giovedì 11 giugno 2020

IL QUADRETTO DI PIZZO

Storytelling chronicles: giugno 2020




Cari lettori,
oggi vi propongo un mio nuovo racconto, il mio contributo alla rubrica di scrittura creativa “Storytelling chronicles”. Insieme a Lara de "La nicchia letteraria", amministratrice del gruppo, ed alle altre ragazze abbiamo deciso che giugno sarebbe stato il mese della “fuga immaginaria” ed abbiamo scelto di concentrarci sul tema del mare.

Personalmente, nel mese di marzo avevo già pubblicato un racconto che, pur rispettando il tema mensile della Festa del Papà, aveva ambientazione marittima (“Quando papà mi lasciava guidare”, in questo post).

Con la storia di oggi, che si intitola “Il quadretto di pizzo”, torneremo negli anni ‘90 (che nell’altro racconto, ambientato nel 2005, erano presenti solo in parte) ma conosceremo un nuovo protagonista e visiteremo un’altra splendida località di mare (anche se restiamo sempre in Italia). 
Spero tanto che vi piaccia, buona lettura!



Il quadretto di pizzo


Davide aprì gli occhi, ferito dall’improvvisa scheggia di luce che aveva superato lo spazio tra una tapparella e l’altra. Cercò di rigirarsi e di addormentarsi nuovamente, ma gli bastarono pochi secondi per rendersi conto che la coperta gli pesava addosso e che il sole mattutino stava invadendo sempre più la stanza. Controllò la sveglia: non erano nemmeno le sette. Le sue lezioni in Istituto erano finite la settimana precedente, e curiosamente il suo primo pensiero era stato: “Finalmente potrò dormire un po’ al mattino!” Non aveva fatto i conti, però, con l’estate incipiente e con il caldo mattutino. Sapeva che se fosse rimasto a letto gli sarebbe venuto un solenne mal di testa. Con un sospiro piuttosto rassegnato, si alzò.

Sole, uccellini che cantavano, il cane del piano di sotto che giocava con la ciotola dell’acqua trascinandola sul pavimento e lo faceva sentire meno solo, caffè appena fatto, l’ultima fetta della crostata di sua madre. Sarebbe stato tutto perfetto per iniziare la giornata, se solo ci fosse stata anche l’idea. Da quando, il venerdì precedente, le lezioni dell’ultimo semestre della sua vita all’Istituto Marangoni erano terminate, Davide non pensava ad altro che ad una sua possibile ispirazione per la tesi finale.

Il suo relatore, durante il loro ultimo incontro nel suo studio, era rimasto piuttosto colpito dalla sua determinazione: Davide gli aveva comunicato la sua intenzione di valorizzare un prodotto, o meglio ancora, una storia Made in Italy che non fosse ancora diventata un vero e proprio caso di studio… ma non aveva idea di quale potesse essere il soggetto delle sue ricerche. Il suo relatore aveva trovato lodevole l’iniziativa di valorizzare una realtà locale, ma aveva anche colto la sua indecisione, e gli aveva dato appuntamento di lì a venti giorni. Se Davide non si fosse presentato con una sua proposta, sarebbe toccato al suo professore scegliere il soggetto della Tesi, un’eventualità che egli avrebbe voluto evitare. 

Il suo percorso di laurea in Moda e Design gli aveva dato, finora, grandi soddisfazioni, e, giunto alla fine, avrebbe proprio desiderato dare un suo tocco personale. Dopo il Diploma di Liceo Linguistico aveva deciso di non iscriversi all’Università tradizionale, ma di tentare il test d’ingresso nella prestigiosa Accademia milanese. Davide abitava in provincia e la sua ammissione alla Marangoni l’aveva trasformato in uno dei tanti pendolari che prendono il treno per andare nella grande città, ma, insieme alla moda, egli si era innamorato di Milano, e non c’era nessun altro posto dove avrebbe voluto passare le sue giornate, anche se, più si avvicinava l’estate, più si sorprendeva ad aver voglia di mare.

Il pensiero delle vacanze lo riportò improvvisamente al presente ed alla giornata noiosa che l’attendeva: i suoi genitori, neo pensionati entusiasti, avevano pensato bene di sfruttare la casa di famiglia a Rapallo per l’estate e due giorni prima erano partiti, portandosi dietro vestiti per un anno, barattoli di sugo fatto in casa, interi corredi di lenzuola e persino il loro gatto. Davide aveva promesso che al più presto li avrebbe raggiunti con il treno, ma dubitava che le sue vacanze sarebbero iniziate prima di luglio: voleva prendersi quel che restava di maggio e tutto il mese di giugno per lavorare alla sua Tesi. Sempre che gli si presentasse l’idea, ovviamente. Sentiva che era lì, che premeva dentro la sua testa, che sarebbe bastata l’occasione giusta perché si spalancasse quella porticina che in quel momento restava dentro di lui, inesorabilmente chiusa.

In questi casi, la cosa migliore da fare era una sola.


* * *



When she woke up late in the morning light
and the day had just begun
she opened up her eyes and thought
Oh, what a morning
it’s not a day for work
it’s a day for catching sun
just laying on the beach and having fun
she’s going to get you…
(All that she wants, Ace of Base)


La radio era vecchiotta, ma funzionava ancora. Per evitare di pensare troppo, Davide era salito in mansarda, tenendo fede alla promessa che aveva fatto alla madre (“Se resti a casa ancora un po’, cerca di trovare un po’ di tempo per riordinare!”). Aveva deciso di iniziare dalla parte della casa in cui maggiormente si concentravano le scartoffie ed il ciarpame: una volta affrontato quello, il resto della casa sarebbe stato una passeggiata. Dopo un’oretta tra polvere e caldo, però, egli si era trovato a maledire i tormentoni di quell’estate del ‘93, che gli ricordavano con ostinazione la spiaggia.

Tra una pulizia e un’operazione di riordino, Davide notò un comodino di legno scuro, chiuso da due ante, che sembrava molto più impolverato del resto della mansarda. Gli tornò in mente che i suoi genitori non aprivano da tempo quel mobile per via della chiusura difettosa. Magari, però, se fosse riuscito ad aprirlo e a pulirlo, avrebbe potuto portarlo giù in camera sua. Anche solo come decorazione, era molto carino.
Davide provò cautamente a fare forza sulle due manopole rotonde, ma le ante si aprirono quasi subito: il tempo aveva distrutto definitivamente il sistema di chiusura.

Il comodino, però, non era vuoto: due oggetti solitari e dimenticati sembravano riposare sulla mensola più alta. Davide prese in mano quello a sinistra, rendendosi conto che si trattava di un ventaglio di legno dipinto, una volta a fondo bianco, ormai di un indefinito color crema. Una volta aperto, l’oggetto rivelava uno splendido acquerello che ritraeva una delle più famose insenature d’Italia, e una scritta in elegante corsivo dorato: Portofino.

Il secondo oggetto misterioso era un sacchetto di carta vistosamente vecchio e troppo spesso per essere vuoto. Davide lo aprì con cautela e si sorprese di sentire al tatto una stoffa. Appena ebbe separato la carta dal suo contenuto, rimase senza parole: si trovava davanti un quadrato di pizzo bianco e pregiato. I bordi erano finemente lavorati, ma la parte sinistra e quella in basso erano dotate di una sorta di cornicetta ricamata, mentre quella alta e quella a destra erano molto più essenziali, come incompiute. Il centro del disegno era incredibile: si trattava di una fantasia marina, con un delfino, svariati pesci, ciuffi di alghe. Com’era possibile che una simile meraviglia fosse finita nella mansarda dei suoi genitori?

Era evidente che, se ventaglio e centrino erano finiti insieme in quell’angolo dimenticato di casa sua, probabilmente erano souvenir del medesimo viaggio… a Portofino. Se cercava un valido motivo per raggiungere la Riviera, l’aveva trovato. Quello che si trovava di fronte era un pezzo di artigianato straordinario, e chissà che in passato non fosse servito per decorare abiti o borsette. Era quasi ora di pranzo: i suoi stavano sicuramente tornando dalla spiaggia e li avrebbe trovati al telefono. Era sicuro che non avrebbero avuto niente in contrario ad una sua capatina nel fine settimana.


* * *


Seduto sullo sferragliante interregionale che l’avrebbe portato a Rapallo, Davide, con la testa poggiata di lato sul sedile ed un borsone da viaggio tra le gambe, osservava il paesaggio al di là del finestrino. Montagne, paesini, campi coltivati sfilavano di fronte a lui, ma sapeva che ben presto il paesaggio sarebbe cambiato.


Se si potessero imbottigliare emozioni e sensazioni, sono quasi certo che moltissime persone sceglierebbero la mattina in cui si parte per il mare. C’è qualcosa di liberatorio nell’avviarsi alla stazione, in mezzo all’afa milanese, ai pendolari, alla frenetica noia di una giornata che comincia, e nel comprendere che anche tu normalmente passi di qui con un po’ di fastidio per la calca e i treni in ritardo, ma oggi no, oggi ti stai prendendo una pausa da tutto, salirai su un altro convoglio che ti porterà al mare. Ti allontanerai da casa tua, ma stai andando verso un’altra casa, quella che sogni durante le giornate di novembre in cui a Milano devi accendere le luci la mattina presto e convivere tutto il giorno con cappotto e ombrello, quella che, galleria dopo galleria, ti sembra sempre più vicina.


La montagna lasciò presto il posto alle prime costruzioni industriali di Genova. Tra uno dei tanti nuovi centri commerciali che ostruivano la vista ed i vecchi complessi portuali arrugginiti che offendevano gli occhi, si riusciva ad intravedere qualche triangolo blu inondato di sole che strappava un sorriso ai passeggeri del treno mattutino. Superate le stazioni cittadine, dopo l’ennesimo ecomostro di cemento costruito negli anni ‘70 e già abbandonato in quegli incipienti ‘90… ecco, finalmente, il mare! Una lunga striscia azzurra, illuminata dalla luce del mattino, sulla quale ondeggiavano delle piccole barche bianche, tutte ancorate a un muretto grigio. Per Davide quello spettacolo era ogni volta il segno del suo ingresso in Riviera.


Domani penserò alla mia ricerca, ma oggi sono tornato a casa. Come diceva quella simpatica canzone, oggi non è un giorno per lavorare… oggi è un giorno per sedersi sotto il sole.


* * *


Dopo una tranquilla giornata in spiaggia con i suoi genitori, una dormita ristoratrice, un breve ma difficoltoso viaggio su un regionale ligure lento come una lumaca appena sveglia ed un memorabile tragitto tra i tornanti su un pullman che collegava Santa Margherita Ligure con i paesi sprovvisti di stazione, Davide era un po’ frastornato, ma pronto per sua avventura a Portofino. Aveva mostrato i due oggetti ai suoi genitori, ma essi si erano limitati a guardarlo interrogativi e a scuotere la testa. Suo padre non aveva proprio idea della provenienza del ventaglio e del quadretto, mentre sua madre era stata più possibilista.

Sai che questa casa era di mia mamma” gli aveva detto. “Forse la nonna un giorno, per qualche motivo, è stata a Portofino. Non è tanto lontano da Rapallo. E poi quel comodino in mansarda era suo, ricordi?”

Il pullman, dopo un ultimo tornante e un ulteriore tratto in salita, si bloccò all’inizio del centro storico, poi si spense sbuffando. Davide scese, zainetto in spalla e occhiali da sole, pronto a confondersi con gli altri turisti. Il vialetto che egli si trovava di fronte era lastricato di piastrelle e leggermente in discesa. Superato l’ufficio informazioni e un negozio di souvenir piuttosto dozzinali, si ritrovò all’improvviso nella famosissima piazzetta del paese, e per un attimo rimase senza fiato dallo spettacolo. Era mattina presto e sembrava un luogo quieto: le barche, dalle più piccole agli yacht, sbatacchiavano tra loro sul calmo tappeto azzurro; una nuvola mattutina velava il sole, rendendo l’acciottolato della piazzetta ancora più chiaro; dando le spalle al mare, si potevano ammirare le tipiche casette di Portofino, in mille colori pastello.

Davide non aveva un vero e proprio piano, ma aveva fatto qualche ricerca su Internet ed aveva scoperto che il pizzo lavorato al tombolo non era soltanto una delle attività tradizionali di Portofino, ma anche un’attrazione turistica che, pur non essendo “di massa” come l’attività balneare o i percorsi di trekking, aveva comunque il suo pubblico. Era partito con il prezioso scampolo di pizzo nello zainetto, deciso ad entrare in ogni singolo negozio di artigianato che avrebbe trovato ed a chiedere informazioni ai gestori. Voleva saperne di più su quel misterioso quadretto che si era fatto trovare nella sua mansarda, quasi aspettasse chi lo avrebbe davvero apprezzato. Gli sarebbe piaciuto moltissimo scoprire l’uso e la funzione di quadretti di quel tipo: dalla sua ricerca su internet, infatti, erano comparsi principalmente i classici centrini. Il motivo con cui era decorato il quadretto, però, era troppo bello per essere destinato ad essere una semplice base d’appoggio per soprammobili e bicchieri.


* * *


Erano passate due ore, spese tra tanti negozi ed altrettante camminate. Davide era un po’ scoraggiato, ma non ancora arreso. I piccoli locali in cui si lavorava e vendeva il pizzo erano disseminati per tutto il paese, spesso posti a metà di qualche ripida salita. I gestori erano stati gentili, ma anche tutti concordi nell’affermare che un simile stile di lavorazione non apparteneva alla loro bottega.

Davide iniziava a pensare che il quadretto fosse finito per caso accanto al ventaglio. Di quest’ultimo, infatti, aveva visto tante moderne copie in plastica nei negozi di souvenir, quasi tutte ritraenti la piazzetta e talvolta la chiesa. Forse il quadretto proveniva da un altro viaggio, un altro giro turistico di sua nonna da giovane che poi era finito accanto al ventaglio nel suo comodino. Forse sedersi in piazzetta davanti a uno dei tanti bar e mangiare un meritatissimo pezzetto di focaccia lo avrebbe aiutato a schiarirsi le idee, anche perché era stanco morto e malediva tutte le volte in cui si era rifiutato di accompagnare in palestra i compagni di corso.

Non ricordava la stradina in discesa che era di fronte a lui, ma ormai aveva capito che tutte le strade di Portofino riconducevano al centro.

Era a metà quando notò un cartello: sotto le varie indicazioni di bar, ristoranti e negozi, c’era anche un piccolo rettangolo bianco che recitava: “La bottega di Nina e Chiara – lavorazione di pizzo al tombolo – 300 mt”. La freccia indicava una stretta via poco distante, che avrebbe potuto vincere un premio come salita più ripida di tutto il paese. La stradina era circondata da alberi e sembrava l’inizio di un percorso di trekking. “Facciamo un ultimo tentativo” si disse Davide iniziando a incamminarsi.

Più egli percorreva la strada, più si allontanava dal centro storico. Aveva attraversato gli ultimi cento metri immerso nella macchia mediterranea e con la sensazione di aver sbagliato strada. Fu grande la sua sorpresa quando, alla fine di quel boschetto, notò una piazzola con qualche edificio residenziale, un bar e un paio di negozi, tra i quali proprio “La bottega di Nina e Chiara”, che forse si sarebbe potuta ribattezzare “Il trionfo del pizzo”. Sopra l’insegna ed ai suoi lati, infatti, era stata appesa una vera e propria fantasia di ricami, tende e persino abiti per bambini. Preso dalla curiosità, Davide si avvicinò, e per un attimo restò senza parole: uno dei centrini appesi aveva un bordo circolare che raffigurava pesci che nuotavano in tondo, incredibilmente simili a quelli del suo quadretto. Sentendo che la risoluzione del mistero era vicina, Davide entrò nel negozio.

Un uomo dai radi capelli grigi e dal sorriso gentile, con un grembiule da lavoro blu e degli occhiali da presbite con la catenella, era chino su una scrivania ingombrata di carte e piccoli oggetti in pizzo, ma alzò subito lo sguardo non appena sentì Davide entrare.
Buongiorno” gli disse con educazione. “Desidera qualcosa o preferisce dare un’occhiata?”
Vorrei chiederle un’informazione” rispose Davide estraendo dallo zaino il sacchetto di carta contenente il quadretto. “È lei che produce questo tipo di centrini?” e, così facendo, spiegò il quadrato di tessuto davanti agli occhi del negoziante.
Quest’ultimo si ritrasse, come colpito da un pensiero improvviso. Poi prese in mano il quadretto, lo avvicinò al viso e Davide notò con stupore che aveva gli occhi lucidi.
Come ha trovato questo quadretto?” chiese, con voce più bassa.
A casa mia, in mansarda” rispose Davide confuso “ma perché...”
Guardi la parete alle mie spalle” lo interruppe l’uomo.

Davide alzò gli occhi e vide ciò che era appeso al muro: si trattava di un’opera in pizzo incorniciata, una sorta di rettangolo ricamato. I due settori superiori raffiguravano barche di pescatori, sotto l’abbraccio di un benefico sole. La parte inferiore sembrava una fantasia marina di rocce, pesci ed alghe, ma c’era solo la metà a destra. E la metà a sinistra era nelle mani di Davide e del negoziante che lo guardava stupefatto.


* * *


Pochi minuti dopo, Davide si trovava nella cantina della bottega. Il proprietario, dopo essersi presentato come Leonardo e dopo averlo ringraziato a più riprese, gli aveva confidato di volergli raccontare una storia e lo aveva invitato a scendere in quello che sembrava un magazzino. Lì, districandosi in un altro mare di pizzo, aveva invitato Davide a sedersi ad un piccolo tavolo e gli aveva dato in mano un libricino d’epoca che quasi si sfaldava nelle mani. A prima vista sembrava un quaderno di scuola degli anni ‘30, con le illustrazioni in copertina che rimandavano al Ventennio. In alto a destra c’erano poche parole vergate con la calligrafia di chi ha imparato a scrivere a scuola e poi lo ha rifatto raramente: Diario di Chiara.

Questo è il diario di mia madre da giovane” disse Leonardo a Davide. “Dagli un’occhiata, mi fa piacere”. Il ragazzo aprì il quaderno e iniziò a leggere le prime pagine.



26 marzo 1937

Anche oggi sono riuscita a fare la spesa, ma con tanta fatica. A me basta poco, ma Mario ha sempre tanta fame quando torna al mattino, dopo che ha pescato tutta la notte. Questa mattina ha mangiato pane e latte e poi si è addormentato. Anche quando la pesca va bene deve vendere tutto, e a me e lui restano solo poche piccolissime acciughe da friggere. Andiamo avanti con patate, pomodori, polenta.
Ieri sera ho pianto prima di dormire, perché io e Mario vorremmo dei bambini, ma non arrivano. Però, se davvero arriveranno… come posso farli vivere bene?

30 marzo 1937
Forse ho trovato un modo di portare a casa qualche lira. Nina, la proprietaria del negozio di pizzi, cerca un’apprendista a tempo pieno. Ci sono già due mogli di pescatori che la aiutano, anche loro per fare qualche soldo, ma sono mamme e possono fermarsi solo qualche ora e poi spesso si portano dietro i figli più piccoli che devono tenere in braccio mentre lavorano. Nina è una donna sola e anziana e le serve un vero aiuto. Non so niente del tombolo: a guardarlo mi sembra un cuscino scomodo. Ma posso imparare! Anzi, devo, perché Mario non fa altro che lavorare e dormire, è più stanco che mai. Io e le altre mogli ripariamo sempre le reti con ago e filo sedute sulla spiaggia e il ricamo non potrà essere troppo diverso, no?


Davide alzò gli occhi dal diario e fissò timoroso Leonardo. Gli sembrava di essere invadente, di essere entrato (per quanto in punta di piedi) in uno spazio intimo e quasi inviolabile. Il diario proseguiva per molte pagine, nelle quali, probabilmente, erano narrate le prime esperienze della giovane Chiara come ricamatrice al tombolo.
Il suo interlocutore parve cogliere la sua incertezza, perché prese in mano il diario e rispose alla sua muta domanda: “Questi sono stati i primi passi di mia madre nel mondo del ricamo. Con il passare dei mesi era diventata così brava che spesso sostituiva in tutto e per tutto la vecchia Nina, che aveva le gambe tormentate dall’artrosi e nessuno a cui portare a casa il pane. All’inizio del ‘38 era diventata la titolare e, siccome lei e papà non avevano ancora avuto figli, aveva iniziato a progettare nuove opere da realizzare con il pizzo.”
Davide restò un attimo in silenzio. Aveva iniziato a capire. “Dei quadri con un disegno più elaborato per dei clienti più ricchi, vero?”
Esatto” annuì Leonardo. “Con il regime e la povertà i grossi scampoli di stoffa da ricamare scarseggiavano. Mia madre aveva iniziato a creare il suo primo quadro di pizzo unendo quattro piccoli fazzoletti. Aveva voluto rappresentare una scena di pescatori, perché il lavoro di papà e le sue difficoltà erano sempre nei suoi pensieri. Ecco perché, caro Davide, credo proprio che tu dovresti leggere questa pagina” aggiunse, porgendogli nuovamente il diario.



13 giugno 1938
...forse oggi ho fatto un affare!
Non so ancora se la mia scelta è stata giusta o no: di certo ci sarà da lavorare, ma ho voluto fare una prova. Proprio stamattina ho finito di ricamare l’ultimo dei quattro fazzoletti, e forse è il più bello di tutti: ci ho anche messo un delfino!
Oggi pomeriggio però una donna giovane e molto elegante è entrata nel negozio. Mi ha fatto un sacco di domande sull’attività, sembrava così curiosa! Mi ha detto di chiamarsi Elisabetta, di avere una casa a Rapallo, di essere in gita qui a Portofino con il suo fidanzato, l’ingegner Castelli. Io le ho mostrato tante mie creazioni, ma… beh, non ci potevo credere, lei si è innamorata del quadretto e ha tirato fuori un fascio di banconote! Erano più del doppio di quello che le volevo chiedere. Io le ho detto che le avrei fatto uno sconto ma lei non ha voluto. Ha usato una parola difficile. Ha detto che l’idea dei quadri le piaceva e che era un… investimento, ecco, sì. Magari ora che lei è venuta qui lo dirà ad altri suoi amici ricchi!


Davide ultimò la lettura con un nodo alla gola. La casa a Rapallo, il nonno ingegnere, l’amore per la Liguria, la passione per il bello e l’arredamento, la curiosità nei confronti di tutte le forme d’arte, il carattere deciso: era come se sua nonna Elisabetta vivesse ancora tra quelle pagine.
Fu Leonardo ad interrompere il suo silenzio. “Quella signora era tua nonna, vero?”
Sì” rispose Davide con un filo di voce, ancora colpito dalle scoperte di quel giorno. “Ha conservato il pezzo mancante del quadro per tutti questi anni...”

Mia madre non è più riuscita a terminare quel quadro” rispose Leonardo scuotendo la testa. “Pochi giorni dopo l’incontro con tua nonna aveva scoperto di aspettare me. Nel ‘38 la situazione in Italia era iniziata a peggiorare. Spesso il negozio restava chiuso, perché la clientela agiata che di solito veniva qui per turismo aveva altro a cui pensare. Mia mamma doveva pensare a me, e poi era scoppiata la guerra. Dopo il ‘45 il negozio aveva riaperto, ma mia mamma lo aveva trasformato per un periodo in sartoria, per arrotondare un po’. E poi, più passava il tempo e più si era convinta che il quadro dovesse restare così, incompiuto. Nominava spesso la signora Elisabetta. Immaginava di incontrarla di nuovo, di venderle anche gli altri tre quadretti. Di ricostruire, un giorno, tutta l’opera insieme a lei.”


* * *

EPILOGO


...e con i poteri che mi sono conferiti, la dichiaro Dottore in Moda e Design con la valutazione di Centodieci centesimi e lode!”
Davide avrebbe ricordato a lungo quella soleggiata giornata di ottobre, l’ultima di una serie emozionante.
Dopo aver scoperto la storia di sua nonna Elisabetta, aveva assistito Leonardo mentre ricostruiva il quadro, aggiungendo la parte mancante. Il risultato finale era meraviglioso, e l’uomo avrebbe voluto fargliene dono, ma Davide aveva insistito affinché il quadro restasse in bella vista per tutti i visitatori de “La bottega di Nina e Chiara”. Aveva però chiesto a Leonardo un aiuto per documentarsi meglio sulla storia della nascita di quest'arte e sulle vicende di altre donne liguri che, come Chiara, avevano dovuto inventarsi un’attività per portare qualche lira in più a casa.
Davide non avrebbe mai immaginato di ritrovarsi a unire la sua passione per la moda al suo amore per il mare, ma quella straordinaria estate passata a scrivere la tesi sulla tradizione del pizzo al tombolo, tra Milano e Portofino, lo aveva sorpreso. Mentre festeggiava con parenti e amici, abbracciandoli, indossando la corona d’alloro e stappando lo spumante, immaginò che da qualche parte nella folla ci fossero Chiara e nonna Elisabetta che gli facevano l’occhiolino.



FINE




Come sempre, vi ringrazio per la lettura e per l’attenzione. I vostri commenti ai tre racconti precedenti sono stati per me una grandissima soddisfazione: mi avete scritto delle bellissime parole e mi avete anche fornito utili consigli e critiche costruttive. È davvero un piacere provare a cimentarmi nella scrittura creativa sapendo di avere il sostegno di lettori affezionati come voi.

Aspetto il vostro parere e, come al solito, vi invito a seguire tutti i post di questo mese con l’hashtag “Storytelling chronicles”… così, in un certo senso, andrete al mare dieci volte in un mese, ed in tanti modi diversi! Mica male, eh?
Grazie ancora per la lettura, al prossimo post :-)


25 commenti :

  1. Bellissimo racconto che mi ha molto emozionata, soprattutto nel passaggio delle pagine di diario.
    Mi ha ricondotta a quegli anni in cui davvero occorreva darsi da fare per portare il pane in tavola, eppure nessuno se ne lamentava.
    Brava!

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    1. Ciao Claudia! Innanzitutto grazie per i complimenti.
      Come sai, io sono una frequentatrice abituale della Liguria, e quando fanno delle mostre sul Lungomare con le foto d'epoca mi capita spesso di pensare a quando quelli che ora sono paesi turistici erano villaggi di pescatori... sembra un altro mondo, ma non era così lontano! Ed anche la lavorazione del pizzo un tempo non era considerata un'arte ma solo un modo con cui le donne potevano guadagnare... sono contenta che la storia ti sia piaciuta, comunque. :-)

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  2. Un bellissimo e suggestivo racconto dove si intravvede tutto l'amore che hai per una delle Regioni più belle d'Italia (forse perché anch'io l'adoro). Brava Silvia :)
    sinforosa

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    1. Ciao Sinforosa! Anche per me la Liguria resta una delle più belle regioni d'Italia... Grazie mille per i complimenti!

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  3. Ciao Silvia. In questo racconto ci sono tanti elementi che mi sono piaciuti. E' un salto nel passato, in luoghi e vite che quasi sembra impossibile siano esistiti, se pensiamo al mondo d'oggi. Eppure sono anni e vite che hanno dato un contributo essenziale a quel futuro che adesso noi viviamo senza quasi renderci conto di cos'è fatto. Per questo ho apprezzato la curiosità del protagonista, quella che lo spinge a cercare, a scavare nel passato. Hai creato una storia nella storia dal sapore dolce-amaro, che commuove. Il mare è presente non solo fisicamente: hai saputo raccontare l'influenza e l'importanza che ha sulle vite delle persone, ieri come oggi. La scrittura è scorrevole e per lo più corretta, molto efficaci le descrizioni. Ho notato soltanto qualche D eufonica da togliere, due/tre ripetizioni e, nella prima parte, potresti togliere qualche possessivo superfluo. Ottimo lavoro, brava.

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    1. Ciao Debora! Vero, il mondo che ho raccontato in questa storia oggi è ormai piuttosto "dimenticato", eppure sono le nostre origini... quando cammino per la mia Varazze dopo una giornata di spiaggia e divertimenti, mi sembra incredibile pensare che su quelle rive ci fossero barche che per gli uomini erano quasi più importanti della casa e donne in abito lungo che si sedevano sulla riva per riparare le reti con ago e filo... eppure senza tutto questo i villaggi di pescatori non si sarebbero lentamente trasformati in luoghi di turismo. Ho scelto di parlare del tema del mare in modo non simbolico, ma concreto, descrivendo la vita in Riviera ieri ed oggi. Grazie per le segnalazioni su forma e possessivi... anche se non sembra, forse sto imparando a non riempire i racconti con queste famose D! un po' alla volta, almeno, ahah :-) Grazie ancora per i complimenti, sono contenta che la storia ti sia piaciuta!

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  4. È un racconto di altri tempi, vecchio stile sia per struttura che per il linguaggio. Fuori dal genere che solitamente leggo, per cui non sono la più adatta a commentare... ma per quanto mi concerne non trovo nulla che vada contro i canoni di questa tipologia di testo. L'idea è carina e probabilmente è uno dei punti che più degli altri invita il lettore a prenderlo in considerazione e leggerlo.

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    1. Ciao Mary! Ho visto che fai parte del blog di Tania ma forse non ho ancora letto un tuo racconto (correggimi se sbaglio...) se sì rimedierò al più presto! Certo che anche il tuo parere è prezioso, come quello degli altri colleghi blogger! In effetti il mio stile è generalmente un po' classico ma non escludo che grazie a questa rubrica riuscirò a scrivere qualcosa di diverso!

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  5. Sono davvero commossa, Silvia! Hai la capacità di catapultare il lettore in u'altra epoca con una naturalezza impressionante. Pur non avendo visitato le zone di cui parli, ho avuto la sensazione si essere lì col protagonista a girovagare sotto il sole estivo e con la curiosità come motore primo. Da circa metà racconto in poi (dall'incontro con Leonardo), ho cominciato ad avere gli occhi lucidi e il magone. La storia che hai raccontato è davvero potente, arriva dritta dritta alla sensibilità di chi legge e ci lascia il marchio. Davvero brava anche per come hai deciso di interpretare la tematica mensile, ho "sentito" il mare in ogni sillaba, soprattutto tra le pagine del diario di Chiara! Molto commovente anche l'epilogo e niente, mi hai conquistata anche con questo racconto. Ancor complimenti e alla prossima.

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    1. Ciao Anne Louise! Sono davvero contenta di sentire queste belle parole in riferimento al mio racconto. È sempre bellissimo scoprire che quello che lasci sulla carta desta così tante emozioni in qualcun altro! Per la storia di Chiara mi sono ispirata ad una mostra che hanno fatto a Varazze, la mia "seconda casa", lo scorso ottobre. Si trattava di un'esposizione fotografica dedicata alle donne del passato di Varazze e c'erano tantissime foto di signore vissute all'inizio del 1900 che cucivano reti sulla spiaggia! Una di loro (quella di cui mi sono portata a casa una copia) si chiamava Chiara ed era la nonna di uno dei signori dell'Associazione che hanno curato la mostra. E così è nato il personaggio...

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  6. Ciao Silvia. È sempre un enorme piacere leggerti! Riesci sempre a trascinarmi in mondi lontani con una scrittura semplice, scorrevole e allo stesso tempo capace di incantarmi: ogni volta che ti leggo fatico davvero a staccare gli occhi finché non arrivo al punto finale! È stato bellissimo ritrovare Portofino e la Liguria in questa storia, ci sono stata diverse volte e credo tu l'abbia raccontata in questo scritto in modo impeccabile. La trama in sé, poi, è perfettamente costruita: dalla storia di Davide al tuffo nel passato grazie alle pagine di diario di Chiara, è un crescendo di emozioni che si amplificano nel finale, con lo splendido epilogo. Ti faccio i miei più sinceri complimenti, ancora una volta un racconto bellissimo che ho letto con immenso piacere! Brava!

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    1. Ciao Stephi! Sono felice di sapere che la trama del racconto è ben costruita e che addirittura riesco a tenerti un po' in sospeso! Mi piace farvi "passeggiare" nel passato... chissà se magari un giorno riuscirò a portarvi nel futuro o in mondi fantastici! Grazie ancora per i complimenti 🤗

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  7. Una storia nostalgica e vibrante d'emozione.
    Hai descritto molto bene la realtà di un'epoca ormai lontana, di cui siamo in un certo senso gli eredi, così come lo è Davide.
    Mi piace l'idea che tu ce la faccia vedere attraverso gli occhi di un personaggio givoane e attuale, in questo modo la narrazione risulta molto più naturale.

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    1. Ciao Simona! Sono davvero contenta che tu ed altri abbiate apprezzato il mio modo di raccontare quella che ormai è un'altra epoca! Come giustamente hai detto tu, Davide rappresenta un po' tutti noi, che siamo l'erede del passato. Ho pensato di raccontare la storia dal punto di vista di un ragazzo perché io stessa sono curiosa nei confronti del passato e della storia, più o meno recente... sarà una "deformazione" da studio/lavoro! Comunque grazie per i complimenti :-)

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  8. Davvero toccante il tuo racconto. Mi piace il tuo ritornare al passato, ai ricordi. E' una cosa che mi commuove molto. Sei riuscita a coinvolgermi molto in questo contesto presente/passato mostrando un eredità che resta marchiata nel cuore.

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    1. Ciao Tania! è vero, spesso, con i miei racconti, torno al passato... non so se sarà una costante della rubrica perché mi piacerebbe l'idea di sperimentare, ma sono contenta che ti emozioni! Le "eredità" non dovrebbero essere solo materiali: come hai detto tu, bisognerebbe ereditare anche qualcosa di ineffabile, qualcosa che resta nel cuore...

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  9. Ciao. Il tuo racconto è molto carino e con un finale emozionante. Hai creato un percorso di crescita per il protagonista che è alla ricerca di una idea per concludere il suo percorso di studi e in qualche modo trovare la sua strada e allo stesso tempo hai creato un viaggio nel tempo e nei posti.
    Mi è piaciuto il quadro del mare, il senso di pace che dà al protagonista e alla storia stessa; mi è piaciuta la storia di Chiara e di come il protagonista sia arrivato a conoscerla creando una specie di legame sia con sua nonna che con quel passato pieno di difficoltà della guerra.
    Ho apprezzato i dettagli si posti e sulla storia e il viaggio tra passato e presente.
    Brava, complimenti.

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    1. Ciao Christine! Mi piace pensare che, come hai detto tu, gli argomenti della (o delle) Tesi siano un'importante tappa di crescita... per me lo sono stati! Per Davide ho immaginato un ambito che non è il mio, ma che mi affascina. Il mare resta sullo sfondo, come tema, ma anche come "personaggio", in un certo senso, perché per Chiara e gli altri pescatori era il fulcro dell'esistenza. Grazie mille per tutte le belle parole :-)

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  10. La prima parola che mi viene in mente per descrivere il tuo racconto di giugno è "tenerezza" <3 Questa emozione mi ha toccata fin dall'inizio dello scritto dove si conosce un ragazzo, Davide, alle prese con il traguardo dei suoi studi :) Quanto lo capisco comunque ahah Mi fa strano dirlo ora, visto che pure io l'ho appena conseguito e ancora non me ne sono resa del tutto conto XD Vabbè, prima o poi la mia testa si sintonizzerà sulla giusta frequenza ;)
    L'avventura che nasce da un argomento di tesi ancora mancante mi è piaciuta molto :3 In questo modo, hai costruito un ponte fra passato e presente che, di nuovo, regala una sensazione intrinseca di dolcezza sconfinata <3 Chi avrebbe mai potuto dire che una semplice gita a Portofino per risolvere un antico mistero avrebbe permesso al tuo protagonista di diradare le nebbie dell'incertezza e trovare il suo faro nell'oscurità? Devo dire che hai fatto centro progettando un simile espediente: non solo hai fatto scoprire un bello scorcio d'Italia -come sempre, del resto! A livello di ambientazione spaziale e temporale, hai davvero talento ;)-, ma hai anche spinto il lettore a simpatizzare per Davide, accompagnandolo fino all'epilogo della sua storia, la celebrazione di ogni fatica, mentale e fisica :3

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    1. Ciao Lara! Come già ho detto negli altri commenti, mi piace l'idea di rivestire di importanza l'argomento della/e Tesi, perché se ripenso alle mie mi rendo conto che scrivere di determinati temi e questioni non ha avuto solo un valore accademico per me. Mi piace l'idea di "portare alla luce" il passato, come una sorta di archeologo, in senso metaforico. So che tu sei reduce dalla tua laurea, e quindi forse ti rivedi un po' in questo Davide prima preoccupato e poi soddisfatto: complimenti ancora!

      Sono contenta che tu trovi interessante l'ambientazione spaziale e temporale: per ora sto raccontando un po' di luoghi d'Italia, domani chissà!

      Grazie mille per tutti i complimenti :-)

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  11. Silvia, adoro le tue storie. Sono piene di vita vera. Il loro realismo così genuino lo trovo incantevole. Mi sono emozionata. L'immagine della nonna che gli fa l'occhiolino mi ha stesa. Mi sono commossa. Complimenti. È bellissimo. Inoltre scrivi davvero bene. Silvia di Silvia tra le righe.

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    1. Ciao Silvia! Sono contenta di averti addirittura commossa... è una soddisfazione rara! Mi piace anche il fatto che ti piaccia il loro realismo. Grazie mille per i complimenti!

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  12. Ciao Federica! Super contenta che l'idea di base ti interessi :-) Il ricamo era un'attività tipicamente femminile: le mogli dei pescatori, quando i bambini piccoli dormivano e/o quelli grandi iniziavano ad essere indipendenti, un po' riparavano le reti, un po' facevano lavori di questo tipo per le classi sociali più alte. Poi, a poco a poco, il pizzo al tombolo è diventato un vezzo turistico! Se non ricordo male puoi trovare tutte queste informazioni proprio sul sito del Comune di Portofino.
    Grazie ancora per i complimenti!

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