La commedia di Molière in scena al Teatro Elfo Puccini
Cari
lettori,
è
il 7 di marzo e, come tutti voi sapete, domani sarà il giorno
dedicato alla Festa delle Donne.
Sono sempre felice di poter dare un
mio piccolo contributo a questa giornata così importante; due
anni fa vi ho proposto quadri e poesie a tema e l’anno scorso vi ho
presentato la tragedia "Le troiane".
Oggi,
per la nostra rubrica “Consigli teatrali”, vi racconto uno
spettacolo che ho visto qualche giorno fa al Teatro Elfo Puccini di
Milano: La scuola delle mogli di Molière, una commedia dai
risvolti amari che pone al centro dell’attenzione la condizione
femminile e l’educazione della donna.
Già il titolo stravagante lascia intuire una situazione
inusuale…
L’ossessione
di Arnolfo
Il
protagonista della storia, Arnolfo, è un uomo di mezza età, che ama
ritenersi una persona di mondo, colta, elegante e piena di spirito, e
non si rende conto di essere preso in giro ed evitato da buona parte
della società a causa del suo atteggiamento arrogante e della sua
tendenza a criticare qualsiasi cosa.
Egli,
in particolare, ama prendere in giro i suoi coetanei, specie quelli
sposati a donne vivaci ed intelligenti, perché ritiene che essi
siano tutti dei “cornuti” e che subiscano ripetuti tradimenti
dalle loro mogli.
Arnolfo,
ossessionato da tempo dall’idea di trovare una donna che gli sia
fedele e non conosca altri uomini oltre a lui, ha elaborato anni
prima un piano che oggi verrebbe senz’altro definito criminale.
Egli, infatti, ha adocchiato una ragazza adolescente, ha donato alla
contadina che se ne occupava una somma consistente ed ha portato con
sé la sfortunata, chiudendola prima per anni in un convento, ed ora
che è adulta in una casa insieme a due anziani servi.
A tutte le
persone che si sono occupate di lei ha dato un chiarissimo ordine:
far crescere la ragazza nella più assoluta ignoranza, per non darle
così la possibilità di conoscere il mondo e di affezionarsi ad
altri che non siano lui.
Il
piano di Arnolfo sta per andare a buon fine: la ragazza, Agnese,
sembra onesta e desiderosa di passare del tempo con lui, ormai è in
età adulta e non c’è più ragione per rimandare il matrimonio.
L’uomo, però, decide di concedersi una distrazione che cambierà
il corso di tutta la storia: parte per una decina di giorni.
Al
suo ritorno, egli incontra, sotto la casa dove tiene nascosta Agnese, Orazio, il giovane ed allegro figlio di un suo caro amico,
Oronte. Il ragazzo, che mostra di aver stima di Arnolfo, gli confida
di essersi innamorato proprio della fanciulla che due scontrosi ed
anziani servi tengono reclusa nella casa dietro di loro.
Arnolfo,
spaventato all’idea che Agnese possa ricambiare Orazio, chiede alla
ragazza che cosa ne pensi del giovane, ed in effetti ella ammette di
provare dei sentimenti per lui.
Non
sopportando il rischio di essere “cornuto” prima ancora di
contrarre le nozze, Arnolfo inizia a pensare a mille modi per
eliminare Orazio e per sposare immediatamente Agnese.
Egli, però,
non si rende conto di due importantissimi dettagli.
Il primo è il
fatto che tutti, dai conoscenti con cui chiacchiera sulla piazza ai
servi che paga profumatamente, sono ben disposti a prendersi gioco di
lui.
Il secondo è che la scoperta dell’amore ha risvegliato in
Agnese capacità intellettive ed emotive di cui ella non conosceva
nemmeno l’esistenza.
Una
giovane donna rinchiusa in una prigione dorata
Per
quanto riguarda la scenografia dello spettacolo, uno solo è
l’elemento che fa da sfondo ad azioni e discorsi dei personaggi:
una grande casa in movimento.
Si
tratta della villetta nella quale risiedono Agnese ed i suoi due
buffi carcerieri.
Quando
essa viene girata in modo da presentare l’aspetto esterno, con mura
e finestre, fa da sfondo ai dialoghi tra i personaggi che avvengono
in strada, soprattutto quelli tra Arnolfo ed Orazio.
L’interno,
invece, è nettamente suddiviso in due parti.
Il piano terra è un
salottino abitato principalmente dai servi, spesso visitato da
Arnolfo, che vuole controllare la salute fisica e mentale della sua
“protetta”.
Il
piano di sopra, invece, è il piccolo regno di Agnese. Pur essendo la
stanza di una donna adulta, essa simbolicamente richiama le camerette
delle bambine: tutto è rosa, floreale, vagamente infantile. È lì
che la ragazza passa il suo tempo, ricamando il suo corredo nuziale e
cucendo delle camicie per il suo futuro marito.
Ignorata dalla
comunità, trattata in modo paternalistico da Arnolfo, incompresa dai suoi servi che pure hanno buon cuore ma non sono in grado di
aiutarla, Agnese ha il suo primo vero confronto importante con
Orazio, che non conosce la sua storia e la ritiene una ragazza come
le altre. Sarà grazie a lui che la fanciulla capirà di avere un
cuore, dei sentimenti, delle opinioni e di dover uscire ad ogni costo
dalla sua gabbia.
Una
commedia che si confronta con quelle latine
Come
è stato giustamente sottolineato nel volantino di presentazione che
il Teatro Elfo Puccini distribuiva all’ingresso, questa commedia di
Molière ha sicuramente tra i suoi modelli le opere degli autori
latini Plauto e Terenzio.
Tanti
sono, infatti, gli espedienti narrativi presenti sia in questo
spettacolo che nei classici citati: il vecchio avido e stupido che
desidera a tutti i costi mettere le mani su una ragazza indifesa e
sui suoi averi; la coppia di giovani che non esita a beffare
l’anziano protagonista; i servi che si travestono da ricchi per
venire in aiuto al loro padrone in difficoltà; una sorta di deus
ex machina che ristabilisce il giusto ordine delle cose.
Personalmente,
credo che la storia possa essere stata d’ispirazione anche per il
successivo Barbiere di Siviglia, dal momento che anche in quell’opera
il celebre protagonista aiuta un giovane ragazzo a conquistare la
mano di Rosina, una ragazza tenuta di fatto prigioniera da un anziano
tutore interessato a sposarla per il suo denaro.
Un
invito a non sottovalutare le risorse delle donne
Ciò
che mi preme maggiormente sottolineare, a proposito del personaggio
di Agnese, è il fatto che ella viene forzatamente tenuta
nell’ignoranza, ma non per questo è una persona ignorante.
Lo
spettacolo, infatti, pone l’accento sull’importanza che ha quella
scintilla di “sapere” che c’è in ognuno di noi, che è un
misto di buon cuore, sensibilità, voglia di imparare. Una scintilla
che può restare sopita per anni, complici anche una serie di gabbie
mentali dentro le quali a volte una persona viene forzatamente
inserita, ma che può anche scoppiare in modo del tutto
imprevedibile, come accade in questo caso.
Ad
Agnese, infatti, basta chiacchierare solo qualche volta con un
ragazzo che l’ha vista affacciata al balcone e che non la considera
né una padrona da rispettare né una bambina da educare per
comprendere di essere sempre stata cresciuta in una sorta di
cattività. La lettera che ella, ad un certo punto, scrive ad Orazio
è molto più ricca di significato di tutti i discorsi studiati di
Arnolfo.
Quest’ultimo
è una personalità che oggi verrebbe definita maniaca del
controllo: egli, infatti, afferma di aver paura di essere
tradito, ma ciò che davvero lo spaventa è il fatto che una sua
futura moglie possa essere semplicemente indipendente.
Agnese,
però, come tante delle donne che ancora oggi sono costrette a subire
dei “lavaggi del cervello” da parte di uomini-padroni, trova in
sé delle risorse inaspettate e, con l’aiuto degli altri personaggi
della commedia, riesce a ribellarsi.
Avete
ancora qualche giorno per vedere La scuola delle mogli, che
resterà al Teatro Elfo Puccini fino a domenica 10 marzo.
Spero
che abbiate apprezzato la mia scelta ed abbiate capito perché ho
scelto di presentarvi questo spettacolo in occasione dell’8 marzo.
Con
un giorno di anticipo, faccio i miei migliori auguri alle mie
lettrici ed alle mie colleghe blogger!
Grazie
per la lettura, al prossimo post :-)
Cara Silvia, vedendo che domani è la festa della donna, io ne approfitto per farti tanti auguri, poi correi essere vicino per poter vedere la suola delle mogli...
RispondiEliminaCiao e buona giornata con un abbraccio e un sorriso:-)
Tomaso
Ciao Tomaso! Grazie di cuore fin da adesso per gli auguri! Buona giornata anche a te :-)
EliminaUno spettacolo interessante, sebbene a teatro preferisca sorridere un po'.. Anzi, ridere di gusto.
RispondiEliminaTi ho mai consigliato, ad esempio, di guardare la commedia "I monologhi della vagina?".
Forse te ne ho parlato qualche mese fa. Nel caso, mi perdonerai se il mio commento potrà sembrarti ripetitivo, ma sai bene che sono moooolto smemorata.
Buona giornata e auguri per domani.
Ciao Claudia! In realtà no, non mi avevi ancora parlato di questo spettacolo, quindi grazie per il consiglio!! Buona giornata anche a te!
EliminaGrazie tante per gli auguri, che ricambio di cuore, e per questa commedia che che ci hai presentato. Buona continuazione di giornata.
RispondiEliminasinforosa
Ciao Sinforosa! Tanti auguri anche a te e Buon pomeriggio!
EliminaCiao Silvia! Di Molière ho avuto modo di vedere, per ora, soltanto "L'avaro" in francese e anche quello mi era piaciuto molto, anch'esso di chiaro stampo latino.
RispondiEliminaQuesta commedia non la conoscevo, spero tanto che avrò modo di andarla a vedere prima o poi!
Ciao! Io avevo visto L'avaro tempo fa, ma non lo ricordo molto bene! Spero che riuscirai a vedere anche La scuola delle mogli, prima o poi!
EliminaOh ma che carina questa storia!
RispondiEliminaDeve essere stato molto bello vederla
Ciao Susy! Sì, a me è piaciuta molto 😀
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