giovedì 2 maggio 2024

PICASSO: LA METAMORFOSI DELLA FIGURA

 Un tour della mostra al Mudec




Cari lettori,

diamo insieme il benvenuto a maggio! Spero che ieri vi siate goduti la Festa dei Lavoratori e vi siate… riposati a più non posso. Chi mi conosce sa che solitamente da oggi per me ha inizio uno dei periodi più pieni dell’anno, tra il rush finale della scuola e tutti gli impegni legati allo spettacolo di giugno a danza. Il consiglio che do sempre a me stessa in questi casi – e a voi, se vi aspetta un mese full – è quello di prendere le cose giorno per giorno e cercare di non “anticipare” troppo il futuro con azioni e pensiero se per caso vi capita una giornata più lenta o di pausa (e questa per me è spesso la cosa più difficile).


Per quanto riguarda il blog e le nostre consuete rubriche, oggi inauguriamo il mese con dei nuovi “Consigli artistici”. Quella di oggi è, almeno per ora, l’ultima delle tre mostre milanesi che ho visto in questo periodo primaverile (entro fine mese arriverà anche la recensione di quella di Genova).


Dopo Rodin e il mondo della danza, restiamo al Mudec di via Tortona per una mostra non molto ampia ma super interessante, con Pablo Picasso come protagonista assoluto.


Proviamo a visitarla insieme!



L’importanza dello studio per Picasso


La mostra si intitola Picasso: la metamorfosi della figura, e visitando l’esposizione ci si rende conto di quanto la scelta di questo titolo sia azzeccata.


In poche ma ampie sale si traccia un percorso di creazione artistica niente affatto scontato, dal momento dello studio a quello dei bozzetti, dalla riproduzione fedele alla rielaborazione personale. È una strada che ha percorso la stragrande maggioranza degli artisti, ma perché non prendere esempio proprio da uno dei più grandi?


La saletta introduttiva dell’esposizione mette subito in risalto come lo studio e la costante attività artistica fossero importanti per Picasso, anche proprio nel senso di esercizio. Di certo egli non è stato un artista che procedeva per ispirazioni, ma aveva un suo metodo del quale qualcosa si può sicuramente intuire. Sono tante le sue foto nello studio, insieme alla moglie o ai collaboratori: si comprende come per lui ritirarsi lì fosse essenziale per la creazione delle sue opere. Il tutto dividendosi tra la patria che gli ha dato i natali (la Spagna), quella che l’ha adottato (la Francia ed in particolare Parigi) e quella a cui si è ispirato (il continente africano).



Proprio l’arte africana riveste una grande importanza all’interno della mostra: oltre alle opere di Picasso, infatti, sono esposte statuette di legno e di metallo tipiche dell’arte africana, tra matriarche scolpite in modo quasi primitivo ed altri oggetti più elaborati e dalle forme originali.



Picasso prende esempio fin da subito da quest’arte, specie dalle statue con soggetto femminile, e disegna pagine e pagine di bozzetti, prima imitando fedelmente, poi trasformando sempre più ogni parte del corpo in una forma geometrica.



La strada verso il cubismo


Non solo bozzetti: anche i primi dipinti che Picasso realizza ispirandosi all’arte africana hanno qualcosa di quasi didascalico, anche se, a mio parere, già per quanto riguarda l’uso dei colori si può intuire un forte desiderio di personalizzazione. Diciamo che nei primi tempi è come se l’artista stesse tenendo inserito il “freno a mano”, forse perché attende le reazioni del suo pubblico…



Anno dopo anno, tuttavia, Picasso sprofonda sempre più nel suo periodo cubista, realizzando opere che hanno sempre meno dell’antica ispirazione e sempre più elementi personalizzati. È davvero difficile vedere una sedia ed una donna nel dipinto soprastante, ma bene così. Secondo me, uno dei pregi maggiori di questa corrente artistica è il fatto che essa riesca a stimolare la nostra fantasia…



A sorpresa (almeno per me), un’altra fonte d’ispirazione del periodo cubista è il mondo classico, in particolare la figura dei satiri/fauni. Mi hanno molto colpito alcuni libri d’arte che riportano sulla sinistra poesie in francese, forse sue contemporanee, che evocano tali mitiche figure, e sulla destra delle vere e proprie teste di fauno dipinte di Picasso. 

Devo dire che, leggendo i versi, ho avuto l’impressione che Picasso fosse attratto più dallo spirito dionisiaco della classicità che da quello apollineo. In parole più semplici, forse quello che Picasso cercava, indagando le figure dei satiri che vivono nei boschi, non era la ricerca della perfezione tipica di alcune realtà del mondo classico (la prospettiva, l’equilibrio…), bensì la spontaneità ed il ritorno alla natura. E questa parte della classicità non è poi così lontana dall’arte africana che egli tanto amava.



La figura femminile


Alzi la mano chi riconosce questo quadro! A me sembra incredibilmente somigliante a quel quadro nella Gallerie d’Orsay che viene “dipinto in diretta” da Picasso nel film Midnight in Paris di Woody Allen. Che sia la stessa serie?



Scherzi a parte, l’amore di Picasso per la ritrattistica femminile è arcinoto, e devo dire che questa mostra ne presenta dei bellissimi esempi. Forse il più rappresentativo è un grande nudo sui toni del rosa: un perfetto mix di cubismo ed ispirazione africana.



Più intimista è invece una rappresentazione sui toni del grigio, quasi una foto in bianco e nero, che ha per protagonista una donna dai lunghi capelli neri che si pettina, forse si fa una treccia. Lo sguardo che evita il pubblico rivela forse un pudore, un’introversione della donna che ha ispirato il dipinto. Eppure, anche con il suo atteggiamento sfuggente, ella riesce ad essere comunque molto espressiva.



Questo dipinto tutto in bianco e nero invece mi piace perché lo vedrei proprio bene come copertina di un classico regency, magari di Jane Austen…



Picasso si ispira all’Africa, l’Africa si ispira a Picasso


L’ultima sala della mostra è quella che, in un certo senso, mi ha stupito di più. Davvero non mi aspettavo che, così come Picasso si è ispirato all’Africa, anche gli artisti africani contemporanei abbiano trovato un modo per omaggiare Picasso.


Su un muro colorato ci sono delle maschere che ricordano molto da vicino la ritrattistica dell’artista. Sono realizzate con metalli ed altro materiale di scarto e dipinte a colori vivaci.



Ci sono anche dei dipinti che ritraggono Picasso mentre ha pensieri di pace e rivolge la sua mente all’Africa.


Penso che queste ed altre testimonianze siano la prova tangibile del fatto che l’artista sia stato uno dei pochissimi personaggi di rilievo della storia ad accostarsi al modo giusto al mondo africano: prendendo l’ispirazione ed omaggiandolo a suo modo, senza rubare né appropriarsi di una cultura non sua. Ed è evidente che gli intellettuali africani di oggi gli riconoscono questo merito.




Non vi nascondo che mi sarebbe piaciuto che la mostra fosse un pochino più lunga… Purtroppo, quando si tratta di grandissimi artisti, tanti motivi organizzativi ed economici fanno sì che una mostra completa e didascalica sia di difficilissima realizzazione. Per questo ultimamente i curatori preferiscono puntare su percorsi come questo, che mettano in luce una sezione della vita e delle opere dell’artista.

C’è anche da ammettere che così ho potuto vedere sia Picasso che Rodin con una mezza giornata a disposizione e quindi, che dire, non lamentiamoci.


La mostra resterà al Mudec fino al 30 giugno e spero davvero di aver incuriosito qualcuno ad andarci. Fatemi sapere se ci siete stati o se in passato avete visitato altre esposizioni di Picasso!

Grazie per la lettura, al prossimo post :-)


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