venerdì 20 settembre 2024

TRE PRIMI PIATTI... TRA ESTATE E AUTUNNO

 Tre ricette per questo periodo di transizione




Cari lettori,

dopo un bel po’ di tempo riesco a pubblicarvi nuovamente un post per la nostra rubrica “Menù e ricette”!


Ci eravamo lasciati ben prima dell’estate, poi la quantità di recensioni arretrate ed eventi culturali primaverili ha in parte soppiantato la rubrica.


Oggi vorrei proporvi tre primi piatti che mi sono piaciuti ultimamente e che potrebbero essere una buona idea in questo periodo di transizione: un’insalata di riso da servire tiepida o fredda nel caso tornassero le giornate di sole caldo e/o la possibilità degli ultimi pranzi all’aperto, una pasta semplice che può andare bene se con il ritorno al lavoro avete poco tempo a disposizione ed un risotto al radicchio che potrete gustare quando il freddo busserà alla porta.


La realizzazione non mi è sembrata difficile… vediamola insieme passo per passo!



Insalata di riso venere con salmone e zucchine



Ingredienti


- 300 gr di riso venere

- 6/7 zucchine scure (possibilmente piccole e sode al centro)

- Una confezione da 100 gr di salmone affumicato

- Sale

- Olio

- Erbe aromatiche a piacere (consiglio il timo)



Preparazione


- Far bollire abbondante acqua salata in una pentola grande, poi versare il riso venere. La cottura media è di 40-45 minuti. In caso abbiate preso una confezione di riso venere a cottura rapida, vi consiglio comunque di assaggiare.

- Scolare il riso e lasciare raffreddare nello scolapasta (aggiungere subito gli ingredienti li farebbe “bollire”).

- Mentre il riso raffredda, fare a tocchetti sia le zucchine che il salmone e versarli in una ciotola grande.

- Versare il riso venere sopra alle zucchine ed al salmone e mescolare bene.

- Aggiungere olio ed erbe aromatiche a piacere.


- Se volete servire l’insalata di riso fredda: lasciatela nella ciotola, coprite con pellicola o un piatto, mettetela in frigorifero e tiratela fuori solo 20/30 minuti prima di servire.


- Se volete servire l’insalata di riso tiepida: trasferitela in una teglia rettangolare (quella dove di solito fate le lasagne, per intenderci), coprite con pellicola o un vassoio, mettetela in frigorifero. Prima di servire, prendete la teglia e fate intiepidire il riso in forno (il mio è vecchio e lento, ma con 20 minuti circa a 150° era già caldo. Se lo volete solo tiepido, forse è meglio portare il forno a quella temperatura, spegnere e poi inserire la teglia. Valutate voi secondo i vostri gusti ed il vostro forno...)




Maccheroni alla puttanesca


Ingredienti per due persone:


- 200 gr di maccheroni o mezze maniche, classici/he o integrali

- Una lattina da 250 gr circa di polpa di pomodoro fine

- 50 gr circa di olive a rondelle verdi e nere (io le trovo alla Conad)

- Una confezione di filetti di acciuga (le mie erano 50 gr con l’olio e circa 30gr sgocciolate)

- Olio

- Sale



Preparazione:


- In un’ampia padella aderente versare un filo d’olio e la polpa di pomodoro.

- Scolare le olive ed aggiungerle al sugo.

- Scolare i filetti di acciuga, tagliarli in pezzetti più piccoli ed aggiungerli al sugo.

- Fare cuocere a fuoco basso, mescolando.

- Mentre si prepara il sugo, far bollire abbondante acqua salata in una pentola.

- Versare la pasta e cuocerla secondo le indicazioni riportate sulla confezione.

- Scolare la pasta al dente e farla saltare nella padella con il sugo.

- Servire ben caldo.




Risotto al radicchio e vino rosso


Ingredienti:


- Riso Arborio (circa 100 gr a persona)

- Un cespo di radicchio (intero è per circa 3 o 4 persone. Se siete da soli o in coppia, fate la proporzione e mettete da parte quello che avanza.)

- Olio

- Misto per soffritto surgelato (oppure cipolla, carota, sedano per soffritto)

- Brodo vegetale

- Acqua 

- Vino rosso fermo (mezzo bicchiere abbondante a persona)

- Per mantecatura classica: burro e parmigiano a piacere. Per una mantecatura un po’ diversa ma ben abbinata al radicchio: scamorza affumicata (una decina di dadini a persona).



Preparazione


- Riempire un bollilatte di acqua minerale ed aggiungere un cucchiaino di brodo vegetale (o un dado). Far bollire e coprire.

- Lavare e tagliare a striscioline il radicchio.

- Disporre in una pentola olio, misto soffritto, radicchio e riso. Far tostare pochi minuti, poi aggiungere il vino rosso ed iniziare a farlo cuocere.

- Proseguire nella cottura aggiungendo pian piano il brodo vegetale finché il riso non è al dente o cotto (a seconda delle preferenze). È importante continuare a mescolare e non farlo attaccare.

- Spegnere il fuoco e mantecare, o con burro e parmigiano, o con la scamorza affumicata.

- Servire ben caldo.





Chissà se i prossimi giorni saranno da insalata di riso, pasta o risotto!

Il tempo è terribilmente imprevedibile in questo settembre… quando ero appena tornata dal mare non si poteva nemmeno uscire nelle ore centrali per il caldo e la notte non si riusciva a dormire bene, e nel giro di pochi giorni le temperature sono precipitate, il vento si è fatto gelido e ho dovuto tirare fuori calzini e coperte.

Spero, con queste tre ricette, di avervi dato una soluzione per ogni eventualità!

Condividete pure nei commenti i vostri piatti preferiti del periodo, se vi va!

Grazie per la lettura, al prossimo post :-)


martedì 17 settembre 2024

L' ANGOLO VINTAGE 2.0 - SETTEMBRE 2024

 



Cari lettori,

bentrovati all’appuntamento del 17 del mese con “L’angolo vintage”, la rubrica che ci aiuta a leggere quei romanzi comprati tempo addietro e lasciati a prendere polvere, o quel che ci mancava dei nostri autori preferiti!


Come forse avrete notato, io e le altre ragazze della rubrica ci siamo prese una pausa estiva, ma oggi siamo tornate, con il quasi arrivo dell’autunno e con qualche lettura arretrata.


Nel mio caso, questo mese, non si parla esattamente di libri lasciati a prendere polvere, perché si tratta di due ebook, però quello di oggi è comunque un “angolo vintage”, e per ben due motivi.


Il primo è che questi due ebook, che sono romance self di un’autrice italiana, fanno parte di quella lunga lista di titoli che avevo scaricato durante il periodo della pandemia perché erano in promozione o addirittura gratuiti. Avrete ormai capito che è una lista piuttosto lunga da completare e che questa rubrica si è rivelata decisamente utile!


Il secondo è che in effetti la lettura di questi romanzi risale al primissimo spicchio d’estate, quando ero ancora nel pieno del lavoro ed avevo un gran bisogno di letture leggere. Questo angolo vintage di settembre, quindi, mi aiuta anche dal punto di vista delle letture arretrate.


Le due letture che vi propongo oggi sono due “primi capitoli”, due inizi di serie nati dalla penna di Paola Camberti, autrice di cui vi avevo già parlato quando avevo letto Amore di ritorno (Link recensione). Il primo è ambientato tra montagne e boschi del Nord-ovest americano ed ha un’atmosfera decisamente country; il secondo ha invece un’ambientazione metropolitana ed una componente crime.


Vediamoli uno per uno!



Amare un cowboy, Serie Montana #1


Dylan Flanagan è un ragazzo del Montana che come tanti altri avrebbe voluto lasciare le sue montagne natali e l’estrema provincia degli Stati Uniti per andare nelle grandi città, ma alcune circostanze drammatiche lo hanno costretto a restare a Polson, il suo paese natale, ed a prendere in mano il ranch di famiglia, un’attività sicura in un momento di tempesta.


Anni prima, infatti, il fratello Nicolas è stato accusato di aver ucciso un uomo di nome Lee Adams, ed imprigionato a seguito del ritrovamento di prove che sembravano schiaccianti: la vittima pareva scomparsa nel nulla, ma tracce di sangue ed effetti personali portavano alla colpevolezza di Nicolas. Da allora anche il loro terzo fratello, Cole, che era entrato nelle forze dell’ordine, è tornato a Polson, accettando il posto di sceriffo.


Un giorno però è proprio Cole, insieme al suo vice Andrew, a trovare un cadavere in un fiume, in una zona rurale. Con grande sorpresa e sconcerto di entrambi, la vittima è proprio lo scomparso Lee Adams, ed il medico legale afferma che la morte risale a pochi giorni prima. Cole e Dylan, che erano sempre restati accanto al fratello anche quando lo credevano colpevole, scoprono così la sua innocenza, ed il primo inizia a collaborare con le altre forze dell’ordine della zona per trovare il vero responsabile.


Il secondo, invece, ha un incontro imprevisto: all’ospedale di Polson ritrova una vecchia amica, Rachel Aldrich. Tra lei e Dylan c’era stata della simpatia quando erano ragazzi, ma le circostanze della vita (e in particolare la chiusura al mondo della famiglia Flanagan dopo l’arresto di Nicolas) li avevano divisi.


Rachel è all’ospedale per la camera ardente della cugina, che ha perso a causa di un brutto male, ed è disperata. Dylan prova a consolarla, ma il loro incontro è interrotto da Jimmy, “migliore amico” di Rachel, da sempre innamorato di lei.


Ravvivare una vecchia fiamma non è mai facile, soprattutto se ci sono molti fattori ad ostacolarla, dalle difficoltà personali all’intromissione di terzi. Anche i caratteri diversi fanno la loro parte: Dylan è sicuramente molto più introverso e di poche parole di quanto non sia Rachel.


Ciò nonostante, un sentimento che sembrava di poca importanza ritorna prepotente nelle vite di entrambi i protagonisti.


Ad un certo punto, però, qualcuno inizia a tormentare e minacciare Rachel. Chi potrebbe avercela con lei? Potrebbe avere a che fare con il caso di Lee Adams?



Come dicevamo prima, Amare un cowboy è il primo romanzo della serie Montana, il primo di quattro romance/mistery ambientati proprio a Polson… un posto che dev’essere bellissimo ma, a quanto pare, nasconde parecchi segreti!


A quanto ho visto, gli altri tre volumi hanno per protagonisti Richard (un fratello/parente che qui non compare), lo sceriffo Cole ed infine Nicolas. Credo che al termine del quarto volume si sbrogli la matassa del perché e per come la famiglia Flanagan sia stata coinvolta in un delitto rispetto al quale è del tutto estranea.


Questo primo volume si concentra sulla storia romance tra i due protagonisti, e sul mistero delle minacce ricevute da Rachel. Devo dire che avevo pensato ad uno sviluppo più scontato dell’indagine, e sono rimasta piuttosto sorpresa. La parte rosa è invece piuttosto classica, e la scrittura è semplice.


Tuttavia questo è un romanzo che mantiene quel che promette: leggerezza senza scadere nella superficialità e romanticismo con una componente gialla, senza idealizzare relazioni tossiche (anzi, Dylan aiuterà Rachel a distinguere tra chi le vuole davvero bene e chi la manipola o le fa del male).


Non so se leggerò altri volumi della serie, ma se capitasse l’occasione non mi dispiacerebbe. È una buona scelta per alternare una lettura di intrattenimento ad altre più impegnative.



Sotto copertura, Serie Donovan #1


Thomas Donovan è uno stimato detective di Sacramento, in California. Il suo incarico lavorativo è la sua vita: è sopravvissuto ad un’infanzia difficile grazie all’aiuto di alcuni componenti della famiglia che hanno sopperito alla mancanza dei suoi genitori, persone che gli hanno dato l’esempio lavorando proprio nelle forze dell’ordine.


Per anni egli sul lavoro ha fatto coppia con il collega Garcia, ma un’incursione in un covo di malviventi ha procurato la prematura morte dell’uomo. Da allora Donovan vive con il senso di colpa, perché convinto che avrebbe potuto salvare il collega se avesse deciso di agire diversamente, e fa scappare dopo poche settimane tutti i partner che i suoi superiori gli assegnano.


Josie Novak è invece la figlia di Alfred, uno dei più apprezzati detective senior di Sacramento, andato in prepensionamento dopo che un’indagine particolarmente delicata gli ha procurato una grave ferita. Ha scelto il mestiere del padre, ma per anni è stata altrove.

Ufficialmente è tornata per il genitore solo che sta invecchiando; in realtà ha ricevuto un incarico di cui non può parlare. Ella è stata incaricata da alcuni suoi superiori di “fare la parte” della nuova partner lavorativa di Thomas Donovan, cercando di capire se è un poliziotto di cui fidarsi o se è un corrotto. 

Le indagini dopo la morte di Garcia hanno portato alla luce uno spiacevole sospetto: l’uomo potrebbe essere stato ucciso non perché i criminali hanno sparato solo perché hanno visto un agente di polizia, ma perché “collaboravano” con lui ed hanno ritenuto necessario eliminare un testimone scomodo. Di questa sua missione, però, nessuno sa niente.



Thomas non è particolarmente contento che gli sia stata affidata un’ennesima nuova partner, ma per legge non può agire da solo né pattugliare con la volante in autonomia, quindi accetta suo malgrado. All’inizio non c’è accordo tra i due, poi la risoluzione dei primi casi porta un’inaspettata sintonia.


Josie si rende conto che Thomas era ed è tuttora del tutto all’oscuro dei traffici del collega morto, e comprende di star cominciando a provare dei sentimenti per lui. Thomas, invece, inizia a fidarsi di quella strana e un po’ invadente partner lavorativa su cui non avrebbe scommesso un centesimo, e le chiede di aiutarlo a capire chi potrebbe aver ucciso il collega. L’indagine che i due conducono si fa sempre più complicata e riporta alla luce anche casi rimasti in sospeso quando era in servizio il padre di Josie.


Già così la situazione sarebbe delicata; in più i due non riescono più a fingere che tra loro non stia nascendo qualcosa, e poi c’è il segreto di Josie…



Così come l’altro romanzo di cui vi ho parlato oggi, anche Sotto copertura è il primo volume della serie Donovan, che è decisamente più lunga di Montana: si tratta di ben nove volumi, ognuno dei quali ha per protagonista un componente di questa avventurosa famiglia allargata. Thomas è forse il fulcro di questo nucleo familiare, il ragazzo di cui buona parte dei Donovan si è occupato quando è rimasto solo.


Proprio come nell’altro libro, la componente romance si mescola a quella gialla, però, se nel caso di Amare un cowboy i capitoli finali risolvono solo il giallo “piccolo” delle minacce a Rachel e non quello “grande” di Lee Adams, qui l’indagine a proposito del collega di Thomas viene risolta. Si vede che l’autrice ha giustamente valutato che portare avanti un mistero per quattro volumi è un conto e per nove è un altro. Mi sembra giusto dirvelo, così potrete valutare quale delle due serie fa più per voi: la mini-serie con quattro trame romance autoconclusive e un mistero che fa da ponte tra i volumi, oppure la serie più ampia composta da libri indipendenti tra loro sia per il romance che per il giallo (o qualche volume di essa).


Dimentichiamo i laghi e le montagne: qui l’ambientazione è decisamente urbana, ed insieme ai nostri protagonisti visiteremo dei luoghi non proprio idilliaci. Questo è un romance in cui, secondo me, “chi si somiglia si piglia”, come dicevano i nostri nonni: Thomas e Josie sono due persone toste, che si dedicano molto al loro lavoro e spesso indossano una corazza per nascondere dolorosi segreti. Ciò però non vuol dire che non ci sia qualche scena in stile enemies to lovers…


Anche in questo caso stiamo parlando di una lettura di intrattenimento che però non cade nei due estremi che di solito non mi entusiasmano: lo sdolcinato e gli elementi dark romance. Lo stile è piuttosto essenziale e scorrevole, ma ho notato con piacere che sia in questo libro che in Amare un cowboy è migliorato da più punti di vista rispetto ad Amore di ritorno.


La serie Donovan è davvero troppo lunga e sono attirata fino a un certo punto, visto che stiamo parlando di libri “carini” e non di più, però se mi capitasse un’altra occasione per leggerne un altro volume so che con questa autrice andrei abbastanza sul sicuro rispetto ad altri del mondo self.





Ecco il mio “angolo vintage” di questo settembre!

Vi ricordo di passare anche dalle altre colleghe blogger che partecipano alla rubrica per questo mese… date un’occhiata al banner!

Nel frattempo, fatemi sapere se conoscete questa autrice e che cosa ne pensate…

Grazie per la lettura, al prossimo post :-)



giovedì 12 settembre 2024

ALDA MERINI: L'EROINA DEL CAOS

 Recensioni classiche 2024




Cari lettori,

bentornati all’appuntamento bimestrale con le nostre “recensioni classiche”!


Come forse qualcuno di voi saprà già, il percorso di quest’anno – o almeno, il buon proposito che finora sto mantenendo – prevede la lettura di un classico ogni due mesi circa, concentrandomi soprattutto sulle opere dei letterati italiani che ho scaricato anni fa dal Kindle e che poi non sono più riuscita a leggere.


Due dei bimestri sono stati dedicati ad una delle scoperte più importanti di quest’anno, Federigo Tozzi, prima leggendo "Con gli occhi chiusi" e poi con "Tre croci ed una sua antologia". C’è stato un post incentrato sulla raccolta di racconti "Fior di passione" di Matilde Serao. L’appuntamento estivo ha avuto per protagonista il teatro di Carlo Goldoni con "Il servitore di due padroni".


Per questo bimestre settembre/ottobre ho pensato a qualcosa di un po’ diverso: la biografia di una grande figura del Novecento italiano.


Poco prima dell’estate avevo letto Alda Merini: l’eroina del caos, di Annarita Briganti. È una lettura che non avrei saputo inserire nelle rubriche di altre mie recensioni “a tema” o “per autore”, e non mi sembrava neanche giusto abbinarla a dei romanzi, proprio perché è qualcosa di diverso. 


Mi sarebbe piaciuto dedicarle un post a sé, e così, anche se forse un po’ impropriamente, ho pensato di inserirla qui, tra le recensioni classiche. In fondo, a parte Carlo Goldoni che penso tutti abbiamo studiato a scuola, gli altri post classici di quest’anno vanno alla riscoperta di due autori che, sebbene si siano conquistati un posto nel firmamento della letteratura italiana, non sono poi così studiati come meriterebbero. Mi sembrava giusto inserire in quest’ottica una poetessa, anzi, una poeta – come lei stessa si definiva – che a Milano è una vera e propria istituzione, ha segnato la nostra poesia contemporanea, ma forse in altre zone d’Italia non è stata così conosciuta ed apprezzata.


Ripercorriamo insieme la sua storia insieme ad Annarita Briganti, l’autrice della biografia!



Un’infanzia difficile e la guerra


La vita di Alda Merini è stata difficile fin dall’inizio. Il suo carattere ribelle emerge fin dalla più tenera età ed i suoi genitori, che sono comprensibilmente animati da una mentalità di quei tempi, non riescono a fare fronte alle idee fin troppo moderne di quella che per loro è ancora una bambina. Non la incoraggiano più di tanto nemmeno negli studi, perché desiderano un figlio maschio e, se egli arriverà, non riterranno più necessario provvedere all’istruzione di Alda e della sorella.


Ella non demorde e, grazie al sostegno di un’insegnante, si prepara alla prova di ammissione alla scuola media, ma non riesce a superare il test di italiano. Si rassegna così a frequentare l’avviamento professionale, anche se già allora coltiva il sogno di essere una poeta.


È solo un’adolescente quando scoppia la guerra ed iniziano anni difficili per tutta la famiglia. Da un trasferimento all’altro, sotto le bombe ed in mezzo agli sfollati, i Merini perdono tutto, ma sopravvivono, e riescono a mettere al mondo il figlio maschio che tanto desideravano.


Di questa prima parte della biografia di Alda Merini mi ha colpito molto il fatto che lei stessa descrivesse la sua famiglia durante la guerra come “povera in canna”, e che questa condizione non l’abbia mai spaventata veramente. Nonostante il successo che la poeta ha riscosso già in vita, ella non è mai stata benestante: la sua arte, per quanto molto apprezzata, non le ha mai consentito di arricchirsi, e la sua dimensione ideale è sempre stata quella di un’umile quotidianità. Nella biografia, l’autrice racconta persino di come ella sia stata tra i beneficiari della legge Bacchelli del 1995, che consentì a tanti artisti e letterati di occuparsi della loro arte venendo aiutati da un sussidio. Forse qualcosa che non ti aspetteresti da un personaggio che oggi non ha certo bisogno di presentazioni.


Eppure lei è rimasta per tutta la vita così, una persona di famiglia piccolo borghese che aveva perso tutto con la guerra ma non se ne curava, pensava solo alla sua arte.



Gli amori, la famiglia, i ricoveri


La gioventù di Alda Merini è stata caratterizzata da un primo ingresso nel mondo della letteratura e della poesia milanese, grazie ad amici e conoscenti di quegli insegnanti che avevano sempre creduto in lei. Ella intreccia una relazione anche con un uomo di quel mondo, ma la moglie di lui non concederà mai il divorzio e presto quella passione si spegnerà (anche se rimane per tutta la vita un’affinità stupefacente con la figlia del suo amante).


Il primo dei suoi due matrimoni è un panettiere, un uomo concreto che vorrebbe la classica moglie e madre e – un po’ inspiegabilmente, diciamocelo – sposa invece una “ape furibonda” animata dalla creatività, come spesso Alda Merini è stata definita.


La coppia non funziona: lui reagisce bevendo e diventando violento, lei manifestando i primi segni delle sue difficoltà psicologiche, acuiti dalla frustrazione di una vita non sua.


Sono anni difficilissimi per la poeta: passa più tempo in manicomio che a casa, e tra un ricovero ed un altro concepisce quattro figlie. Sia dal punto di vista della salute mentale che della maternità incontra moltissime difficoltà, anche perché i tempi erano davvero inclementi con una donna che si mostrava instabile nel primo campo e fallibile nel secondo (e sinceramente dovremmo chiederci se adesso invece sono tempi clementi da questi punti di vista… io direi di no).


Tutto ciò che la poeta scrive sul manicomio – quando può, perché spesso le levano anche di mano carta e penna – è una pagina vergognosa per la storia italiana: i maltrattamenti erano all’ordine del giorno e gli elettroshock… meglio non commentare. 

Finirà in manicomio anche a Taranto, dopo aver perso il secondo marito, medico e letterato ultra ottantenne, con cui ha trascorso solo quattro anni, che però lei definisce molto felici.


Eppure, nonostante tutti i dolori e le sconfitte, questa biografia è piena di osservazioni sullo spirito gioioso della poeta, su come, nonostante tutto, ella sia stata felice, perché “la vita è meravigliosa proprio perché non è facile”, come dice uno dei suoi amici.


Una persona esclusa dalla società solo perché “diversa” e apprezzata in vita solo da chi aveva grande sensibilità, giudicata male dai benpensanti, additata come moglie e madre problematica, che però si ostinava a coltivare la sua arte in barba a tutto e tutti. Per me, al netto di tutte le fragilità, un esempio.



Il mondo della poesia e dell’editoria


Abbastanza scontato immaginare che una personalità così forte non abbia sempre avuto un buon rapporto con gli esponenti del mondo culturale in cui si muoveva.


Molti letterati italiani del tempo, sia tra gli artisti che tra gli studiosi e gli addetti ai lavori, non le hanno perdonato semplicemente il suo essere così com’è. Donna, meno istruita di altri, “la pazza della porta accanto” (come lei stessa si definiva).


Anche con i suoi editori i rapporti non sono stati sempre rosei: spesso Alda Merini ne parlava male, anche se, a giudicare dalle testimonianze di chi lavorava con lei, si trattava più di una presa di posizione nei confronti del mondo dell’editoria che di un effettiva situazione di scontro con le singole persone, con alcune delle quali c’erano addirittura affetto e stima.


In generale, Alda Merini era lontana da tutta quella parte del mondo letterario ed editoriale che strizzava l’occhio al lato aziendale. La “sua” Milano non è quella degli eventi, del marketing, della promozione del suo lavoro anche in termini di immagine. Certo, si potrebbe obiettare che era pur sempre una donna di altri tempi, che aveva fatto la guerra e che in gioventù si era confrontata con i grandi nomi del Novecento. Però io sono convinta che ci sia stato dietro anche un ragionamento tutto suo: in fondo ella si è distinta fin da piccola per il suo essere “avanti per i tempi” e credo che se avesse voluto abbracciare uno stile editoriale più moderno lo avrebbe fatto. Semplicemente io penso che anche da questo punto di vista abbia voluto essere se stessa, senza scusarsi o giustificarsi.



Le parole dei componenti del suo “cerchio magico”


La seconda parte della biografia raccoglie le testimonianze di quello che Alda Merini considerava il suo “cerchio magico”: il musicista e cantautore Giovanni Nuti, le figlie e la nipote, la studiosa Ave Comin, il fotografo ed artista Giuliano Grittini, persino le lettere scambiate con il cardinal Ravasi.


Questa parte del libro è quella che secondo me mostra in modo più chiaro perché l’autrice abbia scelto di definire Alda Merini “un’eroina del caos”: perché tutto nella sua vita, dagli anni pieni di eventi turbolenti alla quotidianità fatta di casa ed amicizie, era caotico, e solo lei sapeva muoversi con grazia in mezzo a tutto questo disordine.


Il suo appartamento, tutt’altro che ordinato ed a volte troppo piccolo per tutti gli ospiti, era costantemente visitato da personaggi completamente diversi tra loro, legati soltanto dall’amicizia con la poeta. E questo si nota, perché ognuno di essi racconta un “pezzetto” diverso di questa incredibile donna. Nessuno la loda: le figlie ammettono che è stata una madre complicata ed ingombrante da gestire, l’amico bravo a guidare ricorda che con lei certi viaggi sono stati infernali, chi è andato da lei con ammirazione non sempre è stato trattato con i guanti.


Proprio per questo, il ritratto che emerge dell’artista è davvero a 360°, e Alda Merini, come dice la figlia Barbara, è la poeta “di tutti”.


Ho bisogno di sentimenti,

di parole, di parole scelte sapientemente,

di fiori detti pensieri,

di rose dette presenze,

di sogni che abitino gli alberi,

di canzoni che facciano danzare le statue,

di stelle che mormorino agli orecchi degli amanti.

Ho bisogno di poesia,

questa magia che brucia la pesantezza delle parole,

che risveglia le emozioni e dà colori nuovi.

(Da “Io non ho bisogno di denaro”, Alda Merini)





Ecco lo “spazio classico” di oggi!

Spero di essere riuscita a rendere abbastanza bene l’unicità di Alda Merini, ma vi assicuro che la biografia racconta molto di più. E se preferite l’approccio diretto, ci sono sempre le sue opere. Oppure potete fare un giretto in zona Navigli, vicino al ponte che è stato dedicato a lei, e farvi un’idea di quale sia stata la “sua” Milano.

Come sempre, aspetto i vostri pareri e commenti.

Grazie per la lettura, al prossimo post :-)


lunedì 9 settembre 2024

UN GIRETTO A...SAVONA

 Visitiamo insieme la città




Cari lettori,

per oggi ho in programma una delle nostre piccole “gite fuori porta”!


Settembre per me – almeno la sua prima metà - è l’ultima parte di un’estate spesso lunga, piacevole e faticosa da lasciar andare, specie se non si è proprio amanti dell’autunno… e men che meno dell’inverno.


Così ho pensato, prima di arrenderci definitivamente ai post a tema libro/copertina/the caldo (anche perché, non so da voi, ma da me settimana scorsa eravamo praticamente in un forno, ed anche in questi giorni il clima è ancora parecchio estivo), di proporvi un lunedì a spasso con me! Un po’ come avevamo fatto l’anno scorso a Cremona e a Bellano, o quest’anno a Genova


La scelta è stata un po’ obbligata, perché quest’anno prima c’è stata una primavera bruttissima – ed un inizio estate pieno di nubifragi -, poi, quando finalmente mi sono spostata in quel di Varazze, il caldo è diventato così forte da consentirci a stento di stare sulla spiaggia invece che perennemente in acqua, tipo cioccolatini mezzi squagliati a bagnomaria.


Però un giorno che ha rinfrescato dopo un’intera domenica di temporali abbiamo potuto fare un giro a Savona, che è così vicina alla nostra Varazze. L’ho vista anche l’anno scorso, ma non avevo ancora fatto un post dedicato… così eccolo qua!



L’ingresso in città e la zona mercato


Premesso che ci sono anche dei treni regionali a tutte le ore, solitamente noi da Varazze arriviamo con una linea di autobus che passa circa ogni mezz’ora. Scendiamo alla fermata poco dopo la famosa Torretta: da lì inizia il centro della città.



In quella zona ci sono anche la famosa fortezza del Priamar, che purtroppo è visitabile solo alla sera – e noi, per un motivo o per l’altro, siamo sempre lì di giorno – ed altre torri storiche. In generale sono tante le città e cittadine della Liguria che conservano mura medioevali… anche a Varazze ci sono!



Quasi di fronte alla Torretta, invece, ha inizio Via Paleocapa, uno dei vialoni principali del centro, nonché cuore del gigantesco mercato del lunedì, che dura tutto il giorno ed è davvero ricco di occasioni. Il resto della settimana non potete camminare in mezzo alla strada e non ve ne accorgerete, ma il lunedì vedrete che tanti dei palazzi hanno delle splendide decorazioni a mosaico.



Lungo i lati della via e di quelle adiacenti ci sono invece dei bei portici con negozi, quindi è comunque una zona carina da visitare anche quando non c’è il mercato.



La zona centrale


Come vedremo meglio, il centro è diviso in due parti, una più vecchia e caratteristica ed una più nuova, fatta di palazzi imponenti. In particolare, a metà di uno dei vialoni, c’è una piazza particolarmente grande, con un palcoscenico che immagino ospiti gli eventi estivi.



La zona nuova è fatta di vialoni ricchi di negozi e bar, che portano dritto verso il mare. Un'area per lo shopping a metà strada tra la tradizione ligure e le grandi città.



Non mancano i monumenti storici, come quello ai caduti.



Poco alle spalle di questi viali c’è il Duomo di Savona. Il bellissimo interno è visitabile sia il mattino che il pomeriggio gratuitamente. Purtroppo non si può fare lo stesso con la Cappella Sistina (non è uno scherzo, Papa Sisto IV commissionò un’altra cappella oltre a quella romana, è stata una sorpresa anche per me!), che è visitabile solo nel weekend e solo su prenotazione.



La città vecchia


La parte di Savona che mi piace di più è però l’altra metà del centro, quella più antica: lì ci si sente davvero nel cuore della Liguria, tra palazzi dipinti, vicoli minuscoli, angoli caratteristici.



Uno dei vicoli più belli è sicuramente Vico Spinola, disseminato di esercizi commerciali davvero originali.



Tra Varazze, Albisola, Celle e Savona è fortissima la tradizione della ceramica. Io ho già a casa mia fin troppi souvenir di questo tipo, ma se cercate qualcosa del genere credo che la zona più vecchia sia quella giusta.



Il mare e la Darsena


Come dicevamo prima, i vialoni della zona centrale conducono al lungomare. Rispetto alle cittadine della provincia, esso è piuttosto ampio: il vialone trafficato è separato dalla spiaggia da aree verdi e/o bar, parchi giochi per bambini, attrazioni varie. L’anno scorso ho fatto solo scatti con un mare costantemente arrabbiato; quest’anno invece il maltempo si è concentrato tutto a giugno e poi, insieme al caldo fuori norma, è arrivata anche la bonaccia.



A pochissima distanza dalla fermata dell’autobus c’è invece il porticciolo, che, per quanto più piccolo di quello che si possa immaginare – ovviamente non c’è paragone con Genova – è molto carino e suggestivo.



La Darsena è fatta di moltissimi localini e ristoranti, in parte chiusi di giorno, ma di sicuro vivissimi la sera. È un po’ la tendenza dell’ultimo decennio: anche a Varazze i ristoranti del porto sono quelli più chic, e qualche volta c’è anche musica dal vivo. Durante il pomeriggio, però, i porti sono decisamente caldi, con tutti i pontili in asfalto… meglio arrivare dall’ora dell’aperitivo in avanti!





Questo è tutto quello che ho scoperto di Savona, almeno per ora! Diciamo che, rispetto a Genova, è una meta che potreste scegliere se avete meno tempo e/o se pensate che durante il pomeriggio salirà il caldo e dunque è meglio andarsene poco dopo pranzo.


Genova, specie se avete in mente di passare metà giornata all’Acquario o ad una mostra di Palazzo Ducale, richiede sicuramente un giorno (secondo me, se non ci siete mai stati, anche due). Savona, invece, se siete vicini, può prestarsi ad una gita che sia un po’ leggera, tra passeggiata e shopping, anche se arte e cultura non mancano: le chiese nascondono una serie di tesori e c’è una parte storica da visitare. Magari qualcuno di voi sarà stato meno pigro di me ed avrà visto anche la Darsena e il Priamar in orario serale… in caso fatemi sapere!


Ditemi anche se siete mai passati per la città, se come me avete fatto qualche gita e se vi è piaciuta. Altrimenti, spero di avervi incuriosito!

Grazie per la lettura, al prossimo post :-)