Due romanzi di Alessia Gazzola e di Chiara Valerio
Cari lettori,
oggi nuovo post per la nostra rubrica “Letture… a tema”!
Proseguo con le mie recensioni arretrate ed in particolare con due romanzi che ho letto durante i mesi caldi, che mi sono piaciuti molto e che, per varie ragioni logistiche, non vi avevo ancora raccontato.
Si tratta di due storie di narrativa dal tocco mistery, nate dalla penna di due autrici italiane. Alessia Gazzola non mi è nuova da tempo; Chiara Valerio sì, ma è stata davvero una buona scoperta.
Sono due storie completamente diverse tra loro: nella prima c’è un piccolo mistero che porta la protagonista a riscoprire il suo passato, sia dal punto di vista della famiglia che da quello della scuola e degli amici; la seconda è invece una sorta di indagine, più spirituale che d’azione, in seguito ad una morte decisamente sospetta.
Ho pensato di accostarle in un singolo post “a tema” non solo perché sono due ottime letture, ma anche perché in entrambe la protagonista fa un importante percorso di crescita. Leggiamole meglio insieme!
Una piccola formalità, di Alessia Gazzola
Rachele ha trent’anni, vive a Milano e conduce un’esistenza per lei molto appagante. Dopo gli studi è riuscita ad intraprendere una carriera da giornalista in un settore solo apparentemente leggero, quello della moda e delle tendenze lifestyle. È un punto di riferimento per la nota rivista Chic&Glam e sa sempre quali sono gli articoli che il suo pubblico desidera leggere, dalle ultime notizie sulla royal family all’inaugurazione di un locale a Milano, dalla fashion week ad una guida aggiornata per l’aperitivo.
Un giorno, però, i genitori, rimasti in provincia, le telefonano con urgenza: è venuto a mancare lo zio paterno, e Rachele ha inspiegabilmente ereditato un rudere di campagna con tanto di campi tutt’intorno. Il padre, che da tempo aveva interrotto i rapporti con lo zio e non aveva più voluto saperne di riappacificarsi, insiste perché Rachele rinunci subito, affermando che da quel suo fratello perduto sono arrivati sempre e soltanto guai.
Non solo Rachele non è convinta delle argomentazioni paterne, perché pensa che – se non ci sono debiti – un’eredità sia sempre in qualche modo vantaggiosa, ma ha anche altro per la testa. Dopo molti anni di relazione e convivenza, infatti, il fidanzato Alessio ha deciso di troncare la loro storia, per motivi che lui stesso afferma essere “ovvi”. Rachele non può negare di aver sempre saputo, in fondo, che quello che li legava non era amore, che è rimasta con Alessio per abitudine: questo non toglie, però, che l’improvviso scossone la faccia sentire del tutto persa.
Così la nostra protagonista, ancora indecisa su che cosa fare, si ritrova nello studio del notaio, e scopre con sua grande sorpresa che l’uomo non è altri che Manfredi Malacarne, un suo ex compagno di scuola con il quale c’è stato per anni un rapporto altalenante. Incontrarlo dopo tanti anni la riporta a quei tempi, a quei primi anni 2000 in cui si studiava latino e greco, si scherzava tra banco e banco ed a volte si bisticciava per comunicarsi un reciproco interesse… Tanti ricordi simpatici e piacevoli, ma anche uno doloroso: la morte di Simona, la sua migliore amica, scomparsa in un incidente d’auto una delle poche sere che lei e Rachele non erano insieme.
Manfredi ha valutato la proprietà e, come Rachele immaginava, è d’accordo con lei: non ci sono debiti e potrebbe essere vantaggioso accettare l’eredità, anche solo per rivenderla. Quando però la ragazza comunica ai suoi genitori le conclusioni a cui è arrivata con il notaio, la reazione delusa di suo padre la insospettisce.
Sembra proprio che dietro quella “piccola formalità” si celi un mistero grosso, forse la vera causa della rottura dei rapporti tra suo padre e suo zio. Qualcosa che è rimasto troppo a lungo nascosto, che forse merita di essere chiarito, e che solo lei con il suo intuito da giornalista può riportare alla luce.
Anche con Manfredi, però, Rachele si ritrova a ripercorrere gli anni del liceo ed a tentare di dare una risposta al mistero della morte di Simona.
Forse chi di voi mi legge da un po’ conoscerà il mio rapporto perlopiù positivo, ma talvolta altalenante, con i romanzi di Alessia Gazzola. La serie de “L’Allieva” con protagonista l’ormai celeberrima Alice Allevi, interpretata sul piccolo schermo da Alessandra Mastronardi, mi è sempre piaciuta molto, anche se non ho potuto fare a meno di notare che i primi romanzi sono più ricchi e descrittivi, spesso anche colti, e che poi la serie è proseguita con una scrittura più “televisiva” (vi recensisco alcuni libri de L’Allieva qui). Più complesso è stato il rapporto con i romanzi al di fuori della serie: Non è la fine del mondo è piacevole ma non più di questo, Lena e la tempesta mi ha proprio deluso (a questo link la recensione). In generale, la mia impressione è sempre stata quella di un’eccessiva semplicità, a volte sbrigatività, nel portare avanti temi importanti.
Ecco, Una piccola formalità è di sicuro il miglior lavoro extra-Allieva di Alessia Gazzola tra quelli che ho letto, e proprio perché esce da questa impasse. Invece di raccontare in modo troppo essenziale temi complessi, si parte da un piccolo mistero, una nota stonata, qualcosa che potrebbe far parte della quotidianità di molti di noi: la modesta eredità di un parente con cui i rapporti erano chiusi da tempo.
Riaggiustare pian piano una tessera mancante della famiglia permette alla protagonista di rivalutare tanto altro, tra amicizia, amore e lavoro, e di rendersi conto che una vita piena di comfort e desideri realizzati è senz’altro bella, ma riuscire ad estendere i propri orizzonti in seguito a qualcosa che è andato storto è ancora meglio. Per Rachele è giunto il momento di smetterla di considerarsi un’impiegata come tante al giornale e di farsi valere, di scoprire un amore che dia emozioni e non solo una rassicurante quotidianità, di guardare in faccia per davvero quei genitori che lei ha sempre visto come un po’ noiosi e scontati.
Ho ritrovato la scrittura piacevole ed ironica di quando l’autrice dà il meglio di sé, e ci sono state tante pagine che mi hanno provocato una certa nostalgia (anche io ho fatto il liceo tra il 2003 e il 2008…). Davvero consigliato!
Chi dice e chi tace, di Chiara Valerio
La protagonista di questa storia è Lea Russo, una giovane donna che come tante altre è fuggita dalla provincia per studiare e poi è tornata per motivi familiari. Andata nelle grandi città per laurearsi in Giurisprudenza e passare l’Esame di Stato da avvocato, è tornata da professionista a Scauri, un paese del Basso Lazio affacciato sul Tirreno, una cittadina che sfrutta un minimo di turismo durante l’estate e per il resto è piuttosto sonnolenta.
Qui Lea Russo esercita la sua professione di avvocato traendone buone soddisfazioni, è sposata con un professore che insegna materie scientifiche alle superiori ed ha due bambine. La sua vita è quella di una donna realizzata, ma spesso una strana inquietudine la pervade.
Una sua buona amica è Vittoria, arrivata a Scauri vent’anni prima, negli anni Settanta (la storia è ambientata nei Novanta). È una donna davvero misteriosa, amica di tutti e di nessuno. Esperta farmacista, è in realtà un medico che ha smesso di esercitare, e nessuno ne conosce il motivo. È arrivata in paese con Mara, una ragazza che potrebbe essere sua figlia, ma tutti sanno che non lo è.
La coppia di donne, inizialmente oggetto di inevitabili chiacchiere, è diventata presto un piccolo punto di riferimento per la comunità di Scauri: la loro casa è sempre stata aperta a chiunque, Mara ha a lungo gestito una pensione per animali (decisamente di lusso, direi) nel giardino della villa e lo scandalo si è esaurito quando i cittadini di Scauri si sono accorti che Vittoria, per quanto fosse una donna amichevole, puntava soprattutto a farsi gli affari suoi.
Un giorno, la morte cambia tutto. Vittoria viene ritrovata senza vita nella sua vasca da bagno: un annegamento impossibile in pochi cm d’acqua, nessun segno di colluttazione, nessun polso tagliato ad indicare un suicidio. Una morte inspiegabile che riaccende le chiacchiere intorno al suo personaggio.
Lea viene incaricata da Mara di occuparsi delle questioni legali: a quanto pare, era quello che Vittoria voleva. Pochi giorni dopo aver accettato l’incarico, ella si trova di fronte ad un personaggio anziano, dall’aria piuttosto losca: l’avvocato Pontecorvo. Immaginando che si tratti del legale di un’ipotetica controparte (lontani parenti alla caccia dell’eredità…), scopre invece che l’uomo è ancora, a tutti gli effetti, il marito di Vittoria, nonostante il ventennio di convivenza con Mara ed il modo aperto con cui ella viveva la sua omosessualità a Scauri.
Nel passato di Vittoria c’è molto di più di quello che la donna ha lasciato trasparire con i suoi concittadini, persino con quelli che dimostrava di stimare tanto, come Lea. E la sua morte, in questo contesto, non può che configurarsi come sospetta.
Sarebbe però errato dire che Lea “inizia ad indagare”, come spesso accade in tanti gialli in cui i protagonisti sono dei detective per caso: Lea innanzitutto cerca di fare luce sulla morte di Vittoria affrontando la questione da avvocato qual è e non da poliziotto, e poi, soprattutto, la sua “indagine” assume spesso il contorno di un viaggio nei ricordi.
La trama di Chi dice e chi tace non è molto più di questo, ma la complessità del romanzo va ben oltre. Mi pare di avervelo già scritto nel booktag di fine estate, ma il romanzo di Chiara Valerio era “in lizza” come mio preferito di settembre. Poi ho preferito una storia che emotivamente ho trovato più vicina a me, di cui vi ho parlato nel post di settembre.
È proprio questo il punto: “più vicina a me”, perché io non penso proprio di aver vissuto quello che attraversa Lea, nemmeno qualcosa di simile, eppure vederlo scritto con questa complessità e profondità ha smosso qualcosa dentro di me. Mi spiego meglio.
La prima impressione che ho avuto di Lea Russo è che ella mi ricordasse in qualche modo Lenù, la protagonista de L’amica geniale. Chi ha letto le mie recensioni della tetralogia (potete trovarle qui) sa che per molti versi mi rivedo di più in Lenù che nella co-protagonista, la sua amica di sempre Lila, ma c’è un aspetto in cui invece mi sono ritrovata distante dalla mia preferita: l’intensità con cui vive le relazioni umane.
Piuttosto a volte mi sono rivista in Lila, che si arrabbia ma mette anima e corpo (ok, negli ultimi due anni molte volte, lo ammetto). Lenù con il marito, con la famiglia d’origine, spesso anche con le figlie ha adottato un distacco che mi ha lasciato un po’ sconcertata.
So che si tratta di due storie completamente diverse, ma ho fatto l’esempio di un personaggio notissimo della narrativa per farvi capire che impressione può dare Lea all’inizio. Solo che poi ci si rende conto che lei gioca un’altra partita.
Qui non stiamo parlando, come nell’esempio appena fatto, di rapporti difficili tra uomo e donna, del ruolo di una madre di famiglia. Stiamo parlando di una persona che non ha ancora fatto pace con la sua identità sessuale, anzi, che va incontro ad una scoperta tardiva. Lea ha un matrimonio felice, è serena ogni giorno con il marito; anche alle figlie vuole molto bene. Eppure, leggendo, non ci si riesce a scostare dall’idea che ci sia più dovere che gioia nelle sue scelte. La convivenza quieta con il marito, l’importanza data all’educazione delle figlie: Lea è impeccabile, ma sembra una macchina più che una persona. Dov’è il suo prendersi cura con amore, anche sbagliando o esagerando?
Risposta semplice: nel suo rapporto con Vittoria. Nella sua antipatia a pelle con l’avvocato Pontecorvo, nell’animosità che a volte prova verso Mara perché le ha nascosto delle cose sulla compagna, nei ricordi che prendono corpo all’improvviso, nei momenti di solitudine tra lei e Vittoria in cui c’era stato molto di non detto.
Credo che questo romanzo sia venduto un po’ troppo come giallo ed un po’ troppo poco come percorso di coming out, motivo per cui questa svolta mi ha molto sorpreso. Sapete che in caso di quarta di copertina non proprio esaustiva io ci tengo ad essere chiara con i miei lettori, e quindi sì, c’è una parte mistery, ma non vi aspettate una detective per caso: è questo quel che davvero deve indagare la protagonista.
Mi ha sorpreso anche il modo di presentare la provincia: mi sarei aspettata più pettegolezzi e grida allo scandalo, ma l’autrice è stata bravissima nel mostrare come, per dirlo con parole non mie, “il giorno dopo è finito il Carnevale e non importa più nulla a nessuno”, e la quotidianità riprende, sonnolenta, con la capacità che ha l’essere umano di abituarsi a tutto.
In definitiva una bella scoperta, non escludo di leggere altro di quest’autrice.
Due romanzi tutt'altro che semplici, ma di sicuro ne è valsa la pena!
Voi che ne pensate? Conoscete le autrici?
Avete già letto qualcosa? Vi è piaciuto?
Grazie per la lettura, al prossimo post :-)
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