lunedì 11 maggio 2020

IO E LA MIA GIGIA

Storytelling chronicles: maggio 2020




Cari lettori,
appuntamento di maggio con la rubrica di scrittura creativa “Storytelling chronicles” creata da Lara del blog "La nicchia letteraria"!

Per questo mese, dopo aver considerato l’idea di scrivere tutte un racconto in prima persona, abbiamo deciso di lasciare tema libero. Io, tuttavia, mi sono fatta ispirare dall’idea di scrivere qualcosa da un determinato punto di vista ed ho provato ad immedesimarmi in una bambina. 
Il mio racconto si intitola “Io e la mia Gigia” e spero che vi piacerà!



Io e la mia Gigia


La mia compagna fedele, l’amica che non mi tradirà mai, la mia gatta.

Ha una brutta ferita, davvero spaventosa! La sua pancia è squarciata. Mi guarda con i suoi occhietti, che di solito sono tanto furbi e vispi: oggi sono offuscati da un tremendo dolore che, secondo me, si sforza di sopportare.

Io continuo ad osservarla, ad accarezzarle le zampine che tremano in modo incontrollato, a dirle di rimanere con me. Lei è l’unica confidente che ho e non potrei sopportare di perderla.

Gigia mi capisce, ne sono sicura: è forte, tenace e ne ha passate tante. A dire la verità, è sempre stata un po’ birichina: spesso la trovo sotto la voliera degli uccellini mentre cerca di “attentare” alle loro vite, più di una volta ho dovuto tirarla fuori da sotto il furgoncino di papà (si nasconde lì perché è attratta dal motore caldo) prima che qualcuno la mettesse in moto e qualche volta è sparita per tutta la notte, lasciandomi nella mia cameretta a rigirarmi nel letto per la preoccupazione.

Cerco di farmi forza e di ripetermi che Gigia è una vera guerriera e che questo terribile incidente non sarà l’ultimo della sua lunga ed onorata carriera di gattina, ma il mio occhio continua a cadere sul terribile squarcio e non so proprio come abbia fatto a ridursi così.

In cascina abbiamo solo mucche, maiali, conigli, pochissimi cavalli che vengono tenuti in scuderia e trattati come un tesoro prezioso: quale di questi animali potrebbe mai procurarle una simile ferita? Sembra quasi l’impronta di un artiglio. Qui sull’aia davanti a casa c’è qualche gallina, che non potrebbe far male a Gigia neanche volendo: per di più sono grassi esemplari che appena la vedono fanno quasi l’uovo per la paura che hanno di qualunque micio e delle sue zampe unghiate.

L’unico “sospettato” potrebbe essere Ricky, il nostro cagnolone, ma sento che non è stato lui. Ricky, un meticcio di taglia medio-grande che abbiamo portato a casa qualche anno fa, è già un po’ vecchiotto. Per anni ha fatto “la guardia” (si fa per dire) alla villetta di una nostra conoscente, un’anziana vedova, anche se si limitava a pascolare per il giardino ed a scodinzolare a tutti gli umani che passavano, illudendosi di risultare minaccioso. Quando purtroppo la signora è andata in Cielo, abbiamo tenuto noi Ricky. Lui si è adattato senza problemi al passaggio dai quartieri residenziali alla campagna, è rimasto un cane buono come il pane, ma ha conservato la sua predilezione per le signore di una certa età e questa mattina, come suo solito in estate, è stato tutto il tempo sotto il portico accanto a mia nonna, che cerca di non soffrire troppo il caldo stando all’ombra e sferruzzando maglioncini di cotone “per le fresche serate di agosto” (convinta lei…).

È ormai un’ora che guardo la pancia di Gigia, sentendomi sempre più impotente. Ho una gran paura che la mia gattina questa volta abbia esagerato e sia incappata in qualche attrezzo agricolo in funzione. Si tratta di uno squarcio troppo grosso per essere causato da un cane arrabbiato o da un cavallo spazientito.

Ho provato a convincere mia mamma a chiamare il veterinario, ma lei mi ha risposto che papà ed i miei zii e cugini lo fanno venire qui soltanto se la mucca non riesce ad avere il vitellino, se il cavallo è stato male, se qualche malattia infettiva ha fatto morire rapidamente le galline… Purtroppo i cani ed i gatti non sono altrettanto importanti, per loro. Ce ne sono così tanti in campagna! Uno in più, uno in meno…

Io però non voglio arrendermi. Lei è Gigia, la mia gattina, la mia compagna di giochi e la mia confidente. Sono l’unica bambina qui: i miei fratelli Giuseppe e Gianni sono grandicelli ed aiutano mio padre a lavorare nei campi, così come i miei cugini Andrea ed Ernesto. 




Fino a due anni fa, mi divertivo con Lucilla, la sorella maggiore di Andrea. Lei era maestra in una delle classi della mia scuola e sia all’andata che al ritorno facevamo insieme la strada in bicicletta. Lei mi ha insegnato a togliere le due piccole ruote di sostegno e non mi ha mai sgridata. Eravamo sempre tanto allegre, insieme! Lei mi raccontava favole durante il viaggio; teneva da parte un pacchettino con due panini alla marmellata e me ne porgeva uno prima di entrare a scuola; mi teneva sulle ginocchia durante le lunghe domeniche di pioggia, insieme bevevamo il latte caldo. 

Purtroppo, però, tutto questo è durato soltanto per i primi due anni delle elementari. L’estate in cui ho fatto gli esami di seconda Lucilla si è sposata con un professore ed è andata a vivere in città, a mezz’ora di macchina. Ha cambiato anche posto di lavoro e noi la vediamo solo qualche domenica ogni tanto.

Forse, proprio per questo motivo, il Natale subito dopo il suo matrimonio, i miei genitori, vedendomi un po’ triste, hanno pensato di farmi una sorpresa. Io mi aspettavo il solito dono: una minuscola bambola di pezza in aggiunta a quelle degli anni precedenti (che io cerco di conservare gelosamente) e qualche piccolo dolciume.
È stato davvero grande il mio stupore nel vedere una scatola di cartone con dei piccoli buchi che...miagolava! Appena tolto il coperchio, ho trovato lei, un batuffolo grigio e peloso. Sul suo bellissimo musino, incorniciato da tante striature dal grigio chiaro al nero, spiccavano due grandi occhi verdi dalle pagliuzze dorate. Era davvero il più bel regalo che Babbo Natale mi avesse mai fatto nei miei otto anni!

Fino ad allora, non avevo mai avuto una particolare preferenza per i gatti. Tra i tanti che spesso passavano per la nostra cascina in cerca di qualche avanzo di cibo, l’unico micio che era sempre in casa nostra era Romeo, un esemplare dal bellissimo pelo marrone e dal carattere pessimo, almeno con me. Da piccolina provavo ad avvicinarlo, ad accarezzarlo, ma quello mi guardava con aria di sufficienza e si allontanava facendo ondeggiare la coda. Quando era in vena di coccole, andava da mio fratello Giuseppe, con il quale aveva una speciale intesa. Con me, invece, era proprio malmostoso, antipatico ed orgoglioso.

In quel giorno di Natale ormai lontano, Gigia mi aveva dimostrato di essere di tutt’altra pasta. Non appena uscita dalla sua scatola, avendo ritenuto di esserci stata per troppo tempo, aveva fatto un balzo e, con una certa tenacia, aveva raggiunto il presepe che era stato allestito su un mobile della sala e, dopo essersi divertita a tirare giù tutti gli alberelli con la sua zampetta, aveva preso tra i denti una povera pecorella e l’aveva lasciata di fronte a me, pronta a ricevere moltissime coccole per essere stata una brava cacciatrice.

Non più tardi di una settimana dopo, quando tutti festeggiavamo l’ultima notte dell’anno, avevo dovuto portarla via dal vassoio di affettati che mia mamma aveva preparato e che lei osservava con uno sguardo molto goloso, anche se era ancora cucciola e spesso mangiava solo latte. Quella sera, mentre gli adulti stappavano una bottiglia di spumante e brindavano ripetendo “Buon 1966!”, Gigia ed io ci eravamo strette nel lettino, perché avevamo entrambe un po’ di paura dei rumori e dei festeggiamenti che provenivano dalla strada (lei più di me, perché era piccola).

È stato solo l’inizio di due anni e mezzo di felicità insieme a lei, ed ora che è di nuovo estate, tra un mese compirò dieci anni e tutti iniziano a dirmi che sono una “bambina grande”, mi sento responsabile per lei. Se la mia famiglia non ritiene necessario far venire il veterinario per un gattino, vorrà dire che la porterò io.

È vero che abito in campagna, però conosco un po’ il paese. Vado a scuola tutti i giorni e qualche volta mi è capitato di tornare in centro al pomeriggio, insieme alla mamma, per comprare l’occorrente per la scuola. Qualche domenica, quando i miei fratelli avevano qualche anno in meno, abbiamo fatto una passeggiata in centro, guardando le vetrine dei negozi. Una volta, a cena, ho sentito mio padre dire che il veterinario era diventato ricco: i miei fratelli hanno detto che si è sistemato in paese, in un negozio proprio come quelli con la vetrina che abbiamo visto noi.

È ancora primo pomeriggio, tutti gli uomini sono nei campi, mia nonna è già uscita e si è messa sotto il portico con il fedelissimo Ricky. Solo mia mamma si è trattenuta in casa per sistemare un po’ la casa dopo pranzo, ma credo (e oggi spero davvero) che andrà a sistemare il nostro magazzino per far spazio al grano da macinare. È un caldissimo luglio e tra poco ci sarà la mietitura.

Come previsto, mia mamma entra in camera e, dopo aver dato una carezza a Gigia (anche lei le vuole bene!), mi dice che oggi posso stare qui con la mia gatta invece che aiutarla a riordinare, e poi richiude la porta. Aspetto di sentirla scendere le scale e chiudere la porta per non far entrare troppo caldo. È il momento di iniziare con il mio piano!

Tolgo il vestitino che sto indossando e metto quello buono, insieme alle scarpette di vernice, sperando che non si rovini niente. In una delle taschine laterali infilo il borsellino con tutto quello che mi è rimasto delle piccole mance che ricevo dalla nonna ogni domenica e dagli altri parenti quando capita. Non so se e quanto il veterinario vorrà essere pagato, ma forse si accontenterà dei miei spiccioli… in fondo, come diceva mamma, un gatto non ha un gran valore.
Con grande cautela, avvolgo Gigia in alcuni stracci, anche se quello che appoggio sotto la pancia si sporca subito di sangue, e la copro con uno scampolo di lana, perché, nonostante la temperatura, continua a tremare.

Scendo le scale con attenzione con in braccio la mia gattina e, uscendo, percorro un pezzetto del portico che circonda casa nostra. Mia nonna è tutta china sul lavoro a maglia e cerco di passare davanti a lei silenziosamente, anche se so che è mezza sorda. Per fortuna, lei non si accorge di nulla e neanche Ricky si mette ad abbaiare. Passo dopo passo, mi avvicino ad una piccola rimessa dove lasciamo qualche attrezzo agricolo e le biciclette, adagio Gigia nel cestino dove di solito metto i libri per la scuola e… partenza! 



È la prima volta che faccio il tragitto casa-scuola in piena estate. Durante l’inverno, Gianni mi accompagna con il furgoncino di famiglia e, se la strada è davvero ghiacciata, io e mia mamma ci svegliamo prestissimo e camminiamo fino al paese tenendoci per mano, in modo che io non scivoli. Quando è ancora autunno, o è ormai primavera, è piacevole sentire l’aria frizzante della mattina e coprire rapidamente il tratto di strada in bicicletta. Nel momento in cui torno a casa, poi, sono così felice ed affamata che non mi importa se le temperature hanno iniziato a salire rispetto a qualche ora prima.
Ora, però, il sole brucia, sembra che ti voglia divorare. Gigia miagola piano, segno che anche a lei probabilmente dà fastidio il sole sulla testa. Sto sudando nel mio abitino buono, non si sente nulla a parte il frinire delle cicale ed il paese sembra non arrivare più.

Dopo una pedalata che mi pare lunghissima, inizio a vedere la chiesa, la mia scuola, la piazza principale. Una volta arrivata al centro storico inizio a guardarmi intorno, e scorgo subito il bar ed il ristorante. Decido di percorrere la via che faccio di solito con mia mamma e, come ricordavo, la cartoleria è il primo negozio sulla sinistra. Il calzolaio, la bottega della sarta, una piccola libreria, il panificio, la drogheria… non mi sembra di scorgere da nessuna parte il negozio dal veterinario e sto per tornare indietro e tentare un’altra via, quando, all’improvviso...eccolo lì!

Lascio la mia bicicletta vicino al negozio, prendo in braccio Gigia che protesta debolmente ed apro la porta. Mi ritrovo subito in mezzo ad una sala d’attesa fin troppo vivace. Una signora con un tailleur grigio perla ed una veletta nera che copre in parte i capelli sale e pepe tiene tra le braccia un piccolo cane che ansima e fa saettare in giro i suoi occhietti. Un ragazzo alto, magro, vestito di nero, con due spessi occhiali, guarda con apprensione un gatto tigrato steso sul pavimento accanto a lui, che miagola con una certa disperazione. Una signora elegante, con i capelli rossi a caschetto e un abito blu che mia mamma adorerebbe, cerca di trattenere un cane da caccia, che abbaia furibondo, evidentemente infastidito dall’esistenza degli altri due pazienti.

Sono appena riuscita a trovare un angolo tranquillo per me e Gigia quando la pesante porta di legno in fondo allo studio si spalanca. Riconosco subito il veterinario, che spesso è venuto da noi, ed anche lui incrocia subito il mio sguardo.

Giulietta! Ma che fai qui,tutta sola? Che cosa mi hai portato?” mi chiede stupito, indicando l’involto in cui ho fasciato Gigia.
Guardare il sorriso bonario di quest’uomo, rendermi conto che potrebbe essere l’unica speranza per la mia amica e che, anche se sono così piccola, sono riuscita a portarlo da lui, non so perché, ma mi fa scoppiare, all’improvviso, in un pianto disperato.
Dottore” mormoro tra una lacrima e l’altra “questa è la mia micia, ha uno squarcio nella pancia, per favore, per favore, mi aiuti, forse si può fare qualcosa!”
Uno squarcio? Fammi vedere” mi risponde senza scomporsi e con sorriso incoraggiante.

Seguo il dottore nello studio ed insieme posiamo Gigia sul tavolo di metallo. Lei è spaesata, mi guarda confusa, forse vorrebbe solo riposare. Io le prendo la zampina e la guardo negli occhietti cercando di comunicarle quella calma e quella tranquillità che non ho nemmeno io.

Il dottore inforca gli occhiali ed osserva silenziosamente la pancia di Gigia, poi solleva con lentezza lo sguardo e mi dice: “Hai fatto bene a portarla qui. A volte capita che i gatti, se passano la notte, guariscano da soli, ma non sempre succede. Adesso ricucirò la pancia della tua micina. E starà bene presto, vedrai. Intanto prendi questa” aggiunge tirando fuori una moneta dalla tasca del camice “vai a prendere qualcosa al bar in piazzetta, ci metterò un po’ e non è un bello spettacolo”.

Appena uscita dallo studio, mi scuso con gli altri tre proprietari per essere passata loro davanti, ma loro hanno visto le condizioni di Gigia e si rivelano molto comprensivi.
Quando mi chiudo dietro la porta del negozio e mi ritrovo di nuovo ad osservare la strada di prima, però, tutto il sollievo mi si dipinge sul viso: Gigia guarirà! Devo festeggiare!



La vetrina del bar della piazza mi sembra l’ingresso del Paese dei Balocchi. Potrei prendere una cioccolata, un caffelatte con i biscotti come quello che bevevo con Lucilla… il carretto dei gelati! Io li adoro… ed è davvero troppo tempo che non ne mangio uno. Ho in tasca proprio cento lire, la somma giusta per una coppa a due gusti. Tra la stracciatella che piace tanto a Gianni, il caffè che prende sempre mia madre ma per me è troppo amaro ed il limone che talvolta si concede la nonna… alla fine scelgo il cioccolato, il mio preferito, e la crema con le amarene.

Mentre sono seduta al bar, osservo le signore di città a passeggio con i loro bambini. Ormai è metà pomeriggio e molti, come me, si fermano per un gelato. Alcuni, addirittura, attraversano il centro storico con la macchina. Macchine vere!, penso stupita guardando una Fiat 600 bianca, il sogno di Giuseppe.

Noi abbiamo soltanto un vecchio furgoncino con due posti ed un rimorchio all’aperto per mettere la farina, le uova, le verdure che vendiamo in paese, o per portare a casa la legna per l’inverno.

Continuo a guardare meravigliata le persone che fanno le loro commissioni e mi rendo conto che, anche se sono una bambina grande, sono stata un po’ egoista. Non è corretto premiare solo me stessa...anche Gigia ha sopportato tanto!

Non so bene che cosa potrebbe piacere ad una gatta, a parte il cibo ogni giorno ed un tetto sulla testa, e poi devo ancora pagare il dottore, ma alla fine mi viene un’idea da poche lire. Dalla sarta trovo un pezzetto di nastro rosso ed un simpatico campanellino. Così Gigia non sembrerà più randagia, ma avrà un collare tutto suo e sarà ancora più bella!

Terminato il mio giro, rientro nel negozio del veterinario e mi rendo conto che ci sono altri pazienti e che non c’è più il ragazzo con il gatto tigrato. Che sia entrato nello studio del dottore? Allora, forse...l’operazione è finita!

Pochi minuti dopo ho la risposta alla mia domanda. La porta dello studio si apre nuovamente ed escono il ragazzo ed il suo micio, il primo con un’aria molto più serena e sollevata, il secondo finalmente silenzioso.

Dietro di loro c’è il dottore, che mi fa segno di entrare. Ora che sono di nuovo qui, mi sento un po’ in apprensione: sarà andato davvero tutto bene?

...ed ecco lì la mia Gigia, addormentata su una vecchia poltrona dello studio! Avvicinandosi a lei, si nota la fila di piccoli punti sulla pancia. La ferita è stata ricucita, e di sicuro deve averle fatto male, eppure sembra serena.

...è sotto anestesia”, mi dice il dottore. Gli chiedo che cosa significhi quella parola misteriosa e scopro che Gigia è stata addormentata per non sentire il dolore e che tra poco si sveglierà.

Vedrai, domani sarà come nuova. Ora, quando si sveglia, avvolgila bene come prima, perché potrebbe sentire ancora un po’ di freddo, anche se fuori fa caldissimo, e portala a casa.”

Rimango ancora un po’ nello studio accanto a Gigia, mentre il dottore fa entrare gli altri padroni con i loro animali. Un volpino particolarmente vivace nota la gatta addormentata ed inizia ad abbaiare, ma per fortuna smette subito.

Mentre il dottore sta mettendo a tacere il vispo volpino aprendogli la bocca e controllando la dentatura, sento un inconfondibile miagolio.

...la mia Gigia è sveglia! È proprio lei, con i suoi occhi ora un po’ appannati, il suo sorriso dolce ma spaventato, un po’ di spaesamento perché si trova in un luogo sconosciuto. Sono così felice che la stringo al petto, la coccolo e per poco non piango di nuovo.

Più tardi, quando il veterinario ha finito di esaminare il cagnolino, apro timidamente il mio borsellino e chiedo al dottore se gli possono bastare trecento lire, ma lui sorride nuovamente e mi risponde che ha operato Gigia volentieri e non vuole nulla.
Dovresti proprio tornare a casa, ora, Giulietta” mi ammonisce, invece “tua mamma non ti avrebbe mandato da sola fin qui, quindi sei uscita senza permesso, vero?”
Annuisco guardando il pavimento, in preda all’imbarazzo. Il veterinario sembra capire. “So che in campagna i cani ed i gatti sono considerati un po’ poco, perché non sono utili ad un contadino quanto una mucca, un maiale o un cavallo. Sai che ti dico? Dovresti portare qui tua mamma, o uno dei tuoi fratelli. Ormai nei paesi e nelle grandi città ci sono sempre più persone che tengono in casa uno di questi animali...e dovresti vedere come li accudiscono! Alcuni sono trattati meglio dei bambini! … Ma forse oggi te ne sei accorta guardando i pazienti del mio studio, vero?”

Quando sono entrata lì ero troppo preoccupata per pensarci, ma ora che lui me lo fa notare mi rendo conto che non sono poi così strana… non sono l’unica a considerare la mia gatta come una confidente. Tutte le persone che c’erano con me nello studio erano preoccupate per i loro amici del cuore.
Gigia è la mia amica” gli rispondo infatti con semplicità.
Lo so bene. Ora però vai!”



Il ritorno a casa mi sembra così diverso dall’andata! Il mio cuore è leggero e mi vien quasi voglia di cantare. Tutto, dalla piccola capanna in mezzo al prato alla mia destra ai campi di granturco alla mia sinistra, passando per il ponticello sopra un torrente le cui rive sono punteggiate da papaveri, mi sembra un bellissimo angolo di mondo da esplorare con la mia Gigia. Lei non è felice quanto me: forse la ferita le fa male. Il dottore mi ha spiegato che per un po’ si sentirà come se qualcuno le stesse tirando la pancia, che le verrà la tentazione di grattarsi con la zampetta e che io dovrò impedirglielo. Fatto sta che è un po’ agitata, mal sopporta gli scossoni che sta subendo stando nel cestino della bicicletta, si rigira nell’involto di stracci e coperte come se all’improvviso le desse fastidio e miagola con insistenza, come ogni volta che ha fame ed io cerco di finire i compiti prima di darle da mangiare.

Non appena arrivo a casa, però, la musica nella mia testa si spegne. Mia mamma è in piedi davanti all’ingresso, con una mano sulla bocca e la faccia di chi si è preoccupato a morte per ore. Accanto a lei, sotto il patio, ci sono la nonna e Ricky, che sembrano impietriti.


...purtroppo non ho potuto evitare una bella sgridata, anche se l’avevo messa in conto. Prima mia madre mi ha detto che sono una bambina troppo discola, che anche se sono cresciuta non devo fare queste pazzie, che alla nonna stava per venire un infarto ed anche a lei. Poi è andata ad avvisare mio padre del ritorno e lui ha aggiunto che non sta per niente bene che una bambina vada in città da sola, che ho disturbato inutilmente il dottore per “un gatto qualunque” e che la prossima volta che si incontrano lo pagherà per il disturbo.
Risultato: niente bicicletta per due settimane, né da sola né in compagnia, e niente dolciumi per ben due domeniche!

Anche se rimango sempre male se mamma e papà mi sgridano, questa volta me lo aspettavo. Sapevo che avrei infranto le regole, ma l’ho fatto per un motivo che per me è tra i più importanti al mondo.

Ora non mi resta che mettere un po’ di cuscini sullo scampolo vicino al mio letto dove Gigia dorme di solito, adagiarla, convincerla a mangiare (non sarà difficile, visto che in cucina ha già tentato di afferrare una fettina di salame) e sperare che guarisca del tutto.


Il dottore ha mantenuto la sua promessa: è di nuovo mattina e Gigia è come nuova! Certo, la ferita ricucita si vedrà ancora per un bel po’, ma già prima che io scenda a fare colazione lei salta, miagola, si rotola… sembra tornata a vivere!
In cucina prendo la mia solita tazza di latte con qualche pezzetto del pane di ieri. Intingo qualche bocconcino e lo do alla mia amica, che, come sempre, apprezza.
Dieci minuti dopo siamo già in uno dei nostri posti preferiti: il pezzettino di orto che c’è subito di fronte alla porta sul retro. Si tratta di un fazzoletto di terra di cui si occupa solo mia mamma. Ci sono erbe aromatiche di ogni tipo, dal rosmarino alla salvia, dalla menta al timo. Lei le coltiva con tanta cura e le usa per la sua cucina. È un piccolo spazio, delimitato da qualche tralcio di vite e da un muretto basso che io definisco “il Paradiso della lucertola”, perché in questa stagione è popolato da fin troppi di questi animaletti, con i quali io non vado troppo d’accordo.

Mentre osservo la mia bellissima Gigia, con il suo nuovo collare rosso, che salta dal muretto alle piante aromatiche inseguendo una lucertola dietro l’altra, non posso fare a meno di pensare che anche mamma e papà mi sembravano più sollevati dopo lo spavento che arrabbiati. Se fossi andata in paese solo per divertirmi e spendere senza avvertirli, di sicuro la punizione sarebbe stata più severa, e forse nessuno mi avrebbe salvato da un paio di sberle. Sotto sotto, anche loro vogliono bene alla mia micia e sanno che, se per una volta ho fatto una piccola pazzia, è stato solo per salvarla.
E tu, Gigia, sei felice di stare in questa famiglia dove tutti ti vogliono bene?”
Miao!”



FINE



Come sempre, aspetto i vostri commenti! Fatemi sapere se questo omaggio agli anni ‘60 ed ai nostri amici animali vi è piaciuto…!
Ne approfitto per ringraziarvi di cuore per le bellissime parole che avete dedicato ai racconti di marzo ed aprile. Sono rimasta stupita dal riscontro così positivo, grazie ancora!
Vi invito a leggere anche i racconti delle altre blogger che hanno partecipato alla rubrica questo mese. Grazie per la lettura, al prossimo post :-)


33 commenti :

  1. È un bellissimo racconto. Mi hai fatto ricordare il mio gatto di quando ero bambina e il mio micio dell’età adulta, quello che mi ha fatto compagnia per ben vent’anni e che a due anni stava per morire per una rara malattia. Ricordo il viaggio in auto con la veterinaria verso una clinica specializzata, ricordo il sollievo nel viaggio di ritorno: il gatto avrebbe avuto una possibilità se avessimo incominciato con un’alimentazione particolare; quante emozioni, così ben descritte da te.
    Complimenti Silvia.
    sinforosa

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    1. Ciao Sinforosa! Grazie mille, sono felice che il racconto ti sia piaciuto :-) Ti ho anche riportato alla mente un vecchio ricordo! I nostri amici animali a volte ci fanno preoccupare… ma ci danno anche tanto amore!

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  2. Cara Silvia, questi racconti mi affascinano sempre.
    Ciao e buona settimana con un forte abbraccio e un sorriso:-)
    Tomaso

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    1. Ciao Tomaso, sono contenta che le mie storie ti piacciano! Buona settimana anche a te :-)

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  3. Bello Silvia. Ora scrivo il mio racconto di fantasia.

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  4. La signora e l'orso marsicano:



    Si svegliò di soprassalto. Aveva sentito dei rumori strani in casa. Tese l'orecchio e i colpi si ripeterono. Tonfi, più che colpi. Come se qualcosa di grande fosse caduto per terra.
    Cercò il cellulare per chiedere aiuto ma si ricordò di averlo dimenticato in cucina. Prese allora la torcia, si fece coraggio e si alzò. Perlustrò l'alloggio ma niente era fuori posto. Le finestre chiuse, i vetri integri, l'uscio chiuso a doppia mandata... mistero!
    O forse no. Forse aveva solo sognato.
    Per calmarsi bevve un bicchiere di acqua fresca e tornò a dormire. Giunta sulla soglia della camera da letto si bloccò impietrita.
    Abitare in una villetta nel Parco Nazionale d'Abruzzo è bello, ma si può incontrare l'orso marsicano. Ora stava li, ai piedi del letto, e la situazione non era per niente tranquilla. Accanto a lei c'era un armadietto con una scatola di compresse di un sonnifero che prendeva causa la sua insonnia. Idea! Vuotò tutta scatola, frantumò le pasticche e insieme al miele formando un impasto molto invitante. Mise il tutto in un piatto e lo fece arrivare vicino all'orso. Il bestione ingoiò tutto e dopo un'ora si accasciò per terra russando. Lei prese il cellulare, chiamò la guardia forestale e l'orso venne trasportato nel vicino Ospedale di Avezzano dove i medici praticarono una potente lavanda gastrica.

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    1. Ciao Gus! Grazie mille per aver preso parte anche tu alla rubrica con un racconto tuo, mi fa davvero piacere che nei commenti ci possa essere anche creatività personale! La situazione che racconti è capitata davvero a dei nostri connazionali abruzzesi… io credo che morirei di paura! Meglio gli orsetti di peluche...

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  5. Hai inserito una bambina, hai inserito un gatto e beh questa storia non poteva che piacermi tantissimo con queste preamboli iniziali.
    Complimenti Silvia per come hai gestito perfettamente la storia entrando nella testa di una bimba che ama il suo animaletto, tra loro si crea un legame speciale che l'adulto non comprende completamente e tu sei stata bravissima a renderlo reale.
    E poi quest'ambientazione passata l'ho trovata così vera che mi sembrava di essere lì.
    Visti i miei gusti personali posso dire che questa finora è la mia storia preferita per questa rubrica e proprio attraverso questo appuntamento mensile sto scoprendo quanto sia veramente brava a scrivere

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    1. Ciao Susy! So che bambini e gatti sono tra i tuoi soggetti preferiti e speravo che la storia ti sarebbe piaciuta :-)
      Purtroppo negli anni '60 tanti adulti, pur amando gli animali, non si occupavano di cani e gatti con la stessa dedizione nostra. Ricordo che anche i miei nonni mi raccontavano dei tanti animali che erano in cascina e dei gatti e cani che giravano dall'una all'altra. Giulietta non ha solo la purezza dei bimbi ma appartiene già ad un'altra generazione che vede in modo diverso gli "amici animali".

      Grazie ancora per i complimenti e le belle parole!

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  6. Ciao Silvia, complimenti per il racconto, mi è piaciuto molto leggere questa storia: ho apprezzato soprattutto il legame speciale tra la bimba e la sua micia, oltre che l'ambientazione, che hai reso in modo davvero molto realistico! Brava :-)

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    1. Ciao Fra! Speravo che la storia ti sarebbe piaciuta… tu, come Susy, sei un'altra appassionata di gatti! Sono contenta che l'ambientazione anni '60 sia realistica :-) Grazie per i complimenti!

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  7. Bel racconto.
    Mi chiedo se non sia, in qualche modo, autobiografico.

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    1. Ciao Claudia! Proprio AUTObiografico no… ma di famiglia sì. Ho pensato soprattutto alla cascina del mio nonno materno ed a mia madre quando era piccola! Quindi in un certo senso avevi intuito correttamente...

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  8. Mi piace molto, perché sono stato in ansia fino alla fine.
    Hai trovato il modo di raccontare un piccolo dramma ma, contemporaneamente, hai fatto una panoramica di tutto ciò che vive Giulietta.
    Una bellissima storia vintage e country.

    Moz-

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    1. Ciao Moz! Hai condiviso l'ansia di Giulietta per la gattina, in fondo era un po' quello che volevo, ahah :-) Direi che "vintage" e "country" sono due aggettivi adeguati per definire la storia! Sono comunque contenta che ti sia piaciuta :-)

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  9. Ciao Silvia. Il tuo racconto mi è piaciuto davvero tanto. E' scritto bene, in maniera scorrevole e pulita (a parte qualche ripetizione e una D eufonica). Hai raccontato una storia nella quale mi sono rivista: avendo vissuto in campagna, benché molto più di recente, rispetto agli anni sessanta, ho toccato con mano la poca considerazione che si ha per gli animali "non produttivi". Anche io e mio fratello dovevamo rivolgerci al veterinario di nascosto per i nostri gatti. Hai creato una protagonista molto credibile, dotata di quell'intraprendenza che solo i bambini possono avere, in virtù dei loro principi semplici, ma potenti. Mi è piaciuto tanto anche il veterinario, che ha saputo rinunciare al proprio guadagno per premiare il buon cuore di Giulietta. Ce ne fossero! Il tuo è un quadro molto realistico, che sa emozionare, e sei riuscita ad aggiungere alla vicenda principale molti elementi interessanti. Complimenti e alla prossima!

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    1. Ciao! Pensando a quello che tu e altri mi avevate detto l'altra volta, ho cercato di eliminare queste benedette d...se ne ho messa una sola è già un progresso, ahah :-) Avevo sentito più di una storia sui gatti "considerati poco" in campagna, anche meno dei cani, perché "ce ne sono tanti"... non sapevo che fosse successo anche a te, io sarei stata super preoccupata al tuo posto! Quanto al veterinario, ho pensato ad un "progressista" che promuove l'idea degli animali non solo produttivi ma anche da compagnia.

      Comunque grazie per i complimenti e per i tuoi commenti sempre precisi e dettagliati :-)

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  10. Complimenti per questo racconto Silvia, è molto veritiero ed emozionante. Infatti mi ha ricordato una disavventura che è capitata al gatto randagio del mio quartiere. Un giorno l'ho trovato con la coda squarciata, probabilmente aveva avuto un incidente, così io e mia zia l'abbiamo portato subito dal veterinario. È stato operato (ora ha la coda monca) e dopo è stato trasportato al gattile per la riabilitazione perché lasciarlo in strada era troppo rischioso. Gli abbiamo praticamente salvato la vita! 😊

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    1. Ciao Vanessa! Leggendo i commenti ho notato che è capitato a molti di voi, come a Giulietta, di correre dal veterinario con una bestiola in pericolo… tu e tua zia siete state davvero di buon cuore! Di sicuro a questo micio un po' sfortunato avete regalato una nuova vita :-)
      Comunque sono davvero contenta che il racconto ti sia piaciuto, grazie mille!

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  11. Che racconto dolcissimo. Approvo assolutamente la tua scelta sull'epoca e sui protagonisti. Anche io, come Susy, ho un debole per i bambini e gli animali, quindi non potevo che apprezzare la tua storia. Non vado, invece, matta per le frasi tra parentesi, ma questo è gusto personale, per altro non ho nulla da dire. Il tuo stile mi piace, hai una scrittura semplice e scorrevole. Grazie per questo viaggio nel passato! 😊

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    1. Ciao Tany! Grazie mille per le tue belle parole, sono davvero contenta che il mio racconto ti piaccia! Anche io di solito cerco di non esagerare con le frasi tra parentesi… stavolta, tra un pensiero ed una precisazione, forse ne è scappata qualcuna in più. Vedo che gli anni '60 ed i gatti piacciono un po' a tutti, quindi sono contenta della mia scelta di tema ed ambientazione! :-)

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  12. Ciao Silvia! Che dire, la tua immedesimazione è stata perfetta! Mi hai fatto vivere in ogni riga di questo racconto le emozioni attraversate dalla protagonista, te lo giuro: ho iniziato la storia trattenendo il respiro (amo i gatti e anche solo il pensiero di ritrovarne uno dei miei nelle condizioni di Gigia mi ha messo i brividi) e l'ho finita sorridendo con Giulietta per la storia conclusasi a lieto fine. Apprezzo moltissimo il tuo modo di scrivere e la capacità che hai di portarci sempre indietro nel tempo con uno stile semplice ma mai banale, super scorrevole e super piacevole da leggere. È splendido fare un tuffo nel passato insieme ai protagonisti delle tue storie! Hai scritto proprio un bel racconto: complimenti! :) Ci rileggiamo al prossimo, Stephi

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    1. Ciao Stephanie! Anche io inorridisco ogni volta che sento di cani o gatti investiti o trattati male... forse per questo mi è venuta l'idea di salvare una bestiola sfortunata almeno sulla carta! Ti dirò, portarvi indietro nel tempo piace anche a me: le storie che mescolano passato e presente, magari al femminile, sono sempre state tra le mie preferite. Sono molto contenta che tu apprezzi il mio stile, grazie mille per tutti i complimenti! :-) A presto!

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  13. Che dolce racconto ho appena terminato di leggere! Ho ancora gli occhi lucidi e il cuore che batte forte per l'emozione. Mi sembrava di essere all'interno della storia, percepire l'afa, respirare l'odore di un'epoca lontana ma non troppo. Hai reso in maniera magistrale, con uno stile fluido e d'impatto, le sensazioni di una bimba tanto attaccata al suo micetto. Una fotografia avrebbe reso di meno e non è semplice farlo! Usare le parole per dipingere è un dono e secondo me in questo racconto lo hai messo a frutto in maniera splendida. Mi hai emozionata tanto tanto tanto. Complimenti!!!
    Scusa per il commento "poco tecnico" ma quando scrivo di getto sull'onda dell'emozione mi viene difficile concentrarmi su questi aspetti e il messaggio che vorrei far passare è proprio quello emozionale... Ancora bravissima!

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    1. Ciao Anne Louise! Per me è davvero una grande soddisfazione ricevere un commento così pieno di emozioni come il tuo. Sono felicissima di aver trasmesso bene l'atmosfera ed i sentimenti dei personaggi. Anche io, scrivendo, ho cercato di "fuggire" un po' in un'estate che profuma di libertà, benessere e nuove promesse, e sono contenta che questo mio intento si sia notato. Non c'è nulla di cui scusarsi, anzi, mi hai fatto felice! Grazie ancora per le belle parole :-)

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  14. Ciao Silvia!
    Il tuo racconto mi è piaciuto tantissimo, perché è una storia molto dolce e comunque forte, una bambina che anche se sa di disubbidire ai suoi non può lasciar soffrire la sua micia. Mi ci sono ritrova, perché anche io sono cresciuta con una gatta ed è stato bello rivivere attraverso le tue parole quel rapporto speciale! Bravissima e complimenti!!
    Ho visto molte meno "d" ;) anzi, praticamente non ce n'erano e in generale il racconto è molto ben scritto e coinvolgente. Ho sentito il caldo di luglio attraverso le tue parole :D Brava, brava!
    Alla prossima,
    Federica

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    1. Ciao Federica! Hai ragione, per Giulietta, che ha solo dieci anni, non è stato facile disobbedire ai suoi, ma l'amore per Gigia ha prevalso! Forse sto venendo a capo del problema delle d, ahah :-) Mi sono resa conto che se non si trovano tra due vocali uguali, ma diverse, appesantiscono un po' il tutto. Sono veramente contenta che tu abbia "sentito" sia le atmosfere che l'amore per gli animali, grazie mille per le belle parole! :-)

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  15. Un altro racconto con un bambino come personaggio principale *-* Niente, mi sciolgo, e non per il caldo XD

    Quanto è dolce Giulietta :3 E il suo prendersi cura di Gigia è tenerissimo! Si nota subito che è una bambina "grande" capace di prendersi cura della sua migliore amica fino in fondo, portandola da sola dal veterinario per accertarsi che stia bene :3 Mi ha ricordato molto quando ero piccola io e avevo ancora con me il mio cagnone <3 Anche se l'ambientazione temporale è ovviamente diversa dal periodo della mia infanzia -sono vecchia, ma non così vecchia ahahah-, i sentimenti sono sempre gli stessi: un animale, sebbene la sua natura sia davvero diversa dalla nostra, entra nel cuore del suo padrone senza lasciarlo mai più. È inevitabile, quasi quanto respirare :D Perciò, ti si spezza il cuore quando capita loro qualcosa... È comprensibile, quindi, la preoccupazione e l'ansia della nostra giovane amica riguardo l'incertezza del domani di Gigia :(

    Sono contenta che sia finita bene -avevo bisogno di un lieto fine, qui ahah- e sono ancora più felice che tu abbia raccontato ancora uno squarcio di passato, come avevi fatto ne "La staffetta" :3 Vivido e decisamente in linea con la realtà dell'epoca! Brava :*

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    1. Ciao Lara! Sì, ho immaginato Giulietta come una bimba già "grande", che si prende le sue responsabilità, come quella della sua gatta. Io sono più un tipo da cani, ma condivido con te tutte le emozioni di cui hai parlato a proposito dei nostri animali domestici. Ho pensato che gli anni '60, il benessere e il cambiamento fossero uno sfondo adeguato, soprattutto dopo un racconto dedicato alla guerra. Grazie ancora per tutti i complimenti!

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  16. Ciao Silvia.
    Ho letto il tuo racconto e devo farti i complimenti. Mi hai fatto sorridere in diversi punti. Mi è piaciuto molto il fatto che hai fatto parlare una bambina perché l’intero mondo è completamente diverso attraverso gli occhi di un bambino innocente. I piccoli dettagli che nota, il modo in cui parla dei grandi, l’importanza che dà alle piccole cose.
    Ho anche intravvisto un po’ di solitudine in questo racconto, la bambina mi è sembrata terribilmente sola. È vero che vive in un’epoca diversa e quindi non ci sono tutte le facilità di oggi, tuttavia il fatto che la sua unica amica fosse la gattina mi ha messo un po’ di tristezza.
    Nel complesso il racconto è scritto bene, un linguaggio lineare e semplice addato a una bambina. L’unica cosa che ho notato sono degli spazi in più qua e la oppure la loro mancanza, ma nulla di grave.
    A presto.

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    1. Ciao Christine! È vero, Giulietta è un pochino sola, perché è l'unica piccola in una famiglia di grandi, tutti hanno tanti impegni di lavoro in cascina e quando finisce la scuola non vede più nemmeno le sue coetanee! Descrivere gli anni '60 attraverso i suoi occhi mi è sembrato simpatico... Controllerò gli spazi allora, grazie per la segnalazione!

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  17. Ciao Silvia. Sono Silvia di Silvia tra le righe. Il tuo racconto è davvero meraviglioso. Complimenti. Scrivi benissimo e mi hai fatto emozionare tanto. È una storia dolcissima, che in parte mi ha ricordato la mia infanzia. Quanta tenerezza in questo racconto. A presto. Silvia

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    1. Ciao Silvia, grazie mille per le belle parole! Ho visto che questo racconto ha risvegliato ricordi d'infanzia in tanti, e mi fa piacere! Grazie ancora, alla prossima!

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