lunedì 27 maggio 2019

ALLA RICERCA DEL VARCO

Le più belle poesie di Eugenio Montale




Cari lettori,
come in un vecchio post dedicato a Ungaretti, per il nostro “Angolo della poesia” odierno continuiamo a conoscere meglio i poeti italiani del XX secolo e ci dedichiamo ad un autore da me amatissimo, Eugenio Montale.

Come sempre, visto che stiamo parlando di un poeta straordinario, non è possibile fare una selezione oggettiva dei suoi componimenti.

Oggi, come al solito, vi presento i miei preferiti!



TI LIBERO LA FRONTE DAI GHIACCIOLI


[…]
Mezzodì: allunga nel riquadro il nespolo
l’ombra nera, s’ostina in cielo un sole
freddoloso; e l’altre ombre che scantonano
nel vicolo non sanno che sei qui.”


Scrivendo questa poesia, l’autore immagina che la donna amata, considerata da lui alla pari di un angelo, gli venga incontro in una sorta di visita salvifica. I “ghiaccioli” a cui egli si riferisce sono sulla fronte della donna, dopo che ella ha attraversato i cieli per raggiungerlo.

Fuor di metafora, l’intento di questo componimento è, chiaramente, l’esaltazione della figura femminile che il poeta ha scelto come sua musa. È interessante, secondo me, notare come l’autore ponga l’accento sul fatto che tutte le altre persone al di fuori del luogo in cui la donna si è “manifestata” abbiano fretta, provino freddo e cerchino di allontanarsi molto rapidamente.

Egli, invece, non sente più nulla, né fame, né freddo, né il desiderio di proseguire con una qualsivoglia routine: l’apparizione della sua musa è per lui da custodire come un tesoro prezioso.



CASA SUL MARE


[...]Tu chiedi se così tutto vanisce
in questa poca nebbia di memorie;
se nell’ora che torpe o nel sospiro
del frangente si compie ogni destino.
Vorrei dirti che no, che ti si appressa
l’ora che passerai di là dal tempo;
forse solo chi vuole s’infinita,
e questo tu potrai, chissà, non io.
Penso che per i più non sia salvezza,
ma taluno sovverta ogni disegno,
passi il varco, qual volle si ritrovi.
Vorrei prima di cedere segnarti
codesta via di fuga
labile come nei sommossi campi
del mare spuma o ruga.
Ti dono anche l’avara mia speranza.
A’ nuovi giorni, stanco, non so crescerla:
l’offro in pegno al tuo fato, che ti scampi.
Il cammino finisce a queste prode
che rode la marea con moto alterno.
Il tuo cuore vicino che non m’ode
salpa già forse per l’eterno.


Questa poesia è da sempre la mia preferita tra quelle di Montale. 

A mio parere, essa descrive benissimo la nostra Liguria, sua terra natale e mia “seconda casa”. Le spiagge liguri, secondo me, sono proprio come quelle descritte nel componimento: piccole, erose dalla marea, labili. 

Nell’immaginario del poeta, esse rappresentano il confine perfetto tra il mondo razionale (la terra) e quello ideale (il mare), a cui si aspira costantemente. 

La voce narrante appartiene qui, con ogni probabilità, a una persona ormai abbastanza avanti con gli anni, che desidera lasciare in eredità ad un/a giovane (magari un/a nipote) la speranza di trovare un varco, di arrivare finalmente a quel mondo ideale che egli ha cercato tutta la vita. 

Dove finisce il cammino terreno, inizia una nuova esistenza: d’altra parte, quando ci si trova in riva al mare, non si avverte il desiderio di scorgere qualcosa al di là dell’orizzonte?



RIPENSO IL TUO SORRISO


Ripenso il tuo sorriso, ed è per me un’acqua limpida
scorta per avventura tra le petraie d’un greto,
esiguo specchio in cui guardi un’ellera i suoi corimbi;
e su tutto l’abbraccio d’un bianco cielo quieto. […]


La poesia del mio tema di Maturità (ormai nel lontano 2008) non si riferisce al sorriso di una figura femminile, come si potrebbe pensare, bensì ad un ballerino russo che l’autore aveva conosciuto. 

Mi piace pensare che, in questa persona, l’autore abbia visto la gioia quieta di chi è riuscito a trasformare in mestiere la passione di una vita. Il suo sorriso, dunque, ha la forza di un torrente selvatico tra le pietre: non si può domare, così come l’amore per la danza non si può controllare razionalmente.

Allo stesso tempo, però, Montale utilizza anche l’immagine della pianta che guarda perfino i suoi rami più piccoli in uno specchio d’acqua: è un modo per ricordare a tutti noi che sì, la passione e la gioia sono fondamentali per danzare, ma ci vuole anche tanta costanza, disponibilità a migliorarsi costantemente, attenzione a tanti particolari in apparenza insignificanti.

Da “ballerina dilettante”, devo dire che questo è un ottimo insegnamento!



CIGOLA LA CARRUCOLA DEL POZZO


[…
Si deforma il passato, si fa vecchio, appartiene ad un altro...
[...]”


Ho riportato quello che, secondo me, è il verso chiave di questo componimento, perché credo che sia molto significativo. 

Il protagonista della poesia, infatti, sta attingendo acqua da un vecchio pozzo, ed ogni volta gli sembra di vedere riflessi dentro il secchio persone o scene del suo passato.
Il pozzo diventa, ovviamente, un simbolo della sua memoria, che recupera con fatica ciò che è ormai perduto, ogni volta restituendo un’immagine deformata di ciò che è realmente accaduto. 

Anche la persona che era il poeta a quel tempo appartiene, a sua volta, al fondo del pozzo. È veramente difficile recuperare con esattezza ed autenticità quello che abbiamo fatto, visto o detto, ma è praticamente impossibile custodire nel cuore al 100% il ricordo di come eravamo.



I LIMONI


[…] Quando un giorno da un mal chiuso portone
tra gli alberi di una corte
ci si mostrano i gialli dei limoni;
e il gelo del nostro cuore si sfa,
e in petto ci scrosciano
le loro canzoni
le trombe d’oro della solarità.”


Questa poesia, a mio parere, fornisce un’ottima filosofia di vita. 

L’esistenza stessa, secondo l’autore, è proprio come il frutto celebrato nel componimento: ha un aspetto gradevole, solare, allegro, ma il suo succo è aspro e da consumare “a piccole dosi”. Come il limone, generalmente, non si mangia da solo, ed è un ingrediente da trattare e da inserire in piatti prelibati, così è necessario che noi accettiamo ciò che la vita ci ha dato e che creiamo la nostra personale “ricetta” della felicità.

Per raggiungere questo obiettivo al meglio, il poeta ci ricorda di non farci coinvolgere dalle vuote parole dei “poeti laureati”, che riempiono la loro esistenza e spesso anche quella altrui con tanta vana retorica. 

Il nostro cuore deve restare quello di un bambino, che gioisce perché può scoprire le meraviglie che si celano dietro al portone di una proprietà privata che non è stato chiuso, anche se il tesoro da scoprire è un semplice albero che ha messo fiori e/o frutti.



HO SCESO DANDOTI IL BRACCIO


[…]
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale,
non già perché con quattr’occhi si veda di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due le uniche vere pupille,
sebbene tanto offuscate, erano le tue.”


Questo componimento, come Ti libero la fronte dai ghiaccioli, è dedicato ad una donna, ma i toni sono completamente diversi.

La protagonista non è più una figura femminile ideale e vagheggiata, considerata dal poeta a metà tra un angelo ed una musa.
Montale ha scritto questa poesia per ricordare la donna più semplice, concreta e razionale che le è stata a fianco in vita: la moglie, detta Mosca per un suo forte difetto di vista.

L’autore rievoca la vita trascorsa insieme con la semplice immagine di lui e della moglie che fanno le scale. Così come lui ha aiutato Mosca a scenderle in senso letterale, per via delle sue pupille offuscate, così lei ha metaforicamente sostenuto lui in tutte le scale che egli ha dovuto affrontare in vita.
La sua attenzione per tutto ciò che era concreto, terreno e quotidiano ha aiutato il poeta, sempre teso alla ricerca del mondo ideale sopracitato, a restare con i piedi per terra ed a non scivolare.




Come spesso faccio in post di questo tipo, ho selezionato una “top 6” del tutto personale, in modo da potervi mostrare con chiarezza (almeno spero!) le tematiche fondamentali di questo autore, come la ricerca del cosiddetto “varco” tra mondo reale ed ideale, il ricordo di un passato più o meno lieto, la diversità delle figure femminili che egli celebra, l’attaccamento alla Liguria e la sua tendenza a raccontarla ed a trasfigurarla in poesia.
Che ne pensate di Montale? E quali sono i vostri componimenti preferiti?
Fatemi sapere!
Grazie per la lettura e al prossimo post 😊

8 commenti :

  1. Ciao Silvia, ho apprezzato tutte le poesie che ci hai mostrato, ma ho una particolare predilezione per "Ho sceso dandoti il braccio", anche se "Ripenso il tuo sorriso" non può non farmi ricordare anche la mia, di maturità ;-)

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    1. Ciao! EEh la nostra Maturità del 2008... ormai è alle spalle da un po'! "Ho sceso dandoti il braccio" è una bellissima poesia, non solo d'amore: può fare riferimento a molti tipi di relazione!

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  2. "Ho sceso dandoti il braccio" è una delle poesie d'amore più belle di sempre, per me.
    Una vera dichiarazione di affetto e stima.
    Non la leggevo da una vita.
    Grazie per averla ripresa.

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    1. Ciao Claudia! Sono molto contenta che questa poesia ti piaccia e che tu sia felice di poterla "recuperare". Buona giornata :-)

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  3. Ci hai proposto un grande poeta e fra le poesie che ci hai regalato, una più bella dell'altra, questa, forse la più conosciuta, è quella che preferisco.
    “Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale,
    non già perché con quattrocchi si veda di più.
    Con te le ho scese perché sapevo che di noi due le uniche vere pupille,
    sebbene tanto offuscate, erano le tue." forse perché è di una tenerezza infinita.
    Buona serata.
    sinforosa

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    1. Ciao Sinforosa! Ho notato che "Ho sceso dandoti il braccio" è la preferita di tanti! Buon pomeriggio :-)

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  4. La poesia è in grado di suscitare tante emozioni, e alcune in particolare fanno venire i brividi, come HO SCESO DANDOTI IL BRACCIO. Anche Ripenso il tuo sorriso è tra le mie preferite!

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    1. Ciao Angela! è vero, la poesia dona sempre tante emozioni… e per me alcuni componimenti di Montale lo fanno in modo particolare!

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