sabato 13 febbraio 2016

SETTE MERAVIGLIE DA ESPLORARE CON ALFONS MUCHA



Dopo il grande Leonardo, le vestigia di Pompei ed i tesori dell'arte di Budapest, continua il mio immaginario viaggio nella storia dell'arte, sempre grazie ad una mostra in esposizione a Palazzo Reale, a Milano.



Questa volta il protagonista è molto più vicino alla contemporaneità ed è uno dei protagonisti più noti dell'Art Nouveau.


Sto parlando di Alfons Mucha, artista conosciuto nel mondo per il suo amore per i ritratti femminili, spesso relegati a protagonisti di cartoline e segnalibri.


Proprio per questo motivo è facile cadere nell'errore di pensare che Alfons Mucha sia un artista “di settore”, specializzato in un'unica tipologia di composizione artistica.


Lo scopo della mia recensione è invece quello di dimostrare che, al contrario, tali litografie, se osservate e studiate con attenzione, possono condurre, di volta in volta, alla scoperta di un nuovo mondo, che l'autore ritrae con precisione e meraviglia.

Ecco a voi, dunque, i sette preziosi tesori che vale assolutamente la pena di scoprire.






La pubblicità. 
 


Alfons Mucha ha collaborato, nel corso dei primi anni del '900, con diverse aziende nascenti, alcune delle quali tuttora in vita.


Impossibile non restare colpiti di fronte alla grandissima litografia della prima sala della mostra, dedicata alla Nestlé e decorata con i simboli più importanti della storia della Gran Bretagna (i monumenti, le navi e le industrie).


Mucha ha creato manifesti per biscotti, liquori, birre e molti altri generi di prodotti. Osservarli, per il visitatore, significa rendersi conto che, nei primi decenni del XX secolo, quello che oggi è spesso solo marketing era invece una vera e propria forma d'arte, composta con un'attenzione per i colori e per le forme che rendeva unica ogni singola réclame.


Le opere più notevoli, a mio parere, sono le due appartenenti ad una pubblicità di sigarette. In esse, infatti, una donna seminuda si ritrova avvolta sia dalle spirali del fumo che dalle onde dei suoi capelli, in modo tale che i due elementi quasi si confondano, creando un effetto ipnotico.






La letteratura.  


Avendo seguito tempo fa un paio di corsi sulla letteratura francese, non ho potuto fare a meno di essere molto contenta nel ritrovare, in ben due versioni differenti, una litografia che ritrae la famosissima protagonista del romanzo (poi dramma) “La signora delle camelie”, antenato francese della Traviata di Verdi.


Le due versioni hanno molto in comune, a partire dai capelli raccolti e scuri della donna, passando per il lungo abito, fino ad arrivare allo sguardo sfuggente e rivolto ad est.


Il particolare che più mi ha colpito, però, sono proprio le camelie ritratte in fondo ad entrambi i dipinti. Innanzitutto, esse sono rigorosamente bianche, e si sa bene che, nel libro, esse possono essere anche rosse, in alcune occasioni. Non è necessario ribadire che il bianco è il colore dell'innocenza e che, dunque, si comprende bene quale potesse essere il giudizio di Mucha sulla protagonista.

Inoltre, esse emergono quasi con prepotenza dallo sfondo dei dipinti, ma restano comunque nella parte più bassa della composizione: allo stesso modo, l'attività di cortigiana della protagonista (simboleggiata dai fiori) consuma tutta la sua vita, ma non definisce in alcun modo la complessità della sua persona.






Il teatro. 


Non si può parlare di manifesti letterari senza riferirsi ad un altro grande amore di Alfons Mucha: la drammaturgia.
 

Come nel caso de “La signora delle camelie”, anche qui c'è una grande protagonista: la celeberrima attrice francese Sarah Bernahrdt. Ella viene ritratta, infatti, per intero ed a mezzo busto, in abiti comici e drammatici.

In contrasto con il variegato panorama delle donne ritratte dall'artista, ci si ritrova davanti, nel caso del filone “teatro”, ad una vera e propria musa. 
 

Difficile scegliere, questa volta, un'opera oggettivamente emblematica tra quelle della serie. Molto più semplice, invece, restare colpiti in modo soggettivo da una di queste litografie, che, pur avendo la medesima protagonista, sono estremamente varie.


Personalmente, ricordo con piacere la versione di Medea, un ritratto crudo, fatto con colori intensi e luci forti. Il tramonto che è al di là delle spalle di Sarah richiama il rosso del sangue sul pugnale della donna, ed i figli uccisi che giacciono ai suoi piedi sembrano quasi fuoriuscire dalla composizione, costringendo l'osservatore a pensare alla tragicità del momento.






Le pietre preziose.  




Una serie di quattro donne, l'una affiancata all'altra, presenta un tema solo in apparenza semplice: il legame tra la figura femminile ed il minerale che si è scelto di indossare come gioiello.

Se l'intento appare essere quello di abbinare ogni pietra ad una scelta artistica e cromatica differente, quello che Mucha presenta è molto di più: si tratta, infatti, di un quadruplo ritratto sociale.


La pietra più modesta delle quattro rappresentate, infatti, è il topazio, e l'artista ritrae, in questo quadro, una donna che mostra in tutto e per tutto le sue umili origini: gli occhi grandi ed incuriositi, l'abito semplice, la posizione che suggerisce quasi un allontanamento lo dimostrano.


La seconda pietra è l'ametista, simbolo delle donne della classe media: la ragazza che la simboleggia si sistema da sola i capelli e guarda l'osservatore con schiettezza ma senza malizia.


Completamente diverso è lo smeraldo, pietra di una pericolosa femme fatale che, pur essendo già benestante, ambisce alla classe sociale più alta, e non esita a ricorrere a trabocchetti (ai quali si allude con la vipera sulla testa).


Il rubino, infine, è il protagonista di un vero ritratto di nobiltà: sicurezza, sfarzo ed eleganza sono le caratteristiche principali della quarta ed ultima donna.





I fiori.  


Un grande amore di Mucha sono le composizioni floreali, anche e soprattutto sul corpo delle donne. 
 

Impossibile non fare caso alla quantità di fiori che decorano ogni rappresentazione che l'artista ha fatto alla Primavera personificata, ogni volta tentando di raggiungere il maestro Botticelli e finendo per interpretarlo in modo del tutto nuovo.


Il legame tra fiori e figura femminile non è influenzato soltanto dalla storia dell'arte, ma anche dalla letteratura.

Il giglio, per esempio, noto simbolo di purezza, circonda una giovane ragazza dall'aspetto innocente.

Al contrario, la rosa rossa, sulla falsariga di una poesia di William Blake, è la cornice perfetta per un'altra femme fatale, che sembra quasi affrontare l'osservatore con il suo sguardo deciso.





Il tempo.  




Si potrebbe dire moltissimo sulla passione di Mucha per la rappresentazione sullo scorrere del tempo. Egli ha rappresentato i mesi dell'anno, i giorni della settimana, le stagioni personificate ed un intero calendario.


L'opera che però mi ha più colpito si intitola “Le stagioni della vita”, ed è divisa in quattro parti, ognuna delle quali rappresenta una figura umana ed una stagione personificata.


Nel primo quadro, al mattino, la Primavera conduce un bimbo verso i primi passi.


Nel secondo, a mezzogiorno, l'Estate ascolta le pene d'amore di un giovane.

Nel terzo, nel pomeriggio, l'Autunno pone una corona, simbolo di saggezza, sul capo di un uomo.


Nell'ultimo, infine, al crepuscolo, l'Inverno scalda le mani di un vecchio.


Che cosa rende, a mio parere, quest'opera così unica e particolare? Il fatto che, incredibilmente, una volta tanto, non c'è la paura del tempo che fugge.

Al contrario, per Mucha, le stagioni della vita non ci inseguono inesorabili, ma ci accolgono, ci aiutano e ci portano conforto.





L'arredamento.  


Nel corso della mostra, le opere di Mucha sono accompagnate da mobilia d'epoca, piatti e vasi decorati da artisti di quel tempo e persino dalla ricostruzione di uno splendido salottino. 
 

L'allestimento della mostra dunque fa sì che il visitatore abbia davvero l'impressione di aver fatto un salto indietro nel tempo di un secolo, e che abbia sempre più voglia di perdersi nel mondo dell'Art Nouveau, il cui fascino è davvero indiscutibile.






La mostra rimarrà a Palazzo Reale fino al 20 marzo! 
 

Spero di essere riuscita a trasmettere l'entusiasmo che ho provato visitando questa esposizione, e mi auguro anche di essere riuscita a convincere qualcuno di voi.


Se siete già andati, quali sono state le vostre impressioni? Fatemi sapere!




Un grazie infinito, come sempre, a chi legge.


Al prossimo post! :-)

lunedì 1 febbraio 2016

UN TOUR PER LIBRERIE ED ENOTECHE

Quando il mondo dei libri incontra quello del vino



Durante le mie recenti incursioni in biblioteca, mi sono resa conto di essere attratta da una particolare tipologia di romanzo. 
 

Negli ultimi tempi, infatti, ho letto molte storie che trattavano il tema del vino, sempre così particolare ed affascinante, e non solo per noi italiani che abbiamo una fiorente tradizione.


Probabilmente questa serie di letture mi è stata ispirata dalla gita che ho fatto, in Ottobre, presso le cantine del Monferrato.

In quell'occasione ho avuto modo di scoprire un mondo a me quasi sconosciuto, caratterizzato da una grande precisione, dall'attenzione a molti aspetti scientifici ed anche, spesso, da un giro d'affari fenomenale.


Ecco quali sono, secondo me, i romanzi che ci possono introdurre a questo mondo!




- Quando scoprire il vino significa tornare alle origini.

A noi donne piace il rosso”, di Daniela Farnese.



Questo romanzo narra la storia di Ambra, una giovane italo-americana che vive a New York e lavora nel campo della pubblicità.

Ambra ha molte caratteristiche delle classiche “eroine metropolitane” dei romanzi rosa (la fretta, l'attaccamento al lavoro, le nevrosi per restare in linea, una relazione complicata), ma, grazie anche all'appoggio del padre, possiede anche una spiccata sensibilità.


Per questo motivo, avuta la notizia della morte di un nonno italiano, del quale non ricordava l'esistenza, decide di tornare in Italia, nella vecchia casa di famiglia in Veneto. 
Lì, con l'aiuto di Beatrice, una donna responsabile della tenuta, ella inizia ad imparare l'arte della vinificazione, scoprendo un mestiere sconosciuto e per il quale si sente immediatamente portata. 
 

Per ogni vendemmia alla quale prende parte, Ambra scopre qualcosa sulla sua famiglia, sui nonni che credeva perduti e sulle altre persone che si occupano della tenuta.



I messaggi più importanti che trasmette questo romanzo, secondo il mio parere, sono due.

Il primo riguarda l'importanza di riscoprire le proprie radici, specie nei momenti di difficoltà, perché potremmo renderci conto di essere diventate persone del tutto diverse da quelle che intendevamo essere e di aver perso di vista gli obiettivi più importanti.

Il secondo, invece, riguarda proprio il vino: il romanzo fa capire chiaramente che non basta essere rimasti conquistati da film come “Un'ottima annata” o “French Kiss” per mettersi a fare vendemmie, ma ci vogliono anni di studio, uniti a preparazione e prontezza. Chi vuole cimentarsi?




- Quando il vino può essere un ottimo anti-crisi.

Tutta colpa del tacco 12, di Amy Silver


Cassie Cavanagh vive vicino alla City londinese, ha un impiego qualunque come segretaria, scelto solo in base allo stipendio ed alle gratifiche, ed è fidanzata con un Dan, un ragazzo che, a parte la bellezza ed i soldi, non ha proprio nulla da offrire.

Nel giro di una settimana, però, la crisi economica le porta via il lavoro ed il “fidanzato perfetto” sparisce prevedibilmente nel nulla.


La prima reazione di Cassie è quella di buttarsi nello shopping sfrenato (Becky Bloomwood docet), ma, dopo qualche settimana di borse Chanel, guanti a 500 euro e costosi prodotti di bellezza, si rende conto di essere circondata solo da inutili beni materiali.

Ci vorranno la pazienza della sua coinquilina buona ed idealista, la spinta della sua famiglia vecchio stile e le disgrazie capitate alla sua cinica migliore amica perché Cassie inizi lentamente ad imparare una nuova filosofia di vita.



La nostra protagonista, dunque, si mette alla ricerca di un lavoro che possa davvero interessarla, e si ritrova in un'azienda che produce vini. 
Lì ella prende coscienza delle proprie potenzialità: rimoderna l'ufficio, diventa una preziosa consulente per i suoi capi (che si rivelano essere più agli inizi di lei) e comincia a conoscere persone che hanno interessi diversi dal semplice ed unico accumulo di denaro.


Tutta colpa del tacco 12 è un romanzo solo apparentemente leggero. Esso indaga un tema sempre più attuale: il rischio di vivere per shopping, begli oggetti, estetica, feste ed eventi e di confondere quello che sono -cioè dei passatempi, anche se piacevoli – per l'essenza della vita.


Inoltre, esso suggerisce che ciò per cui siamo veramente portati può celarsi in qualunque dettaglio. In fondo, all'inizio del romanzo, Cassie non avrebbe mai sospettato che i bicchieri di vino che degustava davanti alla tv o al computer fossero tanto importanti.





- Quando il vino è il simbolo di un sogno da inseguire.

La vigna di Angelica”, di Sveva Casati Modignani



Angelica è l'ultima figlia di un produttore di vini e l'erede di un impero. 
Rispetto ai fratelli, che, crescendo, scelgono altre strade, lei è l'unica che prova un sincero interesse per l'azienda e che, una volta diventata adulta, se ne occupa concretamente.

È una donna forte e ribelle, con un'adolescenza difficile alle spalle, ed il suo coraggio e la sua passione sono i suoi punti di forza anche nel lavoro.


Queste sue caratteristiche, però, non rendono sempre facile la sua vita privata: con il marito Raffaello ci sono numerose difficoltà e la figlia Elisabetta è ancora adolescente e desidererebbe più comprensione da parte sua.


È per caso – anzi, è a causa di una tragedia sfiorata – che conosce Tancredi, chef stellato di origini siciliane, uomo misterioso ed introverso. Il suo carattere ombroso si trova subito in armonia con la solare energia di Angelica e tra i due nasce quella che potrebbe essere una nuova relazione.


Oltre a loro due, il lettore conosce Raffaello, giornalista insicuro ed in cerca di una ripartenza nel lavoro e nella vita, Elisabetta, quattordicenne entusiasta come la madre ed a tratti timorosa come il padre, Andrea, lo sfortunato primo amore di Angelica, William, uno smaliziato produttore di vini americano, e molti altri personaggi.



Il protagonista silenzioso di tutte queste vicende è il vino, simbolo di una storia familiare, quella dei Brugliani, che assume quasi le dimensioni di una saga.

Lo stesso sentimento che prova Angelica per Tancredi è unito all'intenzione, non del tutto espressa, di coniugare le arti di entrambi (il cibo ed il vino).

La produzione di un nuovo vino, in questo contesto, è molto più di un obiettivo realizzato, ma assume i contorni di un sogno diventato realtà.
Il lettore stesso avverte il desiderio di sedersi insieme ad Angelica in cima alla collina della Vigna dell'Angelo, luogo di nascita di uno dei bianchi frizzanti prediletti della protagonista, e di progettare insieme a lei la prossima avventura.







Spero che questa piccola “top 3” vi abbia interessato, o, almeno, incuriosito. 
 

Fatemi sapere, se vi va, quali altri libri conoscete a tema “vino” e se vi sono piaciuti.
 Grazie a chi ha letto la mia recensione fin qua (ed anche a chi ne ha letto solo un pezzetto).


A presto! :-)