Due romanzi di Alessandro Perissinotto
Cari lettori,
per la nostra rubrica “Letture… per autori”, oggi vi presento uno scrittore che fino a non molto tempo fa non conoscevo (mia lacuna): Alessandro Perissinotto.
Di recente ho letto due suoi romanzi: il primo è una sorta di giallo a sfondo legale scritto a quattro mani con Piero D’Ettorre, il secondo è una pagina vera della nostra storia. Sono rimasta colpita dal suo stile di scrittura, dal suo modo di raccontare trascinante, dagli intrecci che egli racconta nei suoi libri.
Vediamoli un po’ insieme!
Figliol prodigo – Una difesa impossibile per l’avvocato Meroni
L’avvocato Giacomo Meroni, cinquantenne e con una lunga carriera alle spalle, ormai da anni affianca l’anziano suocero, che fa il suo stesso mestiere e non vuole saperne di andare in pensione, anche se il rapporto tra i due è ottimo e non sarebbe un problema cedergli lo studio.
Un giorno si presenta in ufficio una donna, Daniela Sarriano, che chiede allo studio di assumere la difesa del figlio Marco, premettendo però che si tratta di un caso davvero difficile.
Daniela è una madre che ha sofferto moltissimo: due anni fa il figlio Marco, che stava compiendo un viaggio in giro per l’Europa, le aveva mandato un ultimo messaggio a Liegi, poi era misteriosamente sparito. Dopo due anni di inutili ricerche e disperazione, ecco l’inaspettata telefonata della polizia: Marco è vivo, è a Torino (la famiglia ha sempre vissuto a Napoli) e sta bene.
Purtroppo, però, la polizia l’ha dovuto arrestare, perché Marco è stato colto in flagranza di reato: la telecamera lo ha registrato mentre entrava ed usciva a tutta velocità dall’ufficio di un giovane fondatore di una start up di successo. Un imprenditore promettente, che però è stato trovato morto proprio accanto alla sua scrivania. Ad incastrare Marco c’è anche un coltello sporco di sangue.
Daniela non si fa una ragione del fatto che il figlio sia partito da studente in cerca di divertimento, sia sparito nel nulla per due anni e sia ricomparso assassino. Ella sospetta che ci sia dietro una storia agghiacciante, anche perché Marco si è chiuso in un mutismo rassegnato e non ha niente da dire nemmeno alla madre ritrovata. Sembra quasi che egli non ragioni più, e non si capisce se la sua sia una finzione oppure una vera perdita di senno.
L’avvocato Meroni accetta la difesa, ma è piuttosto titubante. A renderlo più sicuro di sé saranno le due donne con cui passa la quasi totalità delle giornate: la moglie Rossana, insegnante e campionessa di sci alle Paralimpiadi, e la giovane praticante del suo studio, che con il suo entusiasmo rinnova in lui la passione per l’avvocatura in tutti quei momenti in cui il suo lavoro è solo un peso.
Anche con l’aiuto dell’amatissima moglie e della preziosa collaboratrice, però, la sostanza cambia poco: la battaglia sembra già persa, non resta che appellarsi alla clemenza della corte. Eppure Giacomo sospetta che anche la vittima non sia così pulita, e possa, in qualche modo, far parte di quel passato che Marco sta disperatamente tentando di rimuovere con il silenzio. Ma come muoversi affinché lui aiuti l’avvocato ad aiutarlo?
Figliol prodigo fa parte di una serie, quella dell’avvocato Meroni, che io proprio non conoscevo, ma della quale mi piacerebbe leggere altri romanzi.
Potrebbe appartenere, a grandi linee, al genere giallo, nel senso che comunque c’è un mistero che viene ricostruito ed il delitto già compiuto ne nasconde altri che devono essere portati alla luce, ma il punto di vista non è quello di poliziotti/carabinieri/detective per caso, come accade nei gialli tradizionali, bensì quello dell’avvocato della difesa.
Lo considererei più un legal thriller, anche perché la storia che pian piano l’avvocato Meroni ricostruisce è davvero agghiacciante. Non il romanzo, però: è comunque una storia che alterna le indagini a parti “comfort” nelle quali si racconta la vita di coppia di Giacomo e Rossana, o le vicissitudini scolastiche di lei, o la quotidianità… proprio come tanti gialli nostrani. L’indagine spinge il lettore ad andare sempre più in fondo, ma il romanzo non è disturbante o da brividi.
Un mix ben riuscito di generi, dunque, unito ad uno stile sorprendentemente fluido considerate anche le “quattro mani” che hanno scritto (personalmente l’ho sempre trovata una cosa difficilissima, anche se dovrei provare per dirlo).
Vi farò sapere se leggerò altri casi dell’avvocato Meroni!
La guerra dei Traversa
Questa storia ha inizio ai giorni nostri, sulla metropolitana, a Torino. Un anziano personaggio, la voce narrante di questo romanzo, è appena uscito dall’ospedale.
È pervaso da una quieta disperazione: con il suo tumore ormai non c’è più nulla da fare, è questione di tempo. L’uomo è rassegnato: ha perduto la moglie, nessuno dipende più da lui, la sua vita non gli ha dato tutto ma tanto. C’è solo un peso nel suo cuore: c’è una persona della sua famiglia di cui si vuole vendicare, un suo nemico mortale, e solo vedendolo soffrire egli chiuderà gli occhi in pace.
Il suo flashback parte dal 18 dicembre 1922. Torino è una delle città meno fasciste d’Italia: rispetto ad altre metropoli italiane, qui molte meno persone hanno aderito al fascismo. Il regime finora ha chiuso un occhio, ma quando alcuni personaggi di un movimento operaio (ovviamente antifascista) iniziano a riscuotere successo, decide che è il momento di intervenire.
Quella giornata e quella notte si consuma la “strage di Torino”, una pagina assurdamente dimenticata della storia del Novecento.
La famiglia Traversa non è mai stata particolarmente attiva politicamente. Il padre ha in mente solo e soltanto la bottega di falegname sotto casa dove lavora, la madre si occupa della famiglia, la figlia si dedica allo studio con interesse, il figlio maggiore pensa solo all’opera lirica ed alla bella vita. Solo il figlio minore si è recentemente avvicinato al movimento operaio e ad un partito di stampo comunista, ed ha stretto una profonda amicizia con il fidanzato della sorella, che ha le medesime idee.
Dopo la strage di Torino, ha inizio un rastrellamento di tutti coloro che sono sospettati di far parte del movimento. Non sembra una cosa così grave: pare che a chi viene trovato venga chiesto soltanto di identificarsi. Il giovane Traversa ed il suo amico si nascondono comunque in una capanna in campagna, ma vengono trovati dalle camicie nere del luogo (che in un’altra vita erano pure loro amici di gioventù).
I due pensano di essere diretti in città per l’identificazione, ma con grande orrore si rendono conto che i fascisti li stanno portando nei boschi per ucciderli. Il giovane Traversa si salva correndo, ma per il suo amico non c’è niente da fare.
Da allora la famiglia si spacca: il fuggitivo scappa all’estero, e da lì fa avere notizie con regolarità (e prudenza), ma mai dimentica quel che i fascisti gli hanno fatto, e trova un modo di essere militante anche dalla Francia.
La sorella, invece, che fino alla morte del fidanzato sosteneva le idee del fratello, dopo aver saputo della morte del ragazzo si chiude nel suo dolore ed accusa i comunisti di essere i responsabili della tragedia, perché se il suo fidanzato non avesse aderito al movimento e fosse rimasto “nei ranghi” sarebbe ancora vivo. Dopo un lungo periodo di lutto, ella accetta di sposare – per puri motivi d’interesse – un “intellettuale” che in realtà è solo servo del potere.
Metà dei Traversa stanno dalla parte del fascismo, l’altra metà contro. Gli anziani genitori cercano di tenere insieme quel che rimane della famiglia e di riportare l’armonia tra i figli, ma ogni anno la situazione peggiora e la guerra si profila all’orizzonte…
La guerra dei Traversa è un romanzo che ho divorato in pochi pomeriggi liberi, una folgorante epopea familiare, decenni di storia condensati in poco più di trecento pagine.
Innanzitutto mi ha colpito il fatto che nessuno parli della “strage di Torino” e di come una città che fino al 1922 era stata ribelle e resistente sia stata piegata nel sangue.
Il cuore della storia, però, è la divisione avvenuta all’interno della famiglia Traversa, e tutto quello che ne è conseguito: considerando anche figli e nipoti, si parla di decenni (quasi un secolo) di conflitto interno, dal ventennio fascista alla Seconda Guerra Mondiale, dal Dopoguerra ai giorni nostri. Questa è una metafora tristemente perfetta, questa è la guerra che entra nelle case e nelle famiglie facendo nascere dolori che non sarebbero mai esistiti, provocando un odio inestinguibile, dividendo le persone per sempre.
Sono sicura che anche voi, come me, non vi scollerete dalle pagine. Vi ho parlato molto bene dell’avvocato Meroni, e confermo, ma questo romanzo è ad un livello ancora superiore.
Nota di attualità: questo romanzo è stato proposto dal professor Alessandro Barbero per il Premio Strega di quest’anno. Ho visto che al momento ci sono più di 70 titoli in lista, e la rosa dei finalisti non è stata ancora annunciata.
Non so ancora se questo romanzo passerà “lo sbarramento” e farà parte dei finalisti, ma lo spero moltissimo… ammetto che non sono mai stata molto interessata ai premi letterari di prestigio – è un mio limite – ma questo sì che sarebbe un bel modo di far conoscere all’Italia la pagina dimenticata della strage di Torino. Di questi tempi, poi, muoverebbe le acque per bene. Vedremo…
Che ne dite? Avete letto qualcosa dell’autore? Che cosa ne pensate?
Sosterrete La guerra dei Traversa per il premio Strega o avete altri romanzi in lizza da consigliarmi?
Aspetto i vostri commenti!
Grazie per la lettura, al prossimo post :-)