei suoi allievi la delusione perché l’avventura teatrale è finita troppo in fretta, rimane piuttosto male.


Dopo qualche giorno, egli ha un’idea, nata da una discussione avuta con i detenuti: mettere in scena con loro uno dei suoi primi ed unici successi, Aspettando Godot.


Antonio ha capito che, se c’è una cosa che i detenuti conoscono, quella è l’attesa: dell’ora d’aria, dei colloqui con i familiari, dei permessi, del momento in cui finalmente potranno uscire. Sia la direttrice del carcere che il suo amico Michele sono molto scettici, ma egli, con ostinazione, li convince, e riesce ad ottenere due mesi di lavoro pieni ed un’esibizione al teatro dell’amico nel giorno di chiusura. Una sfida ambiziosa oppure un azzardo?



Grazie ragazzi è il remake di un film francese, ed è basato sulla storia vera di un attore scandinavo che anni fa ha effettivamente tenuto un laboratorio teatrale su Beckett nelle carceri. Devo essere sincera, per questo film un pochino di sospensione dell’incredulità ci vuole: premesso che in tv la realtà è un po’ infiocchettata, nei telefilm nordici le carceri sembrano quasi alberghi. È difficile immaginare che un percorso del genere abbia successo, anzi, sia anche solo pienamente fattibile in luoghi che ogni anno sono protagonisti di polemiche sul sovraffollamento, sulle condizioni precarie, sulla disperazione dei detenuti che talvolta culmina nel suicidio, ed ora pure dei protocolli Covid non rispettati.


Alcune premesse di questo film sono, dunque, piuttosto ottimiste, ma, una volta superato questo scoglio, la storia mi ha convinto. Gli allievi di Antonio sono tutt’altro che “modello”, però non vengono tratteggiati né come innocenti capitati lì per sbaglio, né come criminali quasi caricaturali: sono presentati a tutto tondo, quasi come il campionario di un’umanità varia.


Antonio Albanese si conferma un attore incredibile, e dà vita ad un personaggio testardo e desideroso di riaprire il cassetto di un sogno che ha dimenticato troppo a lungo.


Consiglio questo film soprattutto agli amanti del teatro, ma non solo!




La musica del mese


Continuiamo il nostro percorso tra le canzoni di Taylor Swift, scegliendone una al mese. Per gennaio, mese delle ripartenze, avevo pensato ad Happiness.


Febbraio è considerato un mese romantico, così ho deciso di parlarvi della mia canzone preferita di Taylor, Enchanted. È una perla del disco tra i suoi che preferisco, Speak Now. Come forse qualcuno di voi sa, Taylor sta pubblicando delle ri-edizioni dei suoi primi dischi, con la sua voce di adesso ed alcuni inediti mai pubblicati, e gira voce che la nuova versione di Speak Now uscirà presto. Il pensiero mi rende abbastanza impaziente, anche perché io trovo che questo disco, come atmosfere e vibes, sia perfetto per il periodo tra l’inverno e la primavera. Però pazienza, possiamo comunque ascoltare la versione vecchia!



Entrando un po’ più nel merito: Enchanted racconta con grande precisione il più classico dei colpi di fulmine. Secondo me Taylor fa proprio una fotografia di quello che accade, tra emozioni inespresse, gesti solo apparentemente casuali, contatti in lontananza eppure così intensi:


I tuoi occhi hanno sussurrato: “Ci siamo conosciuti?”

attraverso la stanza la tua sagoma si è diretta verso di me

ha inizio una conversazione giocosa

ed io conto tutte le tue rapide osservazioni

come se ci stessimo passando note in segreto


Il ritornello, secondo me, contiene l’essenza di Speak Now: il tono favolistico, l’atmosfera magica, le vibes da romantica principessa. Un disco sognante e riflessivo al tempo stesso!


Questa notte è scintillante, non lasciarla andare

sono stupefatta, arrossendo lungo tutta la strada di casa

passerò il tempo a chiedermi se sai

che questa notte è perfetta, non lasciarla andare

sono stupefatta, mi metto a danzare da sola

passerò il tempo a chiedermi se sai

che sono stata incantata di conoscerti


Il finale resta sospeso, ed in mezzo alle stelle ed alle danze questo è il particolare più realistico. Presto o tardi i sogni finiscono e la vita di tutti i giorni potrebbe essere diversa. Però resta aperto uno spiraglio di speranza… Trovate Enchanted a questo link.


Queste sono le parole che ho trattenuto,

mentre me ne stavo andando troppo presto

sono stata incantata di averti conosciuto

per favore, non essere innamorato di qualcun’altra

per favore, non avere qualcuno che ti sta aspettando…



La poesia del mese



Per febbraio, il mese di San Valentino, ho pensato ad una poesia di Nizar Qabbani, dal titolo L’amor mio.


L’amore mio

mi chiede:

qual è la differenza

tra me e il cielo?”


La differenza

è che

se tu ridi

amore mio -

io dimentico il cielo.



Le foto del mese


L’11 febbraio è stato il compleanno di Otto, il bassottone degli zii di cui si occupa un po’ tutta la famiglia! Tanti auguri, cagnolone: sei entrato nella nostra vita e l’hai resa mooolto più… lenta! A misura di bassotto :-)



Ho iniziato il mese facendo qualcosa che non facevo da quasi due anni… ma in occasione della quasi-primavera mi sono decisa: ho rifatto i colpi di sole! Un po’ di luce tra i capelli è quello che ci vuole… La piega del parrucchiere è un po’ fluffy, ma almeno per un paio di giorni è durata, dai :-)



Questo vassoio di dolcetti, secondo me, rappresenta bene le “gioie” di febbraio: tre mousse a cuoricino in occasione di San Valentino (mini Sacher, caffè e mascarpone, pistacchio e amarena), tortelli di Carnevale farciti con crema pasticcera e crema Chantilly, ed infine le “bianconere”, la passione del mio papà (cestino di cioccolato fondente, composta di mora, crema di ricotta, mora).



Primi tocchi primaverili in casa! Ho tolto dagli armadi i bigliettini di Natale ed ho appeso un po’ di cartoline a tema primavera e natura…




Questa foto, di per sé, non è speciale. È stata scattata una mattina qualunque nel parcheggio della scuola. Però segna il più grande cambiamento di questo febbraio, e credo uno dei più importanti del 2023. Purtroppo è da ottobre che la mia Fiesta del 2005, che a detta di tutti ho sempre cercato di tenere come un gioiello, dava segni di volontà di pensionamento. Ho provato in tutti i modi a “salvarla”, ma siamo arrivati ad un punto in cui non valeva più nemmeno la pena di riparare tutti i guasti che aveva. Così, visto che mio fratello ha trovato la macchina dei suoi sogni, io ho deciso di “adottare” il suo vecchio bolide, un Peugeut 208 del 2015. Chi mi conosce sa quanto per me questo sia un cambiamento impegnativo… ma per ora sta andando tutto bene, forse io e la nuova baby riusciremo ad andare d’accordo :-)




Ecco il mio febbraio! Che dire, anche i mesi che sembrano più tranquilli ed ordinari, se poi ti fermi a pensarci, sono pieni di piccoli e grandi cambiamenti.

Fatemi sapere com’è stato invece il vostro febbraio! Raccontatemi un po’ come state… Grazie per la lettura, al prossimo post :-)


giovedì 23 febbraio 2023

IL VENTAGLIO DI CARNOVALE

 Spazio Scrittura Creativa: febbraio 2023




Cari lettori,

bentornati all’appuntamento con lo Spazio Scrittura Creativa!


Abbiamo iniziato l’anno con Una bambola rotta, il mio racconto dedicato alla Giornata della Memoria, che trovate a questo link. Toccare temi così importanti e delicati è sempre impegnativo, così ho deciso di proporvi qualcosa di più leggero per il mese di febbraio.


L’anno scorso, in collaborazione con il gruppo di scrittura Storytelling Chronicles di cui ho fatto parte fino a circa sei mesi fa, mi sono dedicata al giorno più romantico dell’anno con Il peggior San Valentino di sempre (lo trovate qui).


Quest’anno ho preferito l’altra importante ricorrenza di questo mese (anche se qualche volta arriva a inizio marzo): il Carnevale. Che cosa c’è di più rappresentativo di questa festività delle atmosfere di Venezia? E chi ha incarnato meglio lo spirito di questa città del drammaturgo Carlo Goldoni?


Il racconto di oggi è una commedia degli equivoci che omaggia lui e tutto il mondo della Venezia del 1700, tra vizi e virtù. Anche nel titolo ho fatto un mix tra Il ventaglio e Una delle ultime sere di Carnovale, due commedie di Goldoni.


Spero che la lettura vi divertirà!




IL VENTAGLIO DI CARNOVALE



Venezia, febbraio 1760. Martedì Grasso. Ore 11. San Marco


Un tripudio di coriandoli.

Il Marchese Evaristo cammina rapido, scostando cumuli di carta con i piedi. Certo il Carnovale sarà anche una delle meraviglie della nostra città, pensa. Però quanto disordine, quante distrazioni. E lui quel giorno di distrazioni non ne vuole proprio.


Sa che attraversando un calle dopo l’altro si arriva più o meno a metà lunghezza della Chiesa di San Marco, vicino alla porticina che le fedeli vecchine utilizzano per la Messa del mattino. Da lì basta scantonare a destra, evitare un paio di eleganti caffè senza cadere nella tentazione di un bianchino prima della colazione di mezzogiorno e poi eccole lì, le eleganti botteghe.


I turisti provenienti da Milano o da Roma per qualche petit tour che includa necessariamente Venezia ed il suo Carnovale fanno dentro e fuori dai negozietti, indecisi su quale souvenir scegliere per poi esporlo nelle loro camere delle meraviglie (più verosimilmente, nei loro tentativi di ricostruirne una). Probabilmente finiranno per scegliere un oggetto per ogni negozio, creando così una teca intitolata alla loro bella città, e potendosi così vantare di tornarci ogni anno (dalle loro parti gli anni durano poche ore, si vede).


Il Marchese Evaristo non ha tempo da perdere con i turisti e con le frivolezze. Lui lavora, fa fruttare le sue rendite, collabora attivamente con la Repubblica della Serenissima, che ultimamente non sarà più quella di una volta, ma almeno continua a consentire agli onesti cittadini come lui di amministrare denaro. E mentre dice questo a se stesso, facendo ondeggiare la testa ornata da un grosso cappello a tre punte e schivando gomitoli di stelle cadenti, gonfiandosi il petto d’orgoglio, non sa quanto somiglia ai gentiluomini di quella città nordica che ha appena denigrato. Amore per il bianchino a parte.


Ma dicevamo, il Marchese Evaristo è uno che centra il bersaglio senza mai sbagliare. Ed anche in amore ha le idee ben chiare: sposerà Giacinta, la figlia del Barone Bastiano, uomo di fiducia del Doge. È una ragazza mite, premurosa, con la testa sulle spalle; un po’ troppo allegra, alle volte, ma, si sa… le donne sono così. O meglio, questo è quello che racconta a se stesso. Quello che non ammetterebbe mai, nemmeno allo specchio, è che egli sa benissimo di essere un musone e l’allegria di Giacinta è come un sole che entra nella stanza prima del solito le mattine di febbraio, quando i giorni della festa anticipano la primavera. In poche parole, è ciò che ci vuole per lui.


Per questo motivo egli sta entrando dal Sior Lazaro, il fabbricante di ventagli. Gli ha commissionato un’opera sopraffina, degna di un artista. Su un candido ventaglio di stoffa ha fatto dipingere l’effigie di Colombina, una delle maschere di Carnovale più note. Spera di poter dire a Giacinta che ella l’ha colpito perché è una donna nobile, ma anche umile e semplice e pronta al sorriso, come la fidanzata di Arlecchino.


Quando il Sior Lazaro dispiega il ventaglio e dal pizzo candido emerge la figura di Colombina seduta su una gondola, sullo sfondo di una tenue alba veneziana fatta di raggi di sole e foschia, persino un ragioniere ante litteram come lui non pensa al prezzo (almeno per i primi dieci secondi, insomma) e resta senza parole.


Tutto procede come previsto, si dice tirando un sospiro di sollievo. Andrà a quella festa a casa del Barone Bastiano, si mescolerà alla gente in maschera che ha tanta voglia di festeggiare questa caotica ricorrenza, e darà a Giacinta il ventaglio. Forse lei capirà. E si renderà conto del suo discreto corteggiamento. Perché no, il Marchese Evaristo non ha ancora trovato il modo di far capire a Giacinta che lo sta corteggiando. Da bravo affarista di successo, l’uomo che non deve chiedere mai, in effetti non ha chiesto.


* * *


Venezia, febbraio 1760. Martedì Grasso. Ore 13. Casa del Marchese Evaristo


Il guaio è che il Marchese Evaristo non ha nemmeno chiesto al suo maggiordomo quali fossero gli impegni della giornata. Così si è completamente dimenticato di aver fissato un pranzo d’affari proprio oggi, perché convinto che Il Martedì Grasso è impossibile stare alla scrivania, e dunque tanto vale concedersi frivolezze”.


Ora è a tavola con due gentiluomini nelle cui grazie vorrebbe entrare a tutti i costi per far fruttare un suo podere nell’entroterra veneto, e con le loro mogli, due matrone costrette in abiti che chiunque non viva nel XVIII secolo definirebbe giustamente arnesi da tortura. Il supplizio è coronato da una serie di quattro parrucche candide, mai lavate ma impregnate di costosissimi profumi che, tutti insieme, fanno venire il mal di testa e sovrastano l’effluvio della carne e delle patate arrosto.


Tanto vale finirlo, questo arrosto” osserva uno dei due gentiluomini. “Non posso pensare che da domani saremo in Quaresima e ci toccherà il digiuno.”

Ma sentilo, il digiuno!” lo rimbecca la moglie, con quella che potrebbe sembrare un’audace forchettata per arrivare al piatto delle patate ed è invece una gomitata a tutti gli effetti. “Non lo hai mai fatto in vita tua...”

Ma se ho mangiato sempre carni bianche in Quaresima! Non un coniglio, non un po’ di cacciagione, nemmeno una stramaledettissima quaglia...”

Sì, certo! Soltanto chili e chili di gallina lessa!”


Dietro la porta, in attesa di servire il vassoio con i formaggi, c’è Martin, il garzone della cuoca. Quante storie questi ricchi, pensa con una certa rabbia. Oggi mangiamo l’arrosto di maiale, domani la gallina in brodo perché il calendario dice così. Il suo, di calendario, segna una cosa sola: la fame. È un mese che va avanti con pane secco e acciughe magre, quelle che il pescivendolo non riesce a vendere alle cuoche perché sono tutte lische e non son buone nemmeno per pulirle e metterle sotto sale. Darebbe qualsiasi cosa per un pezzetto di carne, ma riesce solo a rubacchiare magri ritagli dalla cucina, prima che la cuoca decida che i cani randagi se lo meritano più di lui. Quell’avaro professionista del maggiordomo ripete da sei mesi che gli aumenterà la paga, ma non accade mai. Settimana prossima sarà il compleanno della sua fidanzata Giannina, che fa la servetta a casa della Contessa D’Albafiorita, e lui non sa che cosa regalarle, a parte tutto il suo amore, che sarà anche grande ma notoriamente non si impacchetta.


È proprio mentre pensa a quest’ultima parola che vede sul buffet, dietro al tavolo dei commensali, un pacchetto dono lungo e sottile in carta color panna, con il sigillo della bottega del Sior Lazaro. Sicuramente si tratta di un ventaglio dipinto, un oggetto che Giannina ha sempre invidiato tanto alla sua padrona ed alle signore eleganti che ogni giorno deve servire nel palazzo. Le piacerebbe moltissimo. Ed il Marchese Evaristo non si renderà nemmeno conto di averlo perduto, il buffet è stracarico di oggettini di dubbio gusto. Forse è uno dei tanti acquisti che hanno fatto quelle due megere sedute al tavolo, venute dalla campagna solo per vuotare le tasche ai mariti. In ogni caso non succederà niente se si portano a casa 9 souvenir invece di 10.


I formaggi, signori” dice Martin entrando in salotto con il suo passo leggero e discreto. Appoggia il vassoio con i latticini proprio di fronte al marito goloso. E, leggiadro com’è entrato, fa scivolare discretamente il pacchetto in una tasca interna della giacca.


E se finissimo anche il cacio?”

Gomitata. “Ma allora, la smetti di usare la Quaresima come scusa per ingozzarti?”


* * *


Venezia, febbraio 1760, Martedì Grasso. Ore 15. Palazzo della Contessa d’Albafiorita


Giannina si rigira incredula il ventaglio tra le mani.


Dovrebbe proprio rientrare nel palazzo. A quest’ora la Contessa fa sempre un riposino, ma oggi si è ritirata presto, e lei è già in giardino da un’ora, a scaldarsi con il raro sole di febbraio sulla panchina di pietra del cortiletto sul retro.


È lì che di solito Martin si intrufola per salutarla, dopo aver servito il pranzo al Marchese Evaristo ed ai suoi eventuali ospiti. Oggi avrebbe dovuto capire che c’era qualcosa di strano fin da subito: il suo sorriso era troppo largo per essere quello di chi si è alzato alle cinque per andare al mercato del pesce, il suo passo troppo rilassato considerando che era solo a metà di una lunga giornata, e poi teneva le mani dietro la schiena in modo misterioso.


Il suo segreto si è rivelato essere un pacchetto del Sior Lazaro, il fabbricante di ventagli più prestigioso della città. “Per il tuo compleanno, un pensiero fatto apposta per te” gli ha confessato Martin, tra il romantico ed il soddisfatto. Giannina non poteva credere che quella delicata nuvola di pizzo bianco, stoffa dipinta e legni sottili fosse proprio per lei.


Infatti non ci crede. Martin ha uno stipendio, per così dire, che gli consente a malapena di mangiare: certe volte lei si fa trovare alla loro panchina con un involto contenente le pietanze che la Contessa, sempre più anziana e magra, non è riuscita a toccare, e come se le divora lui!


Un oggetto del genere costa tante monete quante ne guadagnano sia lui che lei. Insieme. In tre mesi. Se lui non avesse una camera in affitto, se lei non dovesse pagare le medicine del padre, se entrambi non stessero risparmiando ogni centesimo per potersi sposare.


Il mio povero Martin, pensa Giannina sconsolata guardando il sorriso fisso di Colombina. Chissà dove ha trovato questo ventaglio. Forse dal Marchese Evaristo, forse servendo in salotto tra ospiti importanti. Rischierebbe di essere accusato di furto pur di far felice me.


È vero, Giannina ha sempre invidiato i ventagli che, specie in estate, sfoggiano la Contessa e le sue amiche. E più belli ancora, più al passo con la moda, sono quelli della figlia e della nuora, quando vengono a trovarla. Presi anche quelli nella bottega del Sior Lazaro, probabilmente. Però sa che non è un oggetto adatto a lei. Quando potrebbe sfoggiarlo? Lavora tutto il giorno ed anche stasera non parteciperà ad uno straccio di festa: non può lasciare la madre da sola la notte con il padre in quelle condizioni. Che dovrebbe fare, pavoneggiarsi con il ventaglio mentre spolvera? Il pensiero sul momento la fa ridere, ma poi si rende conto che sarebbe molto pericoloso mostrare l’oggetto sul lavoro. La Contessa sarà anche vecchiotta ed in un mondo tutto suo, ma quella vipera della governante non ci metterebbe nulla a risalire a Martin. E da lì, forse anche alla gentildonna a cui il ventaglio è stato sicuramente sottratto.


Idea! Dopo aver concluso il turno, appena prima di cena, passerà a trovare la sua amica ricca, Vittoria. Si sono conosciute per caso mesi fa, al mercato, ma Vittoria è una di quelle diventate ricche per denaro, non per nobiltà, e non si è mai formalizzata all’idea di essere amica di una ragazza che sta a servizio.


Vittoria non resisterà all’idea di sfoggiare un nuovo accessorio stasera, alla festa del Barone. Giannina glielo venderà ad un prezzo di favore, meno della metà di quello che chiederebbe Sior Lazaro. Una cifra da poco per tanti veneziani, ma che le consentirà di raddoppiare il gruzzolo che tiene da parte per il matrimonio.


* * *


Venezia, febbraio 1760. Martedì Grasso. Ore 19. Palazzo del Barone Bastiano


Vittoria percorre il vialetto che dalla vettura la conduce verso il Palazzo del Barone Bastiano. Si potrebbe dire che più che passeggiare si trascina, e qualcuno, vedendola, potrebbe chiedersi come farà a danzare.


Non che le altre ospiti siano meno voluminose, ma lei ha proprio dato il meglio di sé. Il meglio che ci si aspetta da una fanciulla in età da marito nel 1760, ovviamente. Il suo abito color argento brilla quasi nella notte, la generosa scollatura è coperta da quattro giri di collier di diamanti, dalle orecchie pendono due lampadari, le scarpe sono degne di trampolieri da circo (anche se il circo ancora non esiste), il trucco è un trionfo di labbra scarlatte, guance bianche e nei finti. Se non altro la giovane età le ha risparmiato il parruccone.


Vittoria, però, non se ne cura affatto, anzi, è felice ed è sicura che farà una splendida figura nel suo abito da fata. Già, perché è pur sempre Carnevale, ed il suo look è coronato da una maschera argentata e piumata.


Giannina ha avuto una bellissima idea. Quando ella ha aperto l’involto portato dall’amica ed ha visto quel che conteneva, stava per venir meno dall’emozione. Che importanza ha se le informazioni sulla provenienza del ventaglio sono state piuttosto evasive: il sigillo è quello di una delle migliori botteghe della città, e non ci è voluto l’occhio di un commerciante per comprendere che la fattura è ottima ed il prezzo che le ha chiesto Giannina è ridicolo. Come dice sempre suo padre: se un fornitore ti propone un buon prodotto, non indagare sul modo in cui se l’è procurato. Soprattutto se ti chiede pochi soldi. E ti serve a far colpo sui signori veri.


Come tutte le figlie di mercanti che si rispettino, Vittoria punta al matrimonio con un giovane della nobiltà. Quale, non ha importanza. Quel che conta davvero è che il suo sposalizio farà fare il salto definitivo alla sua famiglia. Suo padre ha fatto i soldi, ed a volte tira fuori l’idea di comprare una contea, ma sua madre insiste nel dire che l’unico modo davvero dignitoso di diventare nobile è sposare uno di loro, e lei è d’accordo.


Per la verità, i discorsi dei nobili la annoiano un po’, li trova difficili. Preferisce di gran lunga andare al mercato della domenica con Giannina. Ma qualche sacrificio si deve pur fare.


Così, quando, entrata nella sala da ballo, tra le varie maschere riconosce il Conte di Ripafratta, tutto intento a parlare con un gruppo di persone, non ci pensa due volte a raggiungerlo. Ed a mollare incautamente borsetta e ventaglio su una delle poltroncine imbottite.


Avete letto l’ultima opera di Voltaire?”

Conte! Non sarete anche voi un illuminista...

Ne ho letta una parte, ma sapete com’è, il francese...”

Però quell’idea finale sul coltivare il proprio giardino non è poi bislacca, per essere di un illuminista...”


Mentre ognuno degli invitati cerca di presentarsi al meglio e di dimostrare che ne sa di più degli altri, il valletto Fabrizio fa sparire il ventaglio e riserva loro uno sguardo sprezzante.

E allora coltivatevi da soli il giardino e pure l’orto, zucche vuote.


* * *


Venezia, febbraio 1760. Martedì Grasso. Ore 21. Palazzo del Barone Bastiano


Fabrizio ha un urgente bisogno di soldi, i suoi amici al tavolo da gioco stanno diventando piuttosto impazienti. Forse la figlia del padrone avrà pietà di lui e gli donerà qualche moneta in cambio di questo inutile gingillo.


Giacinta è seduta appena fuori dalle sue stanze, lontano dalla portata degli ospiti. Si è seduta un attimo per riprendersi. La cena è stata impegnativa, non osa immaginare quando inizieranno le danze. Quando finisce questo dannato Carnovale, a cui suo padre sembra tenere così tanto?

Se solo… no, non importa. Non è il caso di stare a rimuginare. Se una persona non ti degna di attenzioni, perché dovresti sprecare il tuo prezioso tempo a pensare a lei?


Fabrizio nota che il volto di Giacinta non è proprio, come dire, un Carnevale. Ma è solo quando la fanciulla schiude il ventaglio, incredula, che comprende con precisione la portata della sua idiozia. Che cosa gli è saltato in mente? Rubare agli ospiti del padrone e poi mostrare il maltolto alla figlia? Altro che moneta. È già tanto se non lo cacciano a calci. Inizia a sudare freddo.


Giacinta scruta seria il ventaglio e non dice niente. Poi, di colpo, rientra in camera sua, ne esce tenendo in mano una moneta, la dà a Fabrizio.

Sparisci” gli dice sottovoce. Il valletto corre via con il passo di chi è stato graziato.

Giacinta si rigira il ventaglio tra le mani. Almeno ora avrà di che fare durante la serata, si consola. Dovrà cercare di scoprire di chi è il ventaglio, e con discrezione, prima che a suo padre arrivi l’eco di quello che ha combinato Fabrizio.


Certo che è un gran bel ventaglio, e la servetta Colombina sembra quasi elegante. E c’è una scritta nell’angolo, in basso a destra, così piccola che ad una prima occhiata nessuno la vede. Per la baronessa Giacinta. Un presente dal Marchese Evaristo.


Giacinta è talmente stupefatta che il suo primo istinto è quello di arrabbiarsi. Quel serio, noioso, compassato affarista! Non ha fatto altro che ostentare indifferenza verso di lei per tutta la cena, quasi ella gli avesse fatto un inspiegabile torto. Per tutto il tempo Giacinta si è sentita sconfortata: non è forse questo l’atteggiamento che assumono gli uomini quando i loro favori sono passati ad un’altra donna? È arrivata persino a dirsi che non c’era niente di davvero importante di cui preoccuparsi: una ragazza abbiente come lei non ci avrebbe messo nulla per voltare pagina.

Ma quel ventaglio è lì, a dirle che, forse, è stato tutto un grande equivoco.



Il Marchese Evaristo è disperato. Al di sotto della sua triste maschera da Pantalone, non ha fatto altro, per tutta la sera, che evitare Giacinta. Certo, una sorpresa è tale per definizione, e la fanciulla stasera non si aspettava nulla da lui, ma la vergogna di aver perduto il ventaglio era troppa, e inspiegabile (si sa che la casa nasconde ma non ruba). Forse la soluzione migliore è dichiarare la sua sconfitta e lasciare in anticipo la serata.

Avete così tanta fretta, Marchese Evaristo?”

Pantalone/Evaristo si volta, incredulo. Di fronte a lui c’è la sua Colombina preferita, Giacinta. Con in mano il ventaglio.

Voi? Come avete avuto…?”

Il ventaglio? Temo che sia una lunga storia. Ma ditemi, a che cosa devo questo presente?”


FINE




Qualche nota:


1) Tutti i nomi dei personaggi sono tratti da opere di Goldoni, in particolare La trilogia della villeggiatura, La locandiera, Il ventaglio, Una delle ultime sere di Carnovale.


2) Il 1760 è anche l’anno di uscita della Trilogia della villeggiatura. Candido di Voltaire è invece del 1759.


3) Vi consiglio di accompagnare la lettura con l’ascolto del Carnevale di Venezia di Paganini, che trovate a questo link.




Questa volta ho voluto viaggiare con la fantasia fino al Carnevale di Venezia di qualche secolo fa :-) Che ne dite? Esperimento e follia?

Come sempre, grazie se avete letto fin qui, e fatemi sapere che cosa ne pensate!

Grazie per la lettura, al prossimo post :-)