lunedì 11 giugno 2018

ALCESTI: UN'EROINA CHE NON SA DI ESSERLO

Le donne di Euripide #4




Cari lettori, 
come state? Io bene! Lo spettacolo di cui vi parlavo nello scorso post è andato davvero alla grande, ed io ne sono stata veramente felice. 
Ve ne riparlerò meglio nel post dedicato ai preferiti del mese


Per la nostra rubrica “Donne straordinarie”, oggi conosciamo un’altra figura femminile raccontata dal drammaturgo Euripide.

Il nostro percorso è stato, finora, decisamente vario e (spero) interessante.

La storia di Andromaca è sospesa tra pubblico e privato, tra problematiche sociali e dolori personali, e mette in luce l’importanza di voltare pagina, di perdonare e di non lasciarsi trasportare dal rancore.

Ecuba e le donne troiane ci hanno invece guidato in una singolare “tragedia dopo la tragedia”: in quest’opera corale tutta al femminile si mescolano l’angoscia per il recente passato e l’inevitabile paura del futuro.

Elena, infine, è stata il singolare ed affascinante mezzo con cui l’autore ha condannato qualsiasi genere di guerra.


Oggi invece vi vorrei presentare una delle prime tragedie del drammaturgo: un’opera che pone al centro della scena un grande dolore personale, un destino ingiusto e tante difficoltà familiari.



Una terribile proposta



Il protagonista maschile è il re Admeto, che, come tanti personaggi delle tragedie greche, sembra godere di una sorte benigna: è amato dal popolo, i suoi genitori sono ancora in salute, ha una bella famiglia.


L’improvviso rovesciamento della fortuna, però, è alle porte: gli dei gli fanno sapere che ha ben poco da vivere. Egli può salvarsi solo ad una condizione: una persona deve sacrificarsi per lui.

Admeto, per quanto sia un re saggio ed equilibrato, non può fare a meno di farsi prendere dalla paura per il destino che gli è stato assegnato, e finisce per chiedere agli anziani genitori questo immenso sacrificio, ottenendo però risposta negativa.


L’unica persona decisa a compiere questo incredibile atto d’amore è la moglie di Admeto, Alcesti.
Com’è facile immaginare, nell’animo del re ha inizio una lotta tra la paura della morte e l’amore nei confronti della donna, ma, alla fine, la prima ha il sopravvento sul secondo, ed alla donna non resta che aspettare la sua fine.



Una famiglia in crisi



La tragedia ha inizio proprio nel momento in cui Alcesti sente avvicinarsi il malore che avrebbe dovuto colpire Admeto e cerca di esprimere le sue ultime volontà. 

Innanzitutto, ciò che Euripide vuole mettere in luce è la condotta davvero irreprensibile della donna, che diventa l’esempio della perfetta madre di famiglia greca. Ella, infatti, è preoccupata per quello che accadrà dopo la sua morte, specie ai figli. 
Ha paura che Admeto decida di risposarsi e che la sua seconda moglie non sia una buona matrigna, specie con la figlia femmina, che potrebbe essere costretta a contrarre un cattivo matrimonio.


Il suo ammirevole attaccamento alla famiglia contrasta in modo stridente con l’atteggiamento di tutti gli altri personaggi. Alcesti non è una tragedia nella quale spicca una particolare figura negativa: non ci sono né un tiranno che tiene prigioniera la protagonista né uno spietato comandante di un esercito nemico.

Il messaggio di Euripide, stavolta, è di tutt’altro genere: di fronte ad una circostanza drammatica, c’è chi agisce eroicamente – come Alcesti – e chi, pur desiderandolo, non ce la fa, come Admeto ed i suoi genitori, che non fanno altro che litigare tra di loro, rinfacciarsi le rispettive mancanze ed assistere impotenti alla morte della donna.



Un eroe imbranato



Non appena Alcesti è morta, arriva l’annuncio di un nuovo ospite alle porte del palazzo. Si tratta di Eracle (o Ercole, secondo la tradizione latina), il più famoso eroe di tutta la Grecia.

I servi di Admeto lo esortano a mandare via l’ospite, dal momento che c’è un grave lutto in corso, ma quest’ultimo, rispettoso delle tradizioni, lo fa entrare ed accomodare nel salone, invitandolo a mangiare e bere.


Eracle non si fa certo pregare, e si diverte liberamente per qualche ora, finché non si rende conto che tutti gli abitanti della casa sono incredibilmente tristi. 
I servi gli spiegano che è morta una donna che aiutava in casa, alla quale il padrone era affezionato.

L’eroe, all’inizio, crede a questa “bugia diplomatica”, ma non può fare a meno di notare l’immenso dolore negli occhi di Admeto. È così che apprende che la donna per la quale si sta organizzando il funerale è proprio la padrona di casa.


In definitiva, Eracle, sulle prime, non fa proprio un’ottima figura: beve troppo, crea confusione con una certa noncuranza e non comprende subito il problema. 
Questa presentazione dell’eroe fa parte di uno dei tanti risvolti “umoristici” di Euripide, che, come abbiamo già visto in altre tragedie, ama ribaltare tanti cliché.



Una donna che riesce a tornare alla vita



Eracle si offre di riportare in vita Alcesti, consapevole di essere l’unico a poterlo fare, in quanto eroe, e come tale a metà strada tra gli dei e gli uomini. 

I dettagli dell’impresa non sono svelati nella tragedia greca, che rispetta le regole del suo genere e mantiene l’unità di luogo (ovvero il palazzo).
Alcesti viene reintrodotta a casa sua coperta da un velo, che deve proteggerla per alcune ore, al fine di completare il passaggio dal mondo dei morti a quello dei vivi.

Eracle, per evitare ad Admeto uno shock, la presenta come una donna che vive nei dintorni, e lascia che sia l’uomo ad intuire le sembianze della moglie sotto il velo.


Per una volta, il lieto fine è garantito, grazie all’intervento di Eracle che ha riportato Alcesti alla sua famiglia. Il lettore (così come lo spettatore del tempo) non può però fare a meno di pensare che le gesta della donna siano state decisamente più coraggiose di quelle dell’eroe. 

Il fatto che una figura femminile sia considerata un’eroina è, a mio parere, una delle dimostrazioni più evidenti della modernità di Euripide rispetto ai suoi predecessori ed anche in confronto ad alcuni autori successivi.




Che ne pensate di Alcesti? Conoscevate già la sua storia?
Quale “donna di Euripide” avete preferito finora?
Fatemi sapere!
Grazie per la lettura, al prossimo post :-)

12 commenti :

  1. Ciao Silvia!

    Questo post mi ha quasi commosso, perché Alcesti è la tragedia che preparammo in classe per l'ultimo anno di liceo :)

    Il verso che mi è rimasto più impresso (e che ho persino riportato sul mio quaderno di allora e sul file del computer dedicato alle citazioni) è: καὶ παῖς μὲν ἄρσην πατέρ' ἔχει πύργον μέγαν (e il figlio maschio ha nel padre un baluardo).

    Ricordo anche che mi colpì l'intervento del figlioletto di Alcesti, ritratto da Euripide come un bambino "vero", e non come un adulto in miniatura com'era consueto nelle tragedie.

    Grazie per questo bellissimo ricordo ;)

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    1. Ciao! Mi fa veramente piacere averti riportato alla mente questi ricordi :-)

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  2. Cara Silvia, un post che è entrato nel cuore leggendo si capisce che sei una vera esperta, e dico di tutto, mi congratulo con te cara amica.
    Ciao e buona settimana con un forte abbraccio e un sorriso:-)
    Tomaso

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    1. Ciao Tomaso! "Esperta di tutto" è un bel complimento… diciamo che cerco di informarmi sulla tragedia greca, visto che mi piace tanto. Buona settimana anche a te :-)

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  3. Ciao Silvia, non conoscevo quest'opera e mi è molto piaciuto leggerla! Complimenti per la bella analisi :-)

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    1. Ciao! Anche io ho letto per la prima volta Alcesti per questo progetto...contenta che ti abbia colpito!

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  4. Una spiegazione davvero magistrale, grazie mille.
    sinforosa

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    1. Ciao Sinforosa! Contenta che il post ti sia piaciuto :-)

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  5. Ciao Silvia,
    ancora tanti complimenti per il tuo successo.
    E come sempre bellissimo post

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  6. Io non sono un'appassionata di tragedie greche,ma il tuo soffermarti con cura su questi personaggi,le loro angosce, le cose belle e brutte della loro vita, mi aiuta ad apprezzarle,oltre che a conoscerle!

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    1. Ciao Angela! Grazie per le belle parole...era proprio il mio intento! :-)

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