giovedì 22 ottobre 2020

RITRATTO IN SEPPIA

 Recensioni classiche #4




Cari lettori,

per la nostra rubrica “Il momento dei classici”, oggi vi propongo una nuova recensione di un pilastro della narrativa e della letteratura. Dopo aver inaugurato la serie con Anna Karenina ed aver omaggiato Jane Austen con Orgoglio e pregiudizio e Emma, ho compiuto un piccolo salto temporale ed un enorme salto spaziale ed ho deciso di parlarvi di una delle più importanti autrici viventi sudamericane: Isabel Allende. Ritratto in seppia, un romanzo che purtroppo non avevo ancora avuto occasione di conoscere, è il prequel de La casa degli spiriti, che quasi sicuramente sarà l’oggetto della prossima “recensione classica”.

Se la storia di Clara ed Esteban Trueba è nota ai più ed è diventata anche soggetto di un bellissimo film, Ritratto in seppia è, a mio parere, meno noto e piuttosto sottovalutato. Parliamone meglio insieme!



San Francisco nel XIX secolo ed il crogiolo delle culture


La protagonista e voce narrante di questa storia, che è raccontata alternativamente in prima ed in terza persona, è Aurora Del Valle, la sorellastra maggiore (di quasi una generazione) della molto più celebre Clara, la protagonista de La casa degli spiriti.


Ella racconta di essere venuta al mondo nel 1880 a San Francisco, e di essere il frutto di una lunga e tormentata storia di famiglia. La prima parte del romanzo narra queste vicende nel dettaglio, ed è così che il lettore scopre subito una delle caratteristiche principali per cui questo romanzo è davvero incredibile: i personaggi sono indimenticabili. Ognuno di essi ha un suo fascino, e resta nel cuore e nella memoria di chi legge.


Il bisnonno materno di Aurora, il capitano della Marina John Sommers, che ha vissuto per mare tutta la vita tra Europa ed America e si è rovinato il fegato con l’alcool.


Sua sorella Rose, una figura materna per la figlia di John: una donna moderna ed emancipata che ha finto di occuparsi unicamente della famiglia per tutta la vita ma, sotto falso nome, è diventata una scrittrice di successo, anche e soprattutto di romanzi a luci rosse.


La figlia Eliza, prima tormentata da uno sfortunato primo amore, poi amica fedele del medico orientale Tao Chi’en, infine moglie felice di quest’ultimo e pasticcera di successo.


Il locale di Eliza è frequentato fin dall’apertura dalla donna che sarà più importante in assoluto nella vita di Aurora: Paulina Del Valle, la sua nonna paterna.


Aurora nasce in seguito ad una vicenda vergognosa e dolorosa che vede protagonisti Lynn Sommers, la figlia di Tao Chi’en ed Eliza, Matìas, il primogenito di Paulina, e Severo, il nipote da lei tanto amato.


Le origini di Aurora sono miste: in parte è una Del Valle, una nobile cilena, ultima esponente di una delle più importanti stirpi sudamericane di imprenditori e di proprietari terrieri; in parte è americana e di origine anglosassone; in parte, infine, appartiene ai “celestiali”, come venivano chiamati gli orientali della California.


La scrittura di Isabel Allende è fortemente simbolica: quello che ella vuole esprimere, fuor di metafora, è che Aurora è il prodotto di ciò che era la California in quel difficile secolo: un mix di culture che convivevano l’una a fianco dell’altra, talvolta pacificamente e quasi con collaborazione, altre volte invece con estrema difficoltà.


Paulina, per esempio, in gioventù, soffre molto per il tradimento del marito con un’americana, una donna completamente diversa da lei; e Tao Chi’en cerca di approfittare il più possibile della sua posizione di medico e di uomo stimato per salvare bambini e ragazzine in difficoltà, che, nelle zone più povere di Chinatown, rischiano di sparire e di fare una brutta fine.



Paulina Del Valle ed il Cile


Per i primi cinque anni della sua vita, Aurora, ribattezzata Lai Ming dall’affettuoso nonno materno, vive con Tao Chi’en ed Eliza, dividendosi tra la pasticceria della nonna e le vie della Chinatown di San Francisco.


Un evento terribile, però, fa sì che anche i nonni materni debbano rinunciare alla sua custodia e che la piccola Lai Ming venga affidata a Paulina Del Valle, quella nonna paterna che aveva insistito tanto per occuparsene quando era neonata e che si era ormai rassegnata a non vederla più se non occasionalmente.


Interessante, innanzitutto, notare come, prima ancora della nascita della bambina, Paulina del Valle fosse già stata legata da un evento curioso alla famiglia di Eliza: al capitano John Sommers, infatti, molti decenni prima, era toccata l’incombenza di consegnare alla famiglia Del Valle un pesantissimo letto istoriato, una sorta di “regalo-beffa” che la donna aveva fatto al marito per comunicargli che aveva scoperto della sua amante. Il fatto che le due famiglie abbiano maneggiato materialmente il medesimo letto, e che decenni dopo abbiano generato la medesima prole, è nuovamente una scelta metaforica.


Lai Ming viene subito ribattezzata Aurora Del Valle dalla donna, che è ancora piuttosto giovane ed in salute e decide di crescere la piccola come una vera nobile cilena.


Dopo pochi anni, Paulina, che è vedova e non ha più amicizie a San Francisco, decide di tornare in Cile: si risposa con il suo vecchio maggiordomo inglese (che per Aurora sarà sempre “Zio Frederick”) e torna a vivere vicino all’amato nipote Severo, padre putativo della nostra protagonista, alla sua nuova moglie Nivea ed ai loro numerosi figli (l’ultima dei quali sarà Clara).


La seconda parte del romanzo, che narra infanzia e giovinezza di Aurora in Cile, è quella che più di tutte racconta gioie e sfortune del paese della Allende.


La figura di Paulina Del Valle, innanzitutto, rappresenta appieno vizi e virtù delle nobildonne cilene di più vecchia generazione: ella, pur non avendo mai studiato molto, è sempre stata dotata di intraprendenza e di spirito d’osservazione, e, nel corso degli anni, ha convinto il primo marito Feliciano a commerciare e ad investire nei prodotti più disparati, a seconda delle esigenze del mercato. Nemmeno il ritorno in Cile, l’età avanzata ed il suo status di nonna la fermano: anno dopo anno, prendendo esempio da quello che ha imparato quando era in California, riesce a mettere in piedi un’attività vinicola. Una donna intraprendente e decisa, dunque, ma anche piuttosto capricciosa, rigida sulle sue posizioni, spesso incapace di scendere a compromessi.


La maestra privata di Aurora, che la nonna le assegna perché la bambina non vuole saperne dei collegi di suore, rappresenta invece il desiderio delle donne cilene nate tra XIX e XX secolo di istruirsi, di ribellarsi al sistema per mezzo dello studio, di votare (anche la matrigna di Aurora, Nivea, insiste molto su questi argomenti). I desideri di queste donne così indipendenti e coraggiose, però, sono destinati a cozzare più volte con la censura e con tanti tentativi di repressione.


Tramite la figura di Severo, infine, conosciamo le sofferte vicende politiche del Cile: sanguinose guerre per l’indipendenza, giochi di potere nel palazzo presidenziale, inflessibilità dei conservatori e fragilità dei progressisti. Isabel Allende, prima di parlare del colpo di Stato di Pinochet ne La casa degli spiriti, anticipa già in questo romanzo le tante difficoltà di un paese che per secoli non ha trovato pace.



Aurora adulta, tra l’amore per la fotografia ed il matrimonio


La terza ed ultima parte del romanzo, infine, racconta le vicende principali dell’età adulta di Aurora. La ragazza, che, al di là dei preziosi insegnamenti della sua maestra, non ha una reale attitudine per lo studio, si avvicina quasi per caso ad un laboratorio fotografico della sua città e trova la sua vera, grande passione, che le permetterà di lavorare e di rendersi indipendente.


Aurora non ama molto ritrarre la nobiltà ed i suoi stanchi divertimenti: preferisce indossare abiti da uomo, andare a cavallo e raggiungere fabbriche, cantieri, miniere. L’idea di fotografare (e quindi documentare) disperazione e povertà, che per quei tempi era rivoluzionaria, viene compresa soltanto dal suo maestro e da pochi altri, ma la ragazza, cocciuta come sua nonna, prosegue per la sua strada.


Un viaggio in Europa per motivi di salute di Paulina le permette di conoscere Diego, giovane esponente dell’aristocrazia campagnola cilena. I due si sposano ed Aurora inizia una nuova vita in un’ampia tenuta, lontano dalla capitale e dai suoi affetti.


Sia in questa sezione che nelle precedenti le descrizioni (merito anche dell’ottima traduzione di Elena Liverani) lasciano il lettore senza fiato: il Cile, con le sue montagne, le sue foreste inesplorate, persino i suoi deserti rocciosi, sembra un luogo, al tempo stesso, incontaminato e molto pericoloso.


Il matrimonio, comunque, non è l’ultima importante tappa per Aurora: ella farà ancora fare nuovi, fondamentali incontri, e soprattutto scoprirà il motivo di una serie di incubi e di paure che la tormentano fin da quando era piccola.



Il “ritratto in seppia”


Il titolo del romanzo rimanda chiaramente all’attività di Aurora come fotografa, ma, a mio parere, sottolinea anche alcuni importanti aspetti dei personaggi.


Aurora stessa, nel raccontarsi, si ritrae “in seppia”: lei non è come la sua piccola sorellastra Clara, destinata, crescendo, a sviluppare abilità di veggente e, di conseguenza, ad agire con decisione. Per quest’ultima il mondo è in bianco o in nero, senza gradazioni intermedie; per Aurora, invece, esistono moltissime sfumature. Ella non vede gli spiriti, ma avverte solo, in modo vago, la presenza di chi le vuole bene, anche nel momento in cui non c’è più. È una personalità molto meno portata per l’azione e più riflessiva: l’osservatrice attenta di un mondo che sta cambiando, sta invecchiando, assume inevitabilmente il colore giallastro di una fotografia datata.


In questo romanzo il Cile va in guerra contro altri Stati, ma ben presto le sue intrinseche fragilità lo costringeranno ad una dolorosa guerra intestina; l’America si considera ancora una nazione “bianca” ed i problemi delle altre etnie non sono ritenuti responsabilità dello Stato, ma tra XIX e XX secolo inizierà un percorso di integrazione; in Sudamerica, i proprietari terrieri lavorano con i loro contadini, ma di lì a pochi decenni si arricchiranno al punto da creare vere e proprie aziende agricole, sulle spalle di decine di famiglie poverissime; a Santiago, l’imprenditoria ed il settore terziario sono fiorenti, ma la crisi delle città incombe, e la successiva “fuga in campagna” della nobiltà porterà come conseguenza la prima vittoria del partito comunista e poi il terribile colpo di Stato militare.


Come dice Aurora stessa, l’unica cosa a cui si può attingere a piene mani è la memoria che ognuno di noi ha vissuto.




Siamo arrivati anche alla fine di questa “recensione classica” e, come avrete capito, questo romanzo è davvero tra i migliori che io abbia letto quest’anno.

Voi lo conoscete? Avete letto qualcos’altro dell’autrice?

Spero davvero di avervi incuriosito ed interessato!

Grazie per la lettura, al prossimo post :-)

8 commenti :

  1. ho amato l'autrice con i suoi primi libri, ma tantissimo proprio. Recentemente però ho letto un suo libro degli ultimi e mi ha delusa un po'. Questo mi era piaciuto, bello bello

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    1. Ciao Chiara! Io per ora ho letto solo questo libro e altri due di cui spero di poter parlare presto qui! Mi sa che non conosco tanto bene gli ultimi :-)

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  2. Non ho letto questo libro, ma altri della allende sì e di certo è un'autrice che costruisce storie articolate su sfondi suggestivi e con personaggi - femminili - di spessore e indimenticabili!

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    1. Ciao Angela! Sono d'accordo con te su tutto: trame, ambientazioni e personaggi sono davvero curati... e indimenticabili! :-)

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  3. Ciao Silvia! Non ho mai letto quest'autrice ma ho alcuni titoli che vorrei recuperare! Questo in particolare, però, non mi ispira molto! :(

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    1. Ciao Sara! Spero allora che troverai altri titoli della Allende che ti ispireranno :-)

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