giovedì 30 luglio 2020

I PREFERITI DI LUGLIO 2020

Tutto quello che mi è piaciuto in questo mese




Cari lettori,
anche il mese di luglio sta per terminare!

Non vi nego che per me è un mese passato in frettissima. Dopo i mesi primaverili forzatamente statici per tutti, a giugno ho ricominciato gradualmente a tornare alla normalità (come, credo, tanti di noi) e in queste settimane mi è parso di riassaporare davvero un po’ di libertà. Tra posti che ho finalmente rivisto dopo un po’ troppo tempo, compleanni importanti, piccoli e grandi cambiamenti in famiglia, i giorni sono volati. Come direbbero i Peanuts, le estati “corrono” rispetto agli inverni (o almeno, io a volte ho questa sensazione), ma giugno e luglio mi hanno regalato relax ed emozioni al tempo stesso, e abbiamo ancora davanti tutto agosto!

Nel frattempo, ricapitoliamo insieme tutto quello che mi è piaciuto, dai libri ai film, dalla musica alla poesia!



Il libro del mese


Una delle mie letture in riva al mare è stata una raccolta di racconti che mi ha portato in un mondo che non conoscevo. Si tratta di Gente in Aspromonte, un libro del 1930 di Corrado Alvaro, scrittore vissuto tra il 1895 e il 1956.

Questa raccolta di racconti, considerata la datazione e l’importanza dell’autore, che è stato anche giornalista e poeta ed ha vinto il premio Strega nel 1951, è considerabile un classico, ma ammetto che, nonostante i miei studi umanistici, ho colmato solo ora questa mia lacuna.

Corrado Alvaro, con questo romanzo, omaggia la sua terra e le sue origini: egli, infatti, è di San Luca, un piccolo paese nell’entroterra ionico calabrese, ai piedi dell’Aspromonte, in provincia di Reggio Calabria.


La raccolta è composta da tredici racconti: il primo, nonché il più lungo, è quello che dà il titolo. In queste storie, ambientate all’inizio del XX secolo, si delinea l’affresco di un’umanità varia, spinta però dal desiderio di sopravvivere nonostante le difficoltà della vita e da un senso di disperazione, di tragedia imminente che deve essere evitata, ma dalla quale non sempre si riesce a sfuggire.

Una famiglia di pastori sottomessa ai signorotti locali decide di far studiare uno dei suoi figli come prete, pensando che solo l’istruzione possa contrastare la loro prepotenza; alcune donne lottano per la loro indipendenza, anche se sono compagne non legittime, figlie non ascoltate, mogli timorose; dei poveracci in cerca di fortuna sperano di trovare un tesoro e quando l'hanno sotto gli occhi non se ne rendono nemmeno conto; alcuni amici e concittadini si sfidano in esibizioni di virilità che diventano gare mortali.


Sullo sfondo di queste vicende c’è il panorama dell’Aspromonte, tanto impervio quanto affascinante. Le descrizioni sono meravigliose: dettagliate, poetiche, quasi liriche.

Forse non è una delle letture più semplici per qualche pomeriggio estivo, ma ne vale assolutamente la pena, perché, come già detto, è un classico meno studiato di altri. 
Per chi ama l’estate in montagna, poi, è una lettura irrinunciabile!



Il film del mese


Avevo letto la trilogia di Divergent di Veronica Roth (composta dal romanzo omonimo e dai seguiti Insurgent e Allegiant) qualche anno fa e, pur non essendo una lettrice assidua di young adult, ricordo di averlo davvero apprezzato.

Tuttavia, in questi anni non ho mai visto il film tratto dal romanzo, soprattutto perché più di una persona mi aveva detto che sarei rimasta delusa. In queste settimane sono riuscita a recuperarlo e, a sorpresa, sono contenta di averlo fatto.


La storia è fedele a quella del romanzo: ci troviamo negli Stati Uniti, in un futuro post-apocalittico, dopo una guerra che ha sconvolto il mondo occidentale ed ha isolato le città americane più importanti all’interno di altissime recinzioni.

Beatrice Prior, la protagonista della storia, vive in una di queste metropoli, i cui abitanti sono stati divisi in cinque fazioni, a seconda della principale caratteristica della persona. I Candidi, schietti e sinceri, amministrano la giustizia; i Pacifici, tranquilli come il loro nome, si occupano di agricoltura e allevamento; gli Eruditi, i più portati per lo studio, lavorano come insegnanti e ricercatori; gli Abneganti, fazione di Beatrice e della sua famiglia, sono generosi, quindi compiono opere di carità, ma a loro è stato affidato anche il governo (secondo me, sono una sorta di metafora della Chiesa); gli Intrepidi, infine, sono i soldati ed i poliziotti della città, spinti dal coraggio.

Il motto della città è “la fazione prima del sangue” ed i figli, una volta compiuto il sedicesimo anno di età, si ritrovano a scegliere la loro destinazione definitiva in una pubblica cerimonia, allontanandosi anche dai genitori, se necessario.


Il giorno del test attitudinale, però, Beatrice ha una brutta sorpresa: il suo risultato...non c’è. Ella è una dei cosiddetti Divergenti, ovvero le persone che non hanno una caratteristica dominante, ma hanno tante qualità differenti: nello specifico, Beatrice risulta in parte Abnegante, in parte Erudita, in parte Intrepida.

La sua prima decisione è quella di continuare a nascondersi nella fazione degli Abneganti, la più semplice in cui restare, la più accogliente. Quando il fratello, durante la cerimonia, sceglie gli Eruditi, rivali storici della sua fazione d’origine, si convince sempre più di dover essere la “figlia che deve restare”… ma all’ultimo secondo non può fare a meno di pensare che, se rimane dov’è, non capirà mai chi è veramente, ed alla fine opta per la sua terza scelta: gli Intrepidi, che ha sempre segretamente ammirato.

C’è un solo problema: non si tratta di una fazione come le altre, in cui si viene semplicemente accolti. Le selezioni per diventare un vero Intrepido sono durissime: c’è un lungo allenamento fisico e mentale da superare, tra ore massacranti di palestra, combattimenti, prove di coraggio, simulazioni delle proprie paure da sconfiggere.
Beatrice, ribattezzata Tris, si fa dei nuovi amici ed inizia a provare una forte attrazione per il suo istruttore Quattro, ma deve anche affrontare la cattiveria dei capi, le gelosie di alcuni compagni di fazione e soprattutto la paura di non passare la selezione e di diventare una degli Esclusi, i vagabondi senza fazione.

Inoltre, gli Eruditi tramano nell’ombra per rovesciare il governo degli Abneganti e il loro capo, Jeanine, inizia a studiare un piano per eliminare i Divergenti come Tris, che sono ritenuti poco controllabili e quindi pericolosi.


Volendo trovare un difetto a questo film, potremmo dire che, in effetti, alcune scene d’azione non possono essere definite in altro modo se non americanate. La stessa Tris, che nei primi dieci minuti del film, tra vestitone grigio, cappotto, scarponi e chignon sembra una delle nostre prozie negli anni ‘30 e poi all’improvviso diventa una super bella tatuata e muscolosa, forse non risulta sempre credibile.

Tuttavia, al di là degli elementi di puro intrattenimento, i messaggi importanti del romanzo vengono resi bene nel film. 

Resta l’idea di base: chi non appartiene ad una sola categoria, chi è una persona formata da tante diverse caratteristiche, sfugge al controllo del sistema che lo/a vuole intrappolare e si rende conto che le manipolazioni a cui è sottoposto non sono reali. Interessante anche la scelta degli Eruditi come nemici (anche se in Insurgent e in Allegiant le cose si complicheranno): chi studia in modo nozionistico, senza meditare ciò che apprende nella mente e nel cuore, presto o tardi metterà la propria erudizione al servizio di poteri più grandi. Gli Intrepidi, dal canto loro, risultano ciechi nella loro ricerca di un coraggio assoluto, che non tenga conto della normalità dell’avere paura, della legittima fragilità dell’essere umani. Gli Abneganti, infine, proprio come l’istituzione che sembrano richiamare, pur di preservare la loro immagine innocente e generosa, nascondono al loro interno persone che si sono macchiate di abusi vergognosi.


Vorrei recuperare anche gli altri film ispirati dai romanzi (anche se mi hanno detto che la seconda parte di Allegiant è stata purtroppo cancellata): vi farò sapere se la mia impressione resterà positiva!



La musica del mese


Nei preferiti di giugno ho inserito una parte dedicata al nuovo disco di Nek, cantante che, come ormai saprete, adoro (trovate il link qui). 

Di certo, però, non mi aspettavo che il 24 luglio sarebbe arrivata una sorpresa dall’altra mia preferita di sempre: Taylor Swift. Contrariamente al suo solito, senza alcuna promozione, con un solo giorno di preavviso, è uscito il suo ottavo album, Folklore, concepito e creato durante la quarantena primaverile. Come forse ricorderete, io avevo apprezzato moltissimo il suo settimo album, Lover (del quale ho parlato qui), perché lo avevo sentito come un ritorno alle sue canzoni “vecchia maniera” e perché mi erano piaciuti tanto i testi. Posso però tranquillamente dire che con Folklore Taylor ha, per l’ennesima volta, superato se stessa.


Innanzitutto, con questo disco si è accostata al terzo genere della sua carriera: dopo due dischi country, due country-pop e tre puramente pop, è iniziata una sua transizione verso il folk e l’alternative, ma sempre con la dolcezza nelle melodie che la contraddistingue. Inoltre, io, viste le premesse (assenza di pubblicità e di singoli radio-friendly) mi aspettavo qualcosa di più acustico ed intimo di altri suoi lavori, ma davvero non avrei sperato in un simile estro creativo nei testi.

Taylor ha raccontato, nella lettera introduttiva che accompagna ogni suo album, che tutto è nato da una serie di immagini e di sogni, e che dopo tanti dischi in cui ha parlato prevalentemente di sé è nato in lei il desiderio di inventare delle storie, con protagonisti reali o di fantasia.


Come già fatto con Lover, ho pensato di dividere le sedici tracce del disco in più categorie, in modo da dare un’idea dei temi che vengono trattati. Spero di incuriosirvi!


Storie più intime: anche se tante storie che Taylor racconta in questo disco non la riguardano direttamente, un suo album non può considerarsi tale se non ci sono tracce in cui ella può raccontarsi direttamente. Stavolta la modalità “diario segreto” che tanto piace a noi fan della prima ora ha lasciato il posto a una narrazione più sfumata, ma l’intensità delle riflessioni e dei messaggi resta invariata. Mirrorball, per esempio, è un brano in cui ella analizza il suo comportamento nelle relazioni ed ammette di non essere una persona a cui viene naturale viverle con serenità, ma che almeno prova a farlo. Riflessioni di questo tipo ci sono anche in This is me trying, una canzone in cui la protagonista afferma di essersi creata da sola delle gabbie mentali e di aver imprigionato il suo potenziale. Invisible string è invece una canzone più allegra, che gioca con il significato dei colori e pone l’accento sui piccoli miracoli che può fare il tempo. Peace, infine, presenta il contrasto tra pensieri ed aspettative in una relazione (di amicizia o d’amore) e la realtà, che non permette mai di essere davvero “in pace” al 100%.


Storie di bambini ed adolescenti: Tre canzoni del disco sono legate tra loro e raccontano la storia di due diciassettenni, Betty e James, del loro amore, dei loro errori dettati dalla giovane età e del loro desiderio di restare insieme. Cardigan, il brano che è stato scelto come singolo, narra la loro storia dal punto di vista di lei, per simboli ed immagini. August, un intenso brano estivo, racconta la vicenda dal punto di vista della ragazza che si è intromessa tra loro, mentre Betty, una canzone che strizza l’occhio al vecchio stile country di Taylor, è la versione di lui. In questa categoria inserirei anche Seven, la storia di una bambina che vive una difficile situazione familiare, raccontata però dal punto di vista di una sua amichetta.


Storie d’amore “stracciacuore”: Che cosa faremmo noi fan se Taylor un giorno saltasse a pié pari questa categoria? Non saprei davvero. Ciò che è certo è che in questo disco ha deciso di darci delle belle soddisfazioni. Exile, che è una collaborazione con un gruppo che non conosco ma che già mi piace, è uno struggente confronto tra un uomo e una donna che non si trovano più l’uno con l’altra. Hoax è il giuramento di una donna che piange il suo uomo su una scogliera. Illicit affairs racconta il più classico degli amori clandestini e le sofferenze che ne derivano. Mad woman narra di un tradimento e dei sentimenti contrastanti che prova una donna che è stata ferita. Tuttavia l’esperimento più interessante, secondo me, è My tears ricochet, una storia raccontata da un punto di vista del tutto originale: il fantasma di una donna che vede arrivare alla sua commemorazione funebre un uomo che in vita le ha fatto del male. Non a caso è la “traccia 5” del disco (quella più drammatica, per implicito accordo tra Taylor e noi).


Storie vere: Credo che tre tracce del disco possano rientrare in questa categoria. Una è The 1, la narrazione di una storia d’amore vissuta con leggerezza ma finita in modo imprevisto, che però fa parecchi riferimenti ai “ruggenti anni ‘20” e al lanciare monetine in una fontana, forse a Roma. Non sono sicura che parli di persone realmente esistite ma mi piace pensarla così. Nessun dubbio, invece, su Epiphany, che racconta, in modo romanzato, la storia del nonno di Taylor, che si è trovato in una zona di guerra nel ‘42.  I questo brano ci sono anche dei riferimenti all'emergenza Covid, che viene considerata come un altro genere di guerra. Infine c’è The last great American dynasty, canzone che per ora è la mia preferita del disco: è la storia degli ex proprietari della casa al mare di Taylor in Rhode Island, e devo ammettere che, nonostante tutte le canzoni stracciacuore del disco, da proprietaria di casetta che prima era dei miei zii e da cultrice della casa di famiglia al mare ho finito per commuovermi con questa. 
Vi lascio un pezzetto di testo:


Loro avevano comprato una casa
l’avevano chiamata “Casa vacanze”
le loro feste erano piacevoli, forse un po’ chiassose
Cinquant’anni sono un tempo lungo,
la Casa Vacanze restava seduta quietamente su quella spiaggia
libera da donne folli, dai loro mariti, dalle cattive abitudini
e poi è stata comprata da me!
Chissà, se non mi fossi mai presentata, che cosa sarebbe successo
così ecco arrivata la più donna più rumorosa
che questa città abbia mai visto
mi sono divertita tanto a rovinare tutto



La poesia del mese



Per il mese di luglio ho scelto un componimento del poeta Sandor Petofi dal titolo Io sarò albero. In questa poesia l’amore è narrato tramite delle immagini legate alla natura, con un tono lirico, che vira verso il drammatico solo alla fine.


Sarò albero se ti farai
fiore d’un albero:
se rugiada sarai mi farò fiore.
Rugiada diverrò se tu sarai
raggio di sole:
così, mio amore, noi ci uniremo.
Se, mia fanciulla, tu sarai cielo,
io diverrò, allora, una stella:
se, mia fanciulla, tu sarai inferno,
io per amarti mi dannerò.



Le foto del mese


A partire dagli ultimi giorni di giugno, e poi per un po’ di giorni in luglio, sono riuscita a tornare in un posto che non vedevo dal 7 gennaio e che mi mancava decisamente troppo. Sto parlando della “mia” Varazze, un luogo del cuore che ormai vi ho ampiamente descritto nei miei post e che ho perfino omaggiato, insieme al resto della Riviera ligure, nel mio racconto di giugno. Stessa spiaggia stesso mare, lo so. Però quest’anno la guardavo e non ci credevo…



Rivedere Varazze ha significato anche tornare alla mia amata Passeggiata Europa, che ho percorso in una mattinata che mi sembrava grigia e poco promettente. Poi il sole ha fatto capolino tra le nubi…



Così come giugno, anche luglio è stato un mese ricco per me e per le persone che mi sono più care. Il mio papà neo-pensionato è arrivato al traguardo dei 60 anni; le mie tre amiche più strette hanno compiuto tutte gli anni tra gli ultimi giorni di giugno e la scorsa settimana; la nuova casa di mio fratello ha preso forma quasi del tutto… Qualche pasticcino ci sta, no? (Vi pregherei di notare i pregevoli cannoli al pistacchio… ho scoperto che esistono!)



Vi ricordate Dora e Panna, le conigliette di mio fratello e della sua fidanzata? Ve le avevo presentate in questo post! Sono tornate a farci visita… cresciute e affamate!




Ecco il mio luglio in un post!
Voi che mi raccontate? Siete in vacanza o ci andrete?
Quali libri, film, canzoni, serie tv vi hanno tenuto compagnia in queste settimane?
Spero che tutti voi stiate bene e che vi stiate pian piano riappropriando della vecchia quotidianità, o che, perché no, stiate scoprendo nuove libertà.
Grazie per la lettura, ci risentiamo brevemente in agosto per augurarci buone vacanze e poi il blog andrà in pausa estiva come ogni anno! 
Nel frattempo vi auguro buon weekend :-)

lunedì 27 luglio 2020

ORGOGLIO E PREGIUDIZIO

Recensioni classici  #2




Cari lettori,
è di nuovo “Il momento dei classici” e, dopo il post dedicato ad Anna Karenina, oggi vi recensisco un altro grande classico della letteratura: Orgoglio e pregiudizio.

La mia storia con questo classico è un po’ particolare: da sempre grande fan del film del 2005, che mi ha folgorato quando non avevo nemmeno 16 anni, durante gli anni del liceo avevo letto una riduzione per ragazzi. Negli ultimi anni ho pensato più volte di effettuare una lettura integrale da adulta, ma gli impegni relativi al blog ed il desiderio di dedicarmi a nuove uscite ed autori preferiti mi hanno sempre bloccato. 

Il periodo di stop forzato che abbiamo vissuto questa primavera, però, mi è venuto incontro e, grazie anche alla disponibilità dei classici in formato ebook, sono finalmente riuscita a rileggere con la giusta attenzione questo capolavoro.


Ho notato che nell'ultimo periodo Jane Austen è tornata molto di moda, anche grazie ad una collana illustrata che è stata venduta nelle edicole nel corso degli ultimi mesi. A giudicare da ciò che spesso leggo su vari blog e sulle pagine social dedicate ai libri, però, si tratta di un’autrice sempre nei cuori di moltissimi lettori (soprattutto lettrici).

Vediamo meglio insieme Orgoglio e pregiudizio!



Una famiglia, cinque figlie, tante difficoltà


La storia raccontata è ambientata nel XIX secolo nelle campagne appena fuori Londra, dove vivono molte famiglie appartenenti ad una classe sociale media: persone che possono permettersi di pagare la servitù e di vivere grazie a rendite territoriali, ma che comunque non godono dei privilegi della nobiltà.

Uno dei nuclei familiari più numerosi della zona è quello dei Bennet, composto da padre, madre e ben cinque figlie, di cui due in età da marito e tre quasi.

La madre di famiglia, una donna semplice ed allegra, ma anche pettegola e piuttosto invadente, ha un unico pensiero: “sistemare” le cinque figlie con un buon matrimonio e far sposare almeno una di loro con un uomo di una classe sociale superiore. Il padre, invece, riservato ed ironico, passa le giornate in biblioteca ad occuparsi dei suoi affari ed a leggere, e proprio per questi suoi interessi di tipo intellettuale ha da sempre un legame speciale con la sua secondogenita, Elizabeth.

Quest’ultima, a sua volta, è molto legata alla maggiore delle sorelle Bennet, Jane, una ragazza molto buona ed un po’ ingenua. Le due hanno grande confidenza, mentre non riescono ad avere un rapporto profondo con le altre tre sorelle, la timidissima e pedante Mary e le frivole Kitty e Lydia.


La vita delle sorelle Bennet cambia quando la vicina tenuta di campagna di Netherfield viene affittata da un giovane scapolo della nobiltà londinese, Mr Bingley. Egli si presenta ad un ballo insieme alle due sorelle, una sposata e l’altra sola, al cognato Mr Hurst ed all’amico di sempre Mr Darcy, un personaggio di spicco della società inglese, dalle ricchezze che ammontano quasi al doppio di quelle di Mr Bingley.

Jane e Bingley si piacciono subito, mentre Mr Darcy rifiuta sdegnosamente di danzare con Elizabeth (e con chiunque altro). Jane inizia a frequentare Netherfield regolarmente, ma Lizzie, che vede oltre l’entusiastica bontà della sorella, si rende conto che Mr Bingley è l’unico che abbia davvero il piacere di frequentare la loro famiglia. Le due sorelle, infatti, fingono con Jane un’amicizia che non è affatto sincera, e Mr Darcy non fa che restare sulle sue.


Lui ed Elizabeth, loro malgrado, iniziano a conoscersi per il bene dell’amico e della sorella, e, a poco a poco, si rendono conto di provare dei sentimenti l’uno per l’altra, ma la nascita del loro amore è destinata a scontrarsi con moltissimi ostacoli: il pastore Mr Collins, cugino di Mr Bennet, intenzionato a sposarsi a tutti i costi con una delle signorine della famiglia; un ufficiale dell’esercito, Mr Wickham, che affascina Elizabeth, ma nasconde più di un segreto; i perfidi piani di Miss Bingley, da sempre innamorata di Mr Darcy… ed altro ancora.



Due caratteri simili in rotta di collisione


Il cuore di Orgoglio e pregiudizio, com’è universalmente noto, è l’amore che nasce tra Elizabeth e Mr Darcy: un sentimento che, pagina dopo pagina, cresce lentamente, anche per via delle ritrosie personali dei due protagonisti.

Mr Darcy rappresenta l’orgoglio: egli, come dice nella parte finale del romanzo, ha sempre vissuto a Pemberley, una delle più belle residenze d’Inghilterra, ed i suoi genitori, pur amando lui e la sorella e crescendoli con affetto, gli hanno insegnato diritti e doveri di chi, come lui, è erede di una delle più importanti famiglie del Regno Unito. Mr Darcy non se ne rende conto, perché è una persona che punta più alla sostanza che all’apparenza, ma i suoi modi di fare orgogliosi e scostanti, frutto della sua educazione, lo rendono spesso inviso nelle occasioni pubbliche. 

Nel descrivere l’atteggiamento di Mr Darcy e delle persone che gli sono intorno, l’autrice è volutamente ironica: ella, infatti, pone in contrasto l’integrità morale dell’uomo, che tiene molto ad essere una persona giusta e rispettabile, e la superficialità della maggior parte dei nobili e borghesi di campagna, che si preoccupano solo del “contegno”, della chiacchiera di circostanza, della disponibilità nel ballare. Dopo la sua prima sera in pubblico, egli viene subito bollato come un personaggio “da evitare” per futilissimi motivi, ed il fatto che Elizabeth appartenga ad una famiglia che, con l’eccezione di Jane e talvolta di Mr Bennet, non fa che essere chiassosa ed invadente, certamente non aiuta il suo carattere introverso a fare un passo verso di lei.


Elizabeth, d’altra parte, rappresenta il pregiudizio: come tante persone intorno a lei, ella si sente offesa dal primo rifiuto di Mr Darcy a danzare, e, quando sente che egli la trova appena passabile, decide immediatamente di evitarlo. Ciò che però radica davvero il suo pregiudizio, tuttavia, è la paura che Jane possa venire illusa e poi abbandonata da Bingley e dalle persone intorno a lui: ella sente la falsità nelle parole delle sorelle, l’indifferenza del cognato, l’atteggiamento scostante di Mr Darcy, e non può fare a meno di pensare che loro e gli altri nobili considerino le persone come lei e Jane destinate comunque ad essere inferiori.
Ai pregiudizi di tipo sociale dovuti alle tante differenze tra nobiltà e borghesia se ne aggiungono altri di carattere privato, dovuti ad alcune confidenze che Mr Wickham fa ad Elizabeth… confidenze che, però, nascondono tutt’altra verità.


In definitiva, Mr Darcy ed Elizabeth, senza rendersene conto, sono più simili di quanto potrebbe sembrare: entrambi sono infastiditi dall’ipocrisia di alcune situazioni pubbliche; entrambi agiscono con decisione per il bene di chi amano veramente, come gli amici e le rispettive sorelle; entrambi, infine, hanno un atteggiamento riservato che nasconde pensieri molto più profondi di quelli della maggior parte dei loro conoscenti. Quando essi si renderanno conto di questa somiglianza, potranno finalmente vivere il loro lieto fine.



Società del tempo ed ironia austeniana


Se Elizabeth e Mr Darcy sono due protagonisti “a tutto tondo”, che cambiano profondamente nel corso del romanzo, gli altri personaggi del romanzo, pur essendo a loro volta soggetti ad un’evoluzione, sono comunque più statici, e questo perché ognuno di loro rappresenta una tipologia della società inglese del tempo.

Jane, ad esempio, è l’incarnazione di molte fanciulle del tempo, cresciute con ideali romantici ed istruite a cercare un buon matrimonio, che però non sono state minimamente avvisate di quali difficoltà potrebbero presentarsi sul loro percorso. Jane pensa che basti essere innamorate e ricambiate per essere felici per tutta la vita, ma nessuno le ha insegnato a non tenersi tutto nel cuore, a farsi avanti, a difendersi da chi è invidiosa della sua gioia. 

Mr Bingley, d’altra parte, rappresenta i tanti giovani di buon cuore ma un po’ influenzabili che finiscono per farsi comandare a bacchetta da donne di famiglia gelose e prepotenti, ed è per questo motivo che il suo amore per Jane, proprio come quello di Darcy ed Elizabeth, dovrà affrontare molti ostacoli prima di un felice coronamento.

Mr Wickham, invece, è l’opposto di Mr Darcy: un giovanotto dalle belle maniere e dal buon carattere, che conquista tutti in società, per poi approfittarsene e fuggire dopo aver collezionato figuracce e debiti. Jane Austen, con garbo ed apparente leggerezza, non manca di rimproverare duramente i cosiddetti “amici” di Mr Wickham, che passavano con lui ogni minuto quando era popolare e che, nel momento in cui viene smascherato, ci tengono a far sapere che hanno interrotto qualsiasi rapporto con lui e che, anzi, a loro, sotto sotto, non era mai piaciuto. 

Una delle tematiche che mi piace maggiormente di Jane Austen è la sua tenace critica nei confronti delle cosiddette “infatuazioni”, sia in amicizia ed in società che in amore. Nei suoi romanzi, chi piace subito tantissimo a tutti nasconde sicuramente qualcosa di poco piacevole, e ben presto verrà abbandonato da chi segue i dettami capricciosi della società, sempre in cerca di un altro idolo; invece, tra persone oneste, che si presentano con pregi e difetti ma non abbandonano i loro saldi principi, possono nascere, con tempo e pazienza, sentimenti autentici.


Altri personaggi del romanzo sono ancora più statici, quasi da “commedia dell’arte”. I signori Bennet ne sono un esempio: la madre è l’archetipo della signora borghese con figlie femmine da sistemare, sempre preoccupata di migliorare le condizioni economiche della famiglia tramite un’unione vantaggiosa; il padre, invece, visto attraverso gli occhi di Elizabeth, che ne apprezza l’intelligenza e l’ironia, sembra la voce della ragione, ma l’autrice non manca di metterne in mostra i difetti, come l’indifferenza nei confronti delle figlie che ritiene diverse da lui o la sua tendenza a cercare sempre e comunque il “quieto vivere”.

Anche Mr Collins e la sua patronessa, Lady Catherine, rappresentano rispettivamente i leccapiedi dell’alta società che nascondono (non troppo abilmente) la loro ipocrisia ed i nobili che si autocelebrano facendo della opinabile e classista “beneficenza” nei confronti di chi appartiene ad una classe sociale inferiore. 

Ed il fatto che alla fine Mr Collins sposi Charlotte Lucas, vecchia amica di Elizabeth, fa pensare a quanto potessero essere disperate, al tempo, le ragazze che si avvicinavano ai trent’anni e non volevano essere un peso o una delusione per i loro genitori.



Varie trasposizioni della storia di Elizabeth e Mr Darcy


Come già detto all’inizio del post, la migliore trasposizione cinematografica di Orgoglio e pregiudizio è, secondo me, il film del 2005 di Joe Wright, regista anche della pellicola Anna Karenina della quale vi avevo parlato nella scorsa recensione classica.

So che tanti di voi sono fan anche della vecchia fiction della BBC con Colin Firth, che purtroppo a me manca. Voi l’avete vista? Che ne pensate?

La storia di Elizabeth e Mr Darcy non è stata solo trasposta fedelmente sul grande schermo, ma è anche soggetto di nuove interpretazioni e retelling. 

Uno dei più noti è quello di Helen Fielding con Il diario di Bridget Jones: l’arguta e sensibile Lizzie diventa l’imbranata Bridget, alla prese con le nevrosi del XXI secolo; il protagonista maschile è il riservato avvocato Mark Darcy; il “Mr Wickham” della situazione, invece, è il capo di Bridget, Daniel Cleaver, un editore estroverso e brillante, ma anche inaffidabile e donnaiolo. In questo post parlo meglio di Bridget e Mark, una coppia che mi ha sempre divertito, sia nei libri che sugli schermi.




Orgoglio e pregiudizio è un classico che, immagino, quasi tutti noi conosciamo almeno un po’… quindi oggi, ancora più delle altre volte, attendo il vostro parere!
Elizabeth e Mr Darcy sono tra le vostre coppie preferite o vi piacciono di più altre storie della Austen? Che cosa ne pensate di questo classico senza tempo?
Qual è la vostra trasposizione cinematografica preferita?
Avete dei retelling interessanti da segnalarmi?
Fatemi sapere!
Grazie per la lettura, al prossimo post :-)

giovedì 23 luglio 2020

LO SCONOSCIUTO

Storytelling chronicles: luglio 2020




Cari lettori,
bentornati all’appuntamento mensile con la scrittura creativa e con la rubrica “Storytelling chronicles”, ideata da Lara de “La nicchia letteraria”!

Questo è ormai il quinto mese in cui vi propongo un racconto inventato e scritto da me. A marzo abbiamo parlato della figura del papà, ad aprile abbiamo immaginato una storia per una foresta di giorno, a maggio abbiamo lasciato tema libero con un’eventuale predilezione per la prima persona, a giugno vi abbiamo accompagnato al mare.


Il tema di luglio è, forse, un po’ più impegnativo: il nostro compito, infatti, è stato quello di partire da un incipit creato da Stephanie, una delle ragazze del gruppo. Trovate l’incipit in corsivo e sottolineato all’inizio del mio racconto (anche se era possibile sia la narrazione in prima che quella in terza persona).

La mia storia si intitola Lo sconosciuto e spero che vi piacerà! Mi sono resa conto, scrivendo, che, per la terza volta in pochi mesi, vi porto in riva al mare… probabilmente è l’influsso della bella stagione! Se avrete pazienza di seguirmi anche in autunno e inverno, magari ci sposteremo insieme in città, in montagna sotto la neve, sui colli per la vendemmia… chi lo sa! Vi lascio al racconto...



Lo sconosciuto



Afferro al volo il pezzo di carta stropicciata che il vento ha trascinato fino ai piedi della panchina; acciuffato, lo apro e ne leggo il contenuto. E nell’esatto istante in cui quella serie di lettere, messa l’una dopo l’altra precisamente in quell’ordine, attraversano i miei occhi e arrivano alla testa e da lì, in una corsa impetuosa, dritte al cuore, il tempo si ferma.

Resto a osservare quella frase in elegante corsivo per minuti interi, o forse per mezza giornata. Non so quanto tempo sia passato da quando sono lì, sola, su una panca di pietra che costeggia uno dei sentieri sterrati che dividono in più sezioni il mio giardino. Sono circondata da fiori dai colori vivaci che testimoniano l’arrivo dell’estate; i grandi pini marittimi mi proteggono dal sole, che filtra dove i rami sono meno fitti e rende la strada quasi dorata; il dolce soffio di vento che ha portato con sé quel terribile biglietto continua a trasportare, indifferente, il profumo del mare. 
Io, però, riesco solo a pensare: allora è così che deve finire.


* * *


Sono nata e cresciuta lontano da quest’isola, ma il mare è sempre stato il mio elemento. La mia storia non è diversa da quella di tante altre donne: un padre celebre e dalle tante ricchezze che però non ha avuto tempo e modo di occuparsi di me, e una madre che mi ha insegnato tutto quello che so, soprattutto il desiderio di indipendenza. Così, quando l’età me l’ha permesso, ho potuto sfruttare il buon nome e le sostanze di mio padre e mi sono stabilita qui. Sono lontana da mia madre e dalle mie sorelle, ma loro hanno la possibilità di raggiungermi come e quando lo desiderano. 
Ultimamente ho avuto tanto bisogno di loro… specie quando mi sentivo sola anche se ero in compagnia, una delle peggiori situazioni al mondo.

Su quest'isola ho iniziato una nuova vita che ha sorpreso perfino me stessa. Mi sono dedicata alla cultura, alla moda, alla tutela dell’ambiente e della natura: tutte attività prevalentemente femminili, ma impossibili da svolgere in autonomia da dove provengo. Qui le mie piccole attività imprenditoriali sono molto apprezzate: in tanti mi hanno definito una filantropa, una benefattrice.


In città questa mia voglia di autonomia sarebbe stata malvista: per quanto i nostri politici si ostinino a sgolarsi ripetendo le parole democrazia e libertà durante i discorsi, per quanto negli anni alcune lotte a favore della famiglia siano state vinte, le donne, specie quelle dell’alta società, sono ancora considerate, prima di tutto, mogli e madri.

Desideravo soprattutto allontanarmi dal mio ambiente, quello dei più potenti: un covo di donne tradite e rancorose, di uomini dediti soltanto ad affari e piaceri, di figli illegittimi in cerca di riscatto e scalate sociali, di nemici pericolosi e scelte dettate puramente dall’interesse.


Anche se il biglietto che continuo ad accartocciare tra le mani mi ricorda, beffardo, che forse non si può mai fuggire davvero da quel che si è, non posso negare che i primi anni sull'isola siano stati meravigliosi. Lavoravo a quel che amavo, mi godevo i boschi e il mare, la sera mi rilassavo con la mia musica preferita. Negli ultimi tempi, però, qualcosa è cambiato.


* * *


In un giorno lontano, che però mi sembra ieri, stavo passeggiando lungo la spiaggia. Il pomeriggio volgeva al termine, il sole stava scomparendo oltre l’orizzonte, la luce arancione si rifletteva sull’acqua. All’improvviso, un’onda insolitamente alta in quella sera di bonaccia aveva restituito alla sabbia quello che sembrava un tronco… che però, sorprendentemente, aveva iniziato a muoversi. Ero corsa lì, spaventata e incuriosita, e mi ero resa conto che si trattava di un uomo. Aveva un aspetto orribile: era coperto di salsedine, la barba era lunga, i vestiti erano stracciati, e, soprattutto, sembrava allo stremo delle forze. Avevo subito chiamato i miei collaboratori perché lo portassero a casa mia e facessero venire un medico.

Purtroppo sapevo che prima o poi sarebbe successo: negli ultimi decenni, il nostro splendido Mar Ionio, un tempo tramite di fiorenti commerci e viaggi di piacere, è diventato la via di fuga privilegiata per tanti poveracci che cercano fortuna altrove. Noi privilegiati che viviamo in pace non ce ne rendiamo sempre conto, ma i conflitti di questi ultimi anni sono stati sanguinosi e distruttivi, e questi disperati che ora ci sembrano tutti uguali sono stati obbligati a lasciare lavori, famiglie, magari posizioni che nel loro mondo erano importanti… ed ora, avendo perso tutto a causa dell’ultima, terribile guerra, si accontentano di un posto sicuro e di una vita precaria.


Dopo pochi giorni, lo sconosciuto arrivato dal mare si era ripreso. Aveva dimostrato subito di essere un uomo forte e avvezzo alle fatiche. Mi aveva raccontato il suo lungo viaggio per arrivare fin qui: una storia fatta di speranze disilluse, ostacoli insormontabili, amici perduti per sempre. Guardava il mare con terrore, come se l’acqua fosse per lui simbolo di pericolo, di morte.


* * *


C’era qualcosa in lui che mi affascinava. Non era particolarmente bello, ma aveva un atteggiamento saggio e posato che mi infondeva tranquillità, e gli occhi brillanti comunicavano una vivace intelligenza. Per la prima volta nella mia vita mi ero ritrovata a non dormire pensando alle sue parole, ad attendere l’orario dei pasti per vederlo, a pensare con insolita urgenza ad un modo per farlo restare qui.

Poiché ero sempre stata una delle personalità più in vista del luogo, offrirgli un’occasione era stato molto semplice: lo avevo messo a lavorare in una delle mie piccole attività, e gli avevo offerto una casupola nel giardino di casa mia. Lui aveva accettato il mio aiuto, ma aveva messo subito in chiaro che il suo soggiorno sarebbe stato temporaneo.

Non capivo il perché di tanta fretta, ma avevo immaginato che egli avesse qualcosa, o qualcuno di importante a cui tornare. Con il passare dei giorni, tra noi era nata una sorta di relazione, ma il mio amore sembrava non dargli la felicità che cercava. Anche nei nostri momenti più intimi era distratto, quasi triste.


Mi aveva raccontato che proveniva da un piccolo Stato nel quale, in tempi di pace, faceva una vita importante dal punto di vista pubblico e agiata da quello privato. Più volte, rigirandomi nel letto, ascoltando i richiami delle civette notturne, avevo pensato che gli mancasse la vita che aveva condotto prima della guerra, ma in cuor mio sapevo che non era tutto.

Una sera, davanti al fuoco, mi aveva confessato la verità, quella che ormai avevo intuito già da sola: c’era una moglie che lo aspettava a casa. Ricordo che quella sera avevo provato una grande vergogna per me stessa, perché mi ero ripromessa tante volte di non innamorarmi mai di un uomo sposato, ma capivo che ormai era accaduto e non c’era più niente da fare, se non, forse, tentare di dimenticarlo.
Finché fosse rimasto qui con me, sarebbe stato impossibile scordarsi di lui. La soluzione più saggia sarebbe stata fornirgli mezzi e sostanze per ripartire.
Sì, perché era proprio questo che il mio amato ospite desiderava disperatamente fare: riprendere la via del mare, anche se mi aveva ripetuto più volte che in acqua per lui c’erano solo terrore e distruzione.


* * *


Ora che ripenso a questa dolorosa vicenda e sono consapevole che sta per arrivare la fine, mi piacerebbe poter dire a me stessa che sono stata matura e responsabile, ma non posso mentire, nemmeno davanti allo specchio. Ho avuto paura. Ho temuto per la sua vita e per me. È stato così che ho cercato in tutti i modi di tenerlo legato a me.
Delle volte mi inventavo un problema riguardante le mie attività e gli chiedevo di occuparsene; altre volte ho provato a offrirgli una posizione di responsabilità, ancora più importante di quella che aveva nella sua città; altre ancora ho pianto, ho supplicato senza ritegno, ho cercato di convincerlo che quello che avevamo fosse amore.

Non so quanto tempo sia passato da quando egli mi ha comunicato per la prima volta la sua intenzione di andare via. Alcuni direbbero che è molto, per me è sempre troppo poco. Lui è rimasto, ma è iniziato a cambiare. L’uomo intelligente, sagace, intraprendente che avevo conosciuto ha iniziato a scomparire. Giorno dopo giorno, egli è diventato sempre più nervoso, malinconico, talvolta incline al pianto.

Una volta l’ho sentito sussurrare, rivolto alle onde: quest’isola succhia via tutto quello che sono (1).


Anche adesso che, non so come, ho trovato la forza di alzarmi dalla panca di pietra nella boscaglia, mi ritrovo per l’ennesima volta a fissare dall’alto lui… che, come al solito, al termine della giornata, è venuto a salutare il mare.
Sebbene io lo veda solo di spalle, riesco a indovinare i suoi pensieri. Intuisco che ha nostalgia del passato, persino delle sue disavventure, perché per un uomo di azione e di pensiero come lui non c’è nulla di peggio dell’immobilità. So che gli mancano il chiasso della politica, il caos delle strade trafficate, il fervore della vita di città, anche se pare che a casa sua i conflitti non siano finiti, anzi, si sia scatenata una sorta di guerrra civile.
Temo che, più di tutto, desideri tornare dalla moglie, da quella donna che io non conosco ma immagino così diversa da me: razionale come lui, paziente, dedita alla vita matrimoniale e sociale. Magari, però, mi sbaglio. Sapevo di essermi innamorata di un uomo difficile e pieno di contraddizioni, ma pensavo di averlo capito… e invece non è così.


Mentre torno a casa, rifletto sul fatto che in ben pochi saprebbero raccontare nel dettaglio in che cosa consista davvero vivere un amore non ricambiato.
Vivo in un’epoca in cui tutti si sentono artisti e vogliono comporre, creare, cantare… eppure saranno in pochi a venire ricordati e, secondo me, saranno coloro che riusciranno a definire con esattezza questo tipo di amore.
Se ripenso alla mia esperienza, mi verrebbe da dire che si tratta di una delle prove più dure per l’essere umano.
Significa guardarsi allo specchio e rendersi conto di essere stata un’illusa, anche piuttosto patetica.
Ritrovarsi a metà strada di un cammino senza che nessuno di atteso e di amato ti dica: «Prendi la mia mano, superiamo insieme questi ostacoli».
Restare impietrita per notti intere, talmente sconvolta da quello che sta capitando e desiderosa di proteggere il tuo cuore già in pezzi da non riuscire nemmeno a piangere.
Avere paura di quel che si è, che si fa, che si pensa, perché tutto potrebbe non piacere a lui.
Arrivare ad odiare persino il proprio cuore, così stanca e stufa di tutti quegli inutili battiti (2).
Soprattutto, però, ciò che fa più male è rendersi conto di non aver mai davvero conosciuto la persona che ti sei ostinata ad amare. È così anche per me: dopo tutto questo tempo, lui è ancora uno sconosciuto.


* * *


Di fronte al fuoco che ci ha scaldati tante volte, rigiro tra le mani per l’ennesima volta il biglietto, il charasso levigato, vergato in caratteri d’oro, che può provenire soltanto da dove sono fuggita. Mi è stato portato da Zefiro, un vento che in estate di solito si riposa e che invece stavolta si è scomodato apposta per me. 
Una sola frase campeggia al centro della missiva:


Calypso, sarò da te domani mattina.
Hermes


E così, le voci del mio folle amore devono essere arrivate fin lassù, sull’Olimpo. Gli altri dei devono aver giudicato questo tempo passato con lui come una follia. Vorrei tanto dire loro: quanto mi fate ridere! Siete i sommi sacerdoti dell’ipocrisia. Se un dio si avventa su una donna o si impone su qualche innocente giovinetta, lo chiamate Fato. Se una dea si innamora di un mortale o porta un uomo nel suo letto perdete le staffe in un terremoto di disapprovazione. (3) Purtroppo, però, è inutile arrabbiarsi: in cuor mio so che è così che deve finire.


Mi affaccio alla finestra che dà sul giardino. Tra poco Odisseo tornerà, ma non gli dirò subito addio. Stasera staremo ancora insieme, vivrò per l’ultima volta l’illusione che sia per sempre. Domani, quando mi avrà visto parlare con Hermes, lo capirà. È un uomo astuto, ed a breve sarà anche di nuovo libero.
Ho temuto tanto questo momento, ma, mentre respiro l’aria salmastra, mi rendo conto di non sentire più il peso sul cuore che mi ha accompagnato per troppo tempo. 
Al contrario, mi sembra quasi di essere sollevata.


Il mio nome significa “colei che nasconde”, ma credo che sia giunto il momento di smentire quel che ci si aspetta da me e di mostrarmi un po’ di più.
Forse, se lascio andare quello che credevo fosse amore, potrò ridare spazio a tutto ciò che in questi lunghi anni è passato in secondo piano. Potrò dare nuova forza alle mie attività, dedicarmi di più alla musica e alla poesia, andare sulla spiaggia unicamente per diletto. Potrò vedere di più mia madre e le mie sorelle, valorizzare i miei collaboratori sull’isola, dedicare del tempo alle amicizie che ho trascurato.
Forse riuscirò davvero a ridare senso, pienezza e gioia al resto della mia vita.
Una vita immortale.




FINE




Alcune precisazioni:


Con questo racconto mi sono voluta cimentare per la prima volta in una sorta di retelling. Ne esistono di tanti tipi, ed i più quotati negli ultimi anni sono stati quelli ispirati o alle favole o alla letteratura del XIX secolo. Mi stuzzicava l’idea di un retelling mitologico che dimostrasse la grande attualità dei classici greci, anche nel XXI secolo, ed è così che sono tornata ad un mio vecchio amore: l’Odissea, o meglio, lo spettacolo Odyssey di Bob Wilson, oggetto della mia Tesi della Magistrale. 

Odyssey è stata una rappresentazione di punta del 2013: ha girato i teatri di tutto il mondo e nel mese di aprile è stata anche al Piccolo Teatro di Milano (ed io l’ho vista lì). È una reinvenzione contemporanea dell’Odissea: una versione molto creativa, riflessiva ed ironica al tempo stesso. In uno dei primi post del blog ve ne avevo parlato meglio (qui trovate il link), anche se ci sarebbero tantissime cose da raccontare a proposito di questo spettacolo (ma l’ho già fatto in altra sede…). L'immagine finale di Odisseo e Calypso è tratta proprio dalla rappresentazione.

La sceneggiatura di Odyssey è tratta dall’omonimo testo che il poeta Simon Armitage aveva inizialmente scritto per un programma radio. Le frasi contrassegnate con i numeri 1 e 3 appartengono proprio a questa sceneggiatura, alla quale ho voluto rendere omaggio.

La frase n°2, invece, è una frase della canzone I don’t love you dei My Chemical Romance. Quest’anno c’è stata la reunion e non ho resistito!




Come sempre, vi invito a seguire tutti i post contrassegnati dal banner “Storytelling chronicles” di questo mese! Siete curiosi di scoprire com’è stato interpretato dalle mie colleghe blogger l’arrivo di questo bigliettino misterioso? Sono certa che sia io che voi avremo delle sorprese…
Colgo l’occasione per ringraziarvi tanto per tutti i bei commenti che stanno ancora arrivando sotto il post del racconto di giugno, “Il quadretto di pizzo”! Sono molto soddisfatta che il nostro piccolo tour di Portofino e della Liguria del passato vi stia piacendo…
Grazie ancora per la lettura, al prossimo post :-)