giovedì 20 gennaio 2022

LA SUPERBIA E L'INVIDIA

 Le donne raccontate da Dante #5




Cari lettori,

benvenuti al primo appuntamento dell’anno con la rubrica “Donne straordinarie” e con il nostro percorso tra i personaggi femminili raccontati da Dante!


Nel corso dell’autunno abbiamo attraversato l’Inferno dantesco, tra Francesca e le altre protagoniste del V canto, le figure mitologiche che abitano il mondo infernale e le donne ingannatrici relegate nelle zone più profonde.


Ad inizio Dicembre abbiamo iniziato ad accostarci al Purgatorio, una cantica che mi è particolarmente cara, e nello scorso post abbiamo conosciuto meglio Costanza D’Altavilla e Pia Dei Tolomei: due personaggi storici, una ricordata dal padre Manfredi come grande esempio di virtù, l’altra come una nobildonna che ha commesso alcuni peccati ma è stata posta all’inizio del Purgatorio per via del pentimento in extremis e della fine violenta ed ingiusta.


Oggi abbandoniamo, almeno momentaneamente, la storia medioevale per rituffarci prima nella mitologia (che nel Purgatorio non è la fonte primaria come nel caso dell’Inferno, ma è comunque molto presente) e poi nella contemporaneità di Dante.


Prima affrontiamo il girone dei superbi, con una coppia di rivali che gli amanti della mitologia sicuramente conosceranno, e poi quello degli invidiosi, con un personaggio vissuto poco prima del poeta.


Vediamo queste protagoniste insieme nel dettaglio!



Pallade Atena e gli altri dei latini


Sì vid’io lì, ma di miglior sembianza,

Secondo l’artificio, figurato

Quanto per via di fuor del monte avanza.

Vedea colui che fu nobil creato

Più ch’altra creatura, giù dal cielo

Folgoreggiando scendere da un lato.

Vedea Briareo, fitto dal telo

Celestial, giacer dall’altra parte,

Grave alla terra per lo mortal gelo.

Vedea Timbreo, vedea Pallade e Marte,

Armati ancora, intorno al padre loro,

Mirar le membra de’ Giganti sparte.”

(Canto XII, vv. 22-33)


Appena giunto al secondo girone, quello dei Superbi, Dante e Virgilio vedono, al di là del monte, l’immagine figurata di Satana che viene cacciato dal regno dei Cieli. Non si tratta di Lucifero in carne ed ossa come alla fine dell’Inferno, ma di un exemplum che funge da avvertimento: il primo peccato di Satana, infatti, è stata proprio la superbia, che poi ha disgraziatamente “aperto la porta” a tutti gli altri mali. È come se si invitassero i penitenti a fare ammenda di un peccato la cui diretta conseguenza è credersi fin troppo simili a Dio.


Non a caso le prime anime di superbi che Dante incontra sono quelle degli dei pagani (che egli chiama prevalentemente con nomi latini). Briareo è un personaggio dei poemi omerici, uno strenuo difensore di Zeus/Giove nel momento in cui quest’ultimo, con il suo atteggiamento, aveva suscitato la ribellione negli altri dei. Intento di piaggeria? Oppure aveva preso fin troppo a cuore le sorti di un dio pagano, dimenticando la giusta distanza tra uomo e Dio? In entrambi i casi, egli viene punito per superbia.


Zeus/Giove stesso è punito in questo girone, insieme ai due tra i suoi tanti figli che sono diventati gli dei della guerra: Marte/Ares e Pallade Atena. Mi vorrei soffermare proprio su quest’ultima, perché non è la sola donna della mitologia presente in questo girone.


Atena, nella mitologia greca (così come la sua equivalente Minerva in quella latina) ha una connotazione fortemente positiva: è la saggia patrona della città di Atene, è sostenitrice della guerra come mezzo razionale di strategia politica (a differenza del fratello Ares, che rappresenta l’eccitazione per il sangue e per le stragi) ed è soprattutto la dea dell’intelletto, alla quale sono devote tutte le donne virtuose ed anche molti uomini di potere.


Dante, studioso da sempre dei classici, non pone Atena all’Inferno, senza possibilità di redenzione, bensì al Purgatorio, forse in un tentativo di “salvare” le anime grandi del mondo classico, come già ha fatto con Virgilio e tanti altri letterati antichi inserendoli nel Limbo. Il peccato che Atena deve scontare, secondo il poeta, è la superbia: la dea, infatti, per quanto considerata temperante, non è troppo diversa dalla maggioranza degli altri componenti del pantheon pagano, capricciosi e spesso ingiusti nei confronti degli umani.


Alcuni esempi sono le sue storiche contese con Poseidone/Nettuno, dio dei mari, che hanno portato alla fondazione di Atene (un tempo Poseidonia); il fatto che entrambi gli dei abbiano sfogato la loro rabbia sull’innocente Medusa, un tempo sacerdotessa di Atena (ne parlo meglio qui); la sua inaspettata partecipazione alla gara di bellezza della Mela d’Oro, quella per cui fu chiamato giudice Paride, prova che forse ella non era davvero devota solo e soltanto alle qualità intellettuali.


Gli dei pagani sono sicuramente figure complesse ed affascinanti, costituiti da luci ed ombre, ma secondo me è stupefacente notare come Dante sia capace di descriverli con pochissimi versi.



Aracne e la sua sfida con Atena


O folle Aragne, sì vedea io in te

Già mezza aragna, trista in su gli stracci

Dell’opera che mal per te si fe’.”

(Canto XII, vv.43-45)


Un caso emblematico di doppia superbia, umana e divina, è la sfida tra Aracne ed Atena.


Aracne in vita era una fanciulla della Lidia. Ella viveva a Colofone, era figlia di un tessitore ed aveva una sorella, Falance, che era stata addestrata nelle tecniche di guerra da Pallade Atena stessa. La dea frequentava la casa della fanciulla ed aveva potuto notare quanto Aracne fosse diventata brava nell’arte della tessitura.


Girava voce che Aracne fosse stata istruita da Atena stessa a tessere, esattamente come la sorella era stata addestrata a combattere, ma Aracne rispondeva con superbia a queste voci, affermando di essere più brava della dea. Le due, piene di gelosia l’una verso l’altra, avevano finito per sfidarsi a duello.


Aracne aveva tessuto un’ampia tela nella quale irrideva gli dei pagani ed i loro amori; Atena, furiosa per la magnificenza dell’opera ed il realismo della rappresentazione, aveva finito per strappare la tela. Aracne, disperata, aveva tentato di impiccarsi, ma Atena l’aveva “salvata” e maledetta al tempo stesso: l’aveva tramutata in un ragno, condannandola a vivere per tessere la sua tela per tutta la vita.



Questo racconto mitologico, che somiglia, per certi versi, alla sfida musicale tra il dio Apollo e il satiro Marsia, in epoca greca era narrato allo scopo di dissuadere gli umani dallo sfidare la potenza divina, perché non potevano che derivarne guai. Passando da una visione pagana ad una cristiana, però, non risalta solo la superbia di Aracne, ma anche il comportamento scorretto di Atena, che, pur essendo dea, si è messa alla pari di un’umana, per poi punirla approfittando della sua posizione di superiorità.


Aracne viene qui ritratta in atteggiamento quasi da supplice, trasformata per metà, in mezzo ai frammenti della tela stracciata.



Io trovo straordinario che Dante abbia voluto inserire entrambe le rivali nello stesso canto. È come se il poeta stesso riconoscesse che il peccato di superbia è egualmente diviso tra le due rivali, indipendentemente della loro natura. Come se la giustizia cristiana fosse una “livella” (per citare Totò) che pone allo stesso livello gli uomini desiderosi di somigliare agli dei e gli dei che abusano della loro posizione.



La senese Sapia


I’ fui Sanese, rispose, e con questi

Altri rimondo qui la vita ria,

Lagrimando a Colui, che sé ne presti.

Savia non fui, avvegna che Sapia

Fossi chiamata, e fui degli altrui danni

Più lieta assai, che di ventura mia.

E perché tu non creda ch’io t’inganni,

Odi se fui, com’io ti dico, folle.

Già discendendo l’arco de’ miei anni,

Eran li cittadini miei presso a Colle

In campo giunti coi loro avversari,

Ed io pregava Dio di quel ch’ei volle.

Rotti fur quivi, e volti negli amari

Passi di fuga, e veggendo la caccia,

Letizia presi a tutt’altre dispari:

Tanto ch’io volsi in su l’ardita faccia,

Gridando a Dio: Omai più non ti temo;

Come fa il merlo per poca bonaccia.

Pace volli con Dio in sullo stremo

Della mia vita; ed ancor non sarebbe

Lo mio dover per penitenzia scemo,

Se ciò non fosse, che a memoria m’ebbe

Pier Pettinagno in sue sante orazioni,

A cui di me per caritate increbbe.”

(Canto XIII, vv. 106 – 129)


Lasciato il girone dei superbi, Dante e Virgilio arrivano tra gli invidiosi, vestiti con tuniche coprenti con tanto di cappuccio e costretti a sopportare una terribile punizione: gli occhi cuciti. Come al solito, il poeta fa riferimento alla regola del contrappasso: proprio coloro che per tutta la vita non hanno fatto altro che guardare gli altri in modo malevolo, ora sono obbligati a fare a meno della vista.


Dopo aver incontrato alcuni personaggi, Dante, con l’arguzia che lo contraddistingue, chiede se c’è tra gli invidiosi qualche toscano. Egli sa che la sua terra è stata funestata da tanti schieramenti politici rivali (lui stesso è stato vittima dello scontro tra guelfi bianchi e neri) e addirittura da litigi personali tra esponenti di spicco della città, e non dubita che troverà qualche concittadino proprio in questa zona del Purgatorio.

In effetti, si fa avanti una nobildonna senese, Sapia, un’appartenente alla classe sociale più elevata della città, nota per aver fondato un ospizio insieme al marito nel 1265. Probabilmente la scelta di Siena è stata tutt’altro che casuale: tra tutte le città toscane, essa è nota per essere una tra le più divise al suo interno. Se oggi la presenza di tante “contrade” (piccoli quartieri) è qualcosa di folkloristico, un’attrazione turistica del quale il tradizionale Palio è il più classico esempio, un tempo significava aspre contese, nelle quali spesso e volentieri si finiva per perdere tutto quello che si possedeva, se non proprio la vita.


Sapia è stata, in un primo momento, vittima di queste lotte intestine: è certo che “i suoi” (non si sa bene se solo la sua famiglia o proprio la sua contrada), poco prima della battaglia di Valdelsa contro Firenze, erano stati trattati aspramente dal governo senese. Così, quando la battaglia aveva avuto luogo, vedendo la città di Siena sconfitta dagli avversari, ella, dall’alto, sentendo nascere in sé un senso di rivalsa, si era rivolta a Dio con superbia, dicendo di non temere più nulla da lui e di non avere bisogno più di nient’altro per essere felice. Il pentimento per questo suo sentimento d’invidia era giunto soltanto in extremis, e per questo motivo la sua anima ora è in Purgatorio.


Nel descrivere il suo comportamento invidioso, Sapia fa riferimento alla leggenda dei Giorni della Merla, che è propria del mese di gennaio. La storia, infatti, racconta di un merlo imprudente che si era avventurato tra la neve sul finire del mese di gennaio, credendo che il periodo più freddo dell’anno fosse ormai concluso. Da allora, gli ultimi tre giorni del mese sono ritenuti i più gelidi dell’inverno.



L’incontro con Sapia si conclude con la tradizionale richiesta di preghiera ed intercessione, un classico che torna spesso in questa cantica.




Eccoci arrivati in fondo al nostro secondo post dedicato al Purgatorio!

Il mese prossimo concluderemo il nostro percorso “in cima al monte”, tra le meraviglie del Paradiso terrestre, ed in primavera ci dedicheremo al Paradiso.

Ringrazio tutti voi che continuate a leggere questo mio percorso. Personalmente, più vado avanti e più mi si allarga il cuore: Dante è stato una parte importante dei miei studi e di alcune mie esperienze di lavoro, ed aprire la Commedia in libertà per un progetto creato da me è un piccolo sogno che si realizza.

Grazie ancora per la lettura, al prossimo post :-)


4 commenti :

  1. Ciao Silvia, leggo sempre con molto interesse i tuoi post su Dante: sono molto precisi ma nello stesso tempo assai piacevoli da leggere, e permettono di imparare o ricordare informazioni davvero preziose per la nostra cultura personale :-)

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    1. Ciao Fra! Grazie mille, sono super contenta che ti piacciano questi post :-)

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  2. Adoro queste tue analisi dei testi di Dante ** Sono oltre che ad essere interessanti anche molto originali e per nulla scontate, ci fai vedere Dante da una prospettiva nuova tutte le volte :)

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    1. Ciao Nicole! Grazie mille, sono davvero contenta che questi miei post ti piacciano! :-)

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