giovedì 1 dicembre 2022

ANTIGONE

 Gli eroi di Sofocle #4




Cari lettori,

ben ritrovati e buon dicembre!

Come già vi avevo anticipato nel post relativo ai preferiti di novembre, questo mese sarà quasi interamente dedicato al nostro usuale Christmas Countdown. Prima di passare ai post natalizi, però, ci tengo a dare spazio ad un paio di rubriche.


Una di esse è proprio il nostro progetto dedicato agli eroi di Sofocle, arrivato ormai alla quarta tappa. Oggi leggiamo insieme una delle sue tragedie più celebri, che, ne sono sicura, chi come me ha fatto il liceo classico avrà affrontato anche a scuola: Antigone. Forse la storia che oggi raccontiamo sarà già nota ad un po’ di voi, ma ci tengo comunque a parlarvene a modo mio, come faccio di solito.


Spero che sarà una scoperta (o ri-scoperta) gradita per tutti!



La dinastia di Edipo


Antigone fa parte di un ciclo di storie che pongono al centro della scena una delle cosiddette “dinastie maledette” del mondo greco, i Labdacidi (maggiormente protagonisti di tragedie, mentre l’altra dinastia, gli Atridi, occupa uno spazio importante anche nell’epica). Capostipite dei Labdacidi è Laio, il padre di Edipo, l’uomo che è stato prima protagonista del mondo teatrale greco e poi della moderna psicologia per il suo terribile destino, al quale egli va incontro a sua insaputa: uccidere suo padre ed avere figli da sua madre.


Della prima, drammatica parte della storia dei Labdacidi parleremo meglio più avanti, quando affronteremo le due tragedie rimanenti di Sofocle.

Antigone racconta la seconda parte, ovvero quel che accade ai figli nati dal matrimonio sacrilego tra Edipo e Giocasta: i gemelli Eteocle e Polinice e le sorelle Ismene e – appunto – Antigone.


Purtroppo, come da tradizione nel mondo greco, chi è nato da un legame che per qualche motivo è considerato empio non è destinato ad una vita felice. Eteocle e Polinice dovrebbero regnare a turno su Tebe, città che Edipo ha lasciato loro in eredità, ma, allo scadere del primo anno, Eteocle si rifiuta di lasciare lo scettro a Polinice, come precedentemente concordato. La reazione del fratello rimasto fuori dalle mura è molto violenta: egli raduna un esercito, condotto da sette valorosi generali, e dà inizio ad una guerra fratricida.


Con queste premesse, anche per Antigone ed Ismene non può che compiersi una tragedia.



La legge di Antigone


La battaglia per il possesso di Tebe termina nel peggior modo possibile: tra i tanti cadaveri che giacciono a terra ci sono proprio quelli dei due contendenti, Eteocle e Polinice. Il potere viene assunto da uno zio della famiglia, Creonte: a quei tempi non esisteva l’idea di reggenza, quindi egli è di fatto un tiranno, che approfitta del momento di estrema fragilità di Tebe. Creonte, in ogni caso, decide di applicare le leggi che erano in vigore e fa seppellire solo Eteocle, il legittimo re, ordinando che il cadavere di Polinice, ufficialmente considerato “invasore”, resti insepolto.


Qui entra in scena Antigone, che decide di disobbedire alla legge della città, che trova ingiusta, e di tributare di persona gli onori funebri a Polinice.


Il confronto con la sorella Ismene che avviene nel primo atto, e che costituisce di fatto una presentazione del personaggio, mostra un’Antigone molto dura con la sorella. Ella sbeffeggia Ismene, accusandola di essere debole e pavida, ed insiste nel fare tutto da sola, dicendo che altri le sarebbero d’impiccio. Ammetto che, nei miei – ormai piuttosto lontani, sigh! - giorni da studentessa liceale avevo fatto una certa fatica a digerire queste pagine, che mi erano sembrate quasi crudeli. Ci ho messo un bel po’ a capire che Antigone non è affatto ostile ad Ismene, anzi, fingendosi in collera con lei sta compiendo il più grande atto d’amore. Ella sa già di stare per compiere un illecito, ed è sicura che Creonte, nella sua crudeltà, punirà chiunque sia coinvolto, soprattutto se appartenente alla dinastia dei Labdacidi (di cui si augura l’estinzione per ovvi motivi). Escludendo la sorella dal suo proposito, ella le salva la vita.


L’intento di Antigone è chiaro: far prevalere sulla legge della città – scritta da chi detiene il potere e spesso sbagliata – la legge dell’amore, della famiglia e della fratellanza.



Creonte e la cecità di fronte al potere


Com’è facile immaginare, Creonte scopre ben presto sia la sepoltura di Polinice sia l’autrice dell’illecito, e condanna Antigone a morte per inedia chiusa in una caverna. La fanciulla viene condotta via con grande strazio della sorella Ismene, e Creonte, che è riuscito ad estinguere quasi tutta la dinastia, crede di essere il vincitore di questa lotta sanguinosa. Non sa ancora che anche lui sta per pagare un prezzo molto alto.


Suo figlio Emone, infatti, promesso sposo di Antigone, disperato all’idea di perdere la fanciulla che ama, tenta in ogni modo di muovere il padre al perdono, ma invano. Non sarebbe nemmeno corretto dire che Creonte non ascolta Emone, perché, prima ancora dell’ascolto, egli non vede. Accecato dalla sete di potere, egli non riesce a comprendere né la profondità dei sentimenti di suo figlio, né i suoi propositi di suicidio, che, in un celebre verso, scambia addirittura per una minaccia nei suoi confronti.


Solo l’intervento di Tiresia, saggio indovino che è presente anche nell’Odissea tra le anime sagge dell’Aldilà, lo convincerà del fatto che la morte di Antigone sia un’empietà che potrebbe mettere a rischio il suo amato scettro. Ma sarà troppo tardi.



La risoluzione della tragedia


La conclusione di Antigone è una delle più tragiche del mondo greco: una catena di morti che ha reso la “tragedia greca” sinonimo per antonomasia di catastrofe. Creonte ed i suoi, giunti alla caverna dov’è stata sepolta Antigone, trovano una scena terribile: la ragazza si è suicidata per evitare una lenta morte. Emone, disperato, si getta sulla sua spada, ed anche la moglie di Creonte, Euridice, venuta a sapere della morte del figlio e già provata per la perdita di un altro, si dà la morte.


Creonte, folle per il dolore e consapevole di essere l’istigatore di tre suicidi, si rimette al tribunale per essere giudicato, e così la mitica città di Tebe finisce per essere ancora una volta senza una guida.


Antigone è un’opera che ho affrontato più volte nel corso della mia vita, ogni volta con un intento ed un motivo diverso. Mentre la rileggevo qualche giorno fa per il progetto, ho pensato però che, se io fossi una regista teatrale e dovessi mettere in scena l’opera con una di quelle ambientazioni contemporanee che vanno di moda adesso, penso che sceglierei di ricreare – con una proiezione o qualcosa del genere – un cimitero. Lo so che può sembrare un po’ lugubre, ma l’impressione che mi danno Antigone, Creonte e tutti gli altri è quella di camminare tra i morti, con la consapevolezza che presto o tardi li raggiungeranno. E con questa incredibile botta di allegria, vi invito comunque a leggere (o a vedere rappresentata) Antigone. Vedrete che non ve ne pentirete!




Eccoci arrivati alla fine del post!

Il progetto letterario si avvierà verso la sua conclusione in gennaio e febbraio, quando leggeremo insieme le ultime due tragedie rimaste, Edipo Re ed Edipo a Colono. Nel frattempo, fatemi sapere se vi ho risvegliato ricordi delle superiori, se avete visto questa tragedia rappresentata da qualche parte, se in generale conoscete questo classico o se per voi è stata una novità!

Grazie per la lettura, al prossimo post :-)


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